SOPA e PIPA

E’ scesa pure nel tartaro grisino l’inquietante notizia sulle due leggi riguardo la SOPA e la PIPA che il Congresso statunitense dovrà votare il 24 gennaio. La sua approvazione nell’ambito statunitense non può lasciare indifferente chi si trova fuori dagli Stati Uniti, perché una tale legge, anche se di base americana e nazionale, permetterà ai titolari di copyright di intervenire nell’attività di condivisione e distribuzione online di una varietà di contenuti anche fuori dello spazio nazionale. Inoltre, con un tale movimento legislativo negli Stati Uniti diversi altri governi diveranno più predisposti a cedere alle interminabili reclamazioni dei gruppi mediatici interessati di fare passare una legge che impedirebbe la libera circolazione dei contenuti tramite dei vari blog, Twitter, Facebook, Youtube etc.

Ovviamente, i contenuti in diretto pericolo sono piuttosto i film hollywoodiani o le canzoni degli star pop e non le arie eseguite da Schipa o i video amatoriali postati da StuartLou. Eppure, in fondo il pericolo riguarda non solo qualche contenuto, ma anche l’esistenza per se delle piattaforme come Youtube. E’ difficile immaginare un mondo in cui il semplice click di condivisione di una bella aria postata su Youtube può diventare un crimine. E’ ancora più difficile immaginare un mondo in cui un tale click non è possibile neanche come crimine. Ci troviamo davanti ad un pericolo che i membri di questo blog vedono come una grave minaccia contro quello che ormai è divenuto il modo di essere della maggioranza dei melomani (e non solo), ossia la condivisione gratuita del sapere e dell’ascolto. Per questo, è tanto più importante di fare sentire la sua disapprovazione e di aiutare non solo agli americani nella lotta contro l’adozione di queste due leggi, ma anche di preparare un terreno di vigilanza e disposizione contro simili tentativi in Europa o altrove.

Il link qui sotto contiente una petizione con circa 2 500 000 firme per la difesa di un internet libero: http://www.avaaz.org/it/save_the_internet_action_center_b/?slideshow

Inoltre, sarebbe utile qualsiasi forma di CONDIVISIONE via qualsiasi rete sociale sia dell’informazione che della petizione.

 

L’opinione di Domenico Donzelli

E’ certo che un simile intervento normativo non è pensato per i fans di Schipa o della Eames (pare ci siano!), ma a tutela dei lauti proventi di  altre stars, che possono rispondere ai nomi di  Lady Gaga, eredi di Michael Jackson. Non dubito che in Italia avremo di siffatta normativa veri paladini come Massimiliano Pani o Claudia Mori Celentano. Magari anche madama Cristina, non certo quella nata Borbone-Francia  e vedova Savoia!

Senza voler fare mio l’adagio di noti taccheggiatore, attivissimo all’interno del negozio Ricordi, che colto in flagranza di reato, si difese con un maldestro “la cultura non si paga” devo, però, dolermi, rammaricarmi e protestare se mai anche in Italia dovesse mai essere approvata siffatta normativa, che di fatto verrebbe a privare i melomani di vere ed inestinguibili  miniere come you tube o il  cosiddetto mulo. Quando oggi parlo con i giovani collaboratori del corriere della grisi e molti altri loro coetaneidimostrano una conoscenza del canto dagli albori delle registrazioni agli anni ’50 che un Donzelli (come qualsiasi suo coetaneo)  ventenne o trentenne non poteva avere. Quando avevamo vent’anni per sentire non dico Vaguet o Endrèze, ma più banalmente Amelita Galli Curci o Claudia Muzio si doveva sperare o nella abbondanza di mezzi economici, che consentissero l’acquisto di quanto ristampato, sopratutto da case americane ed inglesi, o nei prestiti di melomani che collezionavano se non 78 giri, le ristampe dei medesimi. Ed era un correre a copiare ( in assoluto disprezzo del copy right, nemico atavico della cultura e della conoscenza)  a tempo di record quelle registrazioni e provvedere a divulgazione e scambio. Oppure si poteva sperare nelle trasmissioni radiofoniche di Rodolfo Celletti. Ma anche un Celletti o raccontava quello che dal 1935 aveva sentito oppure si affidava alle ristampe . E le ristanpe erano davvero parziali perchè venivano dagli Usa e rispecchiavano il gusto e la notorietà dei cantanti in quei teatri. Non è un caso che un testo come  “le grandi voci”  – conforto e confronto dell’appassionato di storia della vocalità- ignori una Siems e pochissimo dicadei cantanti di scuola russa e francese.  Si scriveva sulal base dei documenti conori di cui si disponeva.

