Il soprano prima della Callas, ventesima puntata. Rose Pauly

Rose Pauly può essere, con ragione, ritenuta per il repertorio frequentato, la Giuseppina Cobelli di area tedesca e, prima ancora, una della più complete incarnazioni del mito della cantante attrice.
Si chiamava, in realtà, Rosa Pollak era  nata a Eperjes in Ungheria e, come accadeva per tutti i cantanti autro-ungarici, studiò a Vienna con Rosa Papier. Classificata come soprano lirico spinto debuttò quale Aida a Vienna debutto nel 1918 come Desdemona. Cantò subito in teatri importanti qali Amburgo, Karlsruhe  sino al ritornoa  Vienna. Nel 1927 debuttò alla Kroll opera di Berlino dove affrontò un repertorio progressivamente più drammatico con ruoli come Senta, Donna Anna, Rezia e debuttò quello che sarebbe stato il “suo” ruolo Elektra, sotto la direzione di Otto Klemperer. Approdata all’opera di Stato di Berlino in stretta collaborazione con Clemens Krauss  ampliò il proprio repertorio straussiano  con Salome, la Tintora della Frau, Intermezzo, Elena Egiziaca. Il 1933 ossia l’avvento dei nazisti coincise per la Pauly, che era ebrea di lasciare la germani e riparare a Vienna. Alla Staatoper cantò il suo repertorio cui aggiunse la prima mondiale di Maria del Wozzeck e ruoli come Eboli, Kundry ed Ortrud, che comprovarono la tendenza ad affrontare tessiture marcatamente centrali. In quegli anni si esibì anche a Salisburgo come Tintora ed Elektra, al Covent Garden, al Reale dell’opera di Roma. L’annessione dell’Austria al Reich la costrinse alal fuga in America dove si esibì in concerto (il debutto avvenne naturalmente come Elektra) e poi nei maggiori teatri ossia Metropolitan e War Memorial. Con lo scoppio della guerra si chiude la carriera e la Pauly nel 1946 si trasferì in Palestina, dove mori nel 1975.
Quanto alla Pauly ed al “suo” personaggio ossia Elektra  rinviò alla disamina attenta e precisa di Giuditta Pasta su quello che era ancora il blog “Il Corriere della Grisi”, nel mese di gennaio 2011.
La cifra stilistica ed interpretativa della Pauly è sempre quella della cantante attrice o meglio della attrice cantante, che ad onta del mezzo modesto e forse anche di talune limitazioni tecniche, risolve  ruoli sempre al di sopra delle proprie qualità naturali, grazie all’accento ed al “dire”. Sentita poi la Pauly più che di limitazioni tecniche o vocali si ha l’impressione di limitazione della qualità della voce.
Un dubbio, però, lo sollevo e lo “giro” ai lettori, atteso che non esiste documentazione fonografica, che lo possa fugare, ovvero come Rose Pauly risolvesse personaggi di ascendenza belcantistica come Donna Anna, che cantò spessissimo a Berlino e Vienna, piuttosto che Rezia, Rachel ed anche la Leonora di Trovatore ed a maggior ragione quando negli stessi teatri erano state le parti di  Frida Leider o di Meta Seinemeyer. Ma questo dubbio ce lo dobbiamo tenere. L’altro dubbio  -tipico del loggionista- è quanta dovesse essere  realmente in teatro il tonnellaggio della Pauly, tenuto conto degli organici orchestrali con cui Elektra, piuttosto che Kundry o Venus debbono misurarsi  e ciò a maggior ragione nelle parti di scrittura marcatamente centrale. E qui le registrazioni documentano ad onta del timbro di qualità mediocre una voce in grado di galleggiare sul fiato e di reggere quegli assalti orchestrali. In fondo in teatro una Pauly ripete quello che poteva essere la capacità di una Muzio o di una Olivero con riferimento al repertorio italiano.
Alle prese con l’aria di Leonore di Fidelio sono evidenti il modo di interpretare della cosiddetta cantante attrice rispetto alla cantante. Ossia il confronto Pauly Leider. L’aria è di scrittura centrale tipo i ruoli della Colbran o della Falcon e non per nulla Maria Malibran fu una famosissima Leonore. All’incipit  “wo eilst du hin?” la Pauly emette suoni aperti e soprattutto stimbrati nella zona fa3 – la 3 e quando la cantante scende al re 3 di “wilden Grimme” il suono, oltre che aperto è spinto. La voce sembra cambiare caratteristiche, sempre nel recitativo, allorchè emette il mi 4 di “Menschheit”, che è squillante e penetrante e lascia immaginare come la parte migliore della voce fosse