Kultura 1: fuga da Vienna.

Fulmine a ciel (non poi così) sereno alla Staatsoper: il direttore musicale Franz Welser-Möst si dimette e cancella tutti gli impegni viennesi per la incombente stagione 2014-15. Motivo dell’abbandono: “divergenze di vedute in materia artistica” con il sovrintendente Dominique Meyer, che resta così di fatto solo al vertice del teatro dell’ex imperial regia capitale. Il dubbio, come osserva la nostra Selma, è che se ne sia andato… quello sbagliato. Di certo non si prospettano tempi felici per un teatro che sembra affondare sempre più velocemente in una mediocrità ben poco aurea e molto inconsistente.

 

In einem Brief an Dominique Meyer, den Künstlerischen Direktor der Wiener Staatsoper, hat Franz Welser-Möst heute seinen Rücktritt als Generalmusikdirektor erklärt. Er begründete den Schritt mit „Auffassungsunterschieden in künstlerischen Belangen“.

Meyer reagiert darauf in einer ersten Stellungnahme: „Mit großem Bedauern habe ich heute Vormittag den Brief von Franz Welser-Möst entgegengenommen, in dem er mir seinen Verzicht auf seine Verpflichtung als Generalmusikdirektor mitgeteilt sowie alle Dirigate in der laufenden Spielzeit zurückgelegt hat. Das ist natürlich ein großer Verlust – und auch persönlich tut mir dieser Schritt sehr leid, denn ich schätze Franz Welser-Möst als Künstler und Dirigenten sehr. Meine Sorge und erste Aufgabe ist es nun, so rasch wie möglich adäquaten Ersatz für die Aufführungen zu finden, die er 2014/2015 an der Wiener Staatsoper hätte dirigieren sollen: immerhin 34 Vorstellungen, darunter die zwei mit ihm geplanten Premieren von Rigoletto und Elektra.“

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Rücktritt nach nur vier Jahren:

Der Dirigent Franz Welser-Möst hat mit sofortiger Wirkung seinen Rücktritt als Generalmusikdirektor der Wiener Staatsoper erklärt. Der Grund liege „in den seit längerer Zeit bestehenden Auffassungsunterschieden in künstlerischen Belangen“. Die Auffassungsunterschiede seien auch in mehreren Gesprächen nicht aufzulösen gewesen, heißt es in der Aussendung weiter. Welser-Möst legt zudem alle für die Saison 2014/15 vorgesehenen Dirigate und Neuproduktionen zurück. „Es gibt Differenzen über die künstlerische Ausrichtung des Hauses, die nicht von heute auf morgen entstanden sind. Dominique Meyer ist als Direktor die Nummer eins. Er ist ein sehr netter Mensch und hat in künstlerischen Dingen andere Meinungen. Das steht ihm auch zu. Aber dann muss ich die Konsequenzen ziehen“, begründete Welser-Möst in einem Gespräch mit der APA seinen Rücktritt. Über Details der künstlerischen Differenzen wolle er nicht sprechen. „Da geht es um Sänger und Dirigenten, da geht es um den ganzen Bereich, der die künstlerische Ausrichtung des Hauses ausmacht.“ Dass er gleichzeitig mit seinem Rücktritt als Generalmusikdirektor auch seine Dirigate zurücklegte, begründete er damit, „Abstand gewinnen“ zu müssen. „Das kann ich aber nicht, wenn ich ihm Haus bin.

Auf Meyer dürfte nun keine leichte Zeit zukommen. Welser-Möst war für die Saison 2014/15 insgesamt 34-mal am Pult der Wiener Staatsoper vorgesehen, allen voran für die Neuinszenierungen von Verdis „Rigoletto“ (Premiere am 20. Dezember) und von Richard Strauss’ „Elektra“ (Premiere am 29. März 2015) sowie bei der Ballettpremiere „Verklungene Feste/Josephs Legende“ (4. Februar 2015). Zudem ab November erneut für Leos Janaceks „Das schlaue Füchslein“ und ab Dezember für Verdis „La Traviata“ und für „Die Zauberflöte für Kinder“.

