I Puritani di V.Bellini: Toulon ha fatto un sopracuto!


Viaggio francese del blog nella piccola e provinciale Toulon per i Puritani di Bellini, protagonisti due cantanti che, come sapete, apprezziamo molto, Jessica Pratt e Shalva Mukeria.
Con piacere vi abbiamo riconosciuto volti milanesi e genovesi ( krausiani di antica fede, spettatori che già furono a Bergamo l’ottobre scorso… ), a riprova che se i cantanti funzionano la gente si spinge sino al limite delle terre emerse pur di avere una serata di canto. E così Toulon ha fatto il suo sopracuto, ignoro se per caso o per scienza, poichè il canto, quello vero, di voce e di tecnica, ha trasformato la sala tardo ottocentesca del Municipal nel più grande teatro del mondo, perché lì si esibiva la migliore coppia oggi possibile nei panni di Elvira ed Arturo. E dico coppia, perché finalmente erano in due a duettare al terzo atto come all’amebeo di sortita, e non solo uno dei protagonisti, come sempre ci è accaduto di sentire negli ultimi anni.


Il che non è poco. Se poi alla coppia si aggiunge un buon baritono, il bilancio del cast vocale si fa straordinariamente alto ed interessante. Niente fole sull’allestimento, una sanissima mise en scene di provincia, senza infamia e senza lode, di quelle che vanno benissimo quando le cose funzionano ed il canto appaga il melomane vociomane, che è stato fatto felice a suon di colori, intenzioni espressive fino alla vera commozione, coloratura di forza e, perché no?, acuti e sopracuti. E di quelli della….Misericordia!!, cioè di quelli che ti tocca andare a tirar fuori la Sutherland e Kraus e pochi altri per superarli.

Che vi devo dire? Con buona pace degli esterofili intellettualoidi, rimbambiti dalle pappole sugli allestimenti intelligenti e “culturali”, o dei belanti seguaci di questo o quella diva di agenzia ( le ultime già in declino ancor prima di aver onorato i contratti che hanno firmato ), per cantare questi titoli ci vogliono qualità vocali e tecniche autentiche ed anche senso della musica e del canto, oltre che una grande capacità di amministrazione delle proprie forze fisiche ( …. perché concedere alla domenicale il richiesto bis del grande duettone del terzo atto, eseguito come da spartito di tradizione Ricordi, senza tagli furbeschi, sarebbe stato forse troppo per il signor tenore, atteso dal terrificante finale…..), sicchè questo è un terreno che fa la selezione, quella vera, tra chi sa e chi non sa cantare. Con il nome, la casa discografica, la silhouette, la prosopopea delle interviste, la pubblicità, ci fai ben poco, ed in fondo alla serata fai fatica ad arrivarci….se ci arrivi. Così accade che un teatro cui è capitato di scritturare due che sanno cantare, ossia un giovane brillante soprano ed un tenore assai poco capito ( perché, in un mondo di urlatori canta e non urla, ha l’abitudine di sfumare le frasi fino a farti piangere e di “esprimere” sempre…. oltre che fare acuti grandi come case…. ) abbia saputo regalarci una serata di gran canto. Di quello vero di una volta.

Il signor Mukeria non so se sia più impressionante per come canta o per come dimostra di pensare mentre canta. Razionale, lucido, controllato su ogni singola nota, non ripete mai la stessa frase due volte allo stesso modo, ma varia, trova colori ed accenti spesso inattesi e davvero nuovi. Ed amministra se stesso nella maratona di Arturo per arrivare al grande finale con l’energia che il canto romantico richiede in quell’atto. L’accento nasce dal pensiero, ma suona spontaneo, immediato e vero, perché così è il grande belcantista, che rende spontaneo ciò che è frutto del calcolo. Il suo Arturo è nobile e squillante nella nenia di ingresso, cantata con voce ampia e robusta ma chiarissima. Il do diesis una vera bomba. Eroico e virile. Ed il terzo atto, come vi ho detto, è per me il suo capolavoro, per la capacità espressiva che il grande tenore sfoggia all’aria della fonte, per la malinconia struggente che esprime, l’accento lirico e lo slancio con cui canta il duettone, acuti inclusi, e doma il tremendo finale. Nessun tenore oggi gli può stare al pari in questo repertorio.

La signorina Pratt ha aggiunto alla sua Elvira quello che mancava a Bergamo, ossia il centro della voce: zona alta e zona centrale sono ora egualmente ampie, ed il legato bello e facile in zona centrale. Ha eseguito la polacca integrale, riccamente variata e sfoggiando gran facilità nella coloratura minuta. Il finale primo che era il momento migliore della Elvira di Bergamo e la pazzia sono state eseguite con grande rispetto del legato, dei segni di espressione e delle esigenze che la vocalità della protagonista oltretutto illuminata da acuti e sovracuti penetranti, proiettati e facilissimi. E lo stesso valga per l’esecuzione delle agilità di forza della cabaletta della pazzia. Tutti momenti che riportano a gusto, vocalità di altri tempi oggi, a torto dimenticati dalla più parte degli esecutori. In questo senso miss Pratt va assolutamente controcorrente. Non si può fare diversamente perché i Puritani, ma anche Sonnambula, Maria di Rohan o Don Pasquale, per citare i primi titoli che la coppia Mukeria-Pratt potrebbe affrontare, sono titoli che non si devono proporre con le idee “alla moda”.

