Elisir d’amore a Firenze

Eh, sì. Siamo proprio in gramaglie….ma di quelle strette, se non si riesce più nemmeno ad allestire un cast che dispensi canto professionale nell’Elisir d’amore di Donizetti.
Comunque saremo brevi per questa recensione, dato che poi verranno a dirci che dalla radio non si può ben capire e valutare la performance teatrale.

E’ stato un Elisir diretto da una bacchetta che ha la fama di essere l’esecutore per eccellenza di questo repertorio e per capacità di conduzione dell’orchestra e per sensibilità conclamata verso il canto. Questa sera, però, il maestro Campanella è parso assente. Ingiustificato. L’accompagnamento al canto è stato troppo spesso meccanico e di brutto suono. Elegia e malinconia donizettiana sono state le grandi assenti della sua componente orchestrale. Stimato e ritenuto estimatore del buon gusto, Campanella ha bellamente taciuto davanti ai solisti, in particolare all’esecuzione pacchiana e volgare di Bruno Praticò.

Il quale Praticò proverrebbe da un luogo ( Martina Franca, ossia domus Cellettiana ) ove i Corena, i Montarsolo, i Luise erano messi alla gogna per cattivo gusto e pessima esecuzione vocale. Davanti al Praticò di questo Elisir quei signori erano stilisti finissimi. La sua vociaccia sgraziata e sgangherata ricorda una delle tante papere dei cartoons piuttosto che un bass-baritone. Davvero sfinente ed insopportabile, forse perché a fine sera, la sua sciabattata Barcarola….un modello negativo assoluto!

La signora Mei, dopo avere inseguito vanamente la chimera dei ruoli da tragediénne classica, oltre al fuggito Devereux, esibisce una vocetta che ricorda le peggiori suoubrettine anni ’50, querula, bianchiccia, totidalmonteggiante, in palese difficoltà in alto come nei passi agilità ( semplice ), tipo il duetto con Nemorino al finale I o il duetto con Dulcamara atto II, per tacere del rondò finale.
Nel “Prendi per me sei libero” non riesce ad eseguire proprio le due elementari frasi iniziali, perché la voce si fa fissa e poco intonata. Apre i suoni al centro mentre i primi acuti sono subito aciduli e precari. Le battute di conducimento tra aria e rondò sono state malamente strillacchiate in acuto, e tacciamo delle oscene note di petto in basso ( fuor di ogni decenza!……Campanella dove è? ).
Quanto a ” Il mio rigor dimentica”, la Mei ha esibito una esecuzione delle agilità men che dilettantesca, con aspirazioni evidenti di ogni suono, alla moda…svizzera, lido ove forse può maggiormente piacere. La signora Mei ha oggi quasi un monopolio di questi ruoli di mezzo carattere di Donizetti, Rossini e Bellini. Il che è fatto incomprensibile, dato il livello delle sue prestazioni, che esulano da ogni vena di quella malinconica eleganza e contenuto lirismo che furono prerogativa delle grandi primedonne buffe dell’Ottocento. Grisi in primis.

Il signor Francesco Meli lo abbiamo già bistrattato altre volte, né lui è cambiato in questi mesi.Anzi.
A saper cantare, ossia passare di registro quando sale, avrebbe una voce bellissima e sarebbe buon interprete, perchè le intenzioni sono giuste in questo ruolo ( un po’ volgarotto il Trallalà del finale I ma insomma…..). Con la voce messa così, i falsetti per forza di cose arrivano a frotte per simulare una dinamica che non si può avere con la voce in gola. Lo stupore giovanile, l’estatico rapimento del giovane innamorato risultano artefatti ed artati, come nel “Quanto è bella, quanto è cara…” ad esempio. La grande aria è zoppa perché la voce, in gola, va via a tratti perché priva di legato. L’attacco sul fa dell’aria e il seguente sol bemolle di “negli occhi suoi” incerti e malsicuri sono la prova dei suoi difetti e dei suoi limiti, che si ripercuotono poi sul legato come sulla dinamica. La messa di voce in chiusa è stata rabberciata alla bell’è meglio. Ma sono tutte tare derivate da un canto puramente istintivo.
Se, per motivi diversi,avevamo espresso a suo tempo dubbi sul Rigoletto di Florez, sul Duca di questo ragazzo non se ne possono avanzare che dei ben maggiori e sostanziosi. Speriamo sappia smentirci, ma…..

Il signor Capitanucci canta con voce non bella, né molto stilizzata nell’emissione, nè con stile specialmente elegante. E’ parso tuttavia nettamente il più bravo della compagnia, o il meno peggio, stabilitelo voi! Non si è abbassato alle volgarità ed alle smargiassate di certi Belcore, e lo ringraziamo di questo, dato che in questo cast poteva essere facile farsi prendere la mano.

Quanto al signor Arcà che, intervistato nell’intervallo, si è proclamato, con un po’ di eccesso melodrammatico, protettore dell’arte di Francesco Meli come dei giovani generale, suggeriamo di riascoltare grandi tenori quali Schipa, o Kraus, sommi esecutori del passaggio di registro, e di fare un sano ed utile confronto con il suo Nemorino, onde poterlo opportunamente consigliare…..non tanto sul repertorio, quanto sulla sua latitanza tecnica. Perché è questa caro Arcà, la vera causa dei declini precoci dei giovani di oggi, ancor più delle scelte di repertorio. Ma forse il terreno della “vociologia” non è adatto ai sovrintendenti come ai direttori artistici di oggi.

101 pensieri su “Elisir d’amore a Firenze

  1. Non mi permetto di emettere giudizi, sia per nativa incompetenza, sia per aver ascoltato in radio in “multitasking” con altre attività webbiche…

    Come dobbiamo giudicare la standing ovation tributata per diversi minuti alla compagnia? “Bocca buona”, ignoranza, campanilismo, claque prezzolata? In altri termini: oltre e più che crisi di interpreti, esiste una crisi di ascoltatori?

  2. Certo che esiste la crisi dell’ascoltatore. Se gli ascoltatori facessero sentire la loro voce e non fossero vittime di una critica poco professionale (eufemismo!!!) che dice quel che teatri e major del disco gli fanno dire e credere quell’applauso non ci sarebbe stato.per altro nel corso della serata gli applausi o non ci sono stati o sono stai molto molto fiacchi. Per tutti la cavatina di dulcamara. Un Bruscantini al lumicino signore, stilizzato a Parma buttava giù il teatro ed erano sopratutto le intenzioni interpretative mica la voce!!!!!

  3. Ciao Daland.
    Identificazione del pubblico con i beniamini, direi: il pubblico oggi ha dato prove più volte di mostrare apprezzamento a chi “riconosce” come immagine.

    E questo ben lo sanno gli attori del mercato dell’arte, che usano la pubblicità al pari di chi vende prodotti.

    Disabitudine a sentire ben cantare anche, certamente.
    Il fenomeno è in atto da una ventina d’anni, grosso modo. La critica ha latitato nel momento in cui si affermavano modelli negativi, ed anzichè stigmatizzare gli errori, li ha avvallati. IN compenso è stata stigmatizzata come negativa la vociologia, quale forma deteriore di critica etccc.

    Sicchè oggi si canta peggio e si ascolta peggio, anche in virtù dell’età, se ci fai caso.
    Esistono le generazioni di ascoltatori: l’ascoltatore competente che ha avuto modo di sentire, che so, una Caballè, o una Chiara, o una Horne non è solitamente disposto a riconscere valore nella maggior parte dei cantanti odierni.
    E’ oggettivo che il macanto di Villanzon sia figlio dei difetti di unDomingo eretto a modello…e senza le qualità di Domingo ( chi imita peggiora sempre, se ci fai caso )

    E poi anche l’abitudne a certi suoni: oggi siamo ormai abitati a voci piccolissime e poco proiettate….anche noi “lamentosi” abbiamo subito,nostro malgrado, l’assuefazione a cose che non avremmo potuto accettare qualche tempo fa.

    La questione della percezione del suono investe, a mio avviso, noi del pubblico come i cantanti che iniziano: come si fa a cercare un suono come dio comanda, se dal vivo non se ne è mai sentito uno, perchè pian piano si è arrivati a cantare di gola???
    Tu che hai un certa età, se ho ben capito: pensa alla questione dei “baroccari”, ossia dei falsettisti. Solo vent’anni fa, quando le voci erano assai pi ampie, sonore ed “alte”, non potevano permettersi di avere lo spazio che hanno oggi.

    L’evoluzione del gusto è fatto naturale…e di cultura, direi anche.

    Il canto di gola, ossia di tecnica non lirica, potrebbe anche ammettersi in sè pe sè ( io ancora non lo riesco a sopportare perchè le qualità timbriche e l’emissione sono sempre svilite…), se non fosse che poi con la gola ci si ritrova “zoppi” nelle capacità esecutive. E ci si accorcia la carriera, perchè le corde vocali soffrono (di qui tutti i forfait cui assitiamo ormai giornalmente…).

    Sicchè il pubblico applaude ma……

    Però questo sarà argomento di trattazioni future più ampie sul blog.

    a presto

  4. Grazie per le chiare argomentazioni.

    Io – ho una “certa età”, sicuramente – confesso di non avere alle spalle un’esperienza abbastanza vasta di ascolti dal vivo da permettermi di giudicare o stabilire graduatorie. Inoltre – l’esempio del “cantare di gola” è illuminante – credo che nell’ascoltatore non “istruito” e specializzato nelle questioni tecniche del canto prevalga il gusto immediato e la reazione istintiva, che poco hanno a che vedere con una valutazione “oggettiva” (che va dal rispetto della partitura, alla sensibilità di interpretazione, alla tecnica di canto, etc.) Forse è sempre stato così, non saprei, mi chiedo se il pubblico che ascoltava l’ultimo Bruscantini a Parma fosse più preparato e meno condizionato di quello che ha ascoltato Praticò (che non è piaciuto neanche a me, devo dire) a Firenze…

    Aspetto con riconoscenza anticipata futuri approfondimenti!

  5. Piccola chiosa sulla conclusione:verissimo che i direttori artistici di oggi non capiscono un´acca di canto.Prova ne sia che nell´organigramma dei teatri compare sempre piú spesso la figura del “responsabile del casting”.Ma voi ve l´immaginate una cosa del genere nella Scala di Ghiringhelli o Grassi,oppure nell´Arena di Cappelli?

  6. Io non condivido le riserve su Campanella: per me la sua è stata una splendida concertazione, che ha saputo sostenere e tirare fuori il meglio da ogni componente del cast.
    Credo che con un altro direttore questo cast avrebbe evidenziato i suoi difetti con ben altra crudezza.
    Sulla valutazione dei singoli elementi io sono tendenzialmente più ‘buono’ di voi 😉 ma in linea di massima concordo abbastanza: purtroppo anche l’Elisir è divenuto opera difficile da allestire!
    Ma resto convinto che senza Campnella la débacle sarebbe stata ben maggiore.
    Un saluto
    G.

  7. Io ho sentito un’orchestra sfrigolante e un coro sovente stonato: di solito il Maggio offre qualcosina di meglio. E mi rifiuto di credere che, come al solito!, sia colpa della radio. Ma è soprattutto nella scelta dei tempi, ora forsennati (tanto che i solisti avevano serie difficoltà a entrare a tempo, vedi stretta dell’introduzione ad esempio) ora letargici, che il direttore mi ha deluso. Campanella in questo repertorio è una sicurezza (seppure sempre di meno, almeno negli ultimi anni: ricordo un disastroso Barbiere in Scala con la Ganassi e Florez, davvero rabberciato), ma stavolta ho avuto la sensazione di uno spettacolo poco provato e soprattutto poco sentito. Una – mi si perdoni il termine – marchetta, e neppure di lusso.

  8. Cara Giulia, non sono per niente d’accordo con la tua analisi.

    Ma poi CHI sei?

    Cioè com’è che puoi sparare a zero su tutta la compagnia in questo modo, che titoli hai per poterlo fare, che hai fatto nella vita oltre a scrivere su sto Blog?

    Sei la solita cantante mancata (se sei una donna) , frustrata, che sfoga le proprie ire verso tutto e tutti?

    Perchè ti nascondi dietro codesto pseudonimo?

    In altre parole , i cantanti da te criticati, ci mettono la faccia e portano le loro chiappe sul palcoscenico,

    tu ne hai una di faccia?

    Avresti il coraggio di farcela vedere????

    Ne dubito.

