Norma a Bologna: Canta Diva?


Abbiamo ieri sera assistito alla Norma presentata a Bologna.
La locandina:

Pollione – Fabio Armiliato
Oroveso – Rafal Siwek
Norma – Daniela Dessì
Adalgisa – Kate Aldrich
Clotilde – Marie Luce Erard
Flavio – Antonello Ceron

Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna

Maestro del coro – Paolo Vero
Direttore – Evelino Pidò
Regia – Federico Tiezzi

A leggere i nomi in cartellone, perlomeno quello dei due protagonisti, potevamo aspettarci qualcosa di diverso da quanto abbiamo effettivamente sentito in teatro?
Per la protagonista questo blog non può nascondere una aperta simpatia e stima, e non tanto per la sua carriera più recente di cantante verista, quanto per quella più remota e, forse, sconosciuta alla maggior parte dei suoi fans, ossia quella degli anni in cui alla ragazza semplice, dalla voce d’oro e dal repertorio sterminato ed inquieto non veniva mai riconosciuto il giusto tributo. La diva di oggi è approdata alla Norma avendo una intera carriera alle spalle, e soprattutto, all’opposto del cursus honorum dei soprani spinti, dopo aver lasciato il belcanto per percorrere quasi tutte le strade che il verismo apre ad una voce femminile. Così la signora Dessì ha affrontato uno dei must del Belcanto italiano nelle condizioni in cui lo affrontavano, di fatto, le cantanti delle generazioni precedenti proprio la Belcanto Renaissance, ossia le Cigna, o le Milanov, o le Caniglia ma senza l’impatto che loro sapevano dare grazie al volume.

E la direzione di Pidò anch’essa ci ha ricondotto a quel contesto culturale, per i tagli di da capi, cadenze et consimilia, i tempi stringati e marziali privi di alcun rallentando (tanto da indurre solisti e coro a sbandare in più punti, segnatamente nelle strette), assenza di suggerimenti stilistici al cast vocale, orchestra capace di produrre solo suoni secchi, aspri e fragorosi. E ciò sebbene il cronista radiofonico, a quanto pare, abbia sottolineato pignoleria e sensibilità filologica del maestro, come nel caso del ripristino di “certi pizzicati” che ben poco hanno pesato nel quadro generalmente “rétro”. Ricordiamo che il maestro Pidò ha diretto di recente due dischi di dubbia filologia quali la Sonnambula Virgin e il recital di arie italiane della signora Dessay (che ci apprestiamo a recensire).

Ma vediamo un po’ nel dettaglio come si è svolta la serata.
Il primo a entrare in pista è Rafal Siwek: voce più grossa che ampia, più da baritono che da basso puro (i gravi sono inconsistenti, l’acuto, per quanto tirato e oscillante, è più saldo), dinamica nulla (tutto sul forte), fraseggio non pervenuto (a parte qualche tentativo di forcella malamente risolto). Un Oroveso anch’egli old-fashioned, quindi.
Armiliato: la voce, benché leggera e tutt’altro che baritenorile (in basso c’è ben poco, se non suoni intubati che fanno pensare a un baritono alle prime armi, e l’acuto è regolarmente impiccato, specie sul passaggio), è grande e di bel colore, ma l’emissione è forzata e greve, e richiede il tempo veloce e marziale staccato da Pidò. Canta in modo generico e piatto, ed i suoni sfuggono indietro regolarmente sui sol di fior, senSI etc. La cabaletta è eseguita col taglio del da capo, nonché delle battute che precedono la coda. Inutile aspettarsi cadenze sulle corone o gli abbellimenti che certo spettavano al grande baritenore alla Donzelli. In fondo il Pollione senescente di Merritt all’Arena di Verona, che eseguiva da capo variati e variazioni anche in sede di recitativo, è rimasto un unicum senza seguito. Tornando al Pollione di ieri serva, va detto che il non più che corretto Ceron, nelle poche battute di Flavio, ha fatto sentire una voce meglio proiettata e con più squillo del collega. Nel corso della serata le nasalità diffuse già presenti in questa periclitante entrata si sono fatte sempre più insostenibili, arrivando a livelli difficili da sostenere nel duetto con Norma e poi nel concertato finale.

