Seduzione al convento. Terza puntata: Rosanna Carteri e Maria Chiara

Accaddero cose strane, “peccaminose” direi, in quel di San Zeno a Verona nell’Aprile del ’52 (in realtà alla RAI di Milano, Teatro delle Arti, ma fantastichiamo un po’)… una certa Rosanna Carteri, giovane soprano fresca di debutto (1949) raggiunse in preda a forti ambasce d’amore il più esperto collega Giacinto Prandelli, onde frenare la sua crescente passione per l’altare e rammentargli invece ben altre e carnali pulsioni. La Sciura Carteri lo fece puntando su una delle cose che sapeva fare meglio: cantare. Era una fanciulla, certo, ma non vi inganni l’età acerba; da brava maliarda in erba era ben consapevole del seduttivo potere delle proprie arti e che l’uomo, anche sotto il saio, le ghette o la toga, resta pur sempre un uomo!
E allora eccola arrivare, di corsa, bellissima nelle vesti di Manon, più del “Magnificat” appena concluso: si fa riconoscere immediatamente dal suo Des Grieux, e di certo lei sa benissimo come farsi notare ed inizia subito con un triplice, forte prima e successivamente in diminuendo, “Si… son io!” che copre in maniera ascensionale l’intero arco dell’ottava compresa tra due Si.
Ammette subito le sue colpe nel cantabile “Si!­­… crudele fui e spietata” che viene attaccato come previsto con un forte in diminuendo reso più incisivo dalla forcella e dalla prescrizione in partitura “doloroso e supplicante” che la Carteri, con un legato da manuale, realizza alla perfezione, inserendo saggiamente una profumatissima connotazione erotica che Massenet staglia su un’orchestra agitata eppure morbida. Si tratta di un canto che prevede attacchi su note acute come il Fa, il Sol, il La per poi discendere fino al Mi3 e l’accento è proprio la melodia a suggerirlo con i suoi improvvisi rallentando, con l’alternanza di forti e pianissimi coronati da forcelle e segni di legature che in bocca alla Carteri diventano realmente armi affilatissime di conquista.
Il povero Prandelli, costretto da Massenet a cantare su note ribattute con alcuni scatti verso acuti tenuti e timbrati resiste con una musica più pacata e malinconica, fredda se paragonata a quella incandescente che segue la sua Manon; la quale a sua volta si ritrova, per contrappasso, alle prese con note ribattute a chiedere pietà, segno che qualcosa sta cambiando: lui sta cedendo forse, infatti la sua scrittura si fa più varia, non più monolitica e ferma, ma qualcosa, forse i ricordi della loro intimità, lo accomuna alla sua Manon. Il canto della Carteri allora si fa più disperato, insinuante, contaminato forse da un pizzico di verismo; eppure mai questa Manon scende a patti con la volgarità. Tutta la linea di canto (dal La bem. la voce si inabissa al Re bem sotto al rigo), che qui diventa più spigolosa, con salti da note centrali al passaggio, pause che descrivono i singhiozzi del suo pianto e note che, quasi come acciaccature ne imitano il suono, affronta tutto questo senza  problemi, rallentando con dolcezza e mantenendo questo timbro bellissimo, immediatamente riconducibile ad una ventenne, immacolato e omogeneo su tutta la gamma.
L’andante agitato muta il colore della scena, Manon deve diventare fascinosa e carezzevole alle parole “Non è più la mia mano quella che la tua preme?/ Non è più la mia voce?…/ Non è più per te una carezza,/ Proprio come una volta?… “ e la Carteri fidandosi di Massenet sfuma la linea di canto nell’andante rispettando il legato e i suggerimenti ad assottigliare il suono verso eterei e timbrati pianissimi di irresistibile sensualità. La melodia diventa cullante, le note, non sempre ribattute, ascendono al Sol4, al La4 e si adagia su un breve delicato vocalizzo ascendente sulle parole “Non è più Manon?” e colpisce la dizione perfetta della cantante, le consonanti scolpite e rafforzate in modo espressivo, la “S” sibilante che ricorda certi birignao della Lattanzi, ma che su questa Manon sta benissimo. Irresistibile. Prandelli è in trappola a questo punto, lotta senza molto convinzione contro se stesso e contro la chiamata alla preghiera, alla quale non deve credere troppo visto che i ricordi delle carezze di Manon hanno risvegliato in lui certi argomenti mai sopiti, e solo sfiorato dall’idea di essere blasfemo, si lascia andare ad un liberatorio ed ardente Si naturale all’unisono con la fanciulla sulle parole “Ti amo”, ovviamente splendido per entrambi, e cadendo tra le braccia di Manon, audace,  fugge finalmente con lei.

