Buon compleanno, dottor Celletti

Fosse vivo, in questi giorni Rodolfo Celletti compirebbe 91 anni. Vista l’opinione che taluni frequentatori hanno del nostro rapporto con Rodolfo Celletti è un dovere ricordarlo.
Ho già avuto occasione di scriverlo: Rodolfo Celletti non è stato un unicum nella storia della critica musicale e vocale in particolare. I suoi insigni predecessori si chiamano Paolo Scudo, Gino Monaldi ed Eugenio Gara, ma, più in generale, basta leggere le pagine dei quotidiani degli anni ’20 e ’30 (l’epoca di formazione di Celletti) per leggere, in sede di recensione degli spettacoli operistici, critiche dedicate, per la loro maggior parte, all’esecuzione vocale. E d’altra parte non poteva essere diversamente, trattandosi di una rappresentazione operistica.
Piacesse o meno Celletti era chiarissimo nell’esprimere la propria opinione. Metafore, mezzi termini, detti e non detti erano assolutamente estranei al suo vocabolario ed al suo modo di scrivere.
Gli elogi e le stroncature erano, però, sempre motivati. Motivati dal generalissimo principio che il canto richieda cognizioni di base, come qualsivoglia attività professionale e solo chi ne disponga possa essere prima un professionista ed, in alcuni casi un artista. Nella mente e nello scritto di Rodolfo Celletti artisti non professionisti solidi non potevano esistere. E se esistevano non duravano in carriera.
Il principio, ci sembra assolutamente inoppugnabile. I successori e detrattori di Celletti non sono stati in grado di proporre principi ermeneutici ugualmente validi, sempre e comunque.
Riportiamo, riferito a Rodolfo Celletti, il parere ben più illustre del nostro di Alberto Zedda e soprattutto abbiamo ritenuto giusto e più coerente omaggio lasciar parlare Celletti stesso in due brevissimi stralci della trasmissione “Albo d’oro della lirica”, trasmissione che occupava la domenica sera radiofonica, dalle 20 alle 21, e che dovrebbe essere di esempio a chi, oggi, fa disinformazione e denigrazione dalla stessa sede pubblica.

Ricordo di Rodolfo Celletti

Ogni scritto di Rodolfo Celletti era un avvenimento da non perdere: steso in ottimo italiano, lucido e personalissimo, ornato con aggettivazione colta e fantasiosa, percorso da un‘ironia intelligente e simpaticamente malefica… Il soggetto riguardava quasi sempre il canto, trattato con lo stesso ispirato fervore impiegato da Agostino per esaltare le virtù della grazia divina.

Celletti descriveva e teorizzava qualità e artifici vocali sconosciuti ai melomani che frequentavano allora i loggioni dell‘universo mondo: trilli d‘ogni sorta, di forza, di gorgia, toscani, semplici e rinforzati; messe di voce brevi o interminabili, di sola andata in crescendo o con ritorno al sussurro; canto passeggiato o sprezzato, di garbo o concitato; gruppetti, mordenti, puntature, roulades, salti abissali, passaggi d‘agilità mozzafiato, nobili fraseggi sul fiato, legati morbidi e conturbanti, pianissimi e mezze voci seducenti come
carezze notturne…

Molti pensavano che Celletti descrivesse un paradiso perduto, utopico e nutrito dello stesso struggente rimpianto con cui il poeta dipinge l‘Eden dei progenitori. Stupiva che parlasse di canto con lo stesso convinto entusiamo impiegato dai Trovatori per propagandare l‘amor cortese. Certo, chiosavamo noi giovani, la passione di Don Chisciotte per Dulcinea estasiava e commoveva, però…

Poiché molti degli artisti che amavamo e che accendevano grandi emozioni cantando Verdi, Donizetti, Puccini, Wagner, non erano in grado di produrre i coloriti vocali da lui magnificati, il giudizio di Celletti a loro riguardo era duro e sprezzante, accusati di appartenere alla scuola del muggito, alla cultura rozza e primitiva dei picchiatori del ring. Questo un poco ci indignava, perchè ci sembrava che anche in assenza delle prodezze auspicate, essi arrivassero a cogliere degnamente la sostanza delle partiture interpretate, ma si finiva sempre col perdonargli affettuosamente la temerarietà delle sentenze, come affettuosamente si tolleravano dall‘amico sacerdote le accorate raccomandazioni alla sobrietà e alla castità…..

Tutto ciò accadeva quando la nostra cultura operistica era quasi esclusivamente incentrata sul repertorio tardo-romantico-verista, laddove eccessi iperbolici, passioni furibonde, odi insanabili erano sospinti al diapason dell‘intensità emotiva, al confine della follia, e il canto di forza, il grido primordiale, il gesto enfatico, la sottolineatura retorica, l‘acuto ginnico-erotico apparivano lessico appropriato per rendere e comunicare i sentimenti incandescenti evocati dalla musica. Quando, ubriachi e stanchi di pseudo romanticismo viscerale, abbiamo cominciato a guardare oltre il repertorio di fine ottocento e primo novecento riscoprendo i tesori musicali di Monteverdi, Cavalli, Bach, Haendel, Vivaldi, Mozart, Rossini, Cherubini, Spontini, Bellini, Donizetti, abbiamo finalmente compreso l‘importanza immensa della lezione cellettiana.