nell’ottava superiore. Eppure i sol3 e fa3 di “dunkeln”, emessi piano sono molto suggestivi come pure alla fine del recitativo il “so friedlich niender” nella stessa zona dell’incipit la voce appare opaca, ma non spinta e forzata. Morale: Rose Pauly ragiona da interprete  prima che da cantante ed al rilievo di una parola, di una frase sacrifica  –solo se espressivamente utile –la qualità del suono. Basta sentire la stessa pagina come la esegue Frida Leider per capire l’ottica di esecuzione della cantante. Va anche precisato che lo strumento di Frau Leider è di quelli privilegiati all’opposto di quello di Frau Pauly.
Ma che la Pauly sappia cantare e sappia cantare facilmente nella zona del primo passaggio del soprano  emerga dall’esecuzione di tutto l’adagio dove il suono è rotondo e controllato, quand’anche scarsi smalto e velluto. Si può, in vena di pignoleria rilevare che il si bem di “reichen” sia un po’ tirato , ma nella ripresa interna dell’aria la Pauly conclude con una sfolgorante forcella sul mi 4  di “lieben”.
Arrivati all’allegro con brio che chiude l’aria e dove famose Leonore sono naufragate malamente, anche le note gravi sotto il rigo con il si 3 ed il do 3 di “Gattenliebe” sono facili e nella sezione “più lento” la cantante, fatta la tara dei limiti naturali,  trova suoni dolci ed inflessioni appassionate, pur con suoni di limitato volume. E’ questo un mezzo cui molti “mistificatori” (Schipa, Muzio, Olivero) ricorrono per dare il massimo risalto ai momenti in cui con parsimonia sfoggiano il massimo volume disponibile. E’ risolto e superato senza difficoltà anche il vocalizzo finale reso ancor più arduo dai passi  – i soli nella romanza- di tessitura acuta  e scomoda che lo precedono. Il che è , coi tempi che corrono, una rara qualità.
Perché la Pauly esce intera dal brano e le registrazioni testimoniano la fatica di alcune sue colleghe molto più dotate? Perché la cantante ungherese, a parte la scelta – credo- di un paio di suoni  sgrammaticati nel recitativo dove si fa prendere la mano dalla situazione drammatica sa benissimo come emettere i suoni nella prima ottava e, per conseguenza, regge la tessitura grave senza fatica. Inoltre l’interprete sa benissimo di quale mezzo naturale disponga e sul mezzo naturale costruisce l’interpretazione. In questo senso l’Elektra del debutto statunitense è un modello.
Analogo ragionamento davanti a due pagine del repertorio italiano “vissi d’arte” e “voil o siapete o mamma” dove la Pauly non può sfoggiare mezzi vocali sontuosi ed opulenti. Vengono eseguite in tedesco  e sempre nell’equilibrio fra mezzo naturale ed espressione la cantante, che passava per interprete appassionata, sceglie la strada  della dimensione del canto a fior di labbro con sonorità attutite ed interpretazione dimessa e sofferta. Giustificate  dal momento scenico e drammatico. Questo le consente di superare facilmente la tessitura bassa del racconto di Santuzza dove evita qualsiasi suono aperto in basso  o di ascendere al si bem che chiude il racconto di Tosca con rispetto della canonica smorzatura e forcella conclusiva.
Interessantissima l’esecuzione della scena di Salome di cui la Pauly, fu con Maria Jeritza, una della più accreditate interpreti appartenenti al filone della cantante attrice. Non è un caso che l’autore avesse a lungo sperato ed ipotizzato la Salomè e la Marescialla di Claudia Muzio, per indicare quale è la via interpretativa indicata dallo stesso. Soprattutto il controllo del fiato  consente alla Pauly, arrivata alla sezione conclusiva, nel pieno del delirio erotico, trova suoni dolci e straordinariamente perversi, ossia adatti al personaggio, allorchè  pronuncia il nome del profeta, non posseduto da vivo, ma solo lugubremente da morto.

Gli ascolti

Rose Pauly

Beethoven – Fidelio

Atto I – Abscheulicher! (1927)

R. Strauss – Salome

Atto unico – Ah! Du wolltest mich nicht deinen Mund küssen lassen (1938)

R. Strauss – Elektra

Atto unico – Allein! Weh, ganz allein (1937)

Puccini – Tosca

Atto II – Vissi d’arte (1927)

Mascagni – Cavalleria rusticana

Atto unico – Voi lo sapete, o mamma (1927)

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