Il signor Pogossov, russo perfezionatosi alla scuola del Met, canta con bel garbo e accento appropriato. Di bell’aspetto, canta con misura, cerca la linea di canto elegante, ha buone agilità ed acuti di discreta qualità. La voce non è grandissima, ma ha buona sonorità, adatta a questo repertorio. Il punto debole è stato forse la sezione lenta della scena del primo atto, perché difetta un po’ nel timbro, mentre la cabaletta è stata eseguita con agilità davvero molto belle. Molto buono anche il duetto con Giorgio, dove è stato in grado anche di risparmiarci quegli acuti beceri che ci capita quasi sempre di subire dai baritoni in questa scena.

Senza infamia e senza lode il Giorgio di Wojtek Smilek, mentre di gran voce, sebbene in difetto di regalità, l’Enrichetta di Cécile Galois.

Il maestro Carella ha diretto l’opera come ad Amsterdam, sotto l’egida delle prescrizioni di metronomo, speditissime, lasciateci da Vincenzo Bellini e dai suoi collaboratori e fornitegli da F. Della Seta, curatore dell’edizione critica. Soltanto che la qualità del complesso orchestrale e corale del teatro di Toulon è assai diverso da quello della Nederlandse Opera di Amsterdam, ed il risultato non è stato esattamente dello stesso livello. I tempi del canto erano belli, sostenuti e gestiti con varietà di colori, mentre mi sono piaciuti meno i cori, troppo meccanici e veloci.

Direction musicale Giuliano Carella
Mise en scène Charles Roubaud
Assistant à la mise en scène Bernard Monforte
Décors Isabelle Partiot
Costumes Katia Duflot
Lumières Marc Vellutini

Elvire Walton (Elvira), Jessica Pratt
La Reine Henriette (Enrichetta), Cécile Galois
Lord Arthur Talbot (Arturo), Shalva Mukeria
Sir Richard Forth (Riccardo), Rodion Pogossov
Sir George Walton (Giorgio), Wojtek Smilek
Lord Walter Walton (Gualitiero), Nika Guliashvili
Bruno, Adrian Strooper

Orchestre et chœur de l’Opéra de Toulon

Coproduction de l’Opéra-Théâtre d’Avignon et des pays de Vaucluse, l’Opéra de Marseille, l’Opéra Royal de Wallonie et le Washington Opera

Gli ascolti

Bellini – I puritani

Atto II – O rendetemi la speme…Qui la voce sua soave…Vien dilettoJessica Pratt

Atto III – Son salvo, alfin…Finì, me lassa…Vieni fra queste bracciaShalva Mukeria & Jessica Pratt

33 pensieri su “I Puritani di V.Bellini: Toulon ha fatto un sopracuto!

  1. ci fate venire voglia nera di andarci!!!! visto che citate Sutherland, vorrei chiedere una cosa, che da unj po’ mi sto chiedendo: fino a quale anno ha senso sentire un disco della sutherland (nel sesso del rendimento vocale)? e per quanto riguarda Sills, Caballé, Cuberli e GEncer? grazie per l’informazione d’usage…

  2. sutherland direi sino al 1980 non oltre; la vituperata bolena che è in realtà il trionfo di bonynge come concertatore nel senso ottocentesco del termine è migliore dal vivo sia a montreal che in concerto.
    caballé sino al 1976 non di più.
    sills 1974 già il disco ufficiale dell’assedio non è il live scaligero
    cuberli e gencer ne hanno fatti sì pochi che …..
    ciao alla prossima
    dd

  3. che brava la Pratt!! mi piace anche il tenore, ma io sono maniaco delle voci femminili.. non me ne vogliate:-) comunque che duettone! da secoli non se ne ascoltava uno così coinvoglente! lei, pur avendo una voce più ampia e ricca nonchè più estesa, mi ricorda meolto la Cuberli nell’eleganza del porgere e nell’emissione. saluti Maometto II

  4. Ok per la Caballé 1976. Con però un’eccezione: forza del destino alla Scala 1978 (esistono sia l’audio che il video). Con lei che canta l’aria finale davanti al sipario: canto puro, miracoloso. Un gioiello. come lo era del resto tutto lo spettacolo.
    saluti a tutti.
    emanuele

  5. caro emanuele
    in effetti il finale di forza rappresentò in scala l’ultimo grande momento della caballé. Negli atti precedenti soprattutto la grande scena di leonora al convento della Madonna degli Angeli aveva urlacchiato e sgridacchiato cosa che diverrà poi la regola, ma confermo al finale complice la scrittura vocale e la situazione drammatica fu ancora la Montserrat. Preciso l’invan la pace era riuscito bene il maledizione molto meno. scusa ma siccome altrove mi viene detto che tutto della Caballé è la summa della perfezione credo che un po’ poca obiettività non guasti.
    ciao e alla prossima
    dd

  6. Dissento, non sono d’accordo con Emanuele : O.K. per la Caballé (alcuni sprazzi, quelli ricordati da Donzelli) ma il resto del cast era un disastro a cominciare da Carreras che cantava tanto aperto che pareva dal dentista e sguaiato come un pescivendolo.