Poi sparito Celletti e  le sue trasmissioni, strumentalmente dannato il passato  quando non sbeffeggiato, lo stesso passato ossia la Storia ha ottenuto la propria rivincita via web e allora non solo abbiamo ascoltato  voci, che nella migliore ipotesi erano note in misura di un decimo delle loro incisioni ( Jadlowker o la Nezhdanova), ma spesso solo nomi (la Lipkowska, Jorn), abbiamo, insomma, avuto la piena o quanto meno  vasta, disponibilità di elemente che ci aiutassero a capire la storia del canto e dell’interpretazione e del gusto. Abbiamo avuto molti elementi o almeno sufficienti per poter rivedere e ripensare non solo i cantanti di oggi ( che escono inesorabilmente frantumati) , ma anche alla storia dell’insegnamento del canto, l’evoluzione del gusto, il perchè un cantante è stato nuovo per i suoi tempi, perchè un mito, perchè comprensibile impostura…… e non mi sembra poco. Solo che tutto questo ha  dei bei difetti per chi vende e smercia  musica registrata ieri e non è il caso di ricordarli perchè sono il pane quotidiano dei grisini.

 

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http://www.ted.com/talks/defend_our_freedom_to_share_or_why_sopa_is_a_bad_idea.html

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31 pensieri su “SOPA e PIPA

  1. In altre epoche l’obiettivo finale era la conquista, oggi il CONTROLLO !
    La sorveglianza è ormai costante : telefonino, carte di credito, telepass ecc..
    Questo “dominio” inesorabilmente avanza e ora insidia il web. Sembra un film di fantascienza horror…..

    • Per me il fatto ancora più inquietante è questa volonta di non fare accadere nessun gesto di generosità, niente che eccedi i limiti dello scambio finanziario-capitalista. La legge che il Congresso viene di introdurre sul rinovamento del copyright sulle opere già entrati nel “public domain”, come tanti lavori di persone defunte da anni, è un altro scandalo ancora! http://www.nytimes.com/2012/01/19/business/public-domain-works-can-be-copyrighted-anew-justices-rule.html?_r=1

      Nessuna nota senza il centesimo corrispondente! Nessuna parola senza il centesimo pagato per leggerla!
      Potrei ancora capire la rabbia di qualche titolare di copyright VIVENTE, ma quando si vuole fare dei soldi con il lavoro già entrato nel public domain, non posso che protestare. Non so di che cosa pensano gli americani. Spero solo che gli altri paesi non adotterano una tale legge.
      Questo, dopo SOPA, PIPA (ancora sospesi) e Megaupload, è il quattro colpo.

      • 1) Come al solito, quando il dito indica la Luna, lo sciocco guarda il dito; ed è così che si cerca di affrontare la questione in modo non solo contrario alla coscienza culturale, ma anche, probabilmente, infruttuoso (il tempo ce lo dirà). Chiudere un sito come Megaupload che, peraltro, non può essere considerato responsabile di ciò che gli utenti si scambiano utilizzando il servizio di file hosting – sarebbe come dire che un qualsiasi provider di posta elettronica è responsabile, e pertanto va chiuso, per il fatto che ci sono persone che lo utilizzano per inviarsi materiale, chessò, pedopornografico -; chiudere Megaupload, dicevo, è il modo più ottuso di affrontare la questione: non si può pretendere che milioni di persone si attengano al concetto di legalità di dieci persone che, già ricchissime, pretendono di diventare ancora più ricche; sono piuttosto costoro che devono cercare di percorrere nuove strade commerciali compatibili con la concezione di “giusto-legale” collettiva che si sta formando. I modi ci sono eccome, informatevi su una “cosa” chiamata Spotify, per es.

