Stagioni americane 2009-10

Come ogni anno i teatri americani battono sul tempo quelli delle altre nazioni per quanto riguarda la tempestività di pubblicazione dei rispettivi cartelloni per la stagione 2009-2010. Certi di farvi cosa gradita vi segnaliamo gli appuntamenti più gustosi delle stagioni del Metropolitan Theater di New York, della Lyric Opera of Chicago, della Washington National Opera, dell’Opera di Los Angeles e di quella di San Francisco, nonché alcune “chicche” scelte all’interno della programmazione di teatri meno prestigiosi. Non pretendiamo certo di essere esaustivi, ma ci auguriamo di cogliere almeno le più interessanti occasioni di riflessione e meditazione, attività massimamente proficue in tempo di quaresima. Una premessa: le notizie riportate si riferiscono a quanto annunciato allo stato attuale. Come ormai ben sappiamo, però, ciò che si annuncia in sede di presentazione di una stagione e ciò che va poi effettivamente in scena, sempre più raramente coincidono.

Il cartellone più ricco anche e soprattutto di star, quello del Met, presenta ventisei titoli d’opera, di cui otto nuove produzioni, fra le quali quattro in prima assoluta per la sala del Lincoln Center. Di queste ultime la principale è certo l’Armida rossiniana (aprile 2010, alla bacchetta Riccardo Frizza, nuovo allestimento di Mary Zimmerman, già nota per le regie di Lucia di Lammermoor e Sonnambula con Natalie Dessay), che vedrà il ritorno di Renée Fleming a questo monumento del Belcanto, a diciassette anni di distanza dalle recite pesaresi eternate dal disco Sony e a quattordici dalla ripresa alla Carnegie Hall. La Fleming, la cui capacità di attrarre e stregare il pubblico ha ormai da tempo superato gli angusti limiti delle doti vocali (e la Rusalka radiotrasmessa qualche giorno ne dà prova oltre ogni ragionevole dubbio), sarà affiancata da un gruppo di tenori che a onor del vero, e con l’eccezione del veterano Bruce Ford come Goffredo, vedremmo con maggiore profitto impiegati altrove che nel Rossini serio. Certo la diva Renée (che al Met indosserà anche i panni del Marescialla) avrebbe meritato partner di maggiore livello, o per lo meno di più chiara fama. È un vero peccato che l’astro del firmamento tenorile rossiniano contemporaneo, al secolo Juan Diego Flórez, sia presente nella stagione del Met con un solo titolo, e che tale titolo non sia Armida né il Barbiere di Siviglia (Almaviva sarà interpretato a New York da Lawrence Brownlee e Barry Banks, già presenti nel cast di Armida), bensì la graziosa Fille du régiment, ripresa della fortunata produzione di Laurent Pelly.

Certo Flórez deve essere molto legato a questo titolo e a questo allestimento, dato che nella medesima stagione la proporrà anche a San Francisco. A New York, Marie sarà Diana Damrau, presente al Met anche nel cast del Barbiere (in cui si alternerà a Joyce DiDonato), la marchesa di Berkenfield Felicity Palmer (al Met anche Clitennestra nell’Elektra straussiana) e nel cameo della duchessa di Krakenthorp nientemeno che Kiri Te Kanawa, cui auguriamo di riuscire nell’ardua impresa di non far rimpiangere Montserrat Caballé, il tutto sotto la collaudata bacchetta di Marco Armiliato. La Damrau sarà presente anche a San Francisco, in un cast nel complesso non così prestigioso, malgrado la presenza di Bruno Praticò quale Sulpice, guidato da Michele Mariotti, che dirigerà il collega di agenzia Flórez anche in quel di Los Angeles, in un Barbiere che vedrà il divo peruviano alternarsi a Dimitry Korchak come Almaviva, accanto alla Rosina della DiDonato e al Figaro di Nathan Gunn. Il giovane e promettente Mariotti dirigerà un Barbiere anche a Washington, con un cast in cui spiccano l’Almaviva di Brownlee, la Rosina di Silvia Tro Santafè e il Figaro di Simone Alberghini.

