Corrieri paralleli

Miei cari lettori,
il nostro beneamato Gilbert Louis Duprez mi invia ora, di suo pugno e penna ( d’oca, naturalmente ), una lettera che vi riporto integralmente, poiché riguarda alcune sue recenti ”composizioni” scritte, pubblicate dal nostro Corriere. Conoscete il temperamento del nostro Duprez, la sua grande suscettibilità d’artista e sommo tenore. Spero che anche voi avrete modo di consolarlo per la sua presente arrabbiatura.


Mia cara Giulia,
In codesti giorni successivi alla assai turbolenta prima scaligera, ho avuto la ventura di riprendere in mano – e leggere con maggiore attenzione – alcuni dei tanti “contributi” che la stampa nazionale ha dedicato all’opera di Verdi e all’inaugurazione di stagione del teatro milanese. Tra di essi, naturalmente, quello pubblicato dal Corriere della Sera proprio in data 7 dicembre 2008. Orbene, dopo le prime pagine dedicate a regista (ai nostri tempi non vi era un impiego siffatto, ricordi?), maestro concertatore, cantanti e passate edizioni, l’attenzione è stata catturata da un non breve articolo – a firma di Enrico Parola – intitolato “Le voci: prova corale e di divismo”, dedicato ai primi interpreti, agli aneddoti circa la formazione del cast e ai divi del passato (più o meno recente) che avrebbero lasciato il segno nell’interpretazione dei diversi ruoli. Iniziando la lettura – questa volta approfondita – certe frasi, certe espressioni, persino il modo di argomentare, avevano un che di familiare e di “già sentito”. “Ma questo è il Corriere della Sera o il Corriere della Grisi?” mi sono chiesto, non celando un piccato stupore. Infatti ho riconosciuto nell’articolo suddetto, ampie e consistenti “citazioni” (chiamiamole così…) dell’intervento a mia firma dedicato a Filippo II, e pubblicato il 17 novembre 2008: ben 20 giorni prima dello scritto sul quotidiano milanese! Appare coincidenza alquanto improbabile, infatti, che vengano utilizzate le medesime fonti, disposte nel medesimo ordine, con le stesse identiche parole (tutt’al più variate nella disposizione del predicato verbale o nella sostituzione – parca – con qualche sinonimo). Per non lasciare il discorso vago e imprecisato (e per fugare ogni sospetto di mala fede) voglio riportare alcuni esempi. Scrive il Corriere della Sera: “Attorno al ruolo dell’Inquisitore si sollevò una contesa tanto burrascosa da mettere a repentaglio la “prima” stessa: Jules-Bernard Belval si lamentò della brevità della parte, ritenendola indegna per un “primo basso” quale si considerava, e l’Opéra, usa alle bizze dei divi, cercò di conciliare le parti istituendo una commissione presieduta da Ambroise Thomas che avrebbe dovuto stabilire se quello dell’Inquisitore potesse essere considerato un ruolo principale. A quel punto fu Verdi a minacciare di ritirare l’opera, rifiutandosi di mettere sotto esame la sua musica. La direzione del teatro riuscì a raggiungere un compromesso sostituendo Belval con David, inizialmente scritturato come Monaco; caustico il commento del compositore sulle lungaggini della burocrazia francese: le tartarughe dell’Opéra discutono ventiquattr’ore per deciderese Faure o la Sass devono alzare il dito o tutta la mano”. Tale brano – sintetizzato e sfoltito – è del tutto analogo al seguente pubblicato dal nostro Corriere: “Il duetto con l’Inquisitore, però, finì per essere la causa di uno dei tanti momenti di tensione nel cast impiegato all’Opéra (le difficoltà incontrate da Verdi nella formazione e nella gestione della compagnia di canto, sono paradigmatiche per comprendere il grado di macchinosa burocratizzazione che aveva ormai assunto il teatro francese), tanto che si rischiò di doverlo eliminare dalla partitura o di modificarlo radicalmente (come altri brani, sempre a causa dei capricci degli interpreti). Per il ruolo dell’Inquisitore, infatti, venne scritturato Jules-Bernard Belval il quale rimase alquanto infastidito per la brevità della sua parte (circoscritta, in pratica, al solo duetto), a suo dire non degna di un primo basso quale lui era. Accusò, pertanto, il teatro di aver violato il contratto che prevedeva una parte principale, abbandonò le prove e fece causa alla direzione. L’Opéra – abituata ai capricci dei suoi cantanti – dovette correre ai ripari: istituì una commissione presieduta da Ambroise Thomas, con l’incarico di stabilire se il ruolo dell’Inquisitore potesse essere considerato una parte principale. Verdi si rifiutò di sottoporre la sua musica a suddetto esame e minacciò di ritirare l’opera. Dall’impasse se ne uscì con la sostituzione di Belval con David (scritturato inizialmente per la parte del Monaco). Tutto ciò con l’inevitabile perdita di tempo, tanto deprecata da Verdi (ma tanto consueta per l’assurda burocrazia parigina). Le “tartarughe dell’Opéra” scrive l’autore, che “discutono ventiquattr’ore per decidere se Faure o la Sasse etc., devono alzare il dito o tutta la mano”. Parole, espressioni, struttura, argomentare: identici. Prova provata è poi il fatto che il mio articolo riporta un errore (di cui chiedo venia), un’imprecisione: imprecisione ed errore che rimane identico sul Corriere della Sera. Il commento sulle “tartarughe dell’Opéra”, infatti, da me attribuito per sbaglio a Verdi, è in realtà contenuto in una lettera di Giuseppina Strepponi. Sulle fonti (come il saggio del Budden) l’informazione è corretta, ergo…il quotidiano non le ha neppure sfogliate! Altri brani, tuttavia, ricordano il Corriere della Grisi – anche se in modo meno esplicito. Quando parla del primo Filippo il Corriere della Sera scrive: “Louis-Henry Obin, già primo Procida, a quel tempo considerato il miglior basso francese, applaudito Don Giovanni, ma anche fine interprete della tradizione belcantista”. Il Nostro Corriere riporta: “Il ruolo di Filippo venne pensato da Verdi per il basso Louis-Henri Obin, che fu già il suo primo Procida. Obin, assunse, dopo la morte di Levasseur il ruolo di maggior basso francese e svolse la sua carriera nell’ambito del grand opéra: Meyerbeer, Halevy, Verdi (ma anche il Rossini del Moise). Si ricorda anche come grande Don Giovanni. La carriera e i ruoli interpretati, rivelano le caratteristiche vocali del cantante, e, di conseguenza, l’approccio al personaggio del tormentato Re di Spagna (così come disegnato da Verdi). Un basso nobile, controllato e misurato, fine dicitore e ancorato a certa tradizione belcantista e donizettiana, dal canto morbido e ricco di sfumature e di legato”. In realtà un’altra singolare coincidenza di pensiero, è stata riscontrata nel pezzo di Isotta relativo alle diverse versioni dell’opera, e che arrivava – in base agli stessi motivi – alle medesime conclusioni. Tuttavia in questo caso, l’onore di essere stati ispiratori della penna del critico musicale di punta del quotidiano milanese, supera la giusta delusione per non essere stati citati, neppure di sfuggita. Si trattava però, in quel caso, di mera “affinità elettiva” di ragionamenti, non di citazione (continuiamo a chiamarla così…) vera e propria. La questione dell’articolo di Parola, invece, è differente! Ma che succede? Perché rivolgersi ad un Corriere amatoriale di semplici appassionati, che non sono né musicisti né critici musicali per professione e che fanno tutt’altro nella vita?
Naturalmente se il Corriere della Sera necessita di collaboratori, dò fin da ora la mia disponibilità!!!