        2) Quando vi dicono che la distribuzione gratuita di materiale audiovisivo tutelato dal copyright danneggia il mondo della musica e del cinema, non fatevi ingannare. Gli unici artisti a rimetterci – magari un decimo dei miliardi che guadagnano comunque – sono quelli molto famosi e molto ricchi che, pertanto, sopravvivono tranquillamente e agiatamente con o senza siti come Megaupload. Gli artisti semisconosciuti, invece, traggono quasi sempre vantaggio dal file sharing e dallo streaming gratuiti; giacché tali sistemi sono i principali per permettere loro di farsi conoscere.
        I vertici delle lobby del cinema e della musica, dunque, ne fanno una questione etica, mentre in realtà remano esclusivamente a favore della tutela dei comunque ingentissimi guadagni loro e dei loro assistiti (le grandi rockstar e i divi del cinema).

  2. Dov’è il confine tra fare cultura e pirateria? Mica ci sono solo i cinepanettoni da guardare gratis sul web, mica ci sono solo i cd dei poppettari del momento o delle Netrebko, oppure dei Kaufmann da scaricare aggratis, c’ è un universo di materiale trascurato, di ricchezza incredibile che altrimenti non sarebbe recuperabile in altro modo. Perchè a starnazzare in nome della salvaguardia delle proprietà intellettuali sono tutti buoni, mentre a diffondere la ricchezza culturale comune no. Vinili cancellati dalle liste di produzione delle case discografiche, video rari e, spesso, sconosciuti, Opere splendide e dimenticate.
    Il rischio è quello di schiacciare tutto il buono che il web era riuscito a costruire in questi ultimi anni in nome di una talvolta falsa “protezione” di diritti altrimenti comunque non sfruttati o di violazioni di Copyright che molto spesso nemmeno gli stessi autori rivendicano più. E questo solo per non togliere qualche mollica ai pochi che possiedono panetterie stracolme di michette.“

    • Sottoscrivo in pieno, specialmente la parte sui vantaggi che possono derivare dalla pirateria informatica proprio alle categorie che questi signori dicono di voler proteggere. Per citare un utente di YouTube che era stato rimproverato per aver pubblicato uno spezzone di uno spettacolo filmato col videofonino, “basta con questo accanimento verso chi non danneggia affatto il lavoro di un artista, anzi, lo pubblicizza”! Secondo certa gente, io non dovrei andarmi a vedere dal vivo uno spettacolo di tre ore perché, tanto, c’ho il video di trenta secondi fatto col telefonino… La verità è che metà della produzione artistica che c’è in giro nessuno la conoscerebbe, senza la pirateria informatica. Per ironia della sorte, conobbi la saga de “I Pirati dei Caraibi” proprio grazie a un atto di pirateria, e questo mi spinse prima di tutto a comprare il DVD del film (nei costosissimi primi giorni d’uscita), e in seguito a vedere al cinema non solo i due film successivi (di uno dei quali mi regalarono anche il DVD) ma anche TUTTA la filmografia di Johnny Depp. La pirateria, insomma, non solo non danneggiò la Disney, ma, anzi, aiutò lei a guadagnare con due film orribili che non avrei mai visto senza quell’atto di pirateria e creò occasioni di guadagno per altri produttori (anche qui potrei citare soldi REGALATI come quelli che spesi per vedere “Nemico pubblico”).
      La cultura non si muove tramite azioni di compravendita da banchetto della limonata, ma tramite un enorme movimento di capitali che la pirateria non blocca, ma incoraggia. In parole povere, la gente non compra a scatola chiusa; i produttori lo sanno e cercano spesso di incoraggiare la diffusione di anteprime. I produttori che si preoccupano della pirateria possono essere giusto quelli di gente come Jovanotti, che non ha bisogno di anteprime perché, tanto, la gente lo segue perché lo fanno tutti. Se sei, che so io, l’editore di Davide La Rosa (che infatti, pubblica sul suo blog tutto quello che fa), fai di tutto perché le sue vignette siano più note possibili, in modo che i lettori abbiano una base su cui scegliere il suo libro piuttosto che un altro.
      Quanti di quelli che fanno la voce grossa contro la pirateria, infine, sarebbero disposti a prevenirla? In quanti impiegherebbero le stesse energie che usano per cancellare un film da internet per fare in modo che quel film passi ogni tanto in televisione? Quanti di loro, se proprio vogliamo pretendere che la gente compri a scatola chiusa, si batterebbero per rendere più reperibile il DVD di un film come “In nome del Papa re”, programmato per la prima volta dopo un secolo in seconda serata su La7 qualche giorno fa e recentemente cancellato dalla rete tramite un’azione legale?
      Insomma, la cultura è come la marijuana. Se fosse legale, sarebbe impossibile specularci sopra.

