Il soprano prima della Callas, trentaquattresima puntata: Bianca Scacciati (1894-1948)

Scacciati2Bianca Scacciati nacque a Firenze  il 3 luglio 1894, da una famiglia del popolo fiorentino, socialista. Ed a questa sua origine rimase fedele per tutta la carriera, denotando una onestà ed una  solidità di idee, che oggi oltre che la voce strepitosa per qualità naturali, sono assolutamente uniche e dimenticate  in un mondo di yes men and women. Mi riferisco all’episodio del 1926 quando, nell’aprile di quell’anno, la Bianchina, così la chiamava Mascagni fu protagonista della Turandot alla prima romana e l’allora primo ministro la invitò a palazzo Venezia per congratulazioni e consegna di foto con dedica. L’invitò venne ricusato cortesemente con la scusa della necessità di studiare la Messa verdiana, ma in realtà per non venire meno ai propri ideali. Questo le costò un certo, silenzioso ostracismo da parte del reale dell’Opera, che si avviava e diventare il teatro della capitale fascista, e nel contempo la “sistemò” alla Scala , allora teatro di Toscanini di ben altro orientamento. Alla Scala la Scacciati prese parte a molte stagioni in un repertorio operosissimo sino al  1932. Poi, complice il matrimonio e il probabile appannarsi dei mezzi vocali,  cominciò a presentarsi in teatro di minor importanza e più raramente.

All’epoca dell’episodio romano la Scacciati poco più che trentenne era una cantante famosissima ed in Italia, con la Arangi Lombardi, si divideva il repertorio più pesante dal tardo Verdi al Verismo, praticando spessissimo  la Norma e detenendo  il monopolio di Turandot.

Se gli inizi della Arangi Lombardi erano stati lenti e titubanti all’opposto furono quelli della Scacciati. Debuttò nel 1917 a Firenze nel Faust  alla Pergola con un partner di eccezione quale Alessandro Bonci. I primi anni furono di rodaggio con parti liriche (Margherita del Faust e del Mefistofele, Mimì), alternando la buona provincia (Cremona, Perugia Padova) a teatri secondari di piazze importanti (Bologna teatro Apollo, Politeama a Genova). Nel 1920 era già a Napoli al san Carlo quale Manon Lescaut e che il repertorio si fosse ampliato verso parti spinte lo dimostra l’inserimento in repertorio di Wally ( al Petruzzelli di Bari) e di Iris e Maddalena a Bologna  Nel 1921 aveva debuttato a Milano, ma al Carcano con la Desdemona di Otello. Nel 1922 era approdata a Parigi al Teatro di Champs Elisée con la Elsa del Lohengrin a nel 1923 in Sud America, precisamente al Municipal di Santiago con Wally. Nel  frattempo  debuttò (1924) al Costanzi di Roma con uno dei suoi cavalli di battaglia: Tosca. Di lì a poco al Cairo avvenne il primo incontro con il Verdi “pesante” del Ballo. Il soprano lirico di Boheme e Faust si era mutato in un soprano drammatico, tanto è che sempre al Cairo nel 1925 mise in repertorio un titolo del passato, tipici del soprano drammatico quale Ugonotti  e  poco dopo  a Buenos Ayres, ma al Coliseum, (perché il Colon era feudo di Claudia Muzio)  aggiunse al repertorio Aida. Nel 1926 due debutti importanti ossia la Turandot a Roma, riguardo la quale venne detto “nessuno dimenticherà la bellezza e lo squillo  della sua voce in quella parte” e che rimase per un decennio la sua parte e nel novembre successivo il debutto alla Scala nel ruolo di Elisabetta di Valois.

