Hanno ammazzato compare Peppino.

Fra pochi minuti avrà inizio la première di Carmen all’Opera di Firenze. Non assisteremo allo spettacolo perché nessuno dei convocati artisti (in primo o in secondo cast) ci sembra costituire un consistente incentivo a una trasferta fiorentina. Alla diretta radiofonica il compito di smentire la previsione.
È però già da qualche giorno che questa Carmen fa parlare di sé. Non per i convocati artisti (appunto) e neppure per le scelte esecutive del direttore McAdams (il sito Internet del teatro non indica se l’opera sarà rappresentata con i recitativi di Giraud oppure con i dialoghi parlati e non si pronuncia neppure su quale versione, delle tante disponibili, sarà seguita e, in caso, con quali tagli), ma per l’allestimento, che è ovviamente nuovo di pacca (tanti i soldi crescono sugli alberi) e affidato a Leo Muscato, il quale ha dichiarato ad agenzie di stampa e quindi ai giornali, che da quelle attingono, che la “sua” Carmen non morirà sotto i colpi di navaja dell’ex brigadiere José. Sarà infatti la gitana a ferire a morte l’uomo che per lei ha rinunciato prima alla carriera militare, poi alla vita da buon borghese e persino alla serenità familiare, incarnata dal casto affetto della giovane Micaela e più ancora dal pensiero della madre morente. Ovviamente la vicenda non si svolgerà nella Siviglia del 1820, ma negli anni Ottanta del secolo scorso, fra campi rom e “violenze domestiche”. A questo proposito, il regista ha dichiarato che la scelta di modificare il finale risponde al desiderio di comunicare alle donne vittime della violenza maschile che “non bisogna accettare passivamente una violenza da parte di un uomo che dice di amarti (…) esiste una possibilità per difendersi. Sempre e comunque”.
In realtà, come sa chiunque conosca il libretto di Carmen e abbia riflettuto per cinque minuti scarsi sul significato della scena conclusiva, la morte della protagonista costituisce il più estremo dei suoi atti di libertà. José vorrebbe concedere alla donna, e a se stesso, un’ultima occasione, è pronto a essere “tutto quello che lei vorrà”, ma la replica è serena e distaccata: “So bene che è l’ora, so bene che mi ucciderai, ma che io viva o che io muoia, non cederò!”. E alle minacce dell’uomo che disperatamente la ama, e che lei ha già sostituito con un altro amante, la sigaraia risponde con freddezza implacabile: “a che serve tutto questo? nient’altro che parole inutili (…) colpiscimi, o lasciami passare”. Del resto, già nel terzo atto Carmen ha compreso e accettato, come una sfida, il destino di morte che la lega all’uomo che per lei ha rinunciato a tutto e che la seguirà anche nella morte (alla fine dell’opera, José si consegna alle forze dell’ordine e sarà, con ogni verosimiglianza, condannato alla pena capitale). La determinazione con cui Carmen si consegna alla lama di José fa pensare, più che a un omicidio, a una sorta di suicidio per interposta persona, speculare all’epilogo del Don Giovanni mozartiano: meglio morire, rinunciando perfino alla salvezza dell’anima, piuttosto che rinnegare quello che si è e quello in cui si crede. Una morte eroica, almeno quanto quella della Medea di Cherubini, matricida e poi suicida (a differenza di quanto avviene, ad esempio, nella tragedia di Euripide, che concede alla maga un “prelievo” ex machina), e di impatto anche maggiore laddove si consideri che Carmen è una figura umana e non semidivina. E allora pensiamo che non esista risposta migliore all’allestimento fiorentino di un polveroso reperto video dal San Carlo, in cui Fiorenza Cossotto letteralmente strappa il pugnale dalle mani del riluttante Giorgio Casellato Lamberti e se lo conficca nel ventre. E nonostante l’efficace regia, questa Carmen si impone in primo luogo per la gagliarda protagonista e per la splendida concertazione di Peter Maag.

Immagine anteprima YouTube

28 pensieri su “Hanno ammazzato compare Peppino.