Tornando alla stagione di New York, l’altra grande novità della stagione è costituita dall’Attila, una produzione con svariati motivi d’interesse: il debutto sul podio del Met di Riccardo Muti, il ritorno alle scene (dopo una lunga stagione di forfait) di Carlos Alvarez come Ezio e soprattutto l’Odabella di Violeta Urmana, che per la prima volta si esibisce al Met in un ruolo sopranile del repertorio verdiano (aveva in precedenza affrontato la Eboli). Accanto a loro il Foresto di Ramón Vargas e l’Attila di Ildar Abdrazakov. La Urmana deve avere convinto i programmatori americani della bontà e opportunità della propria scelta di abbandonare il registro mezzosopranile: sarà presente al Met anche come Aida (alternandosi ad Hasmik Papian, altra voce non propriamente di soprano drammatico), mentre a Chicago canterà Tosca, in una produzione che la vedrà alternarsi a Deborah Voigt, accanto a colleghi del calibro di Marco Berti e Lucio Gallo (con la Voigt canteranno invece Vladimir Galouzine e James Morris).

Intensa anche la stagione americana della Voigt, che sarà appunto Tosca a Chicago, Crisotemide al Met accanto alla citata Felicity Palmer e a Susan Bullock quale Elettra (dirige Fabio Luisi), Senta dell’Olandese Volante ancora a New York (sotto la bacchetta di Kazushi Ono) e Minnie nella Fanciulla del West a San Francisco, in una grossa produzione che la vedrà al fianco di Salvatore Licitra e Roberto Frontali, con la direzione di Nicola Luisotti. È bello che i teatri americani diano fiducia a un’artista da poco uscita da un periodo certo non facile della propria vita privata, anche se temiamo che in questo caso la fiducia dovrebbe sposarsi a una maggiore prudenza nella scelta dei ruoli. Dubbi persino maggiori ci suscitano gli impegni annunciati per Licitra, che a New York affronterà Radamès (alternandosi a Richard Margison e Johan Botha), Luigi del Tabarro (in doppio con Aleksandrs Antonenko) e Calaf nella Turandot (altri interpreti designati: Marcello Giordani, Frank Porretta e Philip Webb), mentre a Chicago lo attende Ernani, al fianco di Sondra Radvanovsky, Boaz Daniel e Giacomo Prestia, il tutto diretto da Renato Palumbo.

E veniamo ora a uno degli appuntamenti clou del Met, il ritorno della Diva moderna per eccellenza, Natalie Dessay, che tornerà con uno dei suoi titoli feticcio, Hamlet di Ambroise Thomas. È innegabilmente retrogrado e passatista, nonché indice di scarsa urbanità, chiedersi come Madame riuscirà a risolvere la coloratura della celeberrima e bellissima scena della follia, e anche come potrà essere, stante lo strumento vocale di cui attualmente dispone, un’Ophélie disperata e sognante, insomma, un’Ophélie. Meglio chiedersi che cosa potrà inventarsi a livello scenico, essendo a nostro avviso difficile superare le automutilazioni e il sangue abbondantemente sparso nel celebre spettacolo di Barcellona immortalato su dvd. Difficile, non impossibile. La regia sarà di Patrice Caurier e Moshe Leiser, già noti per spettacoli quale un Ring ginevrino in salsa nazi, ma siamo certi che, come sempre, le trovate migliori verranno dalla stessa Dessay, invero l’ultima tragédienne dei nostri giorni. Di grande prestigio anche il resto del cast: Simon Keenlyside, Toby Spence, Jennifer Larmore e James Morris. L’Hamlet sarà proposto anche a Washington, in una produzione un po’ meno prestigiosa, ma pur sempre di rilievo, prevedendo Diana Damrau e Carlos Alvarez nei panni dei protagonisti, come Claudius nientemeno che Samuel Ramey (che sempre nel 2009-10 sarà Don Basilio al Met, in cui si alternerà a Orlin Anastassov e Roberto Scandiuzzi) e il poliedrico Plácido Domingo alla direzione.