Dass der meist konziliant erscheinende Welser-Möst durchaus Zähne zeigen kann, hat er in der Vergangenheit öfter bewiesen. So sagte er im Dezember 2012 den Salzburger Festspielen seine Mitwirkung an einem zentralen Projekt der Jahre 2013, 2014 und 2015 ab – einem dreijährigen Mozart-Da-Ponte-Zyklus.

 

Selma Kurz:

So mancher ist der Meinung, auch Meyer wäre amtsmüde. Man merke es zumindest an der Gestaltung des Spielplanes…. Dass die Beiden schon seit längerer Zeit nicht in gutem Einvernehmen waren, konnte man bemerken. Einige finden allerdings, der Falsche sei zurückgetreten. Meyer wird vor allem was Sänger betrifft kein besonders gutes Ohr bescheinigt. Zu hoffen ist also, dass Meyer nicht der künstlerisch Alleinentscheidende bleiben wird. Auch wie es in diesem Fall um das künstlerische Regulativ der Staatsoper stünde, wäre äußerst fraglich. Vieles mag unter Welser Möst nicht gelungen seint.  Nicht nur in Wien wird das mäßige Niveau der Vorstellungen im Haus am Ring beklagt. Die Staatsoper sei in Langeweile und künstlerischer Bedeutungslosigkeit versunken. Dass aber in Wien kaum mehr eine würdige Mozart-Aufführung auf die Bühne zu bringen ist stimmt doch sehr bedenklich. Dass sich das Niveau unter Meyer im Alleingang allerdings heben wird ist kaum vorstellbar. Vielleicht richtet sich das Augenmerk nach diesem Paukenschlag von Welser-Möst ja auf das grundlegende Problem: Dominique Meyer.

13 pensieri su “Kultura 1: fuga da Vienna.

  1. Piano, piano la crisi dell’opera (e dei dirigenti dei teatri siano direttori musicali o quelli pro tempore) si velocizzerà fino a diventare una valanga. Mai si assistette a una meschina,ingloriosa e testarda gestione musicale in gran parte demandata alle pochezze culturali
    e di visione del futuro da agenti teatrali, che hanno ridotto la qualita’ musicali ovunque (e dovunque) ad un mercato delle vacche che ora sono tutte corrose dalla tisi del denaro. Una vicenda scandalosa come quella del sig. Placido Domingo, non sarebbe durata più di un giorno oltre a quella di un dirigente come il sovrintendemte di salisburgo, che nominato in scala acquista per conto di questa i suoi allestimenti…Quindi ben venga un chiarimento anche se al momento si avrà l’ennesimo pateracchio provvisorio in attesa di boom galattico.

  2. Se n’è andato quello sbagliato? Non so, ma certo Welser-Most è un mediocre (ad esser generosi) direttore d’orchestra, scelto probabilmente perché incapace di disturbare placide certezze. Che ora passi per un martire dell’arte mi sembra eccessivo…anche perché di arte, nelle sue direzioni, ce n’è un gran poca. Mi sembra la solita storia della sindrome da primadonna che fa credere a onesti mestieranti (più o meno mediocri) di essere la reincarnazione di Carlos Kleiber… Come la storia di Noseda