  9. egregia sfera 3000,
    a smentire i suoi assunti e sospetti l’abbiamo pubblicata.
    e lo facciamo con autentico piacere e spirito di dibattito, di cui lei ci sembra, invece, privo o carente.
    Commenti biliosi ed offensivi come i suoi si commentano e stigmatizzano da soli e quindi per questo solo motivo sono degnissimi di pubblicazione perchè chi ci legge (ed il loro numero con nostro piacere e stupore nel contempo è in costante aumento) possa vederne ed apprezzarne lo spirito critico e l’apporto al dibattito di chi ci contesta.
    Quanto al presunto anominato credo che ben pochi ignorino chi sia nella vita quotidiana chi quiscrive e comunque anche lei ha utilizzando questa prerogativa. Pertanto il brocardo dice in par condicio scelurum non est reatum.
    Tutti noi nel nostro campo lavorativo, quale che sia tutti egualmente degni ci mettiamo la nostra faccia , tutti saliamo su un palcoscenico (noto od ignoto chesia) tutti ci esponiamo all’altrui giudizio. Il cantante d’opera, nonostante la diversa opinione degli interessati è assolutamente identico agli altri. E se di questo si duole, può sempre stimar miglio scelta mutare mestiere, prima di esservi costretto dalle avverse circostanze (pubblico in primis).
    Da ultimo: quanto alle chiappe le rispetti e molto perche esse ed altre parti definite basse sono state fondamento di molte carriere in ogni campo.
    Quanto agli insulti biliosi e gratuiti La preghereiper il futuro di astenersene. In fondo nuocciono più alla fonte che al destinatario.
    cordiali saluti
    dd

  10. Vecchia storia:sapete quanti critici ricevono lettere simili dai cantanti,che nel 90% dei casi le scrivono personalmente e poi le fanno firmare dalla collaboratrice domestica o da qualche amico di provata fede?

  11. No carissimi, non è di certo alcun tenore di grido.
    E’ sicuro, nè, per parte mia, ritengo che la persona cui alludete lo farebbe.

    Lo stile e la prosa, oltre che i contenuti, ci sono noisamente famigliari….una barba solenne il personaggio.Patologico.

    Lo pubblichiamo per una volta ( poichè già ci scrisse 1 post di insulti qualche mese fa e che non pubblicammo per motivi evidenti ), perchè è Natale, e bisogna fare qualche atto di…misericordia, anche a chi non la merita.

  12. Premetto che non approvo minimamente lo stile e il metodo critico di chi gestisce questo sito. Metodo che consiste nel fare i paracarri di Celletti senza averne la preparazione a giudicare da molti sfrondoni che ho letto, copiando del suddetto critico lo stile e l’aggressività che spesso sfocia nell’insulto agli esecutori e sempre deborda in una manifesta presunzione da Critico Sommo Illuminato che dà veramente fastidio per la supponenza con cui viene propinata.
    Ad ogni modo…Campanella è un praticone ma pesante e pure mal invecchiato. Perciò la concertazione è molto molto alterna, così come troppo marcati sono i cambi di tempo, col risultato di rischiare spesso di perdere i contatti col palco.
    Praticò vocalmente è un degno allievo di Celletti. Celletti, per chi non avesse seguito le sue “lezioni”, soleva far ascoltare una registrazione agli allievi, da lui effettuata, dove cantava da (pseudo)tenore, con voce orrenda e mal impostata, una cosa letteralmente grottesca. Al che proclamava beato che “così si deve cantare” e chiedeva agli sventurati di chi si trattasse. Gli allievi sconvolti erano costretti a dire “Schipa?” “Gigli?”, e il vate “no, sono io!!”…cose agghiaccianti…
    Ebbene Praticò uscì da questo ginepraio Cellettiano e i risultati sono che canta da basso-baritono senza essere nè l’uno nè l’altro ma semmai un tenore cortissimo. La voce poi è quella di una vecchietta. Tutto sommato però sulla scena regge perchè sa benissimo come muoversi ed è “volpe vecchia”.
    La Mei è un pò pesce lesso in scena e non oserei affermare che esprima granchè interpretativamente, però secondo me canta bene. Belcore è forse il migliore in campo complessivamente e su Meli devo soffermarmi un pò visto lo scempio che ne volete fare.
    Meli è tenore giovane (credo ventottenne) di voce splendida e, vivaddio, interprete non freddo e manierato, ma generoso e passionale. E’ indubbio che ci siano cose da perfettire. Ad esempio la salita agli acuti, che sembrano non sfogare ancora al meglio, e di certo deve star attento a non dare troppo anche se questo per chi ascolta è emozionante. Però però..alla fine viene fuori un personaggio bello, dalla voce splendida, dalle belle intenzioni (non mi scandalizzo per due falsetti nella “furtiva” anche perchè sono suggestivi..e comunque la ha cantata con bella varietà di intenzioni), e francamente mi pare di vedere del grande talento in questo ragazzo. Mi pare doveroso metterlo sull’attenti per certe cose da migliorare ma mi sembra che distruggere i talenti con recensioni biliose sia un modo di fare sbagliato.
    Oltretutto se fate così gli esperti mi piacerebbe sapere dove avete studiato il canto, anche se temo che non lo abbiate studiato affatto visto che noto tante incongruenze nelle vostre recensioni.
    Saluti

  13. Dimenticavo di parlare di orchestra e coro. L’orchestra mi pare abbia suonato al solito, certo con Campanella sul podio non c’è molto inventarsi..Semmai taluni errori pacchiani si sono sentiti alla terza recita. Alla prima l’Orchestra mi pare abbia suonato bene (coi limiti imposti dal Direttore non propriamente sfolgorante). Il coro lo avete definito stonato. In Teatro è chiaro al di là dell’allestimento carino, il coro sia stato costretto a lavorare in condizioni di emergenza. I coristi sono poco più di una trentina in questo Elisir, e in un Teatro grande e sordo come il Comunale di Firenze penso che ciò sia molto penalizzante. Inoltre la regia impone agli artisti del coro di fare acrobazie e movimenti continui, inoltre li mette sempre lontanissimi tra loro non permettendogli probabilmente di ascoltarsi a vicenda. Perciò penso che qualche eventuale scollamento sia dovuto a questi fattori.

  14. Io continuo a non condividere le riserve su Campanella.
    Riconosco che su Meli si poteva usare un maggiore ‘tatto’, ma è vero che il cast prestava il fianco a molte riserve e io, personalmente, non ho trovato la meraviglia che molti han sentito. Detto questo, però, mi pare, a un riascolto del broadcast, che Campanella abbia sostenuto e aiutato i cantanti benissimo: anche la scelta di tempi rispondeva, per mio gusto, alla logica di limitare i rischi.
    Purtroppo Campanella non può insegnare a cantare: può però permettere alle voci di figurare meglio che possono… questo, per me, ha fatto.
    Su Meli: è indubbio che il talento e la voce di questo ragazzo colpiscano, perché si tratta di doti veramente fuori dal comune. Quello che mi lascia ancora perplesso è la caratura tecnica che dovrebbe essere perfezionata e migliorata. Ora, io ci andrei più cauto con le critiche, perché Meli è giovane e ha ancora tutte le carte in regola per migliorare, però i contenuti dell’articolo (e non il tono) io li condivido, perché i limiti nella vocalità di Meli ci sono.

  15. ciascuno è libero di dissentire sin che vuole. Di insultare vivi e morti no.
    Quanto ai defunti ossia a Rodolfo Celletti le sue registrazioni non sono mai state fatte ascoltare dall’interessato, che si limitava moltissimo negli ascolti.
    Avendo sentito molte lezioni di Celletti sia a Martina Franca che a Milano in casa sia con principianti che con cantanti di levatura storica in carriera allora ed ora posso in maniera categorica smentire la fola da Lei riferita, la cui fonte è tanto nota quanto inattendibile.
    Per altro le registrazioni di Celletti erano in possesso di un famossissimo collezionista milanese, fans storico dell’Olivero, morto il quale l’archivio è stato distrutto dalla figlia.
    Quindi quanto Lei assume non risponde al vero.
    Quello che io penso di Celletti e della sua scomoda importanza lo abbiamo scritto ricordando uomo e giornalista nel giugno scorso.
    Nessuno è stato in grado oltre tutto non disponendo dei mezzi di cui si dispone oggi di dare una ricostruzione della storia del canto e della vocalità come Celletti. Se così non fosse stato non si giustificherebbe l’autentica e sistematica damnatio memoriae di cui Celletti è tutt’ora oggetto, anche sulla base dei relata refero di parte.
    Quanto a Bruno Praticò prima che con Celletti studiò con Giuseppe Valdengo. Entrambi lo ritenevano un baritono brillante. Poi la testa del cantante ha fatto le scelte.
    Ma venti cinque anni or sono sentii Bruno Praticò, cantare con voce morbida, raccolta le Arie di don Alfonso di Favorita.
    Quello era il suo repertorio, una specie di De Luca o Bruscantini.
    Quanto Praticò eccedeva a Martina Franca i richiami di Rodolfo Celletti erano pesanti e pubblici.
    Su Francesco Meli, che evidentemente correte per prossimità immagino geografica a sentire, vorrei rilevare che un cantante che ha delle “cose da mettere a posto” non canta a Firenze, Parma, Londra, MAdrid, Milano in prime parti, ma si dedica ai vocalizzi, a parti di contorno alle “violette” di Scarlatti.
    Se fa l’incontrario, spiace per lui, non per i suoi poco accorti laudatores si rovina con le sue stesse mani.
    E spiace per lui perchè i laudatores si trasformeranno in un batter di ciglio nei suoi vispilloni. Non faccio nomi di sporani che hanno subito siffatto indegno voltagabbana.

  16. CAro Pruun, il maestro Camapnella Campanela non DEVE insegnare a cantare. Ma moderare caccole, notacce di petto, berciamenti sgangherati deve, può e sa.
    Siamo noi, piuttosto, che non capiamo la sua presente disattenzione ed un’orchestra che, francamente, pareva al di sotto di quello che lui sa benissimo condurre, per tecnica e gusto.

  17. Questi episodi del Celletti mi sono stati riferiti da un suo allievo basso che li ha vissuti sulla sua pelle essendo stato a lezione dal Celletti per qualche mese. Non si tratta di fole bensì di esperienze dirette di alcuni suoi allievi. Quanto alla damnatio memoriae di cui parla, evidentemente il Celletti se la sarà meritata se è così diffusa. D’altra parte basta leggere le sue recensioni e vedere il livello di molti suoi allievi per rendersi conto dell’analfabetismo vocale di questo critico e della sua violenza verbale.
    Sul fatto che il Meli debba cantare “le violette” stenderei un velo pietoso..io non sono nè amico, nè conoscente, nè fan di questo ragazzo, ma credo che dovreste addirittura vergognarvi (fermo restando che deve migliorare nel passaggio all’acuto, ma penso lo farà, già ho notato miglioramenti). D’altra parte scrivete cose non molto dissimili di Florez, quindi è probabile che abbiate bisogno di studiarvi un pò la tecnica del canto…dovrebbero vietare di dare una penna in mano a chi non ha mai studiato o fatto una nota..voi per lo meno lo fate in modo amatoriale, anche se con enorme supponenza.

  18. Bene Frisco, grazie a lei apprendiamo che Celletti era un analfabeta vocale. Il che è esattamente quanto sostenuto da una ben nota tribuna radiofonica, guarda caso curata da un individuo a suo tempo assiduo di Martina Franca. Forse lì ha avuto anche modo di conoscere il suo amico basso (che, va da sé, deve essere stato fra i migliori allievi di Celletti).
    Peccato che basti la serenata di Almaviva di Dano Raffanti, messa in parallelo con l’esecuzione udita in Venezia nel passato mese di aprile, a smentirla su tutta la linea e a dare una seria ridimensionata al fenomeno Meli. E gli ascolti a confronto, visti gli annunciati prossimi cimenti rossianiani del “giovanissimo” Francesco, potrebbero proseguire.

  19. si ma sono argomentazioni ripetitive e spesso non condivisibili. Cercate magari di dire “secondo me” quando parlate, sarebbe già un progresso..abbiate almeno il beneficio del dubbio, tanto più che mi pare che non siano tantissimi a pensarla come voi sul canto, frequentando, ascoltando e leggendo varie opinioni sull’Opera

  20. Frisco, non c’è argomentazione che trasformi un suono di gola, forzato e duro, in un esempio di perfetta emissione. Si può discutere ad es. se sia più o meno centrato e plausibile il Nemorino di Schipa o quello di D’Arkor, ma sui fondamenti del canto c’è poco da discutere. Un suono di qualità è facile da riconoscere. Almeno per chi non abbia perso l’abitudine ad ascoltare.

