Interpretare a 78 giri: Sigrid Onegin Fides del Profeta

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Anni or sono, in occasione di uno scalcinato Mosè in Egitto pesarese, scrivemmo che la colpa dei fischi, riservati alla protagonista femminile, andasse imputata a Sigrid Onegin, famoso mezzo soprano, figura di assoluto riferimento per chi si occupasse di storia della vocalità in quanto ultima erede della tradizione tecnica e del gusto rossiniano e coevo. Quando ascolto una qualsiasi registrazione della cantante svedese ritorna alla mente la descrizione, comune a tutte le fonti storiche, della voce di Marietta Alboni, l’unica allieva diretta di Rossini,  omogenea, dolce, morbida, mai forzata, facile nell’esecuzione di ogni ornamento, molto estesa in alto ed in basso. In pratica un fenomeno, confermato anche dalle scritture vocali che Rossini, Auber e Meyerbeer riservarono all’opulenta Marietta. Aggiungo che poche voci di mezzo soprano rispondono alla descrizione di quella di Marietta: Sigrid Onegin, Ottilie Metzger,  Eleonora de Cisneros, Eugenia Mantelli e Marianne Brandt, per quel poco che tramandano tre registrazioni di una cantante ultrasessantenne e ritirata, oltre le solite Ebe Stignani ed Ernestine Schumann-Heink.. Sigrid Onegin non incise brani rossiniani; trasformò, però, l’aria di Leonara de Guzman in una pagina assai prossima alla vocalità rossiniana e lo stesso fece con il brindisi di Lucrezia Borgia, inciso sia italiano, che in tedesco ed in entrambi i casi con una sontuosa dimostrazione di sapienza tecnica e gusto assolutamente belcantistico.

L’esempio di sopravvivenza di un gusto interpretativo ottocentesco, che parte dal canto e dal metodo di canto assurge ai massimi livelli con l’esecuzione, scorciata, ma comprensiva del  do 5 della grande aria di Fides del Profeta, eseguita in lingua francese.

Ascoltato e confrontato con l’esecuzione storica più famosa, ossia quella della Schumann-Heink,quella di Sigrid Onegin è più tagliata, ma sono tagli “alla Serafin”, nel senso che pur accorciata non manca nulla della grande scena difficile sotto il profilo vocale ed interpretativo. Il recitativo è completo; l’andante “O toi qui m’abandonne” è eseguito una sola volta dalla seconda strofa (la Schumann-Heink lo canta tutto, ma sono due facciate) e alla cadenza esegue quella alternativa più complessa predisposta da Meyerbeer. La Onegin non esegue alcuna battuta di conducimento e passa poi direttamente alla cabaletta. Delle tre ripetizioni di “Comme un éclair” parte direttamente dall’ultima per poter passare a “Céleste phalange” con i vocalizzi al do (che invece evita la Schumann-Heink, che esegue una volta di più “Comme un éclair”, ma canta i vocalizzi di “Céleste phalange” come sono scritti, senza salire ai do), la cadenza finale è invece leggermente più ridotta nella Onegin, che omette un paio di battute gravi (la cantante non forza mai in basso, ma è evidente che preferisce salire), salendo comunque al si bemolle, il trillo sul sol acuto è scritto e la variante al la acuto finale è eseguita come scritta da Meyerbeer.

Il tutto con suoni sempre dolci e morbidi, nessuna traccia di forzatura, dinamica quanto mai varia a riprova che la grande tecnica era, per questi cantanti dell’età della pietra delle registrazioni essenziale a fini espressivi e che l’espressione era lo scopo principale anche con riferimento ad opere dalla vocalità protoromantica che guardava, addirittura al passato rossiniano.

SCRITTO  E PENSATO A QUATTRO MANI CON ADOLPHE NOURRIT

12 pensieri su “Interpretare a 78 giri: Sigrid Onegin Fides del Profeta

  1. Bel articolo. La cantante é sbalorditiva, canta davvero facile e con gusto senza aggiunte inutili e poi c’è chi parla di antifilologia in quelle generazioni. Avete citato Lucrezia Borgia adesso dovrebbe essere uscita l’edizione critica di roger parker!

    • mi auguro che l’edizione critica ci dica alcune cose definitivamente ed in particolare che cosa cantò la Meric Lalande la sera della prima compreso il famoso “cazzaccio” ossia lo strale punitore, che aggiunse Donizetti per la Frezzolini nel 1841 ( se non mi sbaglio ) e che cosa delle due versioni utilizzò/cantò Giulia Grisi per il suo venticinquennale rapporto con la Borgia. Sono certo che i desiderata andranno delusi perchè per fortuna o per sfortuna i musicologi non ragionano come i melomani o coloro i quali ritengono le primedonne (ed i primi uomini) coautori dei melodrammi.