  3. Concordo con te e con lo sdegno che si deve dimostrare nei confronti di un atto indegno della cultura in genere. Ci sono altre, tante, misure da prendere prima che questi provvedimenti bulgari possano soltanto essere comunicati o pensati da chicchessia. La protezione dell’avidità va contro tutti, va contro chiunque, gli abusi di alcuni diventano il grimaldello da usare per vietare, per soppiantare e per cancellare. Per far credere che tutto sia illecito, illegale, malato e da sopprimere o da risolvere con un incantesimo. Si fa prima, è più facile, perchè anche qui ci vorrebbe l’impianto di una cultura che sappia esigere e distinguere ciò che viene fatto a danno rispetto a quanto possa essere fatto a vantaggio. Della cultura stessa.
    Forse è un fatto di educazione, forse è un fatto di cattive abitudini nel credere che “su internet tutto è lecito e tutto è gratis” e allora i Comandanti che hanno la possibilità di effettuare le reprimende lo fanno, senza distinguo, senza alcun senso o pensiero, semplicemente passando l’ennesima spugna con la quale spillare pochi centesimi a coloro che, in fondo, non lucrano ma cercano. E’ più facile reprimere che capire, è più facile fare la voce grossa che illustrare un pensiero, è più facile chiudere megaupload, napster, i canali irc piuttosto che pensare ci sia un senso comune per il quale può essere furto chiedere 60 Euro per un’edizione già stravenduta di un’Opera in disco che risale a trenta/quaranta anni fa (per esempio). Vergognoso e indegno all’intelligenza, questo è in sintesi l’atteggiamento di questa oligarchia decaduta che pensa di risolvere un problema cancellandone un effetto. A pensarci bene, già dagli acronimi, sono anche decisamente ridicoli.
    Il confine fra cultura e pirateria è enorme, è così esteso che non ha nemmeno senso parlarne o discuterne. Il problema sta anche da un’altra parte: davvero credono questi signori di poter racimolare qualche spicciolo in più grazie al provvedimento? Ne dubito fortemente, per tanto il provvedimento stesso è molto stupido.
    Del resto, a mia memoria, si scambiavano le cassette fra appassionati anche da prima che il signor TDK entrasse nel mondo degli affari.

  4. ho votato anchio la petizione,vedrete che non faranno niente,va anche contro i loro interessi,e poi non è facile regolamentare la rete,morto un sito se ne fa un altro,comunque quelli vogliono proteggere solo le pop star,a noi che piace l’opera possiamo stare tranquilli..

  5. Notizia allarmante e pessima, come moltissime notizie degli ultimi anni. La tendenza è quella, generalizzata, a limitare la libertà: libertà di pensiero, di scelte, di azione. Con un controllo odioso e rivoltante sulla privacy di ognuno. Schedati, controllati, soggiogati. Mi sono permesso di postare il Vs articolo sulla mia home page di Facebook, trovo molto interessante e giusta l’impostazione, che condivido in pieno. Concordo con quanto aggiunto nei commenti da tutti, in particolar modo Mozart.