Vostro G.L.D.

Mio caro Duprez,
Voi vi fate prendere sempre dalla Vostra irruenza, proprio come quando cantavate. E forse il Vostro destino è proprio quello di chi, per farsi ascoltare ad ogni costo, (anche se sarebbe meglio dire “squillare”!), produce qualcosa di specialmente bello, destinato ad essere …..emulato. Fu così anche col Vostro do di petto, non Vi ricordate? Avete forse scordato l’ira che causava in Voi ogni tenore che si producesse in quella nota così prepotente, senza potervi stare al fianco nel resto? Pretendevate di averla inventata, ma anche di rimanerne il proprietario nel tempo a venire….davvero una follia da tenore!
Suvvia, che volete che sia se una penna sconosciuta si appoggia al celebrato e celeberrimo Gilbert Louis Duprez ? Chi vi è di più autorevole di Voi, che Vi trovavate proprio là, in sala, all’Operà quando si allestì quel…pasticcio malcantato? Eravate così curioso e speranzoso che quel Verdi si inventasse qualcosa che potesse ancora eccitarvi, anche solo un’aria che poi avreste finito per cantare per gli amici Vostri, nel salotto di casa e alla Vostra età, che non mancaste una prova sola! A mio avviso si tratta solo di un semplice caso di oggettiva autorevolezza e perfezione intangibile del Vostro scritto.