Preceduto da un coro tutt’altro che impeccabile, ecco l’ingresso della sacerdotessa (che il regista pensa bene di far scendere da una scaletta, scortata dai boys: detto tutto). Daniela Dessì approda a Norma con una voce molto affaticata nella zona fa sol la (sulla quale deve cantare l’intera serata), con poco legato: fatica a reggere la voce nei piani e non è mai stata un mostro di precisione nell’esecuzione della coloratura. Lo strumento è sempre di notevole bellezza timbrica e ha un corpo maggiore della media dei soprani (anche assai più giovani della Dessì) che affrontano questo ruolo, ma gli acuti sono strillati e i gravi assai prossimi all’inesistente. In difficoltà nel recitativo d’entrata, questa Norma sfoggia un’emissione non più in linea con le esigenze del Belcanto. Intelligente ed astuta, la Dessì cerca di nascondere i suoni acidi tentando piani, che però spesso suonano difficoltosi e aspri. Nel Casta Diva cerca il timbro soave, aprendo un po’ i suoni centrali, ma quando arrivano le salite al la del semBIANTE arrivano anche suoni malfermi. Lotta la Dessì cercando di alleggerire l’emissione, poco aiutata dai fiati corti, ma la lotta, impari, è con 15 anni di pesantissimo repertorio verista. Infila i suoni della seconda discesa dal la tenuto in seconda strofa (anche se si ha l’impressione che accenni), poi arriva una cadenza striminzita ed esangue. Dopo una congrua pausa per l’entusiasmo dei fan (che arrivano a richiedere un bis), accade un po’ di tutto nell’allegro Ah bello a me ritorna, tra tentativi di suoni leggeri, agilità infilate ed altre gridacchiate, urletti sui si bemolle e perigliosi passaggi sul do… insomma, una cabaletta alquanto verista!

L’entrata di Kate Aldrich rivela una voce piuttosto importante, di timbro non straordinario ma discreto calibro. Anche in questo caso, purtroppo, l’emissione è anni luce da quella richiesta dall’opera, dal personaggio e dalla circostanza drammatica. Adalgisa è giovane e smarrita: non ha senso che si metta a vociare come una mulatta Bersi in libera uscita. Come da pratica oggi corrente, la signora Aldrich canta sul capitale e non sugli interessi: la dote di natura glielo consente, per il momento. All’incontro con Pollione dovrebbe essere aggiunta, in luogo della cadenza (che non c’è), la mascagnana Mala Pasqua. C’è comunque da dire che, al cospetto dell vocalità assai brada di Armiliato, la Aldrich, che in generale ricorda le Adalgise à la Barbieri, potrebbe passare per una nipotina della signora Stignani.

Al primo duetto delle donne, la Dessì azzecca l’attacco Oh rimembranza in piano. La Aldrich continua a cantare senza pathos, un po’ per timbro e un po’ per indole, e non riesce a dare vita al ricordo palpitante della giovane, né Pidò l’aiuta sotto. Sceglie poi la variante bassa, punto bella nell’esecuzione gutturale del mi sotto il rigo. Dessì replica con un Sì fa core abbracciami davvero cempennato, eseguito con voce piccola ed acida. Le voci non si fondono, né le cantanti paiono molto affiatate: il belcanto moderno pretenderebbe migliori sincronie e purezza esecutiva a questo livello (si veda la cadenza finale). Norma tenta la rimonta nel finale primo: sa come deve accentare Va’ non tremare o perfido, ma l’esecuzione annovera qualche strillo di troppo sui do e le quartine di discesa piuttosto sgangherate.
Il terzetto, eseguito tagliato, Vanne sì mi lascia indegno cerca l’accento veemente e la sonorità della voce scoprendo il suono (si vedano ad esempio i do centrali), ma al momento topico arriva stanca, con il fiato corto, e stenta affannosamente, sotto la spinta drammatica. Il re naturale in chiusa è da dimenticare.

