Finale del Concorso “Città di Busseto”: la causa e l’effetto.

Secondo un illustre parmigiano, Arturo Toscanini, all’aperto si gioca alle bocce, essendo impossibile, o almeno arduo, farvi musica in condizioni minimamente accettabili. L’estate è però per consolidata tradizione la stagione delle manifestazioni all’aperto, tra arene, piazze e cortili di dimore gentilizie. Non fa eccezione la finale del Concorso Internazionale Voci Verdiane “Città di Busseto”, trasmessa ieri sera in diretta streaming dalla piazza del borgo che diede i natali al compositore. E che molto ha da lui ricevuto, non ultima la fama di “terra verdiana” per antonomasia. La circostanza non giustifica però il distorto sillogismo, in forza del quale dovrebbero necessariamente sortire, da un concorso intitolato a Verdi e organizzato nei luoghi verdiani, non già quelle che ampollosamente si definiscono le voci verdiane dell’avvenire, ma esecutori in grado di affrontare degnamente i ruoli usciti dalla penna dell’autore. Si inverte in questo modo la causa (la capacità di cantare Verdi) con l’effetto (la circostanza di cantare Verdi in un contesto ritenuto, a torto o a ragione, autenticamente verdiano). Anche a voler chiudere gli occhi sulla paesanissima cornice (presentava la serata il conduttore di una nota, o meglio, tristemente famosa trasmissione televisiva dedicata all’opera: le incertezze, i tempi morti, le gag di dubbio gusto, le vere e proprie papere, semplicemente, non si contavano), quello a cui si è assistito fornisce la misura non solo dello stato attuale dell’insegnamento del canto (in Italia come altrove, stante che, degli otto finalisti, più della metà proveniva dall’Oriente, più precisamente dalla Corea del Sud), ma della competenza e preparazione professionale dei soggetti deputati a vagliare, e più ancora a sorreggere e guidare, i giovani artisti. Abbiamo udito cantanti che, ignorando che cosa sia la respirazione professionale (e basterebbe guardarli, nei numerosi video disponibili su Youtube, per accertarsene), arrivano esausti al termine dei rispettivi brani, anche dei meno ardui (aria di Macduff); altri che, non sapendo appoggiare i suoni, stentano e traballano fin dai primi acuti (sortita di Silva, ovviamente con cabalettone d’ordinanza ma senza da capo, aria di Macbeth); altri ancora che, inspessendo artificialmente la voce per trovare un minimo di “giro” nel registro centrale, gridano non appena la tessitura si alzi anche solo di poco (aria di Elvira, romanza del conte di Luna); altri, cui non fa difetto l’ambizione, che non sapendo eseguire il passaggio superiore, rimangono come suol dirsi “in mezzo” a una pagina già di per sé micidiale come l’Ingemisco del Requiem; altri, infine, che affrontano pagine che richiederebbero strumenti poderosi e soprattutto ben controllati con voci da opera buffa del Settecento e tecniche da esame di riparazione a settembre (o “debito”, come oggi suol dirsi). E al termine di questa penosa passerella la giuria, composta da cantanti (nonché maestri di canto), direttori artistici, quotatissime penne del settore e altre personalità consimili, non potendo per ovvie ragioni certificare l’inanità della competizione, non assegna il primo premio e conferisce ex aequo gli altri, in omaggio alla filosofia del “todos caballeros”, ossia del non scontentare nessuno (dai parenti ai potenziali, e magari già effettivi, agenti di canto) e di premiare, non già il risultato, ma l’entusiasmo, la buona volontà e forse anche la faccia tosta. Faccia tosta che non difetta neppure agli organizzatori della manifestazione, atteso che la serata si conclude con l’annuncio che presto sarà allestita, nella medesima piazza, una “Luisa Miller” (opera niente affatto facile da mettere in cartellone, soprattutto con riferimento alle parti del soprano, del tenore e del contralto, l’unico ruolo che Verdi dedicò a questa corda, prima della Quickly) che sarà quindi riproposta in alcuni teatri di tradizione della Regione e nella quale si alterneranno ben tre cast di giovani speranze. La speranza è, ovviamente, che almeno nell’ambito di questi tre cast si possa ascoltare qualcosa di meno imbarazzante rispetto a quanto udito ieri sera. Ma visto che i selezionatori e formatori sono i medesimi, temiamo che la speranza sia destinata a rimanere tale, e chiudiamo queste brevi riflessioni con la voce di una lontana vincitrice del concorso “Voci verdiane”, che sembra vaticinare circa gli estremi esiti di una manifestazione che in passato aveva incoronato, tra le altre, voci quali Rita Orlandi Malaspina, Jaime Aragall e Aprile Millo.

 

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4 pensieri su “Finale del Concorso “Città di Busseto”: la causa e l’effetto.

  1. Sabato scorso sono andato a vedere un po’ della finale del Concorso Toti dal Monte e pur tenendosi dentro al teatro, il risultato è stato il medesimo che hai descritto nell’articolo. Ed era anche la finale, con certe voci imbarazzanti. Boheme era in concorso. Uno dei due tenori finalisti (non so come abbiano fatto a farlo arrivare fino in finale) era ridicolo, con una voce esile come un’acciuga e totalmente senza acuti, che si arrampicava sulle punte dei piedi buttando indietro la testa per trovare fiato…aspettavo solo che facesse come il cantante dei cugini di campagna che quando fa gli acuti si da una strizzatina alle parti basse…

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