  21. Si ma partite da un concetto sbagliato (a parte il fatto che non è scontato che sappiate distinguere un suono corretto da uno che non lo è se non avete studiato il canto)e cioè che nel Teatro musicale tutto si esaurisca nell’emissione corretta delle notine, quando sappiamo bene che un cantante è anche voce, comunicativa, arte scenica, dizione, fraseggio, capacità interpretativa, carisma. La mania (tutta Cellettiana) di ridurre il tutto alla correttezza dell’emissione è una toppata tremenda, e totalmente sminuente se non fuorviante di accingersi all’ascolto.
    Tanto più che la maggioranza dei cantanti di ogni tempo si è ben distaccato dai cosiddetti manuali del corretto cantare, per trovare strade personalissime. Lo stesso Schipa cantava aperto le note di passaggio e sbiancava, lo stesso Gigli apriva tantissimo fino al sol in diverse occasioni (lui stesso diceva “io canto aperto”), Di Stefano, di cui avete scritto cose oscene in varie occasioni, cantava alla sua maniera, ed è stato indubbiamente uno dei tenori di maggior successo e comunicativa di tutti i tempi alla faccia vostra, persino la Callas cantava in modo opposto a ciò che il manuale vorrebbe..aveva la voce letteralmente spezzata in tre tronconi, di cui quello basso intubato a volte artificiosamente, e quello alto spesso oscillante e urlacchiato, eppure era la CALLAS…e se ne fregava del cantar “corretto”. Chissà cosa avreste detto della Callas se cantasse oggi..non oso immaginarmelo..

  22. E poi dai…Raffanti…se c’è un tenore che detiene il record di stecche da me sentite a teatro è proprio lui, mentre il premio per quello più stonato e belante è Morinoi, guarda caso allievo di Celletti anche lui…come si fa ad aver stima di uno che stroncava Del Monaco, Gedda e Di Stefano e creava Morino e Matteuzzi?

  23. Nessuno ha mai detto che il canto si esaurisca nella correttezza dell’emissione. Ma quella è la base, che le piaccia o no, e non c’è Pippo o Maria che tenga. Se per lei i suoni emessi da Di Stefano sono sullo stesso piano di quelli di uno Schipa o di un Gigli, le chiederei di spiegarmi come mai dopo pochi anni di carriera il primo, a differenza degli altri due, era già più vicino al teatro di prosa che a quello lirico. Ma temo sarebbe fatica sprecata. Quanto al raffronto con Raffanti, Morino e Matteuzzi, ripeto, attendiamo quello che Meli sarà capace di produrre nel Rossini tragico, repertorio in cui finora il tenore genovese ha brillato per latitanza o incomprensione. Saluti.

  24. Anche la mania di pensare che chi ha una carriera al top breve canta male e chi annoia tutti per 50 anni è un grande cantante è sbagliata a mio avviso. Quanti anni è durato Pertile? 10? Quanti anni durò Fleta? 5? Eppure cantavano come manuale prescriverebbe. Perchè allora? Non vi sorge il dubbio che ci siano corde vocali di vario tipo e resistenza? E perchè il buon Topone Domingo, cantando alla carlona, a 70 anni è ancora qui tra i piedi? Il canto non è matematica, le voci e le corde sono molto diverse tra loro.
    Quanto alla prosa Distefanesca era sovente molto più emozionante di tanti tenori “corretti” di cui si è perso traccia..Di Stefano resta tuttora uno dei miti della storia dell’Opera, non credo che voi, invece, lascerete traccia.
    Quanto a Gigli e Schipa. Certamente avevano un canto diverso da Di Stefano, ma Di Stefano arrivò dopo e creò a suo modo una specie di rivoluzione, diventando un tenore neorealista (in questo fu il primo, forse, che portò lo stile della società e del cinema dell’epoca, nel teatro lirico con geniale intuizione, anche se non si sa quanto fortuita o quanto meditata)mentre Gigli e Schipa furono tenori più all’antica. Ad ogni modo ascoltatevi i fa e i sol di Gigli e Schipa. Sono spesso apertissimi. Ci sono live dove Gigli non copre nemmeno il sol diesis. Ma questo non significa nulla. Erano cantanti teatrali e puntavano ad emozionare il pubblico grazie all’estrema fantasia interpretativa e alla magia della voce (dolcissima quella di Gigli, di straordinario pathos e melanconia quella di Schipa). Chi se ne frega se aprono i suoni nel passaggio o se Schipa non arrivava al si naturale e Gigli non pigliava il Do. Il grande cantante si giudica sotto altre angolazioni. Basta con le radiografie vocali.

  25. Deduco che ammiriate Morino, Raffanti e Matteuzzi. Allora, visto che chi canta bene fa carriere lunghe ed eccelse, mi spiegate che carriera abbiano fatto questi tre e dove cavolo sono finiti negli ultimi 10 anni? Eppure devono avere non più di 50 anni…

  26. La tecnica è la base dice. Certo. Ma non deve restare l’unica cosa. E comunque tutti gli artisti arrivati a certi livelli hanno e avevano una base tecnica a meno che non si tratti di colossali bluff alla Bocelli tanto per intenderci. Lo stesso Meli ha solide basi tecniche. Poi che talvolta forzi l’acuto o non esegua alla perfezione il passaggio non ha importanza fondamentale, se ci sono altre doti a farne un tenore emozionante. Vi assicuro che il Teatro viene giù dagli applausi ogni sera a Firenze, mentre per gli altri tiepide accoglienze. Non è che il pubblico sia necessariamente costituito da buoi eh? La correttezza tecnica fine a se stessa non significa nulla, ci sono esempi di cantanti perfetti e gelidi, io non li posso sopportare. Lo stesso grande Lucianone ha cantato molto bene decine di opere (ma pure qui ci sarebbe da dire che non padroneggiava la mezzavoce e che il passaggio era strettissimo mentre le note gravi sbracate)ma facendo colare litri di noia, tutto sempre uguale, affidandosi solo alla precisione tecnica e alla brillantezza di una voce molto dotata. Questo per me non basta. Ci vuole dell’altro. La musica va fatta vivere, bisogna “dire” le frasi, non solo cantarle. Meli mi pare che “dica” molto bene, ha saputo emozionare quasi tutti, poi se sono usciti 2 falsetti e un acuto leggermente forzato chi se ne frega scusate!

  27. Per parte mia non amo le polemiche sterili che taluni vogliono portare sulla base del nulla più totale. Persone che credono che per salvare l'opera si debba distruggere il passato per glorificare un presente modesto, del quale si glorificano poi idoli resi tali per mode più che per meriti effettivi. Il recente Don Carlo milanese è stato occasione per fare il punto su Fiorenza Cedolins. Pur cantando esattamente allo stesso modo della Butterfly scaligera il soprano friulano è stata oggetto di critiche smodate, soprattutto da chi due anni fa la glorificava a tutto spiano. "Oh dove mai ne andarono le turbe adulatrici?" canta il coro nell'Anna Bolena, e me lo sono chiesto anche io, perchè la signora cantava allo stesso identico modo di quando per lei c'erano solo lodi sperticate. Ma il modello odierno proposto dai frisco è questo : inneggiare ad un'artista finchè è di moda il suo nome o presunto tale per poi dimenticarsene da un giorno all'altro, magari con lo standard vocale del divo immutato.
    Quanto all'importanza della tecnica io rispondo citando le parole testuali di Beverly Sills, dalla sua autobiografia "Beverly – An Autobiography" di Beverly Sills & Lawrence Linderman, capitolo nove, dove, parlando della riuscita come Zerbinetta e del grande lavoro fatto con Leinsdorf aggiunge : "…I don't have him (Leinsdorf) alone to thank for it (la riuscita come Zerbinetta) but certainly also the phenomenal technique Miss Liebling taught me. When that technique was absorbed by me first as a child and then as a young girl, I wasn't aware of what was happening to me. It came so gradually that it became second nature. In retrospectI would say that if I was able to do Zerbinetta, Queen Elizabeth, Lucia, Manon, and Louise, it was because the vocal chords responded perfectly to what I wanted them to do and because the breath control was my lifeline to whatever I wished to express vocally. This technique allowed me a much wider and richer range in the soprano repertoire than a lot of other singers with big internatiol careers."
    E prima ancora la Sills ricorda :"Miss Liebling was the last surviving pupil of Mathilde Marchesi, one of the great vocal teachers of all time. Because I was so young, Miss Liebling put me through the entire Marchesi school of singing. At some point I intend to write a book on singing technique. I have the last copy of the original Marchesi book, and I want to make sure the Marchesi method doesn't simply disappear."
    Frisco obietterà che la Sills è declinata "presto" (dopo soli 25 anni di carriera…). Beh, se leggesse la biografia della Sills noterebbe per mano della stessa Sills che il declino è sopraggiunto dopo l'aggiunta di ruoli ben pesanti al suo repertorio come il Devereux, la Bolena, ecc (che la Liebling categoricamente sconsigliava), dopo il sopraggiungere di una grave malattia e ultimo ma non ultimo il suo discostarsi volontariamente da alcuni accorgimenti insegnati dalla Liebling per ricercare più l'interpretazione drammatica.
    In ogni caso non credo che Beverly Sills sia una fonte poco attendibile sull'importanza della tecnica ed è lei stessa a dire che è diventata Beverly Sills, Virtuosa ed Artista, grazie alla tecnica di canto, che è e resta imprescindibile. E il fatto che l'uso corretto della tecnica sia come cercare l'araba fenice non sminuisce la sua importanza, anzi la raddoppia.

  28. Devo dire a Frisco che la sua idea del cantante come di un genio assoluto, che deve innanzi tutto emozionare il pubblico e INTERPRETARE ben si adatta a cantanti come Di Stefano, la Callas, la Sills, ecc. ecc. ma non di certo ai cantanti odierni, i quali tutto fanno fuorchè emozionare TUTTO il pubblico. Mi spiace caro Frisco, ma i cantanti sono i peggiori giudici di se stessi e, quindi, degli altri cantanti. E’ vero Gigli sbiancava, la Callas era oscillante, Gedda a volte nasaleggiava, ma i loro personaggi erano VIVI. Oggi, con lo strapotere dei registi e dei direttori, accade un fenomeno abbastanza anomalo: il tutto dovrebbe implicare una maggiore vitalità del teatro d’opera, e invece l’opera è sempre più in basso. Questo perchè si è uccisa l’individualità. Tutti i soprani cantano allo stesso modo, idem i tenori, ecc. ecc., in barba alle caratteristiche vocali precipue dei singoli interpreti, che quindi cantano tutto allo stesso modo (Mozart come fosse Verdi, Puccini come fosse Wagner). Oggi un fenomeno come la Callas sarebbe impensabile (una che contestava il regista quando non le andavano giù scelte contrarie allo spartito. Immaginate la Callas cantare in una produzione come la Medea di Torino di qualche tempo fa? Avrebbe gridato allo scandalo!!! E, aggiungo, giustamente). Ho un carissimo amico cantante, grande estimatore dei dischi antichi, e poco noto allo star system semplicemente perchè non appartenente a nessuna agenzia “di grido”, e quindi cantante di parti di comprimariato, che spesso mi confida di avere notazioni di come impostare la voce da chicchessia assolutamente folli. Questo è il problema; lui ha studiato con un grande del passato come Silvano Pagliuca, ultimo esponente dei grandi bassi all’italiana, il quale mette al primo posto la NATURALEZZA dell’emissione, l’assenza minima di qualsivoglia forzatura, nel rispetto assoluto della vocalità del singolo cantante. Oggi si dice: “copri!”, anche se una voce è leggera e non avrebbe tutta questa necessità di coprire (questo stratagemma spesso diventa sinonimo di affossamento artefatto o di vero e proprio ingolamento). E escono fuori le aberrazioni alla Villanzon. E vogliamo parlare di Florez? In certo repertorio è bravino (ma a fronte di un Gedda avrebbe di certo cantato “La cena è pronta!”), ma il fatto che in Rigoletto sia stato una frana testimonia della bontà di quanto sto dicendo (anche Kraus aveva voce leggera, eppure è stato un duca di una aristocrazia assoluta!!!): oggi con il pretesto dell’interpretazione si ASCOLTANO DEI VERI E PROPRI ORRORI CANORI, contrari a qualsivoglia gusto estetico (già! Perchè il gusto estetico operistico dovrebbe essere diverso dal gusto estetico in generale? Da qui l’assoluta assurdità delle tue affermazioni, caro Frisco, riguardo al fatto che uno che non canta non possa giudicare un cantante!!! Allora un critico d’arte, solo perchè non è in grado di dipingere, non può valutare la bontà di un’opera d’arte? Ma per favore!!!! Leggi Oscar Wilde, Il critico come artista, e poi ne parliamo) e quando si vuole interpretare si va al di là di ogni rispetto delle intenzioni dell’autore e della sua epoca, proprio in virtù di una supposta (quella si che è arrogante) necessità di adeguare l’opera al gusto moderno (come se il mutamento del gusto moderno non possa essere indirizzato in altro modo!!!). C’è solo una cosa che nell’ambito attuale potrebbe dare uno smacco al passato: l’autocoscienza filologica che molti cantanti del passato, tranne qualche luminosa eccezione, non potevano avere in maniera cosciente per ovvie motivazioni storiche e cronologiche. Ma questa autocoscienza è anch’essa derivazione di una rivoluzione avvenuta anni or sono, soprattutto grazie al grandissimo Bonynge.