  7. Caro Semolino, secondo me della Forza scaligera diretta da Patanè non hai capito granchè. Rilevare solo che Carreras è aperto e sguaiato significa semplicemente soprassedere su impeto, forza dell’accento e bellezza di una voce all’epoca davvero sensazionali (indicativo il confronto con la Forza diretta da Sinopoli, dove Carreras è invece alla frutta!). Il finale “Or chiegga il guerrier!” è strepitoso (giustissimo il delirio del pubblico; o erano tutti cretini?).
    Il duetto finale con il baritono è un continuo alternarsi di colori e sfumature assolutamente aderenti al verdiano “momento scenico” (“Fratello!”, raccolto e dolorante; “No! Non fu disonorata” quasi attonito nella sua disperazione; e poi la parte finale, dove sia Cappuccilli che Carreras raggiungo un la acuto folgorante!!!), e in un ruolo di solito affrontato da tenori con voci di certo più ampie e bronzee, ma anche piuttosto monocromatiche… Un caso mette in luce benissimo il modo in cui Carreras illumina meravigliosamente il personaggio del principe “indio”: quando, dopo il primo duello con Don Carlo, accenta l'”Or che mi resta!”: dolente, schiacciato dal destino, altro che voce aperta o sguaiata.
    Le falle vocali, in certi casi, come nella Forza scaligera, cadono di fronte a uno spettacolo che – nella sua completezza – raggiunge vertici espressivi e teatrali. Lo stesso può dirsi della Caballè: certamente urlacchia, in alcuni punti spinge, in altri incomincia a “farfugliare” (vezzo tipico della Caballè tarda). Ma che bellezza di voce conserva ancora nelle cantilene!!! E poi la Vergine degli angeli… In questa edizione, con quell’orchestra, è un vero e proprio epicedio. Caro Semolino, va bene essere critici; ma alcune volte il disfattismo può rendere ciechi!

  8. La Pratt è sinonimo di qualità!
    L’ho sentita già due volte ed è bravissima, dotata ed ha un fraseggio elegante come poche!
    Sono contento per lei e spero torni in Italia.
    P.S.
    Anche a me piace la “Forza del destino” Caballè-Carreras, e rilancio con l’ultima “Norma” con la Troyanos (notevolissima)e Lamberti…certo gli acuti sono degli spilli acuminati e i gravi sono parlati, però il personaggio esce tutto e le bastano 2 gesti per appropriarsi della scena!
    Un affettuoso abbraccio

    P.P.S.
    Curioso che la Pratt richiami la Caballè e si facciano nomi blasonati…
    Ripeto: QUALITA’e BRAVURA

    Marianne

  9. Ho visto quello spettacolo dal vivo e possiedo il video.Non posso che essere completamente d´accordo con Velluti.Quella serata rimane nella memoria di chi era presente come uno degli ultimi sprazzi di gloria della Scala.
    Saluti

  10. Per quanto riguarda la Pratt e Mukeria devo dire che sono veramente bravi, il “problema” è che questi due cantanti sono delle eccezioni allorché il loro modo di cantatre dovrebbe essere LA regola per potere accedere a qualunque palcoscenico. E sono lì come a significarci che forse tutto non è perduto. Mi spiace veramente molto di non potermi spostare per andare ad ascoltarli.

    Per ritornare fuori tema, a proposito di quella tanto e ingiustamente decantata Forza del Destino. Non dico che quelli fra il publico erano tutti scemi , ma avevano il loro gusto, come hanno i loro gusti quelli che oggi tributano trionfi a Kaufman, Villazon, Alvarez, Alagna, Ganassi, Cedolins, Barcellona, Theodossiu, Urmana, Stemme, Fleming e compagnia (la lista sarebbe troppo lunga).
    Quella Forza a parte qualche sprazzo della Caballé e la direzione di Patané, la trovo oscena : Carreras non da forza all’accento, cerca di farlo , ma non avendo tecnica riesce solo a sforzare l’emissione e il fraseggio è vocalmente sguaiato, almeno che non si voglia far passare la sguaiataggine per accento eloquente e drammatico, per non parlare degli acuti fibrosi e opachi, tutti indietro ed impiccati . Canta tutto aperto sulla gola, zero legato, modulazioni opache e stimbrate. Ed è proprio perchè una critica sorda ed incompetente ha eletto a modello i cantanti di quel tipo e di quella generazione (perchè il declino del canto incomincia negli anni 1940-50 e non oggi,in primis colle voci maschili ad imitazione di Vinay e Di Stefano)che il mondo del canto versa nelle condizioni in cui si trova. Cappuccilli non era da meglio : grande voce, e vociferava sgraziatamente in virtù di doti e di predisposizioni puramente naturali, ha potuto cantare di fibra e sulla gola durante una lunga carriera SOLO perchè era una forza della natura. Ma il suo “canto” era inverecondo, senza vero legato, con acuti ululati, modulazioni opache perchè la voce gli andava indietro non sapendola sostenere nel piano, mezzevoci stimbrate, fraseggio sempre sgraziato e vociferante, quando cercava di addolcire risultava solo pecioso, nel cantibile non legava ma strascicava, un emissione sporchissima. Ghiaurov ingolato colla voce dura come un macigno e gli auti afonoidi e stimbrati da far paura. ORRORE!!!