Al recitativo che apre il secondo atto la Dessì insolitamente si compiace di una dizione artefatta, con le vocali caricate, anche lei contagiata dallo stile telefoni bianchi di cui è portabandiera Fiorenza Cedolins. Sono belle le intenzioni musicali del Teneri figli, con tanti piani e ricerca di intensità emotiva, ma la realizzazione è molto difficoltosa perché i piani sono malfermi e schiacciati. Il la bemolle di Ah NO, sono miei figli… anch’esso da dimenticare.
Al secondo duetto con Adalgisa, Norma canta la prima strofa del Deh con te li prendi con un filo di voce, una discreta precisione ed anche il si bemolle è meglio degli acuti precedenti. La Aldrich replica fiaccamente, con voce né bella né da virtuosa.
Mira o Norma staccato velocissimo da Pidò corre via senza magia o vera espressione, una vera toccata e fuga dalle note. La cadenza densa di suonacci per entrambe le cantanti oltre che tagliuzzata.
Sì fino all’ore estreme esalta i limiti delle signore: come da tradizione l’esecuzione è abbassata, ma i rallentando pure di tradizione, invece, vengono spazzati via dal ritmo battagliero funzionale a coprire le mende esecutive delle due protagoniste, imprecise nella coloratura e con un’emissione assai poco stilizzata.

Sorvoliamo sulla seconda scena dei druidi (poco o nulla da aggiungere a quanto detto su Siwek e sul perfettibile coro) e arriviamo al gran finale.
Nelle battute che introducono l’entrata del coro, a parte l’esecuzione del do la Dessì accenta con perizia E qui di sangue, sangue roman… e le frasi che seguono prima del Guerra guerra, che Pidò esegue tagliato della coda. Benissimo accentate anche le frasi che precedono In mia man alfin tu sei, che fa soffrire la cantante per la tessitura bassissima, quasi inarrivabile per lei. Accenta con forza appena la tessitura lo consente. I romani a cento a cento sono cantati con vocina imballata ed inacidita dalla fatica, e la coloratura cempennata. Meglio Già mi pasco de’ tuoi guardi, eseguito piano con sarcasmo, mentre sono urlacci quelli sulla chiusa del Posso farti infelice al par di me. Ancora accenta tutte le battute che precedono Qual cor tradisti con autorità e perizia. Canta piano, anche se con voce malferma e aperta al centro, cercando l’espressione intensa e dolorosa. Idem dicasi per il finale, dove, nonostante a fine serata, arrivano ancora frasi attaccate dolcissime e di timbro. Poi riemerge la voce compromessa sui sol tenuti di CHIEDO, AMOR…..etc.. Insomma, una Norma arrivata troppo tardi nella carriera della signora Dessì, ricca di intenzioni, ma non sorretta da un adeguato status vocale e neppure, spiace constatarlo, da una preparazione impeccabile (troppo volte abbiamo distintamente udito la voce del suggeritore). Un vero peccato.

Lo spettacolo di Tiezzi, malgrado i bozzetti di Mario Schifano, si presenta all’insegna di un “ponnellismo di ritorno” poco o punto interessante, con un’ambientazione stile Impero già vista troppe volte anche in allestimenti dello stesso regista (Clemenza di Tito a Firenze), citazioni (da Jacques-Louis David e Canova, soprattutto) che tentano di “spiegare” quello che è già chiaro di per sé, i Druidi armati di picche che sembrano alabarde prese in prestito da Star Wars, i figli di Norma che giocano con il trenino elettrico (un omaggio al secolo dei Lumi?)… una proposta finto-nuova che non suscita reazioni, neppure i fischi della platea registicamente assai conservatrice di Bologna.

Pubblico folto (ma teatro non esaurito: vari buchi in platea e un paio di palchi deserti), assai plaudente ma rapido nel togliere il disturbo a fine recita.

V. Bellini – Norma

Atto II

Mira o NormaRosa Ponselle & Marion Telva, Gina Cigna & Ebe Stignani

11 pensieri su “Norma a Bologna: Canta Diva?

  1. Se i direttori artistici fossero un po´meno provinciali scoprirebbero che una vera Norma oggi c´é.Parlo di Catherine Naglestad,americana,eletta due volte cantante dell´anno qui in Germania per le sue intepretazioni di Alceste,Tosca e appunto Norma.L´ho sentita qui a Stoccarda due anni fa:tecnica saldissima,preparazione filologica impeccabile e fraseggio di grande personalitá,grazie anche all´aiuto di un direttore giovane e preparato come Constantin Carydis,che ha eseguito la partitura integrale e con i da capo variati.Troppo bene per pensare che questi due artisti possano avere una carriera italiana…

  2. Da un punto di vista canoro non me ne intendo e non posso commentare, ma registicamente è stato un successone di pubblico e critica.
    E poi il tatro era TUTTO ESAURITO!!!
    Stai attento a quel che scrivi…non è la verità!!!
    Il tutto esaurito…parla da solo!

