Le cronache di Giovanni David: Carnevale lagunare.

Teatro-MalibranMaschere, turisti, innamorati, melomani, nemmeno gli umidi capricci meteorologici hanno potuto guastare lo spirito del Carnevale veneziano colto al suo apice, questa domenica, nella Serenissima città. Perfetto contraltare operistico al Carnevale è stata la prima delle recite dell’operetta di Hervé Les chevaliers de la table ronde nel grazioso teatro Malibran, purtroppo rimasto in parte vuoto certo a causa della minima pubblicità riservata a questo evento rispetto alle contemporanee recite dell’ennesima inutile Traviata alla Fenice (quella invece sempre piena).

Gli unici dubbi nei confronti di tale operazione sono di natura “musicologica”: si è scelto di rappresentare l’operetta sulla base della compagnia e dei mezzi a disposizione, nello specifico in una riduzione per 12 strumentisti in una versione ibrida tra quella del 1866 e la ripresa del 1872 con qualche sforbiciatina qua e là. Indipendentemente dal brio e dalla precisione della parte orchestrale, sarebbe stato forse preferibile riproporre l’operetta in una delle due versioni e con un’orchestra più nutrita così da poter avere un’idea più chiara della bellissima musica di Hervé.

Eppure numerosi sono stati i punti di forza di questo spettacolo di due ore continuative senza alcun intervallo assolutamente vincente nel suo esito: la riproposizione di un titolo dimenticato del repertorio buffo francese, l’occasione di conoscere un autore indubbiamente poco noto, un cast di cantanti-attori-ballerini madrelingua, uno spettacolo dalla regia intelligente e vivace. Il pubblico della prima, come già accennato, ha apprezzato moltissimo la rappresentazione, seguendo con divertita partecipazione la trama piena di imprevisti e colpi di scena e tributando applausi a tutta la compagnia, non solo al termine, ma anche alla fine dei pezzi (nonostante vi fosse l’intenzione da parte degli esecutori di fermarsi il meno possibile per dare totale continuità allo spettacolo).

Louis-Auguste-Florimond Ronger, detto Hervé (1825-1892), compositore, librettista, attore, cantante, direttore d’orchestra, impresario e direttore di compagnia, è considerato il padre dell’operetta francese, anche se tutt’oggi si contende questo titolo con il suo ben più illustre rivale, Jacques Offenbach. Hervé non ebbe vita e carriera facili tra problemi con la giustizia, malanni di salute e inconvenienti teatrali, ma col tempo riuscì ad arrivare al successo il quale, però, sarà maggiore in Inghilterra piuttosto che nella nativa Francia. Le Chevaliers de la table ronde, Opéra bouffe in 3 atti su libretto di Chivot e Duru (con partecipazione dello stesso compositore) fu la prima delle grandi operette di Hervé, costretto negli anni precedenti a comporre quasi esclusivamente atti unici; rappresentata come rimpiazzo di Offenbach per la prima volta al Théâtre des Bouffes-Parisiens (allora feudo del rivale) il 17 novembre 1866, non dispiacque alla critica, ma ottenne un successo complessivamente modesto per diverse ragioni: gli strali dei puristi per aver ridicolizzato un soggetto tanto nobile quale quello di Re Artù e i suoi cavalieri, i contemporanei straordinari successi di Mignon, La vie parisienne e Freishütz negli altri teatri della capitale. Altra probabile causa dell’insuccesso fu il cast non adeguato alle esigenze vocali della partitura che alterna con grande maestria pezzi d’assieme, dialoghi e arie, ora propriamente buffe, ora pensate come parodie dell’opera seria, in particolare il Grand-Opéra e l’opera italiana, spesso di notevole virtuosismo e difficoltà. La trionfatrice della prima fu Delphine Ugalde, star dell’Opéra-Comique e poi del Théâtre-Lyrique, contralto estesissimo (fino al re6), che diede vita alla Duchessa Totoche, mentre nella riproposizione del 1872, curata dal compositore stesso con revisioni e aggiunte, a trionfare fu Madame Sallard nei panni della strega Melousine.

Della trama dell’opera si darà un riassunto molto stringato: il Duca Rodomonte, sul lastrico, decide di maritare la giovane figlia Angelica concedendola come terzo premio a un torneo di cavalieri, e, nel frattempo, indaga sull’origine dei fiumi di denaro spesi dalla moglie, la fedifraga Duchessa Totoche, per il guardaroba. Cavalieri ben poco eroici (Orlando, Amadigi, Lancillotto, Rinaldo, Ogier), goffi servitori (Sacripante, Medoro), maghi (Merlino), streghe (Melusina), doppi sensi, trovate comiche e scene dell’assurdo si susseguono senza soluzione di continuità tra ilarità e parodie dei personaggi coturnati dell’opera seria sino all’immancabile lieto fine in cui a vincere è ovviamente l’amore, seppur nella sua accezione più materiale.

Sul versante musicale la compagnia francese Les Brigands, che ogni anno sceglie un titolo dimenticato del repertorio buffo francese per portarlo in tournée nei principali teatri francesi, si è distinta per il completo affiatamento sia nella parte orchestrale diretta brillantemente da Christophe Grapperon sia in quella vocale, nella quale quale si sono distinte alcune belle voci, non solo le due protagoniste femminili che disponevano di arie elaborate e ardue, ma anche il comparto maschile in cui si sollecitava soprattutto il canto sillabato. Un giudizio meramente vocale sarebbe ingiusto nei confronti di questi giovani e meritevoli artisti che non solo cantano, se non tutti bene, almeno dignitosamente, ma recitano e ballano a più riprese nello spettacolo dimostrando una versatilità perfettamente adeguata al genere dell’operetta.

Alla regia di Pierre-André Weitz spumeggiante, tutta su tinte di bianco e nero, divertente senza scadere mai nel volgare, dinamicissima nella recitazione, molto semplice nelle scene, evocative e pensate per non far perdere allo spettatore i dettagli di quanto accade nel libretto, non si può che tributare un convinto plauso. Ottimo anche il lavoro sul movimento scenico di Iris Florentine Yacnoy Abreu Alfonso e quello di Bertrand Killy sulle luci. Al termine dello spettacolo resta la curiosità di approfondire la conoscenza del compositore e immaginare cosa sarebbero potute essere certe arie davvero belle e impegnative nelle ugole dei grandi cantanti del passato.

Spettacolo da vedere avendone l’occasione!

5 pensieri su “Le cronache di Giovanni David: Carnevale lagunare.

      • Aurelio :)
        Secondo me ti divertirai un sacco se ti piace il genere dell’operetta. Uno spettacolo che dà soddisfazioni, quelle che puntualmente non arrivano dai titoli del grande repertorio. Poi dimmi ovviamente :)

        Verissimo Donzelli! Ma si tratta di sostituzione dell’ultimo minuto quindi non era facile organizzarsi… Aspetto con ansia la Jessica in Linda, Rosmonda e chissà che altro (Camilla ?!?!?! Magari!) :)

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