  6. Un ignoto deputato del partito che smentisce le democratiche teorie contrarie alle “razze inferiori” e che rilancia i lombrosiani nostrani ( volto di trota uguale testa vuota),fa approvare un emendamento perche’ chiunque possa chiedere la rimozione di contenuti illeciti (sic !) ai fornitori di servizi internet : a SOPA e PIPA gli italioti aggiungono FAVA

  7. Per quanto mi riguarda, la chiusura di Megavideo/Megaupload è solo un odioso abuso di potere. Dire che questi siano siti solo illegali mi pare un pò troppo esagerato, e non del tutto vero. Infatti, a mio parere, Megavideo e Megaupload hanno un merito estremamente grande: non solo di essere un archivio personale dei contenuti legali forniti dagli utenti, ma anche di essere un ponte di comunicazione tra diversi marketing internazionali. Ad esempio, chi volesse visualizzare un film o sentire musica che in un dato paese risultassero irreperibili può farlo tranquillamente. Lo facevo io stesso con i film italiani che qui in Germania non si trovano. Megavideo e Megaupload non possono essere bollati unicamente come siti illegali! Essi sono molto di più, e la questione va ben oltre il giudizio di “pirateria o non pirateria” , il quale non coglie la totalità di quella che ormai era diventata una realtà concreta della nostra contemporaneità. Cogliere soltanto l’ aspetto negativo di uno dei più grandi fattori di globalizzazione del mondo, a mio avviso, sembra indice di una grande ristrettezza mentale.

  8. caro Mozart, sono d’accordo con te,ma dobbiamo laicamente anche riconoscere che a far cogliere i presunti aspetti negativi contribuiscono personaggi come Kim Dotcom(Kim Schmitz), fondatore del sito Megaupload,gia’ condannato per pirateria informatica,insider trading e frodi con carte di credito.

    • Certo, ma se cominciamo a fare le pulci a tutti i pezzi da novanta del mondo dei media, ne avremmo da scrivere per mesi. Lasciando stare quel signore italiano che non voglio neanche nominare, pensa a personaggi di dubbissima reputazione come Leo Kirch (pluricondannato in Germania) e Rupert Murdoch…

  9. Della cultura a questi signori non frega un bel niente, l’ unica regola che conta è quella del profitto a tutti i costi, che poi è dato dal potere e dal controllo. Perdi il controllo totale, perdi parte dei profitti. Equazione drammaticamente semplice. Io credo che questa fase di inevitabile guerra andrà a risolversi in senso commerciale perchè questo è ciò che vogliono. La condivisione in rete ha rivoluzionato il sistema di diffusione dell’ Arte (ma anche della spazzatura) e questo è un processo irreversibile che ha colto impreparati coloro che fino a poco tempo fa monopolizzavano la diffusione di prodotti audiovisivi, facendogli perdere il controllo su tutto il movimento. Io non mi considero un “pirata” o un “delinquente” perchè scarico dalla rete prodotti spesso perduti e non considerati ma che diventano improvvisamente sacri e inviolabili nel preciso momento in cui li diffondo al pubblico, anzi, faccio una doppia operazione a vantaggio di coloro che desiderano conoscerli e dei potenti dinosauri che li avevano sepolti in qualche teca ad ammiffire e che improvvisamente, grazie alla rete, si ritrovano cataloghi nuovamente in movimento. Nessuno mi prende per il sedere su queste cose, non sto con l’ anello al naso e questa gente non mi spaventa con le loro minacce ridicole e superate. Vogliono i soldi? Ebbene, così andrà, credo, a finire: tutti utenti premium a pochi euro l’ anno e scarico libero con qualche limitazione sui prodotti più recenti.Un po’ la stessa soluzione che trovarono ai tempi del videonoleggio. Io ti lascio usufruire del prodotto ma in cambio versi un obolo per farmi continuare a guadagnare anche su cose che non venderei nemmeno morto. Cos’ è noleggiare un dvd se non una forma di pirateria legalizzata? Se il film mi piace io me lo masterizzo, il mercato stesso mi induce a farlo attraverso la diffusione di apparecchiature che servono solo a quello.