  29. Quoto il magnifico commento del mio collega Adophe.

    Frisco… bella l'etichetta "tenore neorealista", la trovo proprio adatta al Pippo… ma si renderà conto anche lei, spero, che essere un "tenore neorealista" e cantare Puritani Lucia ed Elisir è come presentarsi a una cena di gala in mutande! L'effetto può essere piacevole o spiacevole a seconda dei casi, ma sarà sempre inadeguato al contesto e alla situazione.

    A proposito di Raffanti & C.: come dice Nourrit, vedremo dove finirà Meli, quando avrà finito… la benzina vocale! Magari a insegnare canto…?

  30. A chiosa dei precedenti commenti dei miei illustri colleghi, vorrei aggiungere questa semplice domanda: chi glielo fa fare Sig. Friscofrisco? Se tanto ci “detesta” che viene a fare qui a rovinarsi fegato e umore, a sforzarsi in insulti e offese? Ha già uno spazio, lo so bene, in altri “fori” (con nome diverso naturalmente) da poter riempire di 10 100 1000 interventi consecutivi e conseguenti (anche 5 di fila a volte) quasi a non riuscire a contenersi…là c’è chi ascolta la sua agiografia di Pippo Di Stefano, là c’è chi apprezza la trivialità da osteria delle sue considerazioni su Celletti…là c’è chi condivide il fatto che “le opinioni sono come le palle! Ognuno ha le sue…” (peccato poi, che quando si voglia ragionare civilmente e con persone civili, invece delle “palle” si dovrebbe utilizzare altro apparato del corpo umano..). Insomma Frisco nessuno la costringe a leggerci (tanto meno a commentare). Se lo fa ci fa piacere, certo non censuriamo (NOI…so che lei è abituato diversamente), solo un’accortezza le chiedo: usi pure il suo nome abituale, oppure, almeno, si sforzi di cambiar stile e rendersi meno riconoscibile… E soprattutto, si calmi per carità…tanta furia, tanta ira. Ma le pare il caso?
    Un saluto

  31. Ma a voi piuttosto chi ve lo fa fare di andare a teatro a tediarvi!!Ascoltatevi i vostri dischi del ’10 che è meglio!
    Sono d’accordo comunque sull’orrore dei registi e sulla necessità di dare più libertà ai cantanti. Ma resta il fatto che il vostro modo di vedere l’opera è calamitoso, tanto che vi cacciano da tutti i forum e siete costretti a formare una setta di patetici scassascatole in questo funereo e plumbeo sito.Tanto sono in 4 gatti a leggervi e quasi nessuno la pensa come voi fateve una ragione! Non è questione di furia, è che non posso tollerare quelli che stanno in poltrona a dire a chi lavora cosa dovrebbe fare, e lo fa anche con supponenza e violenza verbale. Quanto al discorso sul “non so fare e però giudico”, va benissimo, lo fanno tanti inutili critici cinematografici, letterari, musicali, teatrali, di arte, quasi tutti complessati e magari invidiosetti…se proprio volete imitare i critici cercate almeno di farlo con una “patina” di umiltà (cosa che alla critica spesso manca). Preferirei leggere opinioni da “pubblico” più che da critico togato. Anche perchè non lo siete, mi risulta. I toni assolutistici da voi usati sono veramente irritanti. In ogni caso è solo una perdita di tempo parlare di musica con chi l’ha imparata sul manuale delle giovani marmotte..ma d’altra parte si sa che meno si conosce e più si parla…
    Saluti e buone feste. Non andate troppo a Teatro và che vi fa male al fegato. Ciao ciao.

  32. Ah dimenticavo, si, su Operaclick mi chiamo Chiaky, perchè qualcosa in contrario? E ribadisco che le opinioni sono come le palle (uuuhhh che scandalo..cosa ho detto) e che quindi io ho le mie…non mi sono firmato con lo stesso nome perchè ho fatto casino con l’iscrizione a google, tutto qua. Ho scritto qui perchè avevo avuto con la Grisi, nell’altro sito, alcuni battibecchi ma poi chiariti civilissimamente in pvt, e devo dire che nell’altro sito eravate pedanti ma a volte interessanti, poi ho visto questo e devo dire che state sbragando parecchio..perchè non trovo più nulla di interessante. Non c’è personalità (i modelli sono i critici anni 70, sia per lo stile che per il concetto), cè troppa violenza talora nei giudizi, non c’è il beneficio del dubbio, ci sono a volte discutibili registrazioni antiche spacciate per capolavori, c’è un parlarsi addoso dei soliti 5 o 6 che sembrano usciti dal 1800, sia nel linguaggio iperformale che nei ragionamenti..insomma mi pare di stare su Marte…perciò non riuscivo a non dirvelo. Poi mi levo tranquillamente dai piedi e vi lascio attorno al vostro tavolino a parlare di fa diesis girati e di Giuditta Pasta.

  33. Una volta i cantanti – quelli seri, almeno, gli unici che valga la pena considerare – pretendevano di essere giudicati da persone capaci di comprendere e valutare l’arte del canto. Oggi non solo i cantanti – non tutti, per fortuna, ma di certo quelli che popolano siti telematici da cui è un onore essere scacciati, se non fosse che ancora più onorevole è andarsene spontaneamente – pretendono recensioni “di popolo”, ma le vogliono anche osannanti e disinformate. Quindi il pubblico va bene solo quando applaude… e quando dissente, lo si zittisce facendogli presente che “tanto mica sa cantare”! Ma che bei ragionamenti. E’ il caso di dirlo: cognizione tecnica, spirito dialettico, eleganza e rispetto per il pubblico vanno davvero di pari passo, nell’affascinante mondo dell’opera.

  34. personalmente ringrazio sempre qualcuno quando mi dice “non mi hai emozionato” perchè il fine UNICO del cantare è quello di andar di cuore in cuore. E sono lieto quando a dirmelo sono le persone semplici che si nascondono nelle sale da concerto o nei Teatri. A queste parole medito lungamente e mi chiedo dove ho sbagliato. E così penso facciano un pò tutti i cantanti. Quando le critiche vengono da gente che di mestiere fa il bastian contrario è chiaro che non vengono prese minimamente in considerazione…

  35. bè bisogna vedere il gradimento..mica solo l’auditel…perdonate, se mi leggete di là sapete che amo scherzare e fare battute..
    Ad ogni modo in questo mondo di pazzi (quello dell’Opera) ci volete anche voi…i guastafeste ci vogliono in tutte le feste..sennò guai.

  36. L’emozione è il risultato di un canto espressivo. Senza tecnica non si dà canto espressivo. Sapere rendere conto *tecnicamente* di un’emozione (o di una mancata emozione) suscitata dal canto è o dovrebbe essere il compito del critico. Che cosa cambia se a farlo è un critico di professione, un maestro di canto o uno spettatore qualsiasi? Poi non è che l’emozione sia così “facile” e immediata, quasi fosse la reazione pavloviana del pubblico a ogni sorta di canto… L’emozione bisogna saperla creare! E senza la voce a posto e il cervello collegato non c’è emozione che possa nascere. Almeno, non emozione che sia degna di nota.

  37. Chiaky, ci faremo una ragione di non essere presi in considerazione da lei e da qualcun altro. Nel suo modo di scrivere sì che è presente la violenza…lei “non sopporta” chi dice determinate cose…francamente, si moderi un pò. Ma dubito che a lei interessi una benchè minima critica costruttiva,…quindi sì, noi continueremo coi nostri dischi del 10, le nostre Sills, Sutherland, Onegin e compagnia bella. Lei si emozioni pure per le contrazioni di gola di questo e quello, oggi abbondano e penso che avrà modo di “emozionarsi” sempre di più. Il mondo è bello perchè vario. Tanti saluti dal buon Nourrit.

  38. Le emozioni si danno in tanti modi…ci si può emozionare con la perfezione formale di Raffallo e le apparenti stramberie di Picasso.
    C’è modo e modo. Non è che tutti debbano essere per forza Raffaello. Gigli era Raffaello. Di Stefano o la Callas erano Picasso. Perchè andavano oltre la tecnica per proporre qualcosa di nuovo, ovviamente discutibile, ma che sublimava la tecnica mettendola semmai al servigio della parola e del pathos, anzichè il contrario, come avviene per altri grandi artisti.
    Non tutti partono dall’emissione per raggiungere un fine. Certo..una tecnica di base ci DEVE essere, e anche il più strampalato dei grandi artisti ha una tecnica o comunque un suo modo ben saldoi di cantare. Ma poi c’è anche molto altro…
    Se badassimo solo alla tecnica allora Praticò (per restare su questo Elisir) nemmeno dovrebbe calcare le scene, invece sappiamo che tiene banco nel suo repertorio da 20 anni. Ruggero Raimondi avrebbe dovuto fare lo sfasciacarrozze o Tito Gobbi il macellaio secondo questi ragionamenti. Invece sono tutti ARTISTI. Non si può pensare che siano tutti la Sutherland per esempio. Quello è UN modo. Ce ne sono tanti altri…C’è la Sutherland ma c’è anche la Olivero (che pare sempre sul punto di spezzarsi e andare fuor di controllo, ed esagera sempre o quasi, Giudici la odia letteralmente, ma quella è un’artista carismatica ragazzi..altro che fa diesis girato e menate simili…)

  39. Raffaello e Picasso si esprimevano secondo diversi stili e forme, ma credo che entrambi sapessero usare i rispettivi ferri del mestiere.
    Da Callassiano poi sinceramente trovo offensivo per la Callas l’accomunamento con Di Stefano. Non c’erano due artisti così profondamente lontani e diversi come la Callas e Di Stefano. Tanto precisa, rispettosa dello spartito, critica e perfezionista lei, quanto lui era…Di Stefano.

  40. Ma che neorealismo e mutande nei Puritani ! ! ! L’opera con la realtà non c’entra niente, l’opera è una forma d’arte completamente svincolata dalla realtà. Non avere capito questo significa non avere capito l’essenza stessa dell’opera.
    Nonostante questo ci sono stati molti cantanti, anche in passato remoto (tutti più o meno all’origine del declino del canto) che hanno cercato di introdurre il realismo nell’opera, uno dei primi fu Chaliapin. Ma Di Stefano proprio non ha introdotto nessun realismo e men che meno neorealismo, Di Stefano ha introdotto solo il malcanto.Il declino del canto tenorile nella sua forma più becera incomincia proprio con Di Stefano.
    E il malcanto ha talmente dilagato che io all’opera non ci vado quasi più o solo quando viene fuori un nome nuovo per rendermi conto e verificare se finalmente ne salta fuori uno decente. Ascoltato a Pesaro Meli ha massacrato letteralmente il ruolo di Contareno con agilità pasticciatissime e aspirate, grossi problemi in acuti e falsettini. A Parigi nella Sonnambula, colla Dessay che gridava in acuto e mormorava invece di modulare, Meli ha sfoggiato note tanto aperte che mi ha stuprato le orecchie. Se io facessi così male il mio mestiere come questi fanno il loro mi avrebbero già licenziato da non so quanto tempo. Poichè io non voglio più pagare per sentire robaccia simile me ne sto a casa ad ascoltare felice e beato i dischi del 10.