    By Una Attrice Che Era Su Quel Palcoscenico…

  3. Cara Diana, nessun dubbio che il teatro fosse *nominalmente* tutto esaurito. Come tutte le prime nella sala del Bibiena. I posti vuoti però c’erano, meno che in altre occasioni (il top fu all’Italiana in Algeri) ma c’erano. Se tu eri sul palcoscenico, probabilmente eri abbagliata dai riflettori…

    E il tutto esaurito, per quanto solo sulla carta, l’hanno determinato il titolo (assente da molti anni dalla scena bolognese) e il debutto di Daniela Dessì. Non certo la regia.

    Regia che è risultata garbata, corretta, a suo modo anche elegante, malgrado le banalità… ma quale assenza di mistero, di notte, di magia. Il minimalismo “didattico” di Tiezzi funzionava benino nella Clemenza, assai meno bene nella Sonnambula (pur senza arrivare alle trovatine puerili dello spettacolo recentemente visto a Genova) e nella Norma non funziona per nulla. Per esaltarsi con un simile spettacolo bisogna averne visto pochino, di teatro…

  4. Ho visto la seconda recita…
    che dire?
    La regia non pervenuta e terribile la direzione di Pidò. Sulla Dessì sono invece più buono di voi che siete cattivissimi (:p) perché a me è piaciuta molto.
    Certo, a fare i beckmesser si sarebbero trovate moooolte imprecisioni, ma ne sono rimasto coinvolto ed emozionato e questo, direi, è buon segno.
    Tra l’altro la seconda è andata decisamente meglio che alla prima (e i cellulari, grazie a Dio, non han suonato…)
    Credo che con un altro spettacolo e un direttore più attento alle ragioni del canto la Dessì possa fare anche meglio di così.
    Non stravedo per Armiliato, pur trovandolo un cantante abbastanza corretto, ma, dopo Todorovich, Ventre, Machado, La Scola…. beh, direi che ci fa un figurone!
    Saluti.
    G.

  5. Credo che la Dessì non canterà più Norma. Lei stessa, la sera della prima, sembrava più sollevata di essere arrivata a fine recita che soddisfatta dal risultato.

    E ancora una volta, l’emozione è soggettiva, le stonature, i fiati corti e le agilità diciamo aleatorie no. :-)

    Su Armiliato posso darti ragione se quelli sono i termini di paragone. Resta il fatto che di squllo ne ha poco e di nobiltà ancora meno.

  6. Bologna 6/5/08
    L’ho amata quando era la Regina di Golconda. L’ho persino seguita come Ginevra nella Cena delle Beffe (ascoltandola, si comprende la morte del Melodramma). Ma dopo l’ascolto radiofonico, non me la sento di sentirla dal vivo!
    Comunque, abbonato al turno pomeridiano, oggi ho visto e ascoltato il secondo cast. Teatro DAVVERO strapieno. Non si tratta della primadonna: si tratta di Norma.
    Messa in scena, costumi lowCOSTume (sic in locandina) e regia, dati i tempi e le altre opere viste in stagione, se non può dirsi bella è stata almeno efficace. Certo, si potevano evitare alcune sciocchezze (metà dei baldi druidi cade addormentata durante casta diva), risparmiare sui mimi (sicuramente quelli che guidavano il cieco (?) Oroveso come fosse il Grande Inquisitore), evitare il proliferare di querce. Ma il gioco di luci del finale è stato a mio avviso molto efficace (ed è molto, molto piaciuto al mio vicino, mio figlio Federico di 10 anni. Cosa che ha aumentato il punteggio alla regia).
    Viste le batoste appioppateci dal Comunale coi secondi cast delle altre opere in stagione (per inciso: non condivido neppure l’entusiasmo della Sig.ra Grisi per la scolastica Lucia della Pratt, ascoltata nella stessa sera della recensione), sono rassegnato a tutto.
    Pidò non c’e’: dirige 4 sere su 7. si usa così, forse, adesso. Lo rimpiazza il buon Polastri.
    Siwek-Oroveso Inquisitore l’avevo già sentito per radio, ed avete già detto. Il Pollione di Francesco Anile si presenta maluccio; qualche buona nota la possiede, ma ormai stiamo attingendo le riserve delle riserve per il ruolo del generale Romano.
    L’Adalgisa di Giuseppina Piunti, purtroppo, è veramente sotto il limite dell’ascoltabilità. Per la gestualità caricata, forse non tutta la colpa è sua. Di rilievo (come ha notato Federico), solo l’esclamazione “io” dopo l’entrata di Pollione (misera te, che festi) nel finale Primo. Non dissento alla fine, perché ai miei figli spiace.
    Quello che mi spinge a scrivervi è la Norma di Maria Pia Piscitelli (a me sinora ignota) .
    La quale vendetta forse non ruggirà, ed i romani inizieranno a cadere a dieci a dieci piuttosto che a cento a cento. Ma i recitativi sono eseguiti con estrema naturalezza, giusto colore ed espressione. Casta Diva è stata eccellente (meno, la cabaletta), a parte un piccolissimo incidente. Bellissimi i duetti con Adalgisa (cerco di selezionare i suoni provenienti da Norma). Bellissimo l’inizio del secondo atto. E notevole anche il finale. Sono rimasto completamente e piacevolmente sorpreso dalla scoperta.
    Tornato a casa, prima di scrivervi, trovo su you-tube sia l’aria di entrata, che il finale.
    Ve li segnalo. Sarei curioso di vostre opinioni.
    http://www.youtube.com/watch?v=bWCI0kNbAuM
    maurizio