La Scala, pure in condominio con la Arangi Lombardi, fu per quasi un decennio il suo teatro dove cantò Aida, Forza del destino, Trovatore, Otello, Mefistofele ed alcuni titoli desueti come Lombardi, Vestale e Norma. Quest’ultima più che desueta, incomprensibile per una cantante come la Scacciati ed a maggior ragione se pensiamo che la propose in  molti teatri oltre la Scala. Naturalmente fu Turandot in Scala come lo fu in tutti, davvero tutti (Roma, Napoli, l’Arena di Verona, Genova, ma anche Ravenna o Carpi)  i teatri italiani. All’estero si presentò al Covent Garden nel 1926 con Otello e Mefistofele e vastissima fu la presenza nei teatri sud Americani  da Buenos Ayrese a San Paulo e Rio anche con titoli come la Sieglinde di Walkiria, che non cantò mai in Italia. Dalla  stagione 1934 gli impegni prendono a diradarsi e soprattutto i teatri sono progressivamente meno importanti. Non dimentichiamo che nei teatri maggiori italiani andavano imponendosi due voci fenomenali come la Cigna, che proprio nel 1935 debuttò Turandot e Maria Caniglia.

Negli ultimi anni di carriera sono soprattutto Tosca e Aida i titoli che la Scacciati propose più spesso. E questo ci dice che la zona medio acuta era la zona privilegiata della voce del soprano fiorentino.

Bianca Scacciati insieme a Maria Caniglia, alla Cigna e, benché meno famosa Maria Carena, ha goduto la fama della “cantantaccia” verista di nessuna tecnica, scarso gusto, fraseggio stentoreo e poco  rifinito, perdonato da una gamma acuta strabordante, capace di infiammare loggioni e pubblico dal gusto se non becere, almeno facilone e superficiale.

Se dovessimo seguire la vulgata sarebbe congruo non parlare della Scacciati e al massimo  liquidarla come il modello di un gusto ed una tecnica barbara o, meglio, imbarbarita, cui la sola Arangi Lombardi fu l’eccezione prima dell’avvento della Callas. Poi, forse la cantante merita qualche riflessione più approfondita o quanto meno più circostanziata rispetto alla vulgata.

Un aspetto è evidente Bianca Scacciati era dotata di un’ottava superiore di eccezionale qualità ove per eccezionale qualità si intenda un suono in natura  ricco, ampio, sontuoso, spontaneamente morbido ed ora penetrante o dolcissimo  a seconda delle esigenze, un volume fuori del comune e capaci di giustificare la fama ed il successo del soprano fiorentino. Gli acuti estremi esibiti  nelle registrazioni sino al do sono facilissimi. Spontaneo sorge il pensiero che la cantante, supportata da un  differente  bagaglio tecnico sarebbe  stata uno di quei soprani che la storia dell’opera tramanda per la straordinaria  estensione applicata ad opere drammatiche. Senza esagerare si può capire il perché dell’inserimento di arie, che prevedano note acutissime in opere di scrittura centrale e declamatoria, arie che oggi possono essere eseguite solo dai soprani di coloratura, poi inadeguate al titolo. Per tutti il famoso “popoli di Tessaglia” che è un’aria alternativa di Alceste o più banalmente i sovracuti, che la giovane Isabella Colbran, interpolava nella Medea in Corinto.