  11. Caro Semolino, evidentemente abbiamo ascoltato due opere diverse. Uno che canta di fibra non può durare tutti quegli anni, è scientifico. Può piacere o no, ma tale giudizio va motivato non facendo riferimento a valutazioni “di maniera” e che ricordano certe valutazioni di Celletti (ma che non derivano da quella comprovata competenza e da quella conoscenza enciclopedica della storia del canto), ma che non trovano riscontro all’ascolto oggettivo. Cappuccilli sarà sommario, sarà a volte un po’ brutale, ma la voce è una meraviglia, è perfettamente appoggiata e, soprattutto, è capace di esprimere un personaggio (almeno nel caso di Don Carlo). Dici che Carreras è affogato e stimbrato (bah… Evidentemente sono io che non so rendermi conto se uno sa cantare o meno)… Io penso invece che abbia una voce ben proiettata: certamente aperta, ma che suono esce fuori, che timbro benedetto dal cielo! E poi l’accento: confrontiamoci su quello facendo riferimento a casi concreti, e non affidandoci ad un campionario di attacchi gratutiti che sembrano buoni un po’ per tutti gli usi. Che poi questo modo di cantare sia il prodromo della miseria attuale, il preludio della catastrofe questo va dimostrato storicamente e non semplicemente asserito in maniera apodittica. Carreras è cantante che si è certamente spinto oltre le sue possibilità vocali, ma negli anni della Forza scaligera è innegabile che la voce fosse di qualità eccelsa, e anche ben emessa, non ostante una certa tendenza all’apertura soprattutto nel registro acuto. Fermiamoci a questo senza eccessive inferenze. E poi si può valutare uno spettacolo come quello solo e soltanto facendo una (presunta e nemmeno tanto accurata) analisi vocale? Non è miope? Non è dozzinale? Quella meraviglia della scena finale dove i personaggi si spogliano della scena, della loro storicità, della loro carnalità teatrale per essere solo voci che cantano sul proscenio… Stratosferico… Altro che disquisizioni su (presunte) falle vocali… Qui siamo nel teatro, e l’opera è ANCHE (sic!) teatro, non ostante i pareri di qualcuno che vorrebbe il melodramma relegato alla recita parrocchiale, al terreno par excellence dove far piangere vecchine e omosessuali frustrati. La forza del destino di Patanè presenterà di certo le sue rughe (ma quale spettacolo non le presenta, anche a discapito della più becera malafede auditiva?) ma è uno spettacolo geniale NEL SUO COMPLESSO… E poverino colui che tale genialità non riesce a percepirla… E’ incapace di vederla, forse perchè troppo accecato dalla considerazione che ha del suo proprio giudizio! Mi scuso per questo sfogo, ma certi eccessi critici, assolutamente autoreferenziali, assolutamente privi di lungimaranza, assolutamente miopi nella loro angusta grettezza, non riesco proprio a capirli e nemmeno a giustificarli, proprio rimanendo ancorato al mero dato auditivo.

  12. ciao velluti,
    siccome non appartengono alle due categorie le vecchine ed i gay frustrati posso rispondere apertis verbis ancor di più prestando attività professionale ben differente da quella del critico per la quale non son tagliato avendo punta dimestichezza con la perifrasi.
    Se prendo quella forza del destino e la paragono a quella di Mitropoulos o a certi live di Schippers al Met o a quella che poi era un live dell’Eiar di Marinuzzi ne esce male I migliori il direttore, Bruscantini e taluni sprazzi della signora Caballé.
    Se prendo a paragone la forza di Muti scaligera quella forza del bicentenario risale e di molto in graduatoria.
    Quindi tutto è relativo. Lo stesso vale per Cappuccilli cantante al quale (pace all’anima sua!) e forse per la sua inflazione in Scala non so trovare meriti se non un buon metodo di respirazione. Ma mai un colore, mai la vera ampiezza, mai la vera nobiltà che compete ad un personaggio che appartiene ad una delle più famose e nobili famiglie di Spagna. Anche qui senza essere cellettiani (a parte che certe tue frasi tipo la voce benedetta da Dio sono di un dolciastro sapore elviano)basta sentire baritoni famosi ma non storici cone Inghilleri od Enrico Molinari per esemplificare il concetto. Non solo taluni coetanei di Cappuccilli ( Il Piero come lo acclamavano le categorie da te denigrate che affollavano il loggione della Scala) come Zanasi, Protti e Sereni sono stati assai più vicini ad un modello di canto nobile, all’emissione morbida ed all’accento castigato, che sono irrinunciabili per essere un vero cantante verdiano. Nonostante tutto Cappuccilli non fu un baritono da Verdi.
    Quando a Carreras per il quale il loggione scaligero e le damazze (oggi vecchine) aveveno reazioni inconsulte le registrazioni copiose dimostrano Lombardi della Scala che dopo 10 anni di carriera e non ancora quarantenne era accorciato e mal concio. Un tenore che (Scala 1985) abbassa il quarto atto di Chenier è già compromesso per non dire alla frutta.
    Anche qui senza andare agli esempi cellettiani bastano l’accento irruente di Tucker o la solennità del “te lo giura un sacerdote” di carlo Bergonzi per mettere il bel Josè al suo posto. Diciamo serie b. E neppure alta classifica.
    ciao alla prossima dove, come si conviene al loggionista doc, faremo a gara a ci sia il più parziale.

