Dieci anni di Corriere della Grisi

Lo stato odierno della lirica appare spesso sconfortante, Oggi, rispetto a 10 anni fa, viene in molte occasioni sdoganato e reso accettabile per il pubblico in termini esecutivi, di allestimenti, di decoro e serietà vocale e relativa presentabilità in scena sempre di più e il pubblico sembra essersi ormai assuefatto a questo continuo abbassarsi dell’asticella in termini qualitativi. Per fare qualche esempio, basti pensare come dieci anni fa circa i primi approcci di Domingo nella corda baritonale sembrassero un mero capriccio da liquidare con poche prove prima del ritiro, mentre l’assiduità delle sue prove obbliga a ritenerla una vera e propria seconda carriera, ovviamente evitabile. Allo stesso modo dieci anni fa circa una cantante come Dimitra Theodossiou, all’epoca beniamina del pubblico itinerante dei teatri italiani, incontrava severi e abbondanti riprovazioni alle prese con opere di Donizetti, mentre oggi cantanti di livello tecnico simile se non addirittura inferiore vengono non solo proposte in teatri come la Scala in titoli che da sempre mal sopporterebbero tipologie simile di cantanti, ma portate in trionfo, quando non addirittura additate a modello tecnico-vocale.

Il Corriere della Grisi, come già detto dagli altri autori, era e rimane l’avventura di un gruppo di amici nata dal loro amore per l’Opera, ma penso che negli anni si sia trasformato anche in un mezzo con cui poter associare al mondo musicale moderno uno sguardo sul passato, che fosse da spunto per poter meglio valutare quanto si ascolta in teatro e nei dischi, tramite la riscoperta di grandissimi cantanti, l’analisi di opere e compositori, l’ascolto ponderato di cantanti spesso tacciati di essere di serie b, ma anche mettendo sotto una luce di critica costruttiva altri Miti osannati senza riserva alcuna ponendosi qualche domanda. Personalmente ritengo che il punto di tutto ciò resti la possibilità di poter dialogare di musica e far riscoprire magari un passato che viene ancora troppo spesso liquidato come ciarpame antico e polveroso, da dimenticare in luogo di una modernità musicale patinata, senza pensare che anche nella musica, come nella vita di tutti i giorni, lo studio e la conoscenza del passato sia necessario per la costruzione del futuro, e questo soprattutto per l’Opera, dove ogni giorno gli artisti e il pubblico sono chiamati a riportare in vita qualcosa pensato e creato in momenti storici da noi lontani per tempo e mentalità, senza travisare o storpiare quanto si esegue, cercando di restituire la poetica dell’autore e rendendo musicalmente vivi i personaggi interpretati. E in questo il pubblico stesso ha un ruolo importante, primario, perché dovrebbe poter valutare le rappresentazioni ed esprimere il proprio parere senza timori di ripercussioni e ostracismi, senza essere tacciati di passatismo in senso dispregiativo perché non si prende parte al plauso del momento, e magari evitando l’andare a teatro come rito collettivo sacrale dove si adora ciò che le major discografiche hanno sentenziato essere il must del momento e che la critica troppo spesso ciecamente santifica, salvo poi dimenticarsene alla nascita di un nuovo trend.

L’ascolto che vorrei proporre per il decennale del Corriere è un omaggio a Leyla Gencer, artista suo malgrado lontana dalle case discografiche nel corso della propria carriera, ma essenziale per la Storia dell’Opera quale interprete di riferimento di una svariata mole di ruoli, anche lei esempio oggi quanto mai ineguagliato di grande studio e preparazione, di serietà perenne nel rispettare il pubblico e quindi la propria professionalità, qui sostenuta e guidata dalla esperta e raffinata mano di Tullio Serafin, direttore e mentore di molte Primedonne, uomo di vera cultura, come necessiterebbero oggi tutti i teatri, per la conoscenza del repertorio, ampliato spesso riproponendo titoli per la prima volta, ma soprattutto per la capacità di saper rendere sempre il clima e lo stile dell’opera proposta come solo un vero uomo di teatro sa fare, senza tanti fronzoli in parole, ma lasciando parlare la Musica.

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3 pensieri su “Dieci anni di Corriere della Grisi

  1. Mi unisco al coro degli auguri. Seguo il Corgrisi sempre con interesse anche se non riesco a condividere il vostro entusiasmo per le voci del trapassato che il più delle volte mi lasciano indifferente. I vostri articoli sono animati da sincera e fervida passione per l’opera com’era al tempo che fu. Ma nulla rimane uguale a se stesso e nella storia del teatro in musica , praticamente in ogni periodo storico dal di’ della sua nascita, vi furono circoli più i meno ristretti di studiosi e intellettuali e di pubblico a deprecare le declinanti derive della contemporaneità vagheggianti il bell tempo andato. All’opera il passatismo è una eterna categoria dello spirito e voi ne esercitate (con classe) il monopolio per il presente, La cosa che mi è piaciuta di più è stato il ciclo su quella che felicemente avete battezzato “musica proibita”, in cui avete dimostrato grande ( e ben argomentata ) originalità di giudizio. Tra le cose invece discutibili metto ad esempio il considerare l’arte della Callas mero frutto di volontà, determinazione e desiderio di emergere. Quilita’ che sono dei presupposti, ma che da sole non garantirebbero nemmeno il semplice laccesso alla carriera professionistica, come sa bene qualunque insegnante di qualunque strumento. Infine: i miei non sono auguri in stile bulgaro ma comunque calorosi e incoraggianti a continuare..

    • il periodo storico può (e di fatto deve) determinare il gusto dell’esecuzione, ma la quadratura tecnica lo spettacolare risultato interpretativo che emerge da un 78 giri resta un momento grande ed irripetibile. Purtroppo.
      Quanto alla Callas il giudizio che non condividi parte da un dato di fatto oggettivo: la modesta qualità della voce sopratutto sotto l’aspetto timbrico. Quando hai la voce strardinaria di una Tebaldi, di una Stella, di una Reining, di una Rethberg ti basta cantare e sei spesso un interprete. Nel caso della Callas (come in quello di una Olivero o di una Horne) è la mente che governa ogni frase, ogni intenzione interpretativa.
      MUsica cosiddetta proibita ti ringrazio fu una pensata davvero interessante e Ti ringrazio della riconosciuta indipendenza di giudizio.

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