  3. e chi parla di martire? Le esecuzioni di WM saranno spesso prive d´ispirazione e benpensante, e un pò sbiadite. Di quel poco che ho visto di lui a Vienna l´orchestra era però sempre ben preparata e studiata. Secondo me è un direttore serio e professionista. Però si sa anche che non è la prima volta che molla tutto. È uno che vede tutto in bianco e nero. L´aveva fatto anche a Londra.
    Vorrei sapere cosa sono però le qualità specifiche di un Meyer.
    Meyer è un funzionario, un amministratore senza ispirazione, senza orecchio per le voci, senza capacità di formare e plasmare questo teatro. Gli piacciono la musica da camera e le opere del barocco. Claudia Schmied – allora ministro di cultura – si è messo in testa proprio Meyer. Chissa perche… Sapeva che sarebbe stato difficile o addiritura impossibile metterlo da solo al capo della Staatsoper. Così gli affiancava Welser-Möst. Non si avevano mai incontrato prima ed al telefono dovevano spiegare l´uno all´altro il suo credo artistico…. Le differenze si facevano vedere presto.
    Si dice anche che Meyer ha concedato ai Wiener sempre più sostituti all´opera. Basta guardare gli orchestrali. Raramente una faccia conosciuta….. Sarà anche questo stato un motivo?

  4. Meyer è un funzionario. Punto. E fa il funzionario. Welser-Most, invece, mi pare reciti la parte del “grande direttore” offeso da chissà quale ragione artistico esistenziale…in realtà – come nel caso Noseda – credo che si tratti solo di soldi o nomi di protetti, amici, clientes etc… Non conosco le astruse ragioni per cui un Welser-Most sia divenuto direttore dello Staatsoper di Vienna (e quindi del ramo operistico dei Wiener, orchestra in via di scadimento sempre più evidente), così come ignoro per quale motivo Luisi sia stato per un paio d’anni direttore della Staatskapelle di Dresda… Mi pare però che i viennesi non dovrebbero dispiacersi di questo abbandono: Meyer sarà anche un nessuno – come dici tu – ma Welser-Most, non è tanto di più: onesto professionista? Forse…ma a Vienna forse si dovrebbe volare un po’ più in alto…anche perché se affiancava Meyer nella scelta di titoli e cast non mi sembra che sia stato in grado di svolgere con competenza il suo lavoro. Non è il solo – intendiamoci – ci sono un sacco di mediocri che improvvisamente si sentono la reincarnazione di Carlos Kleiber o di Furtwaengler: potrei citare il pessimo David Parry, Mark Elder, ma anche i nostri Noseda e Luisi (parlo delle sedicenti primedonne international, non il sottobosco che popola i nostri podi e ci viene spacciato per manna dal cielo)….fino a Thielemann in un certo senso (di cui ho letto un’azzeccatissima definizione quale una specie di Muti “crucco”).
    Quanto a Serafin – e a certi commenti che non son stati pubblicati (ma letti) – tutto si può dire tranne che fosse una primadonna, solitamente sintomo di vanagloria e mediocrità. Era un musicista del suo tempo, che ha vissuto in una certa epoca, ma che più di altri – e senza tante menate mediatiche – si è aperto ad un repertorio impensabile: dal connubio con la Callas (e la sua rivoluzione) alla prima italiana di Wozzeck (a Roma, poi i trogloditi della Scala fischieranno l’opera e Mitropoulos).

    • E aggiungo – su Serafin – che mi pare curioso venga oggi, da talune parti, stigmatizzato come un “tagliatore” di partiture (senza naturalmente prendersi la briga di contestualizzare l’operato del direttore e riflettere, ad esempio, che le stesse cose venivano fatte da Strauss e da Mahler) con conseguenti contumelie in nome dell’arte suprema, e ritenuto un inaccettabile battisolfa o, peggio, un direttore “di tradizione”, mentre si tollera che il regista si prenda il diritto di intervenire sul testo musicale, arrivando allo strabismo intellettuale per cui Serafin che taglia cabalette o da capo viene preso in giro come un residuato bellico e invece Carsen che storpia Dama di Picche eliminando tutto il contorno di costume (e quindi l’inizio dell’opera e intere scene) per restare più fedele a Pushkin viene preso per genio!