Per acquisire la nuova esperienza, hanno aiutato l‘impeto tragico, classicamente composto e stilisticamente corretto, di Maria Callas; le regie colte e provocatorie di Luchino Visconti, Giorgio Strehler, Luca Ronconi; le letture musicali geniali e iconoclaste di Claudio Abbado; e l‘inedito e massiccio travaso di un nuovo pubblico cultore della musica pura, sinfonica e concertistica, dalle ovattate sale da concerto ai tumultuosi luoghi della lirica, fino ad allora frequentati esclusivamente dai passionali amici dell’opera. Ha contribuito, ancora, la
comparsa delle edizioni critiche di opere liriche, che hanno imposto a pubblico e interpreti una nuova prospettiva musicologica attenta ai valori della filologia e favorito la messa a punto di comportamenti interpretativi in linea con la cifra estetica delle opere riproposte. Ma è stata la tenacia di Rodolfo Celletti e dei suoi seguaci a vincere definitivamente la partita. Le opere preromantiche o protoromantiche, dove il canto regna sovrano sovra ogni altra componente dello spettacolo, cantate seguendo i canoni del realismo verista (modello applicato anche quando di tanto in tanto venivano riproposte in tempi passati), suonavano deboli e lontane, estranee al gusto e alla cultura dell‘ascoltatore, incapaci di trasmettere emozioni profonde. Solo quando si cominciò a recuperare la civiltà vocale di estrazione barocca e si fu in grado di ricreare l‘alato virtuosismo dei divi del Belcanto, si poté apprezzarle e coglierne appieno il messaggio.

Fu chiaro, d‘improvviso, che gli artifici necessari per piegare la voce alle nuove esigenze espressive erano quegli stessi descritti con tanta passione e competenza da Celletti, troppe volte accolti con sufficienza o sogguardati come manifestazioni di fanatismo snobistico. Senza la sua lezione, oggi finalmente diventata cultura corrente, non ci sarebbe stata la Rossini renaissance, né le opere di Mozart risuonerebbero con tanta frequenza e favore, né circolerebbero melodrammi barocchi e neoclassici, e neppure si potrebbero ascoltare con profitto i lavori del primo Verdi, del Bellini e Donizetti drammatico, dei tanti interessanti epigoni e precursori del rossinismo. Non sono stati i musicologi a rendere possibile questa rivoluzione del gusto: sono stati i maestri e gli artisti che hanno compreso che gli insegnamenti di Rodolfo Celletti non erano nozioni settoriali e personalistiche, bensì il codice per accedere a un linguaggio capace di interpretare il nuovo corso: chi ha saputo metterli in pratica vive l‘attualità e anticipa il futuro.

Alberto Zedda

GG & DD

Albo d’oro della Lirica – Rodolfo Celletti & Giorgio Gualerzi – Mattia Battistini
Albo d’oro della Lirica – Rodolfo Celletti & Giorgio Gualerzi – Enrico Giraldoni & Rosina Storchio

9 pensieri su “Buon compleanno, dottor Celletti

  1. A me manca. E tanto.
    E’ stato il più autorevole: aveva competenza, cultura, capacità analitiche straordinarie, stile bellissimo.
    E se non è ricordato e celebrato come meriterebbe, il motivo è molto semplice: non era di sinistra.
    Avete fatto bene a rendergli omaggio.
    Auguri, grande Celletti. E grazie di cuore.

  2. Ho conosciuto personalmente il maestro Celletti e mi fa piacere che gli abbiate reso l´omaggio dovuto ad una figura della sua importanza.Oltre a quello che avete detto,posso aggiungere che era l´unico musicologo italiano ad avere un suo pubblico:questo perché Celletti univa alla competenza del musicologo la fantasia dello scrittore.Lui e Fedele D´Amico sono stati gli ultimi esponenti di una critica musicale che oggi é definitivamente estinta.La loro forza stava nell´indipendenza di giudizio e nella capacitá di spiegare le cose complesse con un linguaggio accessibile a tutti.La loro lezione e i loro scritti rimangono anche oggi attuali e non hanno perduto nulla in validitá.