  1. Quella fiorentina è solo un’idiozia all’ennesima potenza, una vera “tavanata galattica” per dirla con Ezio Greggio.
    L’idiozia è tale che l’hanno capito anche i francesi: cfr. https://www.forumopera.com/breve/quand-carmen-fait-la-peau-a-don-jose; ma ciò accade forse perchè si tocca un’opera loro, o perchè non lo fanno in Francia, perchè la Carmen lionese con la regia di Py era un bell’insieme di cavolate di primissimo ordine… vedere per credere (e tenersi vicino un antiemetico) cfr. https://www.youtube.com/watch?v=2LwpiUOzqEU
    Solo un microcefalo non capisce che la vera vittima nell’opera non è Carmen, ma José.
    Su internet si legge che l’idea “femminista” sarebbe venuta non tanto al regista, ma al sovrintendente del teatro fiorentino. Complimenti! Come se i registi non bastassero di loro ci si mettono i sovrintendenti….
    Qui cesso se no inizierei a dirle grosse e a smoccolare…
    Però, che bello sentire Cossato e Casellato Lamberti cantare e che grande direttore era Maag!
    Bei tempi!!! Fra l’altro ho visto che sul tubo c’è l’edizione integrale e qui si può godere anche meglio la formidabile direzione del maestro svizzero. Al quarto atto ci sono gli orrendi ballabili che aborro e che trovo di pessimo gusto, che con la Carmen ci stanno come i cavoli a merenda, mera concessione al cattivo gusto dei pubblici e che costringono a tagliare la prima scena con il coro dei venditori, ma a parte ciò che bella esecuzione! E per chi ama le messe in scena non realistiche ecco nel terzo atto una bella scalinata che chissà come si trova sulla montagna fra rocce e dirupi nei pressi del rifugio ordinario dei contrabbandieri….

  2. Nella prossima messinscena del Rigoletto a Firenze, in nome del politically correct il protagonista dovrà pagare a Sparafucile i due centesimi per il sacco biodegradabile dove mettere il corpo del presunto Duca.
    “Venti scudi e due centesimi, hai tu detto?
    Eccone dieci, e dopo l’ opra il resto” :)

  3. Intanto sto pensando a una regia di Turandot proponibile a Firenze. Liú è lesbica e ammazza Calaf, poi in un nuovo finale scritto appositamente (l’ opera è incompiuta) dichiara il suo amore a Turandot, fugge con lei e insieme si mettono in società con Ping, Pang e Pong per aprire una taverna con bisca clandestina e lap-dance in quella casa sfitta nell’ Honan

    • quello dei finali alternativi, delle letture in salsa ora omo, ora saffica, ora sadomaso è un gioco vecchio ben oltre la mia memoria operistica o quasi. Si contende all’interno del mondo dell’opera il posto di quello dei fantacasts ( assai più antico del fantacalcio, credo). Sarebbe divertente proporlo ai nostri lettori quale ludus per il prossimo carnevale. E siccome il periodo di carnevale è cominciato vado con un fantacast donizettiano . Diciamo 1910 MARIA STUARDA direttore Luigi Mancinelli . Maria Stuarda Hericlea Darclee/Salomea Kruscenicsky, Elisabetta Amelia Pinto, Leicester Alessandro Bonci, Talbot Nazareno De Angelis. Teatro Costanzi o Teatro di San Carlo

  4. Tutte le opere in cui muoiono delle donne sono misogine. Quindi diciamo che il repertorio operistico post 1820 eseguibile a Firenze si assottiglia alquanto. Si può fare, oltre a Elisir e Don Pasquale: La rondine, La vedova allegra, Falstaff, Moses und Aaron, The Rake’s Progress, Il cappello di paglia di Firenze… Ricordiamo inoltre ai gentili spettatori che Brokeback Mountain, Philadelphia, Milk (e innumerevoli altri) sono film omofobi perché ci muoiono dei gay e anche quelli non si possono più vedere. Sempre in nome del politically correct

      • Lily cara,
        che ne pensi di una Bohéme in cui Mimí, dopo aver attaccato la tisi a Rodolfo che muore lui, viene salvata dagli antibiotici e inizia un menage aperto con i tre bohemiens superstiti? In fin dei conti, è più giusto che muoia Rodolfo, quel bruto “geloso, collerico, lunatico, imbevuto di pregiudizi, noioso, cocciuto!”
        Ricambio gli auguri con affetto