    p.s. ringrazio invece mozart2006 per il post: ho cercato il rete la Norma della Naglestad. Non era a Stoccarda, ma a Dussendorf; registrazione pirata di media qualità. Ma la cantante è davvero, davvero notevole!

  7. Maurizio, grazie per le impressioni sul secondo cast.

    Io ho assistito anche alla recita del 2 (sempre secondo cast) e se non ho scritto nulla era perché… c’era poco da dire.
    La Piscitelli mi è parsa più prudente della Dessì (in fondo ha già cantato più volte il ruolo ed è naturale che ne conosca meglio le insidie) ma anche lei ha spesso e volentieri farfugliato le agilità, esibito fiati corti, acuti incerti (eufemismo!) e in taluni passaggi (Vanne sì mi lascia indegno) un volume di ben misero impatto. Il fraseggio nulla di che (ma il finale è andato un po’ meglio, almeno da questo punto di vista).
    Sulla Piunti che dire? Se la cava quando deve cantare piano e al centro, ma come sale e come scende… è una roulette russa.
    Anile, a onta della voce veramente disgraziata, ha uno squillo e una omogeneità maggiori di Armiliato, ma ciò non basta a fare Pollione.

    Concordo su Catherine Naglestad, la quale, malgrado gravi un poco gutturali (In mia mano), ha la voce e la tecnica per essere una plausibile Norma. Chi fosse interessato può vederla su Youtube come Alceste e Alcina.

    PS – La Lucia di Jessica Pratt “scolastica”? Sì, di una scuola che si sta perdendo, quella del Belcanto.

  8. Beh, che dire? sapete che vi leggo sempre con molto interesse, ma in questo caso non sono d’accordo. E’ vero che ci sono stati innegabili problemi vocali, è vero che se la Dessì avesse affrontato Norma solo cinque anni fa sarebbe stato meglio, ma io non ho trovato mende tecniche così evidente da dare fastidio e comunque i difetti, ben evidenti e mai nascosti, sia chiaro (e io non li nego) mi pare siano stati ampiamente riassorbiti da un fraseggio davvero molto ispirato.
    Fermo restando che alla seconda, stonature non se ne son sentite e l’unico momento davvero comme çi comme ça è stato il duetto con Adalgisa del II atto dove, però, per me ha grossissime responsabilità una direzione d’orchestra davvero isterica.
    Sinceramente è un debutto che mi ha soddisfatto.