  3. Sig. Carlo,
    è noto infatti che le “multinazionali del disco”, e le agenzie dei nuovi falsi idoli, di cui il maestro Celletti smascherava sistematicamente i trucchi, sono covi di marxisti- leninisti. E i vedovi/e DistefanoDomingoCarreras? Anch’essi rossi?
    Il Maestro Celletti era una voce scomoda, principalmente per chi voleva lucrare sull’arte del Canto.
    Sia esso di sinistra, centro o destra.
    Cari saluti

  4. Grazie, sciattissima Giulia, di questo ricordo!
    A volte ho la sensazione, leggendo quotidiani e settimanali, di una dolosa damnatio memoriae di quello che è stato un maestro di una generazione di ascoltatori; non voglio tornare su cose note e benissimo sintetizzate nei post.
    Vorrei solo ricordare anche lo scrittore di costume (in alcuni incisi fulminanti) e l’intellettuale che indicava ai lettori collegamenti e circolazioni di spunti tra arte, musica, letteratura e storia sociale.
    Se a qualcuno sembra troppo, si cerchi la serie di articoli sul canto pubblicata su Musica Viva; o legga Il teatro d’opera in disco, che racconta molto della poetica di tanti compositori.
    Mi permetto di proporre a qualcuno dotato di tempo, buona volontà ed introduzione nell’ambiente la pubblicazione di una silloge dei suoi articoli(io ne conservo molti).
    Ancora buon compleanno!

    E un’aggiunta: nel tempo, ho trovato analoga erudizione, multidisciplinarietà, capacità di evocare ambienti storici e culturali in quattro profonde parole, e, last but non least, chiarezza e piacevolezza di scrittura nel solo professor Franco Serpa!

  5. Caro Sig. Maurizio,
    non ha capito il senso del mio intervento. So benissimo che Celletti era una voce scomoda eccetera eccetera, ma è altrettanto vero che non era un intellettuale organico alla sinistra, come per esempio Mila e altri.
    Per questo la sua morte – diversamente da quella di Mila – è passata sotto silenzio e nessuna istituzione musicale lo ricorda e gli rende omaggio.
    Scusi, ma l’idea che il grande Celletti fosse di destra è proprio un tabù?

  6. Caro Carlo,
    le risponde la sgrammaticata Grisi per chiarirLe due cose:
    1) commenti di natura politica sono estranei a questo blog, in quanto siamo profondamente convinti che la politica non abbia alcuna relazione con il canto e vogliamo sia CHIARISSIMO che nessuna convinzione politica può condizionare le opinioni di chi scrive. La prego di astenersi o non sarà più pubblicato.
    2) quanto alle opinioni politiche del dottor Celletti, di destra o sinistra, credo che nemmeno si ricordasse della politica quando ascoltava o scriveva di una voce.
    Il suo difetto ( se fu difetto…..piuttosto lo chiamerei pregio) fu quello di non appartenere ad alcun gruppo e di avere sufficente coraggio ed indipendenza per non allinearsi con l’opinione diffusa, anche a costo di essere impopolare.
    E posso anche garantirle che seppe incassare i fischi ad alcuni suoi errori di direttore del Festival di Martina Franca senza cambiare i suoi rapporti con chi gli aveva contesto lo spettacolo…anzi!

    saluti

  7. Caro Carlo, le voglio rispondere circa la “questione politica” sorta a seguito del suo commento al nostro omaggio al Maestro Celletti (per ciò che attiene a grammatica e sintassi, invece, mi riservo di replicare alle sue considerazioni – non troppo garbate, me lo lasci scrivere – nella sede più indicata e cioè là dove esse sono state per la prima volta espresse).

    Mi preme, ora, chiarire come la decisione di non pubblicare esternazioni di natura politica (al di là delle convinzioni in merito o della condivisione in ispirito da parte di chi legge) non costituisce affatto un intento censorio alle libere opinioni altrui (la cui espressione – come avrà avuto modo di considerare in questi giorni – mi sembra largamente tutelata, molto più che in altri luoghi, che magari lei troverà invece maggiormente accattivanti, ma dove le assicuro, non è consentito – ad esempio – insultare i “padroni di casa”).

    Semplicemente è questione di buona creanza, di buon gusto e di attinenza all’argomento trattato. Quì, infatti, si parla di musica e di canto, non di ideologie. Né, mi pare, il giudizio critico su voci o cantanti, possa cambiare da destra a sinistra. Innegabile quindi, come lo scivolare delle discussioni nell’agone dello scontro partitico (di cui ha avuto un saggio in risposta al suo intervento da parte di chi, probabilmente, la pensa diversamente da lei) fa sì che si distolga l’attenzione da ciò che vuole essere il campo d’elezione del nostro blog: l’arte del canto. A ciò si aggiunga il rischio di associare questo spazio ad una determinata area (ripeto, al di là delle convinzioni personali) rendendo così difficilmente fruibile lo stesso a chi, in detta area, non sente di riconoscersi.

    Nessun dramma, quindi, nessuna censura e nessun intento ideologico. Non c’è bisogni di stracciarsi le vesti in segno di disperazione o di invocare il fantasma di Zdanov. Semplicemente è questione di opportunità.
    Del resto, se osserva le regole di tanti altri siti/blog che si occupano di musica, noterà come chiara e limpida compaia la proibizione di ogni accenno alla polemica politica.

    Cordialmente.

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