  5. mi hanno raccontato della pistola che ha fatto cilecca, e della delusione del pubblico di non vederla nemmeno ben rappresentata, l’ultima idiota trovata che avrebbe la pretesa di adeguare l’Opera ai dibattiti contemporanei più o meno seri. La cosa che più irrita, infatti, è la presunzione, la mancanza di misura e di rispetto del passato. Non credo di esagerare se dico che voler cambiare il finale della Carmen equivale più o meno a dire che non sono esistiti i campi di concentramento, perché ci vedo una tale arroganza, una tale supponenza e soprattutto un tale negazionismo dei valori culturali, e non solo musicali, in cui hanno creduto e per cui hanno lottato gli artisti e le generazioni della storia passata. Sarebbe stato molto più utile per comprendere l’attuale “dibattito Weinstein”, proporre proporre proprio una Carmen tradizionalissima, in cui appunto uno spettatore anche sprovveduto potesse riflettere sul confronto, sull’evoluzione, sui cambiamenti, e perché non sulle costanti antropologiche. Invece no: i confronti fanno paura, il passato fa paura perché è problematico, complesso, faticoso, antimarketing, meglio adeguare i capolavori ai format delle tv, stritolare i libretti nelle quattro povere frasi stereotipe che tutti possono usare senza far fatica…

    • la miseria culturale caro mio è questo il problema! sovrintendenti ignoranti e dotati di scarso gusto e amore per la lirica , la musica e l arte in generale.. ne abbiamo avuto uno a Milano che non avrebbe riconosciuto mozart da ligeti!
      Quanto a Weinstein visto e considerato mi sembra anche lui una vittima di tutte queste ‘vergin’i a giorni alterni …

      • il mio riferimento a Weinstein era un po’ fuori luogo, visto che il regista ha voluto esprimere solidarietà alle donne vittime di veri e propri carnefici, che secondo lui un’opera come Carmen, presa alla lettera, indurrebbe ad applaudire, mentre la sua rivoluzionaria lettura, con l’inversione finale dei ruoli, andrebbe alle origini del mito letterario e renderebbe alla figura femminile giustizia e dignità. Questo significa leggere le opere come trattati sociologici, passando sopra al fatto, anzi facendone carne di porco, che il compositore ha voluto dare una sua interpretazione di trame notissime…

  6. Tra l’altro queste buffonate sono costose e penso che si dovrebbe cominciare a pensare all’esecuzione delle opere in forma oratoriale per salvarle da questo scempio. Anche a me piace la soffitta di La Boheme o il salotto di Violetta Valery, ma se la prima diventa un’astronave e la seconda una cucina preferisco non vedere.

  7. Gentile Lily, non esageriamo con le parole, però diciamo che quando hai a che fare con certe persone é vero che i nervi ballano. Un appunto invece io lo farei a chi gestisce tutto questo politica ahimè compresa. Le persone battono le mani perché é la qualità media ad essersi abbassata e certe volte si arriva a dei mix per me rivoltanti tipo Mojca erdmann che sembra canti musica pop. L’Opera é stata distrutta da ogni punto di vista, compreso quello più importante e cioè storico. É come prendere un quadro di Caravaggio e dipingerci sopra chi mai lo farebbe? Quindi quando sento Ollé che per Norma al Covent dice con seccatura che i druidi e i Romani sono pallosi da riproporre mi fa capire che tutto il resto viene da se.

  8. è vero, sarebbe come dipingere su un Caravaggio. Quando un turista si appoggia ad una statua, tutti gridano al sacrilegio, quando si deturpa la Traviata, si resta in soggezione di chi ha deciso di sfruttare i capolavori musicali a fini meramente commerciali e demagogici. E’ vero, i cantanti per la maggior attualmente sono pagati pochissimo, quando sono pagati!! soprattutto nel senso che rimangono in tasca pochissimi soldi dopo aver tolto spese (un mese e mezzo di prove in Olanda per una produzione del c.zo, ne vogliamo parlare?), ma anche i registi, specie se fanno parte della stessa agenzia, credo che debbano soggiacere alle stesse regole economiche, tassative, ecc. Molti abbandonano, i più cantano nello sconforto, figuriamoci se stanno a pensare alle scelte registiche, che accettano passivamente presi da ben altri problemi