      • Parole sante e del tutto condivisibili. Non sapevo di questa ennesima “carsenata” a spese del povero Ciakovskji. Mi ricordo, però, che anni fa a Firenze avevano presentato “La dama di Picche” in una c.d. “edizione di Amsterdam” ridotta da 3 a 2 atti, secondo le pie volontà dell’onanismo mentale di non so più quale regista geniale di turno che aveva tagliato, cucito e gabolato il tutto, ambientando l’intera opera in un manicomio (dove Hermann finisce, pazzo, in Puskin, invece di suicidarsi) in cui si aggiravano i personaggi.
        Dato che l’opera era stata presentata in siffatto allestimento ad Amsterdam prima che a Firenze ecco il perchè della strana definizione! Era allora che si era profuso – come ricordato – il “genio” di Carsen o no? Mi pareva in quella occasione il regista fosse un russo, ma potrei sbagliarmi (non l’avevo vista, l’avevo solo sentita per radio).
        In ogni caso, a mio parere, ai registi particolamente “inventivi”, “geniali”, “innovativi”, “creativi” etc. etc. etc. si potrebbe sempre augurare di vedersi applicate, per contrappasso, certe “simpaticissime” pratiche a suo tempo codificate nella Constitutio Criminalis Theresiana (o, per restare più vicini, nelle Leggi e Costituzioni di Sua Maestà emanate da Vittorio Amedeo di Savoia, al libro IV), ….
        Dopo aver visto il primo atto del Gugliemo Tell “secondo Vick” a Torino a maggio, io invocavo a gran voce (e molti attorno a me annuivano alle mie osservazioni, epsresse in modo tutt’altro che a bassa voce…) che al regista fosse fatto sul serio ciò che faceva fare al povero Melchtal sulla scena….

          • Ma almeno l’aria di Tomskij l’hanno tenuta? E tutta la prima scena dell’atto secondo con la pastorale (vera musica di genere, genialmente voluta così dall’autore)? Non riuesco ad immaginare che pasticciaccio brutto possa essere venuto fuori! Cosa rimaneva?

          • Carsen oltre a tagliare tutto il n. 1 della partitura, elimina in toto l’intermezzo pastorale. Ovviamente si giustifica dicendo che non solo ha voluto essere più fedele alla novella di Pushkin, ma ha interpretato le vere volontà di Chaikovskij che secondo lui avrebbe voluto concentrare il dramma al solo cuore drammatico della novella, ma fu “costretto” a cedere al gusto popolare inserendo scene “inutili”. Così parlò Carsen…

  5. A Vienna devono avere seri problemi con i direttori. Solo ieri su un sito francese ho letto il titolo: “Bertrand de Billy rompt avec l’Opéra de Vienne” e la notizia: “Il y a comme un flottement à l’Opéra de Vienne. Après la démission fracassante de Franz Welser-Möst, c’est le chef Bertrand de Billy, pourtant un des piliers de l’institution, qui annonce au journal Kurier sa volonté de ne plus collaborer avec la Staatsoper « tant que durera le mandat de Dominique Meyer ». Les deux décisions ne sont apparemment pas directement liées, Bertrand de Billy précisant que la sienne « avait été prise bien avant » les derniers événements. Elle survient alors que le chef français avait déjà quitté la production de Lohengrin en mars dernier, sur fond de querelles avec le metteur en scène Andreas Homoki. Pas d’indices en revanche sur d’éventuelles divergences apparues entre temps ayant pu précipiter la décision de Bertrand de Billy. En tout cas, la forme – interviews et communiqués de presse croisés – et le ton – on s’accuse de « malhonnêteté » et de « déloyauté » – surprennent encore une fois dans la Vienne feutrée de l’opéra : autant de mauvais signes, sur fond de difficultés financières persistantes”.
    Evidentemente Herr Meyer sa farsi amare dai direttori! E Bertrand de Billy è sicuramente un buon direttore, come possono testimoniare tutti quelli che hanno sentito la sua direzione di Parsifal pochi anni fa al Regio di Torino, molto lodata a suo tempo su questo stesso “Corriere della Grisi”.

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