Eppoi quest’altra follia di proporVi quale collaboratore!! Ma, insomma, dopo tanti e tanti anni, avete ancora la velleità di voler stare in prima fila, di voler primeggiare, di pretendere di porre il nome Vostro sulla pagina di un moderno giornale, per poi trovarvi nelle pastoie burocratiche del giorno d’oggi. Come pensate che potreste mai farVi pagare, o pagare le tasse, o quella strana cosa che mi pare chiamino” contributi ” ?? Vorrei davvero vederVi, l’ombra centenaria di un tenore famosissimo, ad un pubblico sportello! A spiegar loro che avete 200 anni, siete defunto eppure presente….un’altra delle Vostre follie “alla Duprez”.
Eh, mio caro Gilbert Louis, noi creammo il Corriere della Grisi ispirandoci, pel nome, non solo al più grande moderno giornale italiano. Certo, artisti straordinari come noi meritavano un titolo altrettanto straordinario in cima ai loro nomi, come era nelle locandine di quando cantavamo. Ma parimenti ci piaceva ammiccare al clima di sereno divertimento che pervade il Corriere dei Piccoli, ingenuo divertissment per bambini, e ricordarci dei Corrieri dei tempi nostri, molti dei quali passavano la vita ad affannarsi in groppa ad un cavallo, per portar celermente novità e notizie. Eppure lo sappiamo bene che è solo un gioco; solo il divertimento di alcuni vecchi, antichi amici che, sedendo serenamente nella leggenda del canto, ogni tanto guardano giù, verso questo povero mondo dell’opera, così….bistrattato e malridotto. A questo punto, però, mi par che accada come quando, per gioco, si canticchiava tra amici, per allietare gli ospiti di un dopo cena: ci applaudivano anche lì, vi ricordate?, anche solo per aver accennato un’arietta da salotto. Accade solo questo, mio caro Duprez, che un’artista resta un’artista anche quando scherza, come ben diceva l’amico Gioachino. E sebbene noi scribacchiamo sul nostro Corriere solo per divertirci un poco e romper la noia della vecchiaia, non pensando di certo allo “scrivere” ufficiale, è pur vero che anche in questo seguitiamo nel nostro destino d’artisti sommi ……….a far successo!

Vostra affezionata e da sempre grande estimatrice
G.G.

3 pensieri su “Corrieri paralleli

  1. Caro Duprez,
    ti consiglierei di fare una bella denuncia per plagio… Ci sono tutti gli estremi. Anche a me è successa la stessa cosa in altri contesti e, al di là del fatto meramente legale, è stata una bella soddisfazione avere riconosciuto ufficialmente il fatto di essere stato copiato… Non è per attaccare briga o per fare mera polemica, ma un modo per ristabilire un principio di giustizia assoluta. Che male ci sarebbe stato a citare? Dagli esempi che riporti il plagio non è evidente, è lapalissiano!!!

  2. Caro Velluti,
    vedo che anche a lei la veemenza del primo artista non è venuta meno in tutto questo tempo.

    Come potrebbe mai Duprez “andare a fare una denuncia” dovendo dichiarare le sue generalità? Stato civile: fantasma d’artista!
    Si immagina che accadrebbe mai?

    Suvvia….in fondo è stata solo una scopiazzatina….una “tenera occhiatina”, come cantava quell’ochetta di Fanny….

    gg

  3. caro Duprez,
    Le esprimo tutta la mia solidarietà per palese copiatura di cui è stato vittima. Che dire.. si resta molto perplessi (e non è la prima volta)quando voci autorevoli su fonti prestigiose si espongono oltrettutto in modo così tanto maldestro, condiderando soprattutto che dalla loro penna sapiente dipende il destino di tante carriere musicali e, non ultima, la formazione degli ascoltatori. Questo lascia molto da pensare in tema di competenza, capacità di ricerca e di valutazione di questi signori in questo secolo chiamati critici che senza rischio alcuno e talora con superficialità quando non malafede governano il mercato. Ma il discorso sarebe lungo.
    Credo anche io che una denuncia sia forse eccessiva per un artista del Suo calibro e della Sua epoca. Il tempo ed il denaro posso essere impiegati in modo molto più piacevole e proficuo. Ma non mi permetto di influenzarLa su questo punto. Solamente Lei sa l’impegno, la passione ed immagino la fatica profuse nello scritto in questione ed in genere nella sua sempre interessante attività. Però forse almeno una lettera al direttore o un articolo su una rivista musicale qualificata potrebbe essere occasione per una giusta puntualizzazione. Pur volendo capire con benevolenza tante cose, il sette dicembre non arriva a sospresa e l’opera in questione è di repertorio corrente. In futuro se proprio è inevitabile ( e mai dovrebbe esserlo), bisognerebbe cercare almeno di rubar con garbo ed a tempo. La saluto cordialmente con la stima di sempre
    altobasso

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