      • Il tuo commento può considerarsi un appendice al mio visto che stavo per scrivere la stessa cosa. In quel periodo possiamo assolutamente considerarli Co compositori visti i rapporti con vizi e capricci magari ma sempre perché fenomeni erano! In più pare ne stia preparando un altra di norma… Ma dico io non bastava quella di minasi e biondi?

        • Ti faccio due memorie la lettera di Domenico Donzelli a Bellini nella quale da la più onesta ed esauriente descrizione della propia voce per consentire al maestro di predisporre la parte di Polline e poi la lunga corrispondenza di Gaetano Rossi con Meyerbeer per la scelta del primo Armando del crociato. Rossi riteneva inidoneo Velluti patrocinando Carolina Bassi. Il primo Armando fu, è vero, Velluti, ma dopo la prima Meyerbeer predispose una nuova versione ancora cantata da Velluti, che non ripeté più la parte, ma già dettata dalla Bassi, che poi ebbe la sua versione e la versione di Carolina è quella in cui il titolo circolò. Allora Meyerbeer ha scritto per la Bassi, ma quanto la Bassi e non solo le sue doti, ma la sua personalità hanno concorso a quell’opera

          • Assolutamente si. A questo punto andrebbe fatto un serio lavoro di ricerca anche per i manoscritti dei cantanti che secondo me sono molti di più di quello che si pensa visto che in gran parte saranno abbozzi e quindi non catalogati come autografi se addirittura non dimenticati. È successo con i compositori figuriamoci con i cantanti.. e questo é il nodo cruciale della filologia oggi che andrebbe definito.

  2. Tornando alle due signore, sicuramente la onegin non ha la stessa capacità della schumann heink, la quale la trovo molto più solida, con un unica tirata esegue tutto senza sforzo e ogni nota è sempre a fuoco senza fraintendimenti, molto di più della onegin che però dalla sua ha una maggiore eleganza nell’approccio alla partitura e sicuramente molto più belcantista. Due splendide proposizioni comunque.

    • Scusi ma in che senso la Onegin “non ha le stesse capacità”? Piuttosto è la Schumann Heink che nelle terzine vocalizzate di “Celeste phalange” oltre a rinunciare completamente ad articolare alcunché del testo, evita la salita ai Do acuti scritti, raggiunti invece dalla Onegin con grande scioltezza e libertà.

      • Allora diciamo che non basta raggiungere i do per dire che un cantante è migliore di un altro e viceversa. Per quello che sento la schumann Heink ha un mezzo vocale più importante, con tutto che le tecnologie usate sono molto più rudimentali nel suo caso. Va anche contestualizzato il fatto che bisogna vedere che età avevano al momento della registrazione (cosa che sinceramente non ho controllato) e poi comunque anche se la schumann omette qualcosa la potenza di suono è maggiore per quello che sento io, poi ognuno la pensi come vuole, e forse alle volte era dettato anche dei tempi molto più ristretti per registrare, quindi pur di eseguire senza tagli importanti magari omettevano qualcosa per risparmiare tempo, questa è una mia ipotesi che comunque non conta nulla visto quello che si sente e la schumann la preferisco. La discografia purtroppo non ci da esattamente quella che era la prassi esecutiva dell’epoca visti i mezzi di cui si disponeva, cosa che invece è molto più immediata consultando le fonti.

        • Mah… Un disco come questo della Onegin -una delle pagine più difficili nel repertorio per mezzosoprano eseguita con una qualità di emissione e maestria belcantista direi uniche nella storia del disco
          – dovrebbe destare solo stupore ed ammirazione in un appassionato cosciente. La Schumann Heink emerge come interprete, e anche come vocalista per esempio nella complessa cadenza conclusiva. Per il resto proprio in quanto più anziana e registrata con tecnologia più arcaica, risulta del tutto indecifrabile quanto ad ampiezza e bellezza vocale. Sicuramente rispetto alla Onegin risulta assai più fissa e disomogenea.

          • Se leggi vedi che io non ho mai detto che la onegin fa schifo ho detto infatti due splendide riproposizioni. La Schumann anche se più anziana ed arcaica come tecnologia si sente benissimo il rombo del motore per quanto mi riguarda poi il mio pensiero non è la legge suprema ci mancherebbe…ho anche detto infatti che la onegin è più raffinata nell’approccio io parlavo semplicemente del mezzo vocale che quello della Schumann secondo me é distintamente superiore, chiaramente si sente più lontano perché la registrazione non riesce a catturare il suono come ovviamente si è fatto dopo e quindi si perde molto figuriamoci se avessimo avuto la fortuna di ascoltarla dal vivo. Ma sempre di due fuori classe si parla diciamo che hanno pregi e doti diverse secidno me.

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