Domingo merita alcune considerazioni a sé stanti: sovrintendente di due teatri (Washington National Opera e Los Angeles Opera), direttore (il già citato Hamlet a Washington e Stiffelio al Met, con José Cura nel ruolo del titolo) e cantante, sia in chiave di tenore, seppure centrale (Bajazet nel Tamerlano e Siegmund nella Valchiria, entrambi a Los Angeles), sia nei meno frequentati panni di baritono, e alludiamo al debutto come Simon Boccanegra, ruolo che affronterà al Met, prima di riprenderlo, secondo il gossip, alla Scala di Milano. Le condizioni di salute vocale di Domingo, abbiamo potuto valutarle nella recente Adriana Lecouvreur newyorkese, e la nostra ammirazione per la vitalità dell’uomo non ci impedisce di nutrire fondati dubbi sull’opportunità di questo debutto. Né su quella di proseguire una carriera, certo fenomenale, che a maggior gloria del medesimo Domingo potrebbe e dovrebbe più opportunamente concludersi quanto prima. E sempre parlando di carriere interminabili e di fatto non ancora terminate, il Fiesco di turno sarà James Morris. Forse la scelta è dovuta a una malintesa ricerca di verosimiglianza, ossia al desiderio di reperire un interprete che possa competere, in freschezza, con il prescelto Simone, ma la decisione rimane comunque discutibile, visto e considerato che Morris interpreterà anche, sempre al Met, Claudius nell’Hamlet e il Dottor Schön della Lulu. Molto più dignitosamente, Paul Plishka farà ritorno al Lincoln Center per ruoli quali il Sagrestano della Tosca e Benoît e Alcindoro nella Bohème. Ma il Met, come si sa, è sempre stato un sostenitore delle vecchie glorie: anche in questa nuova stagione avremo quindi il piacere di riascoltare voci ormai storiche quali Ruth Ann Swenson quale Musetta (in alternanza a Nicole Cabell), Dolora Zajick come Amneris (sotto la direzione di Daniele Gatti) e Alessandro Corbelli nello Schicchi. La ripresa del Trittico si segnala altresì per la scelta, in controtendenza rispetto all’edizione del 2007, di affidare le tre parti femminili a una sola interprete, la coraggiosa Patricia Racette, che sosterrà il medesimo cimento anche a San Francisco. Spettacolo, quest’ultimo, in cui segnaliamo, nei ruoli di Michele e Gianni Schicchi, Paolo Gavanelli, nonché la Zia Principessa di sicuro impatto di Ewa Podles. Da non perdere, infine, la Traviata di Seattle, affidata a un’artista già di chiara fama, Nuccia Focile. In secondo cast, la Violetta di Eglise Gutiérrez sarà affiancata da Francesco Demuro quale Alfredo.

Ma l’affetto che portiamo per questi veterani del canto non deve indurci a trascurare le nuove leve dello star system, che dei fortunati teatri americani, e massime del Met, costituiscono per così dire la spina dorsale, e forse anche l’origine di più di un cruccio. Prendiamo ad esempio il caso di Rolando Villazón, di recente rimesso in pista dopo un periodo di riposo dalle fatiche dell’Arte sua. Gli impegni previsti per la nuova stagione sono due: i Contes d’Hoffmann al Met e l’Elisir d’amore a Los Angeles. A quanto sembra, però, il sovrintendente Peter Gelb, alla luce della recente e straziata Lucia di Lammermoor cantata dal tenore messicano, gli ha lanciato un ultimatum: sarà l’esito dell’Elisir d’amore previsto per la fine di questo mese di marzo 2009 a decidere della sopravvivenza di Rolando nella programmazione del prossimo anno. Sarebbe però onesto, giusto e opportuno, a nostro avviso, che non fosse il cantante l’unico soggetto chiamato a rispondere della propria inadeguatezza, ma che la dirigenza del teatro stessa avesse l’umiltà di mettersi in discussione per la incaute scelte effettuate. Ciò detto, le produzioni affidate a Villazón sono, manco a dirlo, estremamente prestigiose. I Contes (diretti da James Levine, che nella stessa stagione dirigerà anche Tosca, Simon Boccanegra, Lulu e Rosenkavalier) vedranno il debutto nel titolo di Anna Netrebko: purtroppo, smentendo il gossip che vedeva affidate alla cantante le tre parti protagonistiche, la bella neomamma interpreterà solo Antonia e farà la sua apparizione come Stella, mentre Olympia sarà Kathleen Kim e Giulietta, Ekaterina Gubanova. Con loro, Elina Garanca come Nicklausse/La Musa e René Pape (che affronterà anche il Faust a Chicago) nei panni dei quattro diavoli. Notiamo en passant che, certo per una malaugurata coincidenza, quattro dei nomi coinvolti fanno capo alla medesima casa discografica. Non ci sarà in vista la realizzazione di un dvd? La bella Anna sarà di nuovo al Met per una Bohème al fianco di Piotr Beczala. Da non perdere neppure l’Elisir di Los Angeles, che vedrà il debutto di Nino Machaidze come Adina: al suo fianco, il Belcore di Nathan Gunn e il Dulcamara del sempreverde (?) Ruggero Raimondi.