  13. Caro Donzelli, il concetto di nobiltà “verdiana” è abbastanza difficile da rilevare in maniera scientifica. Lo stesso concetto di “nobiltà” è derivazione del gusto di chi ascolta. Certo Zanasi aveva voce di splendida qualità, ma è innegabile che in molti punti nasalizzi (cfr. Traviata del Covent Garden con la Callas), ergo anche in quel caso ci sono delle “rughe” che vanno rilevate. Il caso di Protti è, per mio gusto personale, diverso: lo trovo un po’ troppo “basso” nell’emissione, fatto non riscattato però dal timbro, a mio parere non particolarmente “accattivante”. Preferisco soprassedere sui contesti in cui spesso si è trovato a cantare, che quasi mai permettono una valutazione compiuta del suo canto, almeno per chi, come me, non ha mai avuto la possibilità di ascoltarlo dal vivo. Cappuccilli. Direi che il caso del “Piero”, almeno secondo il mio gusto personale, può essere fatto rientrare in quella categoria di baritoni che esprimono la nobiltà solo ed esclusivamente con il timbro. Il timbro di Cappuccilli è pieno, e il legato che si sente in certe ampie frasi è di altissima scuola (cfr. Urna fatale del mio destino, va, t’allontana” tutto d’un fiato). Il colore della voce è bronzeo, compatto nell’emissione, ergo esprime un’idea di nobiltà, forse a senso unico, ma pur sempre “alta” (un filino retorica, ma l’800 italiano è comunque anch’esso un tantino “retorico”). Emerge un pesonaggio, il caso di Don Carlo, tutto d’un pezzo, chiuso nell’ossessività della vendetta, della volontà di riscattare la morte del padre. Potrà non piacere, ma resta che può rappresentare una chiave di lettura per interpretare il baritono della Forza. Proprio in questo contesto talune smorzature del suono appaiono di grande effetto: si veda la splendida frase “Ah! Una suora mi lasciasti, che tradita abbandonasti”, con improvvisa smorzatura sulla corona che dà avvio alla frase. Il ricordo di un affetto fraterno ormai spento che però, non ostante tutto, riaffiora. Ricordo poi, en passant, che molto spesso, proprio da voi del blog, la durata della carriera di un cantante viene elevata a cartina al tornasole con cui mettere in rilievo la saldezza tecnica dell’interprete: Cappuccilli è Barnaba nella splendida Gioconda del 59 della Callas ed è Nabucco nell’incisione dell’opera diretta da Sinopoli insieme con la Dimitrova. Il contorno la dice lunga sulle generazioni di interpreti che “Piero” ha attraversato. In quanto a Carreras è assolutamente vero che la voce, dopo appena dieci anni di carriera, è devastata. Ma il mio giudizio è limitato alla Forza scaligera. E’ vero che la frase “voce benedetta dal cielo” discende da Giudici: ma si deve convenire che, proprio all’ascolto, la voce è effettivamente meravigliosa (non trovo altri aggettivi per definirla). E’ aperta, ma anche sfogata, più sale e più si arroventa: emerge un personaggio giovane, passionale, ed è anche questa una chiave per entrare nel personaggio verdiano. E’ di certo una figura nobile e statuaria (Tucker), è uno attanagliato dal destino (Corelli), può essere un tribuno (lettura che a me francamente disgusta; Del Monaco) ma è anche un giovane innamorato (appunto Carreras). Sulla Caballè non mi permetto di dire alcunchè: è un tale mostro sacro che ogni valutazione a mio avviso suona superflua. Ogni grande ha avuto il suo declino: ma molto spesso proprio la rovinosità del declino evidenzia la grandezza stratosferica dell’apice.

  14. Su questo sito si leggono delle cose veramente assurde…Semolino è davvero una entità astratta, quasi proveniente da un altro pianeta. Non posso credere che una persona normale possa dire cose del genere. Un talebano al cui confronto i gestori del sito sembrano agnellini. Ma comunque…siamo alle solite meschine bassezze.Si parla di una Forza del 78 e il signor Donzelli palando di Cappuccilli e Carreras, invece di parlare di questa Forza, parla di come i due cantanti si sarebbero ridotti di li a qualche anno (tipo chenier 85). Insomma, come al solito due pesi e due misure. Pur di non ammettere che la recita in questione era molto bella si parla di recite e opere successive dove le cose andavano effettivamente molto peggio. Nessuno ha capito cosa c’entrasse lo Chenier 85 visto che si parlava della Forza 78..bah…
    Semolino non lo commento perchè è incommentabile. Dico solo che un ascoltatore del genere è addirittura un pericol per il teatro musicale e sarebbe meglio che soggetti d questo genere non si avvicinassero nemmeno alla musica.
    Quanto a Pratt e Mukera: La Pratt è una sicura stella de futuro. Ha una bella coloratura, facilità in alto, bella dizione. Però manteniamo la calma. In scena è ridicola e in basso la voce quasi non c’è. Mukeria ha una voce nasale, poco accento, fraseggio abbastanza vario in alcune opere mentre appare inerte in altre. Ha facilità in acuto ma nn capisco proprio come lo si possa far passare per un fenomeno o come un tenore superiore a Florez per dire…
    Piuttosto ritengo che abbiate deciso a tavolino di parlar bene di questi due per non passare per totalmente inattendibili parlando male indistintamente di chiunque.