Siccome la storia si ripete, ci spostiamo ad Oderzo, vicino Treviso (in realtà a Trieste nel 1973), magari, perché no, nella chiesa di Santa Maria Maddalena. O ancora alla chiesa di San Nicolò, appunto, in Treviso. Qui un’altra “ragazzaccia”, Maria Chiara, prova a ripetere le gesta della sua collega. Missione: sedurre il potenziale pretino Alfredo Kraus, la cui fede è paragonabile per rigore e saldezza, e forse qualcosina in meno, a quella di Prandelli.E ragazzaccia lo è davvero la Chiara: entra nel sacro loco come una raffica di vento, sicura e spavalda, meno fragile della Carteri, ma più volitiva.E’ solo un attimo, perché appena apre bocca su “Sì!… crudele fui e spietata!” il timbro lirico si tinge di malinconia e senso di colpa: gli attacchi agli acuti ed al passaggio sono tutti puliti e timbrati, le note ascendenti ed i gravi restano solidi e sonori.
Il legato sapiente unito al colore della voce, non disperato o verista come la collega, ma molto più mosso e penitente, tipico di chi si assume la colpa di tutto, onora tutte le prescrizioni espressive dalle forcelle all’indicazione di assottigliare o rinforzare l’emissione.
Non è più una ragazzina questa Manon, è più matura, consapevole e si nasconde, con una punta di compiacimento, in questa voce dolcissima, eppure mossa da accento drammatico.
Ha carisma da vendere questa Manon e conquisterà il suo Des Grieux con ogni mezzo a sua disposizione: il quale è un Alfredo Kraus amoroso, imbronciato e offeso fino al midollo, stilisticamente e vocalmente splendente, malgrado un piccolo accenno di durezza negli acuti; ed è questo suo essere scostante e nel contempo attratto da renderlo fascinoso agli occhi della Chiara, la quale languente e finalmente nervosa sfodera piani e rallentati scintillanti e felicemente maliziosi.
Sol e La naturali brillano nella loro intonazione e pienezza, il legato nei vocalizzi, via via rinforzato o reso etereo a piacimento, segno di un controllo del fiato eccellente, diventa espressione di autentica dolcezza, che sa trasformarsi in accento carezzevole: insomma anche Kraus è ovvio che vada in crisi soprattutto dopo un “Non son più Manon!” da far perdere la testa.
Splendido il finale in cui il Si naturale all’unisono (tenuto leggermente di più da Kraus) diventa l’espressione della tensione accumulata che si trasforma in una sensuale promessa d’amore coronato dall’applauso scrosciante del pubblico che entusiasmato osa non far terminare la melodia.
“Un tal baccano in chiesa? Bel rispetto!”  direbbe qualcuno: ma siamo a teatro, sono giovani e innamorati, e se cantano così, fanno anche bene!

 

 

Gli ascolti

Massenet – Manon

Atto III

Toi! Vous!…N’est-ce plus ma main

Rosanna Carteri & Giacinto Prandelli (1952)

Maria Chiara & Alfredo Kraus (1973)

12 pensieri su “Seduzione al convento. Terza puntata: Rosanna Carteri e Maria Chiara

  1. Ma nel frattempo che espio i miei e i vostri peccati vi siete almeno presi la briga di ascoltare la Carteri e la Chiara?
    Ne vale davvero la pena!
    Altrimenti vi punisco con Norah Amsellem nel medesimo duetto e non vi conviene…

    Marianne

  2. Ho ascoltato: mah, la Carteri – cantante molto brava senza dubbio – mi appare tutto tranne che sensuale o erotica. Al contrario, la voce ha un timbro stridulino (afflitto da vibratino) e fraseggia con troppo nervosismo.

    Meglio sicuramente la Chiara, che ha timbro più bello, più rotondo, più caldo e che fraseggia con molta più espressività, facendo capire che questa è una scena di seduzione.

    Kraus è davvero magnifico, sia vocalmente, sia stilisticamente e batte sonoramente il volenteroso Prandelli.

    • Ciao Davide, le ho ascoltate entrambe ripetutamente e per sicurezza sto riascoltando ora la Rosanna, ma non ho mai colto (e non sto cogliendo) stridori anche minimi nella Carteri ed il vibratino mi pare del tutto naturale e affatto invadente.
      Personalmente trovo pertinente anche il nervosismo (verista, ma senza eccessi e usato con classe) che mette nel fraseggio, e mai a discapito della voce, vista la situazione drammatica e la seduzione la sento tutta nel timbro, bellissimo, nell’uso delle modulazioni vocali e da quando attacca “Non mi scacciar” e tutto il cantabile che segue si trasforma in una irresistibile seduttrice a mio parere.

      Marianne

  3. Grazie Marianne per il bell’articolo e la scelta degli ascolti. Le tue parole hanno ben indagato le suggestioni emozionali che il canto di tali splendide e seducenti Manon lascia trapelare.
    E’ la Carteri che trovo maggiormente irresistibile con il suo accento accorato, velato da un contenuto patetismo, il canto perfetto, la voce bellissima, altissima sul fiato, accanto alla quale non sfigura la nobiltà di Prandelli. Pur superba Maria Chiara, magnifica voce piena, calda, luminosa, Manon assolutamente convincente, più drammatica, carnale ed erotica della precedete ma, a mio avviso, anche meno sensuale. Kraus straordinario.
    P. S. Marianne non farti troppo tentare dalla seduzione animalesca dei giocatori di calcio che, oltre a sfigurare orrendamente accanto alle due signore, rischiano di non cantare giusto.

  4. Il ricordo di quelle recite di MANON a Trieste, io giovane studentello di 22 anni su in loggione, è ancora vivissimo. La Chiara già l’avevo sentita e mi aveva entusiasmato quale Violetta (con Garaventa e D’Orazi) due stagioni prima, sempre al Teatro Verdi. Kraus, invece, dal vivo era la prima volta e fu una folgorazione … che dura ancora! Grazie per i preziosi post.

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