Altro titolo denso di stelle (sempre al Met) sarà Carmen: nel ruolo della zingara si alterneranno Angela Gheorghiu e Olga Borodina, Barbara Frittoli vestirà i panni di Micaela e Marius Zwiecien sarà Escamillo. Un’autentica parata di senno tenorile, almeno secondo i canoni moderni, offrono i cantanti convocati per il ruolo di Don José: Roberto Alagna (al suo unico impegno newyorkese per la nuova stagione), Brandon Jovanovich e soprattutto Jonas Kaufmann, che al Met canterà anche Cavaradossi (in alternanza con Marcello Giordani e Marcelo Alvarez) assieme alla Tosca di Karita Mattila (quest’ultima presente a Chicago come Kata Kabanova). La signora Gheorghiu sarà inoltre, nella sala del Lincoln Center, Violetta Valéry al fianco di James Valenti e Thomas Hampson.

Fra le altre mirabilia della stagione newyorkese segnaliamo il debutto di Anne Sofie von Otter come Contessa Geschwitz della Lulu e il ritorno dell’indomita Maria Guleghina quale Turandot. Più controverso il cast delle Nozze di Figaro, composto da habitué mozartiani del calibro di Emma Bell e Annette Dasch (quest’ultima prossima al debutto nell’Otello verdiano a Dallas) come Contessa Rosina, Danielle De Niese nel ruolo di Susanna, Bo Skovhus come Almaviva e Luca Pisaroni nella parte di Figaro. Anche la Lyric Opera of Chicago mette in scena, nella stagione 2009-10, le Nozze, ancora una volta con la De Niese e, fra gli altri, il Cherubino di Joyce DiDonato.

All’insegna della prudenza l’Elisir d’amore proposto sempre da Chicago: accanto a Nicole Cabell, al veterano Alessandro Corbelli quale Dulcamara e a Gabriele Viviani, il ruolo di Nemorino sarà alternativamente cantato da Giuseppe Filianoti e Frank Lopardo.
Quasi un omaggio agli estremi titoli verdiani, invece, le presenze statunitensi di Svetla Vassileva, che sarà Desdemona a San Francisco, accanto a Johan Botha e Marco Vratogna, e Alice Ford a Seattle, in una produzione in cui spiccano la Quickly di Stephanie Blythe (che al Met riprenderà le parti di caratterista del Trittico, già affrontate nel 2007) e il Ford di Simone Alberghini.

Non potevamo infine tralasciare gli impegni nordamericani di quelle cantanti che ci vengono da autorevoli fonti additate quale sommo esempio di un’arte canora che le nostre disavvezze orecchie giudicano, al massimo, velleitaria. Nina Stemme sarà Ariadne auf Naxos al Met e Sieglinde a San Francisco, in una produzione che la vedrà accanto a un’illustre collega, Eva-Maria Westbroek, quale Brünnhilde (a Los Angeles la figlia di Wotan sarà invece Linda Watson). Ultima, ma non ultima, Nadja Michael, ormai una specialista della Salome, canterà la parte della principessa di Giudea a San Francisco. Non c’è che dire: l’erba del vicino è sempre più verde.

Gli ascolti

Offenbach – Les Contes d’Hoffmann

Atto III – Tu ne chanteras plus?George London, Lucine Amara & Sandra Warfield (1955)

Puccini – Tosca

Atto II – Vissi d’arte Grace Moore (1946)

Rossini – Il barbiere di Siviglia

Atto I – Una voce poco fa Bidu Sayao (1943)

Rossini – Semiramide

Atto I – Serbami ognor sì fido Renée Fleming & Marilyn Horne (1999)

Verdi – Attila

Atto I – Allor che i forti corrono Gilda Cruz-Romo (1980)

Verdi – Ernani

Atto I – Come rugiada al cespite Gino Penno (1951)

Verdi – La traviata

Atto I – E’ strano…Ah, fors’è lui…Sempre libera Anna Moffo (1967)

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