  15. Pericolosa per il teatro lirico, e non solo per quello, è la sordità preconcetta e ostinata, caro giulio, la sordità che alle ragioni dell’ascolto oppone solo insulti personali, quando non proscrizioni come quella che tu auspichi per Semolino, e appunti che nulla hanno che spartire con l’argomento del contendere. La Pratt ha fisico “sopranile” (quello dei soprani di una volta, non quello delle cover girl che oggi vanno per la maggiore…e che magari proprio le cover girl dovrebbero fare!) ma è una bella donna, sta bene in scena e soprattutto è sempre misurata e credibile nella recitazione, adattissima alle eroine astratte, romantiche, più ideali che umane, del suo repertorio. Quando entra la Pratt entra Lucia o Elvira, non una velina e nemmeno… altro! La facilità in acuto è straordinaria, ma anche il centro ora è molto più robusto rispetto agli esordi (Lucia dell’Aslico). Anche qui suggerisco il confronto con un altro soprano assoluto: non una delle varie squinzie di cui sopra, ma la tanto osannata (e giustamente) Mariellissima.

    Mukeria è esteso e soprattutto gli acuti sono legati al resto della voce e sono squillantissimi (ti parlo di voce che “corre”, non di mera quantità di decibel… è proprio la qualità del suono emesso a fare la differenza). Il peso vocale è da tenore romantico, mentre quello di Florez (lui sì nasale, e pure belante, ove prevalga la stanchezza: vedi i recenti Puritani) lo rende adatto al Settecento napoletano o al massimo al Rossini comico.

    Tu trovaci chi canti non dico meglio, ma al livello di “questi due” (artisti, avrai dimenticato di scrivere, voglio sperare) e saremo felici di parlarne non bene… benissimo!

  16. Bè per me Florez è di un altra categoria rispetto a Mukeria e lo ribadisco. Quanto alla Pratt mi piace, ma mi meravigliavo degli eccessivi entusiasmi, visto che siete degli scannacani.
    Io non vorrei insultare nessuno ma a volte le togliete dalla bocca…la visione del Teatro che avete è a dir poco inquietante. Cadete costantemente nel passatismo (passato che, beninteso, spesso adoro)e nell’insulto (voi si) gratuito agli interpreti delle opere che ascoltate. Per esempio criticiare la Forza 1978 (che pure appartiene ormai al passato) è francamente assurdo. NESSUNO ne parlò meno che benissimo. Nemmeno il criticone Giudici, nemmeno il vostro Dio Celletti, che anzi fu tutto un fiorire di peana a Carreras e Cappuccilli in quella serata. E’ che volete essere più Cellettiani del Celletti, diventandone una parodia ancora più petulante e brontolona.

  17. Io auguro a Florez di cantare, almeno una volta nella sua vita, Sonnambula o Puritani con la metà delle sfumature, dei colori e dell’energia di Mukeria. Ma dubito che ciò possa avvenire.

    Gli audio sono a disposizione di tutti, le chiacchiere stanno a zero, e le tue lepidezze non meritano risposta. Ciao.

  18. Purtroppo vi siete fissati con Florez. Contro le antipatie personali non c’è discussione che tenga. Mi dispiace per voi.
    Gli audio sono a disposizione di tutti come dite e appunto dimostrano che Florez è di una categoria superiore rispetto al pur bravo Mukeria. Non è solo questione di sfumature, è proprio una diversa caratura di classe complessiva.
    Per il resto non siete per nulla originali nei vostri giudizi.Tutto già sentito. L’unca cosa originale che ho letto qui dentro se vogliamo è proprio la stroncatura di quella famosa Forza del Destino, esaltata persino dal vostro critico di riferimento.
    Strano che andiate contro i suoi diktat…non è da voi…

  19. Si è accennato al fatto che Cappuccilli eseguisse lunghe frasi senza riprese di fiato, ma questo non è indice di legato. Si può anche declamare un testo molto lungo senza riprendere fiato, basta avere una buona riserva e saperla amministrare. Quel che contraddistingue il canto dal parlato e dalla declamazione è proprio il legato e il legato lo si può realizzare solo sul fiato, perchè col fiato si parla e basta. Cappuccilli aveva una grande riserva, la sapeva amministrare ma faceva tutto COL fiato e non SUL fiato. E poi non c’era bisogno nemmeno di aspettare chissà quali acuti o quali ardui passaggi per rendersi conto che l’emissione era sporca e grezza, lo si sentiva appena attacava un suono anche centralissimo.
    Per me non ha senso parlare del Carreras alla frutta perchè Carreras è sempre stato alla frutta. Fin dall’esordio, non appena apriva bocca, lo si sentiva subito che l’emissione era sguaiatissima, non c’era bisogno di apettare (come invece diceva Celletti) che emettesse gli acuti perchè i nodi venissero al pettine, sul fatto poi che una emissione sguaiata sia più digesta con voce giovane e fresca, piuttosto che con voce vecchia e usurata, è soggettivo, per quanto mi riguarda l’emissione sguaiata alla Carreras e consimilia non è canto, voce bella o brutta che sia.
    Per quanto poi riguarda le carriere lunghe o corte è vero, in teoria, che la buona tecnica permette di cantare bene e conservare a lungo la voce; ma come tutte le regole anche questa ha le sue eccezioni. Ci sono cantanti che, essendo superdotati vocalmente ed essendo delle forze della natura, possono permettersi di cantare di gola tutta una vita, poi non è canto ma vociferazione, ma intanto la voce se la conservano vociferando anche per 50 anni. Poi ci sono cantanti che pur avendo tecnica perfetta declinano in un batter d’occhio per motivi e ragioni che esulano dalla loro vocalità, possono essere problemi psicologigi, di salute, stress troppo ripetuti e mal vissuti ecc..o altro. Ci sono individui che somatizzano a spese della loro vocalità e altri no.