  9. In netta controtendenza con la visione di chi ritiene Don Jose’ la vera vittima. in qualita’ di non microcefalo posso smentire Don Carlos di Vargas affermando che, a mio parere, la vittima e’ proprio Carmen, perche’ muore: che cosa c’e’ di peggio che morire ? E’ un bel dire che lei muore proclamando la propria liberta’ e pertanto non e’ la vittima: e’ facile parlare riferendosi a personaggi, reali o immaginari, ma quanti poi, in nome della liberta’, imiterebbero veramente Carmen o Catone l’Uticense ? Mentre Jose’ sarebbe cosa ? Un poveretto circuito a cui e’ stato fatto credere ….. che cosa ? Amore eterno e poi bidonato ? E se anche fosse, questo non giustifica l’assassinio e, conseguentemente, non gli assegna il diritto ad indossare i panni della vittima. Detto per inciso, Carmen gli ha promesso “amore” e non “amore eterno”. Carmen e’ una strafiga ma assai poco raccomandabile: vive nell’illegalita’, e’ manesca, accoltella per futili motivi una compagna. Ma che cosa potrebbe rappresentare ? L’ideale donna con cui trascorrere la propria esistenza oppure, per dirla con Ping, l’ebbrezza e promessa di qualche amplesso prodigioso ? Se Jose’ pensava alla prima ipotesi, ecco proprio un bell’esempio di microcefalo, ma chiunque con un minimo, ma proprio solo un minimo di discernimento, avrebbe capito che l’ipotesi valida era la seconda. Dunque, senza che nessuno lo obbligasse, scollega il cervello e, buttando nel cesso una vita onorata e serena accanto ad una dolce fanciulla, si abbandona senza ritegno alle tempeste ormonali e poi, quando le cose vanno come era perfettamente logico attendersi che andassero, diviene il piu’ compiuto emblema di un odioso stalker assassino, questo nella piu’ pura e diffusa tradizione dei comportamenti umani: la colpa e’ sempre di qualcun altro.”Ho perso la salute della mia anima”: qualcuno ti ha obbligato, pistola in pugno, a farlo ? Anche lui, come dice Tamburini, affrontera’ probabilmente la morte ma, a parita’ di castigo, chi e’ che ha commesso l’atto piu’ grave. una sfrontata, impudente, manesca, accoltellatrice (ma non a morte), fedifraga contrabbandiera o uno stalker assassino ?
    Se volessimo rifarci alla novella di Merimèe, da cui l’opera e’ molto liberamente tratta, Jose’ non e’ un probabile condannato a morte: e’ un sicuro condannato a morte. Tra l’altro, Jose’ e’, nell’ambito della novella, un assai losco individuo, latitante e ricercato per essere un pluriomicida, essendo l’omicidio di Carmen solo l’ultimo di una serie: aveva gia’ ucciso un suo superiore, che non si chiama Zuniga, ed anche il marito di Carmen (sposati non ufficialmente ma alla moda gitana). Anzi, gran parte del racconto, che e’ narrato in prima persona da un giornalista inglese in viaggio in Andalusia, consta delle memorie narrate da Jose’ al giornalista durante un incontro avvenuto tra i due in una cella di prigione, nella quale Jose’ era detenuto e il giornalista in visita (i due si erano conosciuti in precedenza, prima dell’assasinio di Carmen): l’incontro avviene durante l’ultima sera in cui Jose’ e’ in vita, perche’ la sua esecuzione e’ prevista per il giorno dopo. Detto tutto cio’, e venendo alla cronaca, non giustifico l’operazione registica di Firenze perche’ se no, come detto da molti, ognuno si rifarebbe a proprio piacimento le cose: PInkerton si ammazza distrutto dal rimorso e Cio-Cio-San si sposa con Yamadori con i suoi languori, Mimi’ guarisce miracolosamente, si sposa con Rodolfo e vissero tutti felici e contenti, gli Etiopi vincono e trascinano Radames in catene, perche’ poi che i barbari fossero solo gli Etiopi e’ da vedere, dato che se stiamo alle parole di Amonasro gli Egiziani in precedenza ne avevano commesse di atrocita’: vero che Amonasro e’ un pallista ma in questo caso pare che dicesse la verita’ dato che sua figlia ricorda quegli infausti giorni e i lutti che il suo cor soffri’.
    Tra l’altro, tornando a Carmen, non so se possa essere verosimile che Carmen gli strappi il pugnale e si trafigga, perche’ se e’ vero come e’ vero che, piuttosto che tornare con Jose’, preferisce morire, e’ anche vero che c’era una terza ipotesi, che era la preferita: restare con Escamillo, che lei infatti cerca di raggiungere; potrebbe anche essere che, nonostante la predizione delle carte, lei non pensasse che lui l’avrebbe veramente uccisa: “so bene che mi ucciderai” ma poi si contraddice: “che io viva o che io muoia”, allora non era poi cosi’ sicura di morire.
    Per concludere, Veronica Simeoni mi era parsa niente male in questo ruolo un anno e mezzo fa, ora non so: la voce non e’ torrenziale, non sara’ una Bumbry o una Price pero’ mi parve non sguaiata e corretta nell’emissione.

Lascia un commento