Questa è la “nobilità” di cui la Scacciati fa sfoggio in molte registrazioni. Anzi in tutte a partire dalla “sortita”di Turandot dove la cantante non è affatto esagitata e dove la scrittura, che non prevede progressivi passaggi dal grave all’alto, paradossalmente la agevola, e dove riesce anche in grazia di una dizione scolpita e di una esemplare articolazione ad essere dolorosa e nostalgica nella prima sezione (il ricordo dell’ava sino all’attacco di “pure nel tempo”), a rendere un’immagine varia della psiche della creatura (la più novecentesca e freudiana di Puccini). Quando arrivano le frasi più tese “quel grido e quella morte” e la sfida finale “no mai nessun m’avrà” e “gli enigmi sono tre” la vocalità della Scacciati è davvero apocalittica, senza sforzi, senza un suono acuto, che non sia lucente e penetrante e assente ogni fissità o asprezza nibelungica. In questo, forse, la Scacciati, è davvero la più completa Turandot. Ancora se vogliamo la nobiltà della vicenda artistica e vocale della Scacciati basta sentire l’attacco di “lieta poss’io precederti” del terzetto finale di Forza dove la cantante, non certo adusa a stilizzazioni e raffinatezze da belcanto, canta le ultime battute della morente Leonora di Calatrava con suoni trasparenti e trasfigurati pur nel genere del suono solido e polposo, come la vocalità verdiana  ed i due partners,  (questi davvero storici)  impongono. Esemplare, anche qui con la partecipazione di un Francesco Merli tanto vario quanto solido vocalmente,   il duetto della Loreley e quello del Guarany, dove la vocalità della Scacciati con i limiti, che analizzaremo in seguito è splendente e coglie perfettamente l’epoca della composizione successiva a Verdi e antecedente il Verismo. Certo il partner, che veniva ritenuto poco fantasioso e personale è, al contrario, inarrivabile e ridicolizza qualunque tenore cosiddetto di forza venuto dopo di lui per la mirabile capacità di alternare dolcezza, legato e squillo fenomenale. Chi volesse capire la differenza fra una grande esecuzione di questa pagina, musicalmente raccogliticcia, e una pagliacciata ascolti, dopo la coppia Scacciati-Merli, la coppietta Domingo-Villaroel.Bianca Scacciati in 'Turandot' -

E non è tutta qui l’arte di Bianca Scacciati, In ogni registrazione della Scacciati non possiamo non ammirare la facilità dell’ottava superiore (vedi incontro- scontro con  il conte di Luna) e lo slancio, che connota questa realizzazione o la chiusa del Vissi d’arte, oltretutto staccato nell’incisione integrale ad un tempo lentissimo, fra lo sfolgorante si bem di “Signore” e la seguente smorzatura di “rimuneri così” dove si evidenzia, ad onta della vulgata, una cantante vocalmente  varia e capace di fraseggiare e la grande aria di Lorelay, se non assorge alla perfezione di Ester Mazzoleni o al trionfo della sublime mistificazione, che ne fa Claudia Muzio rimane cospicua per lo splendore vocale e la brillantezza della gamma acuta, che non sembra conoscere limiti.

Poi la “miseria”, ovvero l’aspetto negativo, che emerge in tutte le registrazioni ossia l’incapacità di cantare sul primo passaggio del soprano, donde un fastidioso effetto “birignao”, particolarmente evidente nelle registrazioni del Trovatore, la cui scrittura se non belcantista di impianto donizettiano mette in evidenza i limiti della cantante . E fra tutti il “d’amor sull’ali rosee” e la stretta del duetto con il conte. Il problema non è il rappezzo al si bem dove la cantante non rispetta l’indicazione di dolce e fa a pezzi  la languida fiorettatura di  “deh pietosa arreca etc” o le note di petto che compaiono su “E tu nol sai” , “Aura di speranza” , perché molti soprani  prima della Scacciati le hanno emesse, forse un po’ più sostenute dal flusso del fiato, e sono state grandi verdiane (Boninsegna, Mazzoleni, Gadsky), ma l’idea che ne ricaviamo è quella di una voce che è fuori di posto, non posso dire fuori fuoco perché, credo, compensasse ogni limite tecnico con l’eccezionale predisposizione naturale in tutte le frasi ubicate sul passaggio  e precisamente “ai sogni dell’amore” . Eppure ci si rende conto che appena la tessitura sale e Leonora canta nell’ottava superiore la cantante è in grado di emettere squillanti e sonore note come il si bem ed il do, anche se l’interprete non è certo alla ricerca di languori o estasi romantiche o di rispetto assoluto della scrittura vedi i numeroso trilli piuttosto abborracciati o la cadenza manomessa da prese di fiato abusive.  Lo stesso accade nell’aria di Aida il “Ritorna vincitor” dove la scrittura da soprano Falcon evidenzia un certo scompenso fra la zona acuta lucente e quella centrale, al confronto, opaca e gravata da qualche affettazione.