    • Infatti il paradosso più vergognoso di tutta questa manfrina è che viene data in gestione la cultura a chi della cultura stessa non sa che farsene. A loro basta un foglio di calcolo con le colonne spese/guadagni e i subtotali sulla voce profitto.
      Cito due casi simili degli ultimi anni in materia di internet. Sul versante italiano, non è che se il cd della Pausini ha venduto meno è perchè è apprso in rete qualche giorno prima dell’uscita ufficiale su supporto, ma semplicemente perchè coloro che lo hanno ascoltato “diffuso in rete” poi non lo hanno acquistato perchè brutto. I Radiohead non hanno insegnato nulla a sti magnati, vero? Un milione di download del disco ” a offerta” e una volta uscito, botto anche di vendite. Che strano.

    • Giuditta, pensa che il medesimo acronimo appartiene a una Onlus…
      La porcata sublime di ACTA, fra l’altro, è che intendono il risarcimento dei danni in confronto al copyright calcolati anche sulle “presunzioni” (art. 9). Roba da Inquisitori, dopotutto, per non farci mancare proprio niente.
      Poi, invece, in prima serata, di sabato, alla faccia del copyright del parental advisory e del buon gusto ci troviamo gente in TV che suona le cornamuse usando polmoni alternativi.
      Fiducia nei parlamentari europei??????

  10. ……………infatti i dischi della Callas, straascoltati, stravenduti, straarcinoti continuano ad essere i dischi più venduti anche oggi ……chissà perchè, cari signori di SOPA e PIPA?
    A qualcuno forse dovrebbe venire il dubbio che l’alta qualità nel mercato musicale è rara: viviamo in un periodo in cui si incide tutto ed il contrario di tutto, si fanno prese dvd di spettacoli obbrobriosi che quando li vedi esposti nei negozi ti domandi: ma chi compra questa robaccia? chi mai ha voglia di riverdersela?……la crisi della musica classica, lirica in particolare, era già in atto vent’anni fa, quando internet non c’era a portare tatna musica, tanto che i rivenditori di dischi andavano restringendo sempre più gli spazi dedicati alla lirica nei loro scaffali. L’opera non vende più perchè la Ricciarelli non poteva competere con la Callas o la Tebaldi, e la Studen non era interessante per nessuno.
    Hanno pensato che si poteva vendere ogni cosa perchè il pubblico lo si orienta come si vuole con la pubblicità: ora raccolgono i frutti della loro becera ignoranza e cupidigia, perchè, diciamolo, 100 euro per un ‘opera incisa su un pezzo di plastica è un furto. fateli costare meno e ne venderete di più…e fate incidere i dischi a cantanti interessanti e non a bluff inventati in ufficio…

  11. Anch’io la penso così. Ogni rivoluzione nella storia della comunicazione è caratterizzata da aspetti positivi e negativi: se ci tolgono la “democraticità” di accesso ai contenuti più svariati finora concessa, cosa ci rimarrà della comunicazione digitale? Solo uno svuotamento dei contenuti e un imbarbarimento ancora più inesorabile dei gusti? Solo ragazzi che scrivono “perké” e “lol”?