  20. Ma meno male che ci sei tu a rendere tutto più originale, giulio! Come faremmo senza di te, che ci illumini sulla caratura superiore dell’adamantino Florez, azzimato Arturo che canta la sua Habanera (Mariotti dixit)? Anche se, naturalmente, non hai ancora spiegato in che cosa consista.

  21. Caro Semolino. Spacci per oggettivo ciò che è soggettivo. Continui a farneticare di suoni di gola, di voce non appoggiata sul fiato, e frenesie del genere come se tali valutazioni rappresentino la “realtà” delle cose. Dice un vecchio adagio che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Non hai fatto riferimento a un solo caso concreto, proveniente dalla Forza scaligera. Ergo con te è impossibile discutere in maniera critica.

  22. E noi, poveri ignoranti, come faremmo senza di voi e senza Semolino e la sua superiore sapienza tecnica?
    Mi chiedo come ho fatto a vivere fino ad oggi senza di voi….il vostro Blog mi è stato indispensabile per capire qualcosa di Teatro Lirico. Finalmente il mondo ha trovato dei veri super esperti che tutto sanno e tutto insegnano a noi poveri incompetenti.
    Grazie. Grazie di cuore Maestri.

  23. Caro Tamburini, invece, scusa, tu hai una profondità di argomenti che mi sconquassa l’animo. Cerca di dare tu qualche motivazione invece di intervenire con frasi che vorrebbero essere ironiche (ma non lo sono).

    Per rimanere nel tema che più mi interessa, ritengo Jessica Pratt un sicuro talento che, probabilmente, si farà. Ma farla diventare una sorta di divinità non è giusto. L’ho sentita a Bergamo (dove le condizioni complessive del cast erano pessime) e pur riconoscendole indubbie qualità mi è rimasto un senso di incompiutezza. Sentita a Firenze in Lucia(a gennaio non dieci anni fa), le cose sono andate decisamente meglio, ma comunque ci sono diversi problemi (gravi vuoti, certe aggressioni del registro acuto non sono indice di tecnica a posto, interpretazione senza particolari attrattive, tralascio il modo di agire in scena). Le cose come stanno ora come ora è che è una promessa: è un’artista che ha un futuro, è una cantante interessante con tecnica da rifinire, etc. Ma scrivere che siamo di fronte, in questo momento, ad un fenomeno mi pare davvero troppo. E’ una mia opinione,ovviamente, e in quanto tale passibile di qualsiasi critica. Ma come lo sono le altre opinioni! E non capisco certe affermazioni che parlano di insulti (ma dove?) all’indirizzo di un certo Semolino che ha le sue opinioni (ma appunto opinioni).
    “Quando entra la Pratt entra Lucia o Elvira, non una velina e nemmeno… altro! La facilità in acuto è straordinaria, ma anche il centro ora è molto più robusto rispetto agli esordi (Lucia dell’Aslico)”!
    Ma cerchiamo di stare con i piedi per terra proprio in questo blog che si fa un vanto di essere oggettivo e che per questo leggo. Certe affermazioni sono, scusate, eccessive. E per favore, lasciamo in pace la Devia (con tutti i suoi limiti) perchè siamo ancora su ben altri livelli.

    Per quanto riguarda il tenore non l’ho ancora sentito dal vivo ma in registrazione sembra una voce interessante con belle potenzialità (ma la Pratt è comunque su un altro pianeta). Sicuramente migliorerà.

    Agli amminsitratori del blog consiglierei, però, un pochino di calma nel giudicare e di non permettere ai loro collaboratori di fare gli “ironici” in maniera alquanto stupida (mi ricordano tanto altri siti che si occuperebbero di opera). Ne va dell’attendibilità del blog.

  24. Caro LucaR, sono contento perché finalmente leggo delle obiezioni circostanziate sulla Pratt.

    Il senso d’incompiutezza che hai avvertito nell’Elvira di Bergamo era dovuto a una scarsa consistenza del legato nel registro medio, cui si sommava la naturale tensione del debutto in quel ruolo e in quel contesto, che giustamente definisci pessimo. A Firenze ho avvertito gli attacchi aggressivi di cui parli solo nel primo atto, che a mio avviso resta il punto debole (soprattutto il cantabile della sortita) della Lucia di Miss Pratt. Ma già dal secondo atto le cose cambiano sensibilmente: il Soffriva nel pianto è intenso nell’accento ma morbidissimo nel canto, idem il concertato finale II (con un enorme re bemolle in chiusa) e proprio a Firenze ho sentito una scena della pazzia non solo ben cantata ma ben interpretata, con una profondità e una varietà di accenti che è raro trovare in un’artista così giovane. Ed è solo attraverso la sicurezza tecnica che l’interprete può sentirsi così libero di esprimere.

    A scanso di equivoci, non credo che la Pratt sia perfetta, né che possa diventarlo (perché la perfezione non è di questo mondo), ma che si collochi in una categoria superiore rispetto alla concorrenza attuale, mi sembra innegabile. Quanto alla Devia, non pretendevo certo di sminuirla: volevo solo rilevare come la debolezza nel registro grave non sia un tratto raro nei soprani assoluti (avrei anche potuto citare la Sills). Se la Pratt deve rifinire la tecnica, molte delle sue colleghe, per coerenza, dovrebbero… impararla! Idem dicasi per Mukeria rispetto a tanti, troppi tenori oggi in circolazione, tenori di bella voce, belle speranze, bellissime carriere in fieri… ma di canto, poco o nulla.