  41. Nourrit ci mancherebbe altro…però nelle “recensioni” magari abbiate l’umiltà per dire che sono solo le vostre opinioni e non il Verbo assoluto. Sennò magari chi legge viene influenzato e non è il caso (così come non deve essere influenzato da ciò che scrivo io..ci mancherebbe). Ognuno deve pensare con la sua testa.
    Benissimo la Sutherland, chi vi dice niente..ma non c’è solo il belcanto. Lo so che siete fan della Belcanto Renaissance e che 9 volte su 10 parlate di Rossini,Bellini, Donizetti, ma ci sono tanti repertori diversi che richiedono voci e temperamenti diversi. Non è che chi canta lo Chenier debba cantare alla maniera belcantistica, sono cose diverse. La stessa Johan alle prese con Adriana fa ridere…ci vuole anche un pò di temperamento nell’Opera..almeno in certi repertori

  42. Adesso mi apro anche io un sito dove dico che Federer è un pessimo tennista,tentando di spiegargli ovviamente come si dovrebbe invece giocare a tennis, che Picasso è stato la rovina della pittura mondiale, che Freddie Mercury non aveva voce e scriveva spazzatura musicale, che Puccini è un povero pirla che scriveva musica da spot pubblicitario.
    Vediamo se trovo 10 frustrati che ci scrivono sopra…
    Ma dai ragazzi su…

  43. Se non le piace chi trova qui può sempre volgere verso altri e abituali lidi dove troverà ben più compiacenti compagni di merenda. Vede Chiaky, io credo che da Bellini a Giordano possa essere cambiato lo stile esecutivo, sicuramente anche tecnico. Ma se sento Rosa Raisa, prima Turandot, non sento una strillona senza pietà alla Andrea Gruber (altra osannata diva “emozionante” buttata nel dimenticatoio da un pubblico che si emoziona tanto in fretta quanto è rapido nel dimenticare l’idolo che l’emozione causa) ma una cantante professionalissima, conscia di essere una cantante e non una pescivendola qualunque. Il temperamento è espresso tramite lo stile, l’interpretazione ma il malcanto non è mai nè temperamento nè interpretazione. Vedere una vaiassa in scena che si contorce e lancia berci non mi emozionerà mai, che si tratti di Bellini, di Giordano, di Schonberg.
    Legga le parole della Sills, che dell’interpretazione ha fatto la sua ragione d’essere come Artista. Non si può mai prescindere dalla tecnica. Anche Shirley Verrett, altra grande interprete era solita dire che prima di ogni cosa lei si rendeva sicura nel poter cantare la parte per poi pensare in seguito alle sfumature e all’interpretazione.
    Quanto allo stile delle recensioni…chacun à son gout.

  44. Mio caro,
    lei mi ricorda chi è solito vedere la pagliuzza nell’occhio altrui per ignorare la trave nel proprio…trova strano chi lamenta lo “stupro” delle contrazioni di gola di Meli…ma lei invece per quelle contrazioni di gola si emoziona…punti di vista? Certamente, com’è certo che rimangono contrazioni di gola, solo che a taluni non piacciono e ad altri arrecano grande piacere. Lei si stupisce tanto degli altri ma…una buona dose di autocritica mi sa che servirebbe a lei in primis. Poi ripetiamo per l’ennesima volta : accusarci di non motivare quanto scriviamo è ridicolo. Le pagine di questo blog sono piene di motivazioni di quanto affermiamo. Certo se lei vuole ignorare…non è certo affar nostro. Ripeto : Chacun à son gout.

  45. Ma chi vi ha detto che non motivate..dico che sono motivazioni per me risibili. Mica ho mai detto che non motivate…vabbè buona notte. Torno nei “miei lidi” come li chiamate voi. Ho fatto solo un giretto di qua, giusto per dare una mossarella a sto mosciume. Buon proseguimento e per favore, datemi Semolino, lo voglio!!

  46. Ce ne faremo una ragione Chiaky. E non si dia pena alcuna, il mortorio lo vede lei. Qui abbiamo l’abitudine di parlare d’opera…se lo trova noioso l’ippica potrebbe essere un’alternativa. Per darle l’idea di come è diverso il mondo per me sarebbe risibile leggere che Meli è un grande tenore. C’est la vie! Ci dorma su.

  47. Bè..tra teschi, lapidi, color nero seppia, dischi del ’10, Semolino (che io mi sono sempre immaginato come una sorta di entità misteriosa, con spessissimi occhiali quadrati a turarsi le orecchie per non farsi stuprare dai berci dei cantanti) nostalgia a carrettate per i bei tempi andati altro che mortorio….
    Io sto addirittura toccando ferro signori…io sarò pure un compagno di merende ma qua è peggio di vedere attraversare il gatto nero…
    Salut

  48. Caro Frisco, utilizzare gli esempi della Callas e dell’Olivero per avallare certe storture moderne è disonesto. Non c’è nessun cantante di oggi che potrà mai eguagliare astri come quelli menzionati. Purtroppo per lei è così. Mi dispiace dover essere io a dirle che lei, non ostante la sua pia illusione, non potrà mai eguagliare cotanti modelli (se mai cercasse di farlo). Non basta sbracarsi sulla scena o farneticare quattro frasi parlando o falsetteggiando per INTERPRETARE. Questo è un vero e proprio fraintendimento. La Callas aveva tecnica ferratissima: studiava prassi esecutive, stile, aglilità e cadenze d’epoca. La Callas cantava sempre, da Spontini a Mascagni, riuscendo a modellare sulla tecnica di base l’interpretazione di ogni singolo personaggio. E non a caso nelle sue lezioni alla Juliard School, le ascolti per favore se vuole veramente capire cosa significa cantare, interrompe fior di voci ogni due secondi, anche su un singolo attacco, perchè non aderenti al testo. La Olivero è caso a sè. Lei aveva repertorio tutto sommato circoscritto, ed era espressione di una ben determinata epoca. Può piacere o no, ma di quell’epoca è rappresentante somma: oggi la “elevazione” del verismo fa tanto moda culturale. Ma la musica che si suole chiamare verista è stata pensata per voci come quella della divina Magda; e, dato che abbiamo la possibilità di ascoltare come questa musica VA INTERPRTETATA, perchè a interpretarla è colei a cui lo stesso Cilea diede l’ok, gli interpreti moderni dovrebbero farne tesoro. Che Elvio Giudici detesti l’Olivero mi dispiace per lui. Vuol dire che di Mascagni, Cilea e Giordano non ha capito granchè!!!
    Oggi si pensa che sbraitare e contorcersi come delle menadi significhi interpretare. La Callas era quasi sempre immobile, eppure era motore immobile di un groviglio di mutamenti. Vera maschera tragica, la sua forza stava in un gesto eseguito al momento giusto, senza troppo studio ma nemmeno totalmente casuale, aderente a quel momento e irripetibile (si veda il caso, nel concerto a Parigi del 58, della frase “Sotto i tuoi passi, la morte o Giulia stassi”, e improvviso indicare il suolo con le mani… Naturale, aderente, indicativo, eppure intuizione geniale. Studiata? Non lo so, ma non si vede… E’ questo il segreto dell’arte). Oggi si vede tanta maniera spacciata per somma recitazione. Bellocci che, solo per il fatto di essere bellocci, pensano che ciò basti all’interpretazione. E il canto? L’opera è teatro CANTATO, ergo bisogna cantare e non parlare. E quando si parla di canto si entra in una dimensione che ha delle regole stabilite da una tradizione. Cantare bene è già una fatica; cantare con espressione e bene è qualcosa che purtroppo solo pochissimi sanno fare. Ma credo che lei, essendo un cantante di oggi a giudicare dalla foga con cui tira l’acqua al suo mulino, lo sappia bene (ovviamente mi riferisco al fatto che sa bene quanto sia faticoso cantare bene e, al tempo stesso, con espressione!!!).

  49. Caro Frisco, certo è che la figura dello sfigato è lei che la sta facendo!!! Non è che forse soffre di frustazioni per qualche insuccesso lavorativo o per qualche stroncatura recente? Si vede tanto, sa, da quello che scrive!!!

  50. Caro Frisco -Chiaky,
    adesso cominciamo a fare pubblica chiarezza sui nomi di chi ci invia insulti via post, sperando di essere pubblicato.

    C’è poco da andar dicendo che noi non pubblichiamo i commenti dissenzienti, non credi? Noi non pubblichiamo GLI INSULTI provenienti da un gruppetto di 4-5 personcine scelte a noi ben note, tanto da poco da non essere nemmeno capaci di prodursi in variazioni sul tema dell’insulto, da essere riconoscibili uno ad uno.

    Solo che qui, adesso, non c’è chi manipola i messaggi a proprio vantaggio, ed il giochetto di farci sembrare ciò che non siamo, per poi atteggiarvi voi a belle persone, non lo potete fare. Abbassatevi a farlo là dove non vi si degna nemmeno di risposta.

    Tanto premesso:

    1) Qui di insulti come quello che hai rivolto a Semolino non ne scriverai mai più mezzo.

    2) nessuno ci ha allontanato, tanto per fare chiarezza, da quel sito che ti piace tanto e certamente è il tuo ambiente biologico. Vi piace questa vanteria, ma ahimè, falsa.

    3) per tua informazione, non v’è nulla di offensivo nel dire che un cantante con la voce in disordine debba cantare le Violette di Scarlatti. La signora Tebaldi, nell’anno di Dio 1964, con la voce a pezzi ed in piena crisi vocale, si rivolse ad un pianista italiano, De Caro, credo allievo di Bourdon, che le rimise in sesto la voce con le arie del Parisiotti et consimilia. Nè ne ha mai fatto mistero, nè se ne è mai vergognata. Taccio del costante e non casuale inserimento agli inizi di ogni concerto di arie del Parisiotti da parte di Teresa Berganza. Oppure della Caballè.

    Avrebbe fatto bene anche il tuo beneamato Pippo a seguire l’esempio della sua amica Renata! E così oggi il giovane Meli.

    saluti

  51. Premetto che sono un profano, ma mi piace Donizetti. quindi non apporterò grandi contributi alla discussione. Solo, mi sento di dire che il Dulcamara di Praticò mi è parso davvero scadente. Io Dulcamara me l’immagino furbo e sveglio sia pure nella sua cialtroneria, ma comunque reattivo. Qui ho sentito la voce impacciata e un po’ rimbambita di un artista del circo sul viale del tramonto, un personaggio più felliniano che donizettiano e ben lontano dal furbacchione che conquista un intero villaggio. Saluti a tutti e buon natale.

  52. …………..PS
    In questo blog chi posta parla di musica, opera nella fattispecie.
    Se non vi riesce, siete nel posto sbagliato.
    I contenuti sono sempre stati e continueranno ad essere musicali.
    Argomentate le vostre opinioni e non ci sarà problema.

    Gli slogan, gli insulti et consimilia, non verranno più pubblicati.

  53. Cari Signori,
    ho letto con interesse le vostre delucidazioni e purtroppo anche i vostri battibecchi.
    Volevo intervenire per poter dare un mio modesto giudizio in merito.
    Premetto che prima di tutto le voci andrebbero ascoltate in teatro…e solo in teatro!
    Detto questo, vorrei spezzare una lancia del troppo bistrattato Giuseppe Di Stefano, cominciando col dire ad esempio che i primi suoi dischi sono di un cantante che sicuramente sapeva usare la tecnica e la respirazione, oltre che il gusto, in maniera stupefacenti (vedi i primi dischi in Svizzera, o il famoso Faust del Met, o ancora l’altrettanto famoso concerto di Chicago del 1950), non si smorza il “do” nella cavatina di Faust se non si conosce bene l’arte della respirazione e della rilassatezza dell’organo vocale, e non mi si venga a dire che era solo natura. Forse il buon Pippo l’errore lo fece avvicinandosi più tardi ad un repertorio troppo oneroso per una voce di puro tenore lirico. D’altronde la stima che gli portarono i grandi cantanti a lui coetanei e quelli delle generazioni successive (e stò parlando dei più grandi, a cominciare dallo stesso Pavarotti) la dicono lunga sull’affetto incondizionato per questo grande artista. Poi l’affetto del pubblico di tutto il mondo e poi (e non per ultima) la stessa Callas che non era sicuramente cantante che si sarebbe fatta attorniare da personalità vocali e artistiche irrilevanti. Non per polemica ma siamo ancora qui a parlare di lui dopo tanti anni, non credo, con buona pace di chichessia, succederà la stessa cosa fra trenta/quarant’anni con Matteuzzi, Morino, Raffanti …e molte altre meteore vere o fasulle che si sono avvicendate negli ultimi anni. La vita sregolata ha fatto il resto, e malgrado ciò lo si andava ancora ad ascoltare negli ultimi anni con l’affetto di sempre, e con l’emozione di carpirne ancora qualche frase e/o qualche suono che ricordasse ancora i bei tempi. Scusate se mi sono dilungato un po’ ma mi è sembrato giusto difendere mio malgrado qualcuno che non ha sicuramente bisogno di essere difeso da chichessia essendo entrato a buon diritto nell’olimpo dell’arte lirica.
    Domandiamoci invece come siamo arrivati alla situazione odierna dei nostri teatri lirici.
    Con direttori artistici politicizzati e nella stragrande maggioranza dei casi incompetenti, con cantanti al limite della tollerabilità (perchè amici cari, non si può nemmen parlare di tecnica vocale su voci inesistenti di natura, badate non dico poco privilegiate, dico proprio inesistenti), con che criterio si può giudicare una voce come quella di Praticò, cos’è? Un tenore corto? Certamente non un baritono ne tantomeno un basso, allora ecco l’idea…un buffo? Ma i buffi sono delle voci senza peso, senza colore? Non credo. Eppure da quanto tempo questo soggetto calca i palcoscenici anche importanti di questo paese…e non solo? Possibile che in tutti questi anni nessun addetto ai lavori si sia accorto di nulla? Benedette agenzie…
    Ma lui, ahimè, non è il solo, tanti altri fanno parte negli ultimi anni di una categoria che definire “cantanti” o “artisti” sarebbe puro eufemismo…
    Le voci odierne, tranne che in sporadici casi, non hanno nulla per essere ne ricordate ne riconosciute, perchè non c’è una vera personalità ne artistica ne vocale!
    Arrivederci e tanti auguri di Buone Feste a tutti e scusate se mi sono un po’ dilungato.