    • Tra l’ altro, secondo me le major scontano il vizietto di voler fare soldi in modo piuttosto discutibile.
      Cito il mio caso come esempio, nell’ era del passaggio dal vinile al CD: una tecnologia intrinsecamente meno costosa del vinile, di qualità paragonabile, fatta pagare il doppio.
      Ora, per giustificare prezzi così alti ed i vari divieti di farne copie, hanno sempre detto che quando ti compri un CD o un DVD in realtà non stai comprando un oggetto fisico, ma il diritto di usufruire del contenuto (la musica o il film) come e quando ti pare. Ma allora, mi spiegate perché nel passaggio dal vinile al CD io mi sono dovuto ricomprare a prezzo pieno tutti i CD di cui avevo anche il vinile ? In teoria, avendo acquistato non il pezzo, ma il diritto di usufruire del contenuto, avrei dovuto avere gratuitamente il CD, al più pagando solo un costo per la fabbricazione.
      Per analoghi motivi, quando un CD si rompe, la casa discografica dovrebbe sostituirtelo al solo costo della fabbricazione, in quanto tu il diritto di usufruire dell’ opera lo hai acquistato …
      Insomma, per farla breve: quando tu vuoi masterizzare un CD o scaricarlo da internet, non puoi perché non hai acquistato il diritto di usufruirne; quando invece ti si rompe un CD originale oppure la tecnologia cambia, avevi acquistato un oggetto che ti si è rotto e sono cazzi tuoi. Troppo comodo così: o i CD/DVD sono degli oggetti qualsiasi, allora una volta comprati ci faccio quello che voglio compreso metterli su internet o masterizzarli, oppure sono opere dell’ ingegno ed allora una volta acquisito il diritto di usufruirne l’ ho acquisito per sempre, anche se il media si rompe o cambia la tecnologia.
      Per farla breve, non venissero a rompermi l’ anima con gli scaricamenti illegali: nel corso della mia vita ho accumulato un sacco di CD originali, molti li ho pagati due volte perché li avevo comprati anche in vinile, se possiedo CD masterizzati da internet è solo perché non li avrei trovati o perché non esiste una raccolta dei brani fatta in quel modo. Se mi rompono, gli restituisco i CD originali e chiedo indietro i soldi.

      • Porto un esempio a corollario di quanto da te scritto, mozart.
        Non conoscevo Aureliano Pertile. Mi ci sono imbattuto fra gli ascolti del CdG. Ora posseggo i cd editi dalla Preiser, acuistati dopo quell’ascolto.
        Come la metterebbero i Signori Del Dollaro Sull’Intelletto Et Ingegno Altrui in questo caso?
        E se accettassi di cedere tutti quei supporti che non mi soddisfano per i diritti del consumatore a poter rendere tutto e qualsiasi cosa entro un periodo prestabilito come la metteremmo? (Questo cd acquistato non mi piace, lo rendo perchè non è conforme a quanto descritto o percepito)

  12. http://www.forbes.com/sites/erikkain/2012/01/21/does-online-piracy-hurt-the-economy-a-look-at-the-numbers/

    Per chi conosce l’ inglese ed è interessato ad approfondire l’ argomento, ecco un interessante e ben documentato articolo di FORBES, rivista finanziaria statunitense (non certo un tazebao di guerriglieri…) che, dati alla mano, dimostra come la pirateria e il file sharing non danneggino minimamente il mercato dei media.

    • Judy, Sulla questione dei diritti d’ autore qui in Germania, ti segnalo questa divertente notizia. Un mio amico ha postato su Youtube diversi video di concerti tenuti da Sergio Fiorentino, grandissimo pianista oggi totalmente dimenticato. Riprese fatte da lui stesso e con l’ approvazione dell’ artista in persona. Bene, qui in Germania i video sono bloccati dalle GEMA perchè la Sony BMG ne rivendica i diritti!!! Ormai siamo davvero al delirio puro…

  13. Forse un lume:
    qui aritcolo completo:
    http://www.rockol.it/news-337566/Copyright,-la-Camera-cassa-il–SOPA-italiano-
    lo stralcio della cassata:
    “Sul modello dello Stop Online Piracy Act (SOPA) statunitense a sua volta frenato dalle proteste del Web, l’emendamento Fava prevedeva l’attribuzione ai titolari dei copyright la facoltà di intervenire direttamente presso gli internet service per far rimuovere da siti, blog e altre piattaforme contenuti giudicati illegali e lesivi dei loro diritti, bypassando il ricorso alla magistratura previsto dalle norme attualmente in vigore.” (fonte rockol.it)

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