Che la scrittura verdiana crei disagio e scompensi è ancora più evidente nella tessitura grave del Miserere dove la Scacciati si lascia andare ad estroversioni interpretative e suoni di petto, che –stranamente- evita nel Verismo dove appare ecco l’apparente paradosso, più castigata e controllata. Ma è un apparente paradosso, figlio di quelle stesse storture di gusto e di collocazione dei titoli, che trasformano in suoni gemebondi e schiacciati le eroine protoromantiche per voce della Toti o della Pagliughi. L’esigenza giusta era quella di essere drammatiche perchè in situazioni come il Miserere o il duetto con il conte questo Leonora è chiamata ad essere e per giunta con una certa insistenza nella zona medio grave, ma è l’idea di renderla come fosse Gioconda o Santuzza , che data in negativo l’esecuzione e limita la portata, per certi aspetti unica, della cantante nella disamina della storia del canto e della vocalità . Poi mi sia consentita una chiosa, assolutamente legata alla contingenza ossia che di cantanti “becere e veriste” come la mi’ Bianchina ne vorremmo una schiera per rispedire al mittente le indicenti Aide, Leonore di Calatrava, Amelie ed anche Norme e Luise Miller, che ci vengono inflitte.

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Turandot: “In questa reggia”

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Tosca: “vissi d’arte”

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Boheme: “Donde lieta usci”

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Loreley: Vieni deh vieni” con Francesco Merli

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Loreley: “oh forze recondite”

Verdi – Aida – Ritorna vincitor

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Aida: “Cielo mio padre” con Augusto Beuf

Verdi – La forza del destino – Me pellegrina ed orfana

Verdi – La forza del destino – Non imprecare – con Pasero e Merli

Verdi – La forza del destino – Pace, pace, mio Dio

Verdi – Un ballo in maschera – Morrò ma prima in grazia

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Trovatore: “udiste..Mira d’acerbe lagrime” con Enrico Molinari

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Trovatore: “Miserere” con Francesco Merli

Verdi – Il Trovatore – D’amor sull’ali rosee

Verdi – I Lombardi alla prima Crociata – Qui posa il fianco – con De Angelis e Merli

13 pensieri su “Il soprano prima della Callas, trentaquattresima puntata: Bianca Scacciati (1894-1948)

  1. Grazie per il pezzo, come sempre precisissimo, chiarissimo ed esaustivo :) Non conoscevo la cantante in questione e gli ascolti sono stati davvero un piacere per chi sa ascoltare i pregi di una simile vocalità. Difetti ce ne sono, come evidenziato, ma nulla di tragico. anche in questo caso il confronto con altre cantanti coevi era penalizzante, ma rapportato all’oggi il discorso si ribalterebbe del tutto (come si diceva anche per la Stella).

    Bellissimi i duetti con Merli, la Turandot davvero straordinaria e di gran pregio vissi d’arte. Anche pace mio dio e l’aria del ballo sono davvero una sorpresa.

  2. Salve sono Luciano Poli,nipote di Bianca,mio papa’ Pierfrancesco ,anche lui cantante lirico ha apprezzato molto la precisione di questo articolo,ho un ‘infinita’ di foto,di 78 giri appartenuti a mia nonna,peccato non averla conosciuta.

    • Cari prossimo eva and c, se avete o volete scrivere o aggiungere qlcsa su Bianca Scacciati o.avete foto che ritenete interessanti da.pubblicare, saremo lieti.di darvi spazio qui sopra. Felici di aver rimesso in contatto i membri di una famiglia

    • Prima di tutto grazie davvero per i complimenti da parte del figlio di Bianca Scacciati. Aggiungo che ieri ascoltavo il secondo atto di Tosca della mi’ Bianchina, a parte la Nilsson, che però cantava Wagner, nessun soprano vanta la irrisoria facilità degli acuti e la lucentezza nella scena della tortura, che sfoggia Bianca Scacciati.

    • Desidero approfittare dell’occasione per fare i miei complimenti a Pierfrancesco Poli, eccellente cantante, che ho conosciuto solo dai dischi , in particolare nella Lucia DECCA e soprattutto come uno dei tre ministri nello splendido terzetto della VERA Turandot diretta da Mehta

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