  54. Caro Raimondi, in primo luogo, benvenuto.

    Quanto al signor Praticò, rimando a quanto ha già scritto con chiarezza Donzelli.

    A mio avviso, il rammarico viene dal fatto che Praticò è uno che sa come si canta, o meglio, che lo sapeva. E bene. Solo che ha voluto saperlo….quando ne aveva volgia lui.
    E ciò spiace, perchè ha smesso di fare il grande cantante molto tempo fa…. forse per carattere, essendo persona simpaticissima e giovale, tanto divertente e spassosa, che allo spasso ed alla burla non ha saputo porre un argine.. E quello che ra occasionale ha finito pe diventare la regola, poi la maniera e poi il declino….anche vocale.

    Non pare aver trovato bacchette in grado di chiedergli di cantare davvero, anzi: il gusto dei buffi pare assai declinato verso la volgarita scenica e canora sino a livelli intollerabili ( pensoa ciò che sentiamo d’abitudine a Pesaro..). Il buffo odierno è volgare oltre misura, tanto che chi forse potrebbe essere un buffo “elegante”, o di stile, non viene considerato dalle dirigenze, pigre ed impigrite, che no riflettono più su ciò che mandano in scena.

    Una volta ci si lamentava delle caccola di un Trimarchi, che, rivisto ora, pare….un triste!!!
    Idem della fase finale della carriera di Dara, come lei ben ricorderà..

    Che dire? il “buffo” è morto, e spiace che lo sia anche per bocca di chi sapeva fare, come il buon Praticò.

    In generale poi, questo declino ben si inquadra nella questione più ampia dei moderni modi interpretativi che, se ci fa caso, sono divenuti sempre più eccessivi e sopra le righe ( impropriamente definisti “veristi” ). Se non si eccede, non si piace. Tra una sfumatura ed un urlo, rende di più l’urlo……

    Su Di Stefano non entro nel merito. Resto dell’avviso che comunque quanto noi stigmatizziamo come difetti in cantanti di quella generazione vadano visti anche nel contesto di allora, ove comunque alcuni elementi di base c’erano.
    Anche chi nonlo amava per nulla e lo sentì dal vivo, non stenta ad ammettere che con lui i moderni cantori di gola poco hanno a che fare, non foss’altro per il volume della voce. E perchè pare che ” anche gridando, riuciva almeno a metterti lì una frase alla grande per sera, e quella gli bastava “….almeno così dicono!

    saluti

  55. Io sono parzialmente d’accordo con Gianni, però mi chiedo: se anche ci fossero personalità di spicco fra i giovani cantanti, come potrebbero emergere, in siffatte circostanze, essendo i teatri di fatto servi (per non dire complici) delle mene di agenzia? Proprio l’esempio di Meli (ma potrei citare Magrì, Filianoti, su su fino ad Alvarez, tanto per rimanere nell’ambito dei tenori) ci dimostra che non sono le voci come “natura pura” che mancano, casomai la capacità di gestirle nel medio-lungo periodo (ari-vedi Filianoti et Alvarez).

  56. Carissimo Antonio, è vero, la “materia prima” non manca nemmeno ai giorni nostri, però…chi dovrebbe essere preposto a difenderla purtroppo non esiste. Prima di tutto i direttori artistici, ignoranti e spocchiosi, pseudo musicisti o musicologi, che nulla e assolutamente nulla capiscono di canto. Se solo conoscessero, ad esempio, le tessiture dei vari personaggi dell’opera, di conseguenza saprebbero individuare le proprietà di ogni voce che si deve scritturare per quel ruolo, se solo avessero la più pallida idea di quello che è successo nella prassi esecutiva dell’opera fin dai tempi più antichi, forse comincerebbero a capirne qualcosa in più, sempreché tutto ciò fosse collegato ad un cervello e ad una sensibilità, che non può di sicuro essere data da una tessera di partito o da qualcos’altro…
    Cosa avviene allora?
    Costoro, togliendosi ogni responsabilità nelle scelte, si affidano alle agenzie, fabbriche di denaro per chi le gestisce e arbitre assolute del destino di ciascun cantante. Non tutti infatti quelli che fanno carriera sono i migliori, molti di essi vengono fermati e bloccati anzitempo con criteri che poco o nulla,nella stragrande maggioranza delle volte, hanno a che fare con l’arte. D’altronde basta indagare un po’ su che cosa facevano lorsignori prima di smerciare “laringi umane” per capire con chi si ha a che fare.
    E allora poi ci si domanda perchè le carriere durano cosi poco…
    Vedi Filianoti (Don Carlo, Mefistofele) piuttosto che Sabbatini (Luisa Miller, Guglielmo Tell) o Alvarez (Trovatore, Luisa Miller)o ancora Cura (Otello, Sansone)e La Scola (Aida, Norma, Cavalleria Rusticana) e chi più ne ha più ne metta!
    Ormai calca i palcoscenici più prestigiosi persino Bocelli…e abbiamo detto tutto.
    E allora per tutti “vengan danari al resto son qua io” come canta Don Basilio, e a parlar dell’antica arte del canto quasi più nessuno.
    Vergogna a tutti costoro, non ai cantanti che il più delle volte sono vittime sacrificali per le brame correntistiche dei più in alto suddetti personaggi che li obbligano ad accettare ruoli, il più delle volte, al di la dei propri limiti.
    Unica soluzione:
    che i teatri tornino in mano a direttori d’orchestra o cantanti VERAMENTE di chiara fama ma soprattutto fuori carriera onde evitare conflitti di interesse e connivenze con le suddette agenzie.
    Spero solo che un giorno questi signori paghino per tutto quello che di buono e di pulito c’era nell’arte del canto e hanno tolto alla gente che di quell’arte si beava e nutriva.
    P.S.
    Cara Grisi, vorrei ricordarLe che il simpatico Praticò ha cantato così, con i “cachinni” tanto vituperati dal Celletti, sin dai tempi dell’esordio, nulla è perciò cambiato nel suo iter artistico, neppure l’agenzia che tanto ha fatto per lui…e chi ha orecchie per intendere…

  57. Di Praticò ricordo e ho testimonianza audio di un Dandini a Verona nel 1996 tutt’altro che cachinnato o mal cantanto, anzi. Non è vero che Praticò è sempre stato tutto cachinni, quando voleva poteva e sapeva cantare.

  58. Caro Nurrit,
    non voglio continuare questa sterile e inutile diaspora su Praticò, potrei dirti che ho registrazioni precedenti e di molto a quella in tuo possesso, che dimostrano il contrario…e avanti di questo passo all’infinito…Onestamente non ho voglia, specialmente di sprecare fiato e tempo per Bruno Praticò. Amen!
    Saluti

  59. Intervengo per la prima volta su questo blog per dire la mia. Anzitutto quoto completamente il primo intervento di Giulia Grisi, che anzi voglio citare:

    Disabitudine a sentire ben cantare anche, certamente.
    Il fenomeno è in atto da una ventina d’anni, grosso modo. La critica ha latitato nel momento in cui si affermavano modelli negativi, ed anzichè stigmatizzare gli errori, li ha avvallati. IN compenso è stata stigmatizzata come negativa la vociologia, quale forma deteriore di critica etccc.

    Sicchè oggi si canta peggio e si ascolta peggio, anche in virtù dell’età, se ci fai caso.
    Esistono le generazioni di ascoltatori: l’ascoltatore competente che ha avuto modo di sentire, che so, una Caballè, o una Chiara, o una Horne non è solitamente disposto a riconscere valore nella maggior parte dei cantanti odierni.
    E’ oggettivo che il macanto di Villanzon sia figlio dei difetti di unDomingo eretto a modello…e senza le qualità di Domingo ( chi imita peggiora sempre, se ci fai caso )

    E poi anche l’abitudne a certi suoni: oggi siamo ormai abitati a voci piccolissime e poco proiettate….anche noi “lamentosi” abbiamo subito,nostro malgrado, l’assuefazione a cose che non avremmo potuto accettare qualche tempo fa.

    La questione della percezione del suono investe, a mio avviso, noi del pubblico come i cantanti che iniziano: come si fa a cercare un suono come dio comanda, se dal vivo non se ne è mai sentito uno, perchè pian piano si è arrivati a cantare di gola???
    Tu che hai un certa età, se ho ben capito: pensa alla questione dei “baroccari”, ossia dei falsettisti. Solo vent’anni fa, quando le voci erano assai pi ampie, sonore ed “alte”, non potevano permettersi di avere lo spazio che hanno oggi.

    L’evoluzione del gusto è fatto naturale…e di cultura, direi anche.

    Il canto di gola, ossia di tecnica non lirica, potrebbe anche ammettersi in sè pe sè ( io ancora non lo riesco a sopportare perchè le qualità timbriche e l’emissione sono sempre svilite…), se non fosse che poi con la gola ci si ritrova “zoppi” nelle capacità esecutive. E ci si accorcia la carriera, perchè le corde vocali soffrono (di qui tutti i forfait cui assitiamo ormai giornalmente…).

    Questo intervento che ho voluto riportare è equilibrato, sensato e non aggressivo. Mi complimento davvero.

    Quello che infastidisce un po’ invece il lettore del vostro blog che pure condivide molte delle vostre idee è il tono che spesso alcuni collaboratori hanno.
    Cantanti perfetti tecnicamente non sono praticamente mai esistiti, per chiunque è possibile trovare difetti anche gravi, che però nel complesso del giudizio diventano se non ininfluenti, sicuramente trascurabili.
    Posto che cantanti tecnicamente ferrate come la Devia non esistono, additare al disprezzo pubblico chiunque non sia a quel livello è abbastanza sterile. Cioè sembra, a parte per i vostri a volte snobisticamente preferiti secondi cast, che chi non canti tecnicamente bene stia compiendo un delitto inaudito. E nel denunciarlo in modo sprezzante sembra che vi eleviate nei confronti suoi e del pubblico beota.
    C’è modo di segnalare i difetti tecnici in modo più asciutto, più costruttivo? Io credo di sì, e vi invito a farlo, altrimenti trovo che vi screditiate e rischiate di far sentire le vostre opinioni e idee, spessissimo a mio parere più che condivisibili e utili, ad un pubblico selezionato più dalla voglia di sentirsi superiore che dal bisogno di migliorarsi (magari tecnicamente i cantanti e come consapevolezza critica gli ascoltatori).
    Non parlo a nome della categoria, ma cantare bene tecnicamente è talmente difficile che come dicevo ci sono riusciti in pochissimi nella storia, e oggi è sempre più difficile per mancanza di esempi virtuosi e di maestri. Rigore assoluto nel segnalare quelli che vi sembrano essere i difetti, ma anche indulgenza e un po’ di umiltà sarebbero il modo migliore per creare per voi e per l’opera in generale un pubblico attento e maturo.