    Quanto agli insulti, che tu non ravvisi, ti faccio presente che auspicare – come ha fatto giulio – che l’accesso ai teatri sia interdetto a “soggetti simili” a Semolino, equivale a insultarlo come persona e come spettatore. E taccio degli apprezzamenti a me rivolti, perché non mi tangono in alcuna maniera. Ciao.

  25. caro lucaR,
    scusa la presunzione!
    io credo che abbia ragione semolino quando dice che il modo di cantare della coppia protagonstica dei Puritani di Tolone debba essere la regola.
    Trattasi, infatti, del canto secondo le regole che dal Tosi a Rachele Maragliano Mori tutti i trattati di canto raccontano e, quel che più conta, tutti i cantanti hanno sempre applicato o quasi.
    Se ascolti un baritono fra il 1900 ed il 1950 ti accorgerai che cantano tutti allo stesso modo. Poi sono la fantasia dell’interprete piuttosto che la dote naturale a fare la differenza.
    Oggi si sono dimenticati di questo i soprani pronte tutte ad imitare la Caballè, dimentiche che la senora aveva un timbro di qualità strepitosa e che sino al 1976 sapeva, anche, bene la differenza fra un piano, un filato ed un falsetto. Poi è diventato tutto un falsetto, che le imitatrici hanno eretto a sistema cantando con la bocca chiusa (la Caballe -guarda i video- la apriva, anche nei piani)e con suoni gergalmente detti “spoggiati”.
    Per non essere noioso e prolisso tralascio quel che è successo nel canto maschile, dove l’imitazione di Domingo produce gli squassi di Villanzon.
    Quindi oggi l’ascoltatore che si limiti a consumare quello che gli offrono le mayor del disco (i cui responsabili artistici sarebbero a mio avviso meglio competenti e realizzati in una agenzia di modelli e modelle)difficilmente discerne il suono del canto professionale da quello del dilettante da Corrida o giù di lì.
    perdona la franchezza e, come detto in apertura, la presunzione che è quella di andare all’opera con le mie e non le altrui orecchie.
    ciao ed alla prossima
    dd

  26. Scusi, perchè io sarei andato all’opera con orecchie altrui? Sì questa è una bella presunzione, in effetti.
    Ho, forse, detto che Semolino ha torto sulla coppia di Tolone?
    Ho solo (facendo il “rompipalle” più di voi per una volta) puntato il ditino su alcuni problemi della Pratt (che ci sono) avendola, io, ascoltata in teatro.
    Fra l’altro io non consumo quello che offrono le case discorgrafiche (dove l’ho detto?) visto che non acquisto nulla dei prodotti “industriali” di oggi (però li ascolto lo stesso perchè ovviamente voglio conoscere il panorama di oggi).
    Sa Signor Donzelli sono 40 che vado a teatro…

  27. caro luca r
    io ho riconosciuto di essere presuntuoso!
    tu dicendo che sei più “rompiballe” di noi forse hai mostrato una certa inclinazione all’insulto. Rompiballe tale è e rimane anche se da taluni rompiballe ho appreso di più che da lassisti. Mi riferisco soprattutto alle mie esperienze di studente liceale.
    Messo il doveroso puntino sulle “i” e ringraziandoTi per l’intervento che da ancora qualche segno di vivacità in un mondo che molti vorrebbero pietrificato intellettualmente per proseguire i loro commerci cercherò di essere più preciso e sintetico. Ossia che oggi sentire il canto professionale di cui sono capaci Mukeria e la Pratt è l’eccezione perchè la regola è ben altro.
    Tutto qui! senza nessuna presunzione, ma solo un’osservazione. D’altra parte quanto a difetti mi pare che nei commenti ne abbia fatto le spese e forse non solo per i suoi limiti la Caballè.
    In ultimo. quarant’anni di teatro anche tu! Abbiamo la stessa anzianità di servizio, siamo, lavoristicamente parlando, pronti per la pensione. Io ho raccontato il mio debutto operistico Aspetto il racconto del tuo
    ciao dd

  28. “Rompiballe” (fra virgolette) vuol dire semplicemente che sono stato, in questo caso, più pignolo di voi. Ti pare un insulto? A me pare piuttosto un modo ironico di definirmi.
    So benissimo che sentire una cantante come la Pratt (parlo della Pratt che è l’unica dei due che ho sentito in teatro) dà una bella scossa rispetto a quello che ci propinano solitamente. Ma io sono abituato a frenare, ormai, i miei entusiasmi e lo faccio anche in questo caso.
    Anche qui avrai notato che non ho fatto confronti con nessuno (men che meno la Caballè).
    Tutto qui.

  29. Ciao Luca.
    mettiamola così: se certi agenti si “entusiasmano” per certe cagnette che non stanno nè in cielo nè in terra, possiamo noi, pubblico impotente destinato solo a subire e dover applaudire qual che ci viene imposto, entusiasmarci di fronte a chi, rara avis, pratica ancora il canto secondo le sue leggi ortodosse di sempre?
    ….ecco, almeno ci impongano i migliori!!
    a presto

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