Roberta Peters (1930-2017)

È con tristezza che mi accingo a scrivere qualche riga per ricordare Roberta Peters, ottima cantante e grande professionista, per cui ho sempre nutrito grande stima. La carriera della Peters si svolse principalmente negli Stati Uniti dove era amatissima, qui in Europa, invece, fu meno attiva e nota principalmente grazie ad alcune famose incisioni. A mio avviso, questa deliziosa cantante americana fu sempre sottovalutata dalla critica nostrana, forse a causa dell’insofferenza che dall’epoca Callas in poi investì i soprani leggeri e quel gusto liberty che sembrava ormai irrimediabilmente superato. Eppure la Peters sapeva cantare benissimo, con una voce bella, chiara, agile e ben emessa in tutta l’estensione, nonostante avesse la tendenza a schiacciarsi un poco negli acuti, capace di farsi udire senza problemi al Met in epoca non sospetta e con partner di grosso calibro. Non solo, la dizione italiana era magnifica (migliore di moltissimi madrelingua), era una bella donna, un’attrice spigliata, una vocalista precisa che, se necessario, sapeva essere acrobatica o languida. Parte del mio apprezzamento nei suoi confronti è dovuto anche a un principio squisitamente ideale: credo che la Peters sia stata uno degli ultimi soprani leggeri fieri di esserlo, una cantante musicalissima e di grande intelligenza che non ha mai cercato di fare la “drammaticona” a ogni costò, che non ha mai voluto esulare dal repertorio che più le si confaceva, a differenza della stragrande maggioranza delle cantanti della medesima categoria della seconda metà del ‘900. Per tutti questi motivi la ascolto sempre molto volentieri, nonostante il gusto sia per certi versi censurabile secondo i parametri odierni (penso al Barbiere in particolar modo, in altri cimenti, invece, era molto più contenuta), e la trovo eccellente in ogni circostanza, anche se magari non straordinaria. Qualche ascolto per ricordarla col sorriso che sulle labbra, quello stesso sorriso suscitato dal suo canto sempre traboccante di gioia di vivere.

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4 pensieri su “Roberta Peters (1930-2017)

  1. Il primo disco di Opera da me acquistato fu il ARigoletto con Merrill, Bjoerling diretto da Perlea con i complessi dell’Opera di Roma, e Gilda era appunto la Peters. Ero davvero un ragazzino ai primi ascolti e ciò che mi colpì fu proprio ciò che viene evidenziato in questo post e ciè che la Peters cantava sempre con la SUA voce dalle prime battute che Gilda canta , sino al finale. Una voce forse non enorme o pseudo-onnipotente come altre dopo di lei han cercato ( e cercano anche oggi) di far credere, ma sempre pulita, intonata precisa… in un certo senso vorrei dire, pur nell’ambito “ristretto” della propria vocalità e del proprio repertorio, “libera” di essere sé stessa sempre e comunque e fiera di essrerlo soprattutto. Forse mi sono espresso troppo confusamente, ma credo che il concetto si capisca.

    Saluti a tutti

    Maometto II

  2. Ottima l’idea di accludere il Candide di Bernstein.
    Per quanto mi riguarda, riconosco anch’io le ottime capacità vocali di questa bella cantante, restano semmai un po’ freddino circa la sua reale espressività, quantomeno nell’opera italiana, ove trovo che talora seguisse stereotipi un po’ risaputi (vedi Rosina del Barbiere).
    Citerei piuttosto la spettacolare Regina della Notte nel Flauto Magico di Karl Bohm coi Berliner, la sua cosa secondo me migliore e, in assoluto, una grande Astrifiammante.

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