    enrigoletto

  60. caro enrigoletto,
    grazie dell’intervento, però’ devo anche dire esplicitamente la mia.
    Non credi che dopo vent’anni e più in cui assistiamo a due modi differenti ed uguali al tempo stesso di fare critica si possa, anzi, si debba dire quello che si pensa mettendo da parte la perifrasi ?
    Delle perifrasi, anzi del loro sciroppo per richiamare il grande Carlo Emilio siamo invasi; non ne possiamo più la perifrasi e la sua melassa ha ucciso schiettezza e sincerità nel dire le opinioni.
    In gioventù quando avevo tempo di leggere le recensioni dei quotidiani ho letto i critici dei maggiori quotidiani italiani da metà dell’80o agli anni ’50 del nostro secolo; posso assicurare che era ben chiaro quel che pensassero di cantanti e direttori e siccome facevano i critici musicali enunciavano claris litteris i difetti ed i limiti di un cantante o di un direttore.
    Se lo fai oggi ricevi deliranti risposte di cui la più assurda è che chi non fa il cantante non può giudicare chi non sia cantante. E la risposta, che si merita una simile concentrato di cretineria è che solo una passaggiatrice uò giudicarne altra? E l’altra ancor più cretina è non puoi dare consigli tecnici perchè non sei un cantante e allora ti banno. Quindi sai bene di chi stia parlando, luogo a te noto e da te frequentato. Peccato che quel soprano quando apriva la bocca cantasse non dico bene, ma assai meno peggio di quando a bocca chiusa imitava una divetta dei telefoni bianchi dalla dizione artefatta, fottendosi la voce.
    Anzi il capitale come amavano dire i vecchi cantanti d’opera.
    Tutto questo serve solo a creare un pubblico privo di riferimenti, acefalo e che crede a qualsiasi storiella gli venga -interessatamente- propinata.
    Tutto qui il diritto di dirle aperte e schiette nasce da questa realtà.
    Da diritto diventa dovere quando, poi, da un pulpito ben maggiore e togato di quello di un blog, tanto disprezzato quanto consultato, però, ossia dal pubblico servizio assistiamo non già ad una critica analitica e già per questo costruttiva, ma al dileggio e allo spreto ed alla sistematica, quanto cretina, berlina di assoluti miti.
    Per quei signori, che dileggiano colossi basta una registrazione a 78 giri con il metodo acustico, effettuta da una diva dell’LP come la Nilsson o il raffronto fra lo stesso cantante (Bonci, Ponselle, Melba e Raisa) in acustico ed in elettrico per apparire quelli che sono, ossia quanto meno disonesti e di parte. Il che significa propiziatori di quella disinformatia per cui si arriva ad assunto folli, ossia che due tenori che oggi vanno per la maggiore Francesco Meli e Jonas Kauffmann hanno difetti però….
    Mi dispiace quando si fanno i teatri, che cotesti signori fanno si è cantanti fatti non da fare. Frase non mia, ma della signora Callas in un’intervista rilasciata nel 1975 (credo!) parlando dei cantanti pronti per la Scala di Milano…..
    Giro la palla a quei signori, adesso, per salvare le vostre opinioni, mi direte che a 52 anni la Maria aveva l’arteriosclerosi?

  61. La Maria però se fosse dipeso dai vostri commenti sarebbe stata fucilata già nel 1957 probabilmente. La voce non sempre alta di posizione, gli acuti ballanti, la dizione artefatta, li avreste perdonati? La Olivero, da voi tanto ammirata, con la sua voce brutta, l’intonazione decisamete molto precaria, il vibratino stretto la perdonereste se fosse una cantante di oggi?
    So bene che forse in passato i difetti erano inferiori ai pregi e quindi era più facile godere del risultato complessivo, ma voi finite col fare di tutt’erba un fascio, stroncando come dilettanti cantanti che pur con molti difetti sono comunque tra i migliori del mondo ed equiparandoli quindi nel giudizio ai veri mediocri. Il mondo oggi questo offre, non occorre rassegnarsi, certo, ma neanche indulgere in dietrologie e complottismi. Anche se forse le scale dei valori sono alterate dalle mafie presenti nei nostri teatri, resta il fatto che se volete ascoltare un Radames appropriato, o un Calaf, o una Lady Macbeth o un Simon Boccanegra dovete rivolgervi o alle sedute spiritiche o alla fantasia. Quindi quelli che le direzioni dei teatri mettono in palcoscenico non sono quasi mai degli
    imbroglioni, da odiare e disprezzare. Fanno quello che possono, il che non implica che li di debba idolatrare, ma neanche imputargli il declino dell’arte del canto.
    Non leggo severità nei vostri giudizi, leggo il disprezzo, mi sembra un atteggiamento sbagliato e controproducente. Non voglio sviolinate e correttezza politica da voi, mi piace che si dica pane al pane, ma si può fare con passione e serenità, senza mettersi su un pulpito o un piedistallo.
    Mettete a disposizione del mondo dell’opera la vostra competenza, con amore per il prossimo, se no andrà sprecato, ripeto, perché i vostri unici seguaci finiranno con l’essere quelli che godono dei difetti altrui per sentirsi più bravi, atteggiamento decisamente sterile.

  62. Caro Marrucci-Enrigoletto,tu affermi quel che non sai e vai facendo illazioni che fan comodo ed effetto, ma…. che non hanno la forza dei fatti!E quindi non valgono nulla.
    Parla nel merito di una prestazione e avremo a che discutere!

    A dire il vero,il bello di oggi è che ci sono siti ove invece non si disprezza nemmeno la….! salvo gli scomodi colossi del canto del passato, e dove incontri critici notoriamente perbene e beneducati e compententi, con i quali, beninteso, non ti abbiamo mai visto fare la manfrina come vieni noisamente a fare qui. Siti ove, tra l’altro, puoi ben esprimerti secondo la tua convenienzuccia di cantante, accodandoti a dire ciò che è “politically correct”.

    Non preoccuperti, nessuno ci legge, sicchè…è inutile che la fai tanto lunga.
    Hai espresso quel che pensi e ti abbiamo pubblicato.
    Resta il fatto che si canta mediamente al disotto della decenza; che i cantanti di oggi restano oggettivamente dei presuntuosi, salvo qualche eccezione, e ci sono interviste nero su bianco che lo provano, a cominciare dalla vergogna della BArtoli e della Dessay quando parlano della Sutherland o della Callas ( contro queste due dame nei fori ove le si incensa… non mi pare tu abbia scritto alcunchè…come mai? condividi forse le loro posizioni sulla Sonnambula della Sutherland et consimilia…. ????).

    Ti ricordo anche che quella Callas di cui tu parli,sebbene fosse la Callas, non godeva delle connivenze evidenti e sfacciate di cui godono certi signori d’oggigiorno,e se qualcuno le scriveva qualcosa di negativo ( perchè anche lei ha preso critiche negative e fischi, lo sai?), non s’aggirava come una mendicante per internet come parecchi tuoi colleghi.

    Se, invece, ti muove il fastidio per quanto ti scrisse Tamburini sullo Zuniga di Firenze ( 2righette che han dato luogo ad una assurda “Zunigaful” via mail…!), stai sereno, tanto nessuno ci legge, come ha detto tu!!!

    I tuoi post inviati qui, siamo certi che ti daranno bei crediti tra i nostri detrattori. Usali bene!

    saluti

  63. Maria Callas aveva un’implacabile fonte di critiche : se stessa. Dopo il 1957 le sue esibizioni si diradarono via via e dopo la Norma parigina con Pretre e le ultime Tosche ci ah risparmiato l’interminabile teoria di Charlotte, Voix Humaine, Madame de Croissy, Jenufe e Liederade che molte altre, senza decenza e in merito di un’arte fatta spesso più di parole che di fatti. L’esempio della Callas è quantomai sbagliato, perchè la Callas aveva una abnegazione verso lo studio e la sua professione e un senso dei propri limiti che nessun cantante oggi può vantare, neanche nella millesima parte. La maggior parte dei cantanti di oggi non possono neanche dire di fare lo stesso mestiere della Callas tanto è diverso il modo in cui viene concepito e realizzato.

  64. X enrigoletto
    sarà anche vero quello che tu dici sulla Olivero, sarò io che son sordo e me ne rendo conto, ma quando ascolto le registrazioni della Olivero sento cantare talmente bene che oggi cantare a quel livello non lo si sente più da nessuna, quelle di oggi dovrebbero andare a fare le lavandaie. Parli di intonazione precaria? Io la trovo fantastica. Però sai io trovo stupendo anche Battistini, proprio quel Battistini che certa critica ciarlatana (tanto incompetente nel fare il suo mestiere quanto sono incompetenti oggi i cantanti a fare il loro!!!) di oggi dice che anche lui era stonato, forse a forza di ascoltare cantanti stonati non so più apprezzare le meraviglie di oggi. Chissà………..

  65. Semolino: ti capisco, e devo dire che, da quando in altri luoghi telematici ho sentito mettere in dubbio l’intonazione della Sutherland (che per me è sempre stata un punto fermo. Lei e la sua intonazione), mi sono reso conto che forse l’intonazione non so neppure che cosa sia! I disastri causati dai dischi! Me ne sono già fatto una ragione.

  66. Io come tante volte ho detto e ridetto adoro alla follia Joan Sutherland ma veramente credo sia disonesto non ammettere i limiti di intonazione che spesso aveva (per una mancanza di orecchio, certo, e non per falle tecniche) e lo stesso valga per la Olivero.

    http://it.youtube.com/watch?v=UY0ME9ZF8_A&feature=channel_page

    ascoltando questo splendido Care Selve, per esempio, credo sia impossibile negare che l'attacco sia paurosamente calante.

  67. Scusate, capisco che si vogliano far valere le proprie ragioni. Però alcuni elementi sono oggettivi (mi riferisco, ad esempio, al discorso intonazione). Non credo sia il caso di usare toni anche vagamente ironici. Che la Olivero abbia intonazione precaria e vibrato stretto è perfettamente dimostrabile e vero. Ciò non toglie che possa piacere lo stesso e questo è SOGGETTIVO (a me non piace per nulla). Come è oggettivo che la Sutherland fosse, invece, di perfezione strumentale.

  68. Orbazzano: verissimo, lì la Joan prende male il suono ma lo corregge subito. Serve un orecchio un bel po’ allenato per accorgersi della “manovra di aggiustamento”, e certo definire l’attacco “paurosamente calante” mi sembra un filo eccessivo… soprattutto ora che siamo tutti stati invitati a “moderare i termini”… Comunque un conto è dire che la Joan “svirgolasse” occasionalmente (un altro esempio è nello Spargi d’amaro pianto della Lucia del ’59, se non erro), un conto è definirla una cantante con limiti d’intonazione. Perché altrimenti, alla luce di una certa Traviata scaligera, dovremmo definire di limitata intonazione anche un’altra cantante che tu ben conosci (e sarebbe fare torto anche a lei). :)

    LucaR: la Olivero stonata? Con la carriera che ha fatto, di fronte a pubblici che alla prima stonatura ti coprivano di fischi, verdure e anche peggio…? Mi spiace, ma devi provare le tue parole, e nella tradizione del blog c’è un solo modo per farlo: con gli ascolti. Un video su YT, un audio, se non lo trovi te lo carichiamo noi, ma insomma dacci un riferimento a una registrazione in cui la Olivero stoni. E non una nota o due, ma tutta la sera o comunque una parte di essa… diciamo non meno di cinque minuti, anche non continuativi! Insomma, mettiamo caso (non che ci contiamo, ma mettiamo caso, per assurdo!) che fra i nostri dieci lettori ci siano le signore in questione, una delle quali (quella di perfezione strumentale, come l’hai definita tu) collocava l’altra in una categoria ben superiore alla sua e a quelle delle più illustri delle sue colleghe… che cosa penserebbero? :)

  69. L'associazione vibrato stretto/intonazione precaria è quanto di più incomprensibile ci sia dal punto di vista tecnico. Il vibrato strettissimo è il segno di un appoggio sul fiato granitico, capisco eccessivo per il gusto odierno, ma necessario per l'interpretazione di un certo tipo di musica, quella appunto in cui la Olivero eccelle. Non ho mai sentito una nota stonata dall'Olivero, nemmeno negli ultimi anni. E che esistano interpretazioni dell'Olivero alla veneranda età di 80 e passa anni è fatto che fa storia a sè, e sul quale non c'è margine di discussione possibile (al di là del gracidar di ranocchio!!!).

    http://www.youtube.com/watch?v=xtRoHckKoiw

    Da questo video si evince la grandezza stratosferica di questa cantante/attrice. Altro che stonature!!! Avrei voluto postare la Guleghina nella medesima aria ma non voglio infierire… Il confronto è comunque schiacciante per la odierna cantatrice, non ostante l'età di certo più florida!
    Capire l'Olivero è difficile, perchè il gusto odierno è indubbiamente più facilone. Ma l'Olivero è espressione di un'epoca ben precisa, e di quell'epoca è rappresdentante somma. Cilea in persona la indicò come Adriana perfetta, e chi meglio di lui sapeva come andava interpretata la sua musica?, ergo dall'ascolto delle sue registrazioni le moderne Adriane, Fedore, Maddalene, ecc. ecc. dovrebbero trarne più di un insegnamento. Ma è ovvio che riproporre cotanto modello è davvero impossibile per chi ha forse voce più bella (almeno secondo certo gusto) ma tecnica nemmeno avvicinabile a quella di una cantante che riesce a cantare ancora bene, senza oscillare (e oggi si oscilla anche a 40 anni!!!!) e senza stonare, Manon e Adriana.

    http://www.youtube.com/watch?v=Gysz7lTndE4&feature=related

  70. Guarda Velluti che il vibrato stretto sia “appoggio granitico sul fiato” non so da dove provenga. Se fosse come dici tu oggi, allora, che il vibrato stretto va molto di “moda” avremmo una serie infinita di cantanti con appoggio granitico sul fiato… Cosa che non mi pare assolutamente. Oppure Corelli, per andare al passato, con gli anni ha perso “l’appoggio granitico”…

    Purtroppo non posso mettere ascolti ma sono sicuro di quello che dico (non parlo dello stile che soggettivamente può piacere o meno).
    Ma certo nel 93 può avere dell’incredibile ma qui (http://www.youtube.com/watch?v=VaIPjW1u1TE) a me non piace assolutamente e se ti pare che qui sia perfetta nell’intonazione (notare quantomeno gli attacchi) allora non so che dire.
    Ma non volevo scatenare una polemica su questo.