  9. carissimo pruun,
    sono felicissimo che tu non sia d’accordo. In difetto sarebbero il consenso totalitario e la noia, adusa in altri luoghi.
    Il mio ascolto della Norma Dessy è radiofonico e lì mi fermo, nonostante stimi la cantante e trovi che sia una delle poche che, oggi, mostri accortezza e professionalità.
    Le ha mostrate anche al proprio debutto, che tale per la carica emotiva, rimane anche per una diva di lungo corso come la signora, arduo e problematico.
    Il ruolo Norma, credo, merita un ulteriore approfondimento. Me ne convincono in primis il Tuo intervento e più ancora altre polemiche intorno a quello che sembra essere un evento di questa stagione.
    Però mi sembra che per Norma il professsionismo e l’accortezza, in tutte le sue declinazioni, quindi anche la negativa del “mestiere” non bastino e non bastino ad una cantante notariamente over 50 e da venti anni o quasi dedita, salvo poche eccezioni al repertorio tardo ottocentesco. Senza disporre, per giunta, dell’assoluto bagaglio tecnico di dive veriste come l’Olivero e la Kabaiwanska.
    E tanto per essere schietto non si tiri fuori come difesa d’ufficio per Daniela Dessy il bel timbro, del quale era ben sprovvista la NORMA per eccellenza.
    Grazie, ancora e molto, del tuo intervento. E’ la scusa per un prossimo post su Norma. Temo che questa volta tireremo fuori tutte le Norme più famose e non quelle un po’ rare che avevano commentato musicalmente il precedente post.
    ciao !!!!

  10. HO assistito alla terza recita di Norma della signora Dessì (ieri, 7 Maggio).
    Sono partito da Roma con grande curiosità, dopo aver ascoltato la prima per Radio e letto la vostra recensione. Parlare di una voce affaticata? Di una Dessì ormai incapace di affrontare il belcanto?
    Scusate ma non ho più l’orecchio!?!
    Alla prima qualche sbavatura era percettibile, in modo particolare nei duetti all’unisono con Adalgisa , sicuramente da imputare alla direzione e alla signora Dessì con i pochi giorni di prova visto il suo impegno con l’Opera di Roma nella Fanciulla del West, ottimamente cantata ed interpretata.
    Ma superata la prima, ieri sera è stata superlativa dopo aver inciso con ottime intenzioni e voce rigogliosa il recitativo ha approdata ad una Casta diva ben cantata con ottimo rispetto delle dinamiche e del fraseggio. Nelle frasi lunghe il fiato era rubato? si ma con arte e totale rispetto della quadratura. Nella cabaletta le agilità prese con giusta intenzione erano sgranate con forza controllata e mai spinte, ovviamente dopo tanto verismo deve ritrovare una maggior fluidità ma ciò non vuol dire che non erano buone (forse il nostro orecchio è abituato un pò troppo ai dischi!?!).
    Prima dell’ultima scena del I atto veniva annunciata una forma d’indisposizione grave della cantante… allora le attese aumentano…
    rientra in scena, scolpisce i recitativi, canta il duetto senza sbavature mantenendo la voce leggera sul fiato senza levare nulla al suono ed all’incidere della parola, intona il do senza calare. Così affronterà anche il duetto del II atto. Ma ecco arrivare Pollione, qui la furia deve uscire deve incidere spaventare e la Dessì c’è trema e fa tremare il suo essere donna ferita, scivola (non stona o stecca) il si naturale omette il re conclusivo e trionfa con il pubblico che l’abbraccia per l’ottima prova artistica.
    Il secondo atto scorre nei migliori dei modi a volte l’artista si distacca da Norma per controllare la situazione ma non ce n’è bisogno. Può risultare controllata ma questa sacerdotessa vibra scaglia il do del recitativo senza paura, affronta prima Pollione e poi il suo popolo con giusta autorevolezza. Forse risulta più controllata della prima nell’interpretare ma ne guadaglia la voce che sostiene filati, dinamiche e corone senza mostrare cedimenti.
    Ora parlare di voce affaticata nella zona di passaggio? scusate quale fatica? forse volevate sottolineare qualche tensione vocale per l’emozione della prima?
    La Dessì compie 51 anni il 14 Maggio ed ha una voce ferma solare e potente e soprattutto la sa usare , in questa Norma ha dimostrato la sua perfetta tecnica di proiezione e di fiato allegerendo e rinforzando i suoni.
    Per non parlare di come vive il personaggio e della padronanza scenica.
    Sono stato contento di assistere ad una recita dove veniva annunciata una indisposizione, è qui che si vede un’artista e se qualche nota nell’agilità non era ben messa a fuoco (ma veranno) poco importa c’era una Norma quella della Dessì.
    Non credete che io sia un generoso di complimenti nei confronti della Dessì sia nel suo debutto in Tosca (1999, poi negl’anni è diventata superlativa) che nella prima del Trittico (2002, poi benissimo affrontato nelle recite seguenti) non ho mancato di osservare la mia disaprovazione.

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