  71. Io mi limito a osservare che oggi le voci non hanno il vibrato stretto, semmai l’hanno bello largo (Cedolins, per dirne una)… e a ogni modo oggi si sentono molte più voci fisse che vibrate, forse anche per influsso del credo baroccaro.

    Grazie per lo splendido spezzone della Tosca. Magari puoi indicare gli attacchi stonati o comunque in difetto di intonazione? Continuano a sfuggirmi.

  72. Vabbè dai. Ho capito che vi siete “incaponiti” per difendere a tutti i costi una “teoria” ma visto che pensate di avere un buon orecchio trovateli da soli 😉

    Florez (tanto per citarne uno che in questo blog non gode di particolari simpatie, neanche mie per la verità) ha il vibrato stretto ergo “appoggio granitico sul fiato”.

  73. Florez non ha vibrato COSTANTEMENTE stretto ma stretto a tratti, il che dimostra che non appoggia sempre come si dovrebbe. L’Olivero ha vibrato COSTANTEMENTE stretto, ergo vuol dire che la corda vibra SEMPRE sotto la spinta della colonna d’aria. Caro LucaR, se la voce dell’Olivero vibra forse troppo, almeno per certo gusto moderno, è perchè la spinta della colonna alcune volte è eccessiva… Ma questo era richiesto dallo stile dell’epoca, secondo cui le grandi eroine come Fedora o Adriana dovevano esprimere grandi nevrosi e roventi momenti drammatici. Caro LucaR, ricorda che una voce non saldamente appoggiata sul fiato non può smorzare note a tutte le altezze come fa la Olivero puntualmente in ogni cosa che canta. Questo è scientifico!!!

  74. Oddio, da quando in qua il vibrato stretto è segno di grande appoggio???

    Quindi Sciutti, Morino, Florez, Desderi sarebbero cantanti dall’appoggio granitico???

    p.s. per quanto riguarda l’Olivero credo basti sentire l’attacco su “diedi i gioielli della madonna al manto” per accorgesi che l’intonazione, per usare un eufemismo, non fosse adamantina.

  75. Caro Orbazzano, nel post sottolineo il termine “eccessiva”. La Sciutti era una signora cantante. Il vibrato stretto è espressione di una spinta forse eccessiva della colonna sulla corda, ma testimonia della saldezza dell’appoggio. L’Olivero è una grandissima Tosca, ed è mortificata spesso da orchestre non degne della sua capacità di scandagliare il personaggio. Altre colleghe di lei meno ferrate sotto il profilo tecnico (vedi Freni in primis) hanno avuto la fortuna di cantare con orchestre ben più valorizzanti (valorizzanti un fraseggio alcune volte abbastanza piatto nell’oscillare tra il salice piangente, la mestizia buona un po’ per tutti gli usi e l’ira “gentile” di una vocina che sembra grossa, ma forse in teatro non lo era poi così tanto!).

  76. Il dibattito sui meriti e demeriti della Olivero mi sembra si stia allontanando un po’ troppo dal tema del post, che sarebbe l’Elisir fiorentino. In archivio c’è un bellissimo pezzo di Donzelli sulla divina Magda: potete proseguire là la discussione, se volete. Saluti. AT

  77. Caro Velluti, vedo che invece di rispondere alla mia domanda pone un confronto, assurdo, con il solo intento di toccare uno dei miei punti deboli. In ogni caso la Freni tecnicamente non temeva confronti, tanto meno con la Signora Olivero. Le garantisco, oltretutto, che la voce della Freni funzionava benissimo anche in teatro, anzi meglio che in disco. Sentita in teatro alla non più fresca età di 70 anni era una voce che correva da tutte le parti, una voce che pareva essere vicino al tuo orecchio, e una sensazione simile in teatro l’ho provata, vista anche la mia giovane età, in quella sola occasione.

    Detto questo mi scuso con i gestori di questo Blog se mi sono troppo allontanato dall’argomento della discussione.

  78. Caro Orbazzano, la risposta c’è; è evidente che è lei a partire da un secondo fine, ed è da questo secondo fine implicito che getta ombre oscure sul canto dell’Olivero (come d’altronde fa un blasonato critico abbastanza noto), canto che è evidentemente antitetico a quello della cantante considerata da alcuni diva par exellence del canto pucciniano. La voce dell’Olivero è senza dubbio meno dotata di quella della Freni, ma ti assicuro che anche a 80 la voce dell’Olivero corre splendidamente. Sei tu che nn spieghi come può una voce non tecnicamente appoggiata (dato che è questo quello che metti in discussione in merito al canto dell’Olivero) smorzare e rinforzare sib, si e do acuti. E’ arcinoto, di contro, quanto la Freni fosse parca di simili meraviglie soprattutto in zona acuta, senza contare la relativa minor tenuta della Freni in arcate di fiato lunghe (è lo stesso Magieira a ricordarlo in un celebre libro… La Mirella doveva spesso escogitare escamotages per evitare frasi troppo lunghe per quanto concerne i fiati…), in questo imparagonabili con quelle della Olivero, una vera e propria bombola ad ossigeno. E su questo chiudo ogni argomento sull’Olivero in questa sezione, rimandandola al post specifico.
    Mi scuso anch’io per l’importunio, ma spesso le discussioni condotte con troppa foga portano molto lontano!!!

  79. La Freni temeva! Temeva eccome!! Non aveva le agilità col giusto mordente, come le aveva la Olivero, vedi cabaletta di Traviata. La Olivero cantava sfumatissimo e con tantissime mezzevoci, invece la Freni solo poche variazioni dinamiche e mai una vera e autentica mezzavoce.

  80. Caro Semolino, non so veramente su quale base lei possa affermare che la Freni non fosse in grado di emettere un’autentica mezzavoce. La Freni, come poche altre colleghe a lei contemporanee, era in grado di emettere la VERA MEZZAVOCE ALL’ITALIANA. Una mezzavoce a voce piena, ma smorzata sul fiato. Montserrat Caballè è passata alla storia come Regina dei Pianissimi (personalmente l’avrei definita Regina dei Falsetti), risulta chiaro il motivo di tanta confusione, oggi, nel discernere una mezzavoce autentica da un falsettino spesso spoggiato. La quantità di mezzevoci e pianissimi emessi è poi un altro paio di maniche, la Freni ha sempre detto di rifuggire da uno stile di canto affettato e manierato a favore di maggiori sobrietà e naturalezza.

    In ogni caso chacun a son gout, evitiamo però di dire tali insesattezze, perdipiù con tale supponenza.

  81. Scusate, però non trovo giusto che per dimostrare alcune cose se ne debbano dire altre assurde (la Freni non aveva mezzevoci vere, etc, ad esempio). Cerchiamo di non dire tanto per dire qualcosa. Alle volte si può anche tacere.

  82. Quello che io sento nell’aria “senza mamma” sono variazioni dinamiche e non mezzevoci. Voi confondete il cantare piano colla mezzavoce, la mezzavoce, come il termine stesso lo designa è la metà della voce, sta a metà strada fra la piena voce e il falsetto. La mezza voce a piena voce non esiste. In pratica la mezzavoce è falsettone. La Caballé utilizzava la vera mezzavoce cioè il falsettone. I falsettini erano quelli della Gasdia, oggi li emette la Theodossiou. Ma non sei il solo a parlare di falsettini per la Caballé, anche la coppia Donzelli-Grisi lo sostengono ma io lo contesto.Il falsettino è un suono ben diverso da quelli emessi dalla Caballé. Come la mezzavoce è ben diversa da quella emessa dalla Freni. Persino un grande come Kraus confondeva le cose. Lui stigmatizzava il falsettone e poi ne era il Re poichè è stato il re della mezzavoce.Un cantante che cantava durante la stragrande maggioranza della della sua prestazione in mezzavoce cioè in falsettone era Chris Merritt. Est-ce clair???

  83. Caro Orbazzano, mi indichi dove hai trovato la dizione “mezzavoce all’italiana”? Sulla Caballè concordo appieno con Semolino… In fin dei conti è il risultato quello che conta: il “Signore ascolta” della Caballè, a prescindere se sia fatto in falsetto o falsettone o altro, è una meraviglia e davvero non ha rivali o possibili termini di confronto.

  84. ….falsettoni comunque di una voce straordinaria e fuor dal comune.
    Potrebbe una voce non così bella oppure di quelle leggere emettere un suono dipari qualità???

    Per parte mia posso solo dire che i piani di Montsie ad inizio carriera non mi paiono gli stessi dell’età matura-fine carriera….
    Ho sempre pensato, ma è tanto tempo che non ci ritorno su con gli ascolti, che ad inizio carriera fossero dei veri piani, poi trasformati in suoni meno sostenuti e tendenti al falsetto….

    Osservo che siamo a più di cento commenti, che l’Elisir è dietro l’orizzonte tanto siamo andati lontani. MA ahimè…non siamo un foro.
    Che facciamo? ci trasferiamo in chat per questa conversazione??

  85. Dicendo “all’italiana” intendevo, ovviamente, secondo le regole e i principi dell’antica scuola di canto italiana. Per quanto riguarda la Caballè, caro Velluti, mi trovi assolutamente d’accordo con te, trovo i pianissimi della Caballè estremamente suggestivi ma non si possono prendere ad esempio (e tutte le sue emule lo dimostrano) di correttezza di canto.

    Per quanto riguarda la mezzavoce come mezza voce piena e mezzo falsetto proprio non comprendo, anche perchè un suono o è in voce piena o è in falsetto.

    In ogni caso tanti auguri di buon anno a tutti!

  86. buon anno a tutti.
    poi un po’ di risposte tante per accrescere questo enorme post
    a) ho sentito in teatro sia l’Olivero che la Freni. La prima era arrivata a fine carriera ed era sui 65 circa. La voce era penetrantissima e proiettatissima in teatro in alto così penetrante ho sentito solo la nilsson. Altre cantanti tipo Cossotto o Dimitrova avevano la voce grande, ma non penetrante come quella della Madga.
    La Freni sino al 1975 era una voce normale che si sentiva, ma lo erano tutte a quel tempo. Poi a partire dal Faust scaligero divenne una voce importante. Senza dubbio sonora in tutta la gamma.
    b) quanto alla Caballé credo si debba dividere fra la Caballè ante 1975 e post 1975. Sino al 1975 la Caballe ogni tanto falsettava, ma emetteva anche splendidi piani e pianissimi che riempivano il teatro ricordo la Monteserrat in Borgia e nella prima Norma. La voce ere perfettamente sul fiato e sostenuta dalla respirazione.
    Poi cominciarono le “ciabattonate ” della Montsy e i pianissimi divennero falsetti e falsettini disseminati senza ritegno e senza significato drammaturgico e musicale.
    ciao a tutti buon anno ancora
    dd

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