La Dama di Picche al Regio di Torino

Alcune rapide considerazioni sulla Dama di picche trasmessa giovedì sera da Radiotre.
Come è ormai consuetudine si allestisce un titolo per il titolo in sé e non per gli interpreti. Ossia la scelta del cast è sistematicamente successiva alla scelta dell’opera da allestire. L’inversione delle priorità potrebbe essere accettabile per un’opera dimenticata e da riscoprire. Non lo è per un titolo di grande repertorio come la Dama. La suddetta inversione di priorità determina un assetto vocale, e quindi interpretativo, quantomeno traballante, le cui ripercussioni un direttore pur esperto e scrupoloso come Gianandrea Noseda può arginare soltanto in parte.

Dal coro, ma soprattutto dall’orchestra, abbiamo avuto sentore di quello che la Dama può e deve essere. Un dramma da camera inserito in un grandioso affresco storico. Grande pulizia sonora, ritmo incalzante, forse persino troppo nell’ultimo atto, ma comunque senza dimenticare la vena ironica che tanta parte ha in quest’opera, soprattutto nelle scene corali.

Hermann era il giovane tenore kazako Maksim Aksënov. Il timbro non è granché ma lo strumento si intuisce di qualità, da vero lirico spinto. Purtroppo emette suoni sovente ingolati e, quando tenta di cantare piano in una zona che non sia quella strettamente centrale, la voce sbianca e va indietro, mentre nella zona del passaggio l’intonazione è, a esser buoni, incerta. La lunghezza della parte è per lui sfiancante, e a partire dal finale secondo e poi più marcatamente ancora nel terzo atto l’artista cerca di compensare le carenze vocali enfatizzando, con esiti infelici, la follia del personaggio.

Svetla Vassileva, delicata voce di soprano lirico, annega nei vortici della partitura ben prima della scena della Neva. Eccettuato il registro centrale, sempre di bel colore, la voce suona povera e smunta, tanto in acuto (zona in cui peraltro oscilla udibilmente) quanto nei gravi. Ma è soprattutto sotto il profilo interpretativo che la signora Vassileva delude, optando per una Liza imbambolata e a tratti isterica, poco o nulla memore del proprio duplice status di trepida innamorata e giovane aristocratica.

Assai poca nobiltà e molti suoni duri e opachi anche nel canto di Dalibor Jenis, piattissimo nell’esecuzione della grande aria al secondo atto come nelle scene d’assieme al primo e soprattutto al terzo atto. Se una parte come questa, di fatto meramente decorativa, deve essere eseguita così, sarebbe forse opportuno considerare l’ipotesi di uno o più tagli strategici. Vladimir Vaneev vorrebbe essere un Tomskij cinico e canagliesco, ma deve fare i conti (e noi con lui) con un mezzo privo dell’ampiezza necessaria e soprattutto con regolari stonature in fascia acuta. Julia Gertseva rovina con la sua voce aspra e gutturale il delicato fascino della romanza al secondo quadro.

Anja Silja, la cui presenza e persistenza sui palcoscenici europei non cessa di stupire, è ormai la parodia di una diva in pensione. La voce è sistematicamente stridula, chioccia e piena d’aria, inesistente nei gravi (alla sortita quasi non si sente), l’arietta di Grétry la vede in difficoltà nel legare i suoni e insomma dell’aristocratica e perduta dama di mondo non resta che una larva. Per giunta sghignazzante (ascoltare per credere!). È vero, la tradizione vuole che il ruolo sia affidato a grandi cantanti (mezzosoprani, ma anche soprani) ormai in età avanzata, e questo nonostante la prima Contessa (Mariya Slavina) fosse all’epoca delle prime rappresentazioni poco più che trentenne. Tale tradizione presuppone però due condizioni: la grandezza dell’interprete (grandezza autentica, la sola che conti sulle tavole del palcoscenico) e la conservazione, se non perfetta almeno accettabile, dello stato di salute vocale (conseguenza di un approccio professionale al canto). Nessuna delle due condizioni si è verificata in Torino.

Attendiamo nei commenti le impressioni dei fortunati fruitori della soirée teatrale, che sarà certo stata, come ormai puntualmente avviene, agli antipodi di quanto trasmesso dalla Rai, inveterata calunniatrice delle magnifiche sorti e progressive della musica dal vivo, in Italia e non solo.

Gli ascolti

Tchaikovsky – La Dama di Picche

Atto II

Polno vrat vam! Nadoyeli!…Je crains de lui parler la nuitIrina Makarova (2009)

Atto III

Akh! Istomilas ya goremMedea Mei-Figner (1901)

6 pensieri su “La Dama di Picche al Regio di Torino

  1. Ho ascoltato la diretta radio:
    concordo con voi sulla direzione di Noseda e sul coro.
    Il primo ha dato alla partitura una patina brillantissima e malinconica e l’orchestra era davvero duttile e morbidissima, il secondo era perfetto!
    Aksenov dopo avermi spaventato al suo arrivo, mi ha stupito per il timbro e per l’interpretazione, ma ci sono mende vocali che vanno sistemate anche se si è dimostrato protagonista di rispetto.
    Vassileva sembra sempre Nedda, ma se qualche anno fa la voce la aiutava ora è evanescente.
    Dalibor Jenis e la Gertseva erano tremendi come sempre, non male Vaneev che ricordavo come ottimo suocero della Izmailova.
    La Silja è un’ombra vocale che facevo fatica ad udire e quello che sentivo non mi dava l’idea ne di una grande interprete, ne di un’artista carismatica…sarà che quando la ascolto dico “Però c’è di meglio” ed in questo caso mi sono rifatto con alcune Contesse presenti su Youtube.
    Krief ha fatto il solito allestimento Ikea o si è inventato qualcos’altro?

  2. Già che ci sono e per rendere edotti del giovin tenore kazako, in ordine di partitura le tre arie (se così si posson dire) di German su youtube cantate dal suddetto (che in effetti un po’ difetta in intonazione nel mezzo e ogni tanto la stanchezza gli fa andare indietro la voce).

    1) http://www.youtube.com/watch?v=Rs0_O6eX7P0

    2) http://www.youtube.com/watch?v=MfWO0IPs8h8

    3) http://www.youtube.com/watch?v=8U0ruAg9MAE

    Saluti!

  3. Andato e tornato dal Regio, riporto le impressioni ricevute dalla Dama di picche di ieri.
    Innanzitutto, vorrei spendere due parole sullo shock scenografico e registico che mi ha colto davvero del tutto impreparato: mai avrei pensato di vedere le quinte del palcoscenico messe a nudo, con tanto di estintori (4) quadro delle prese della corrente, tizio di nero vestito che andava a sistemare il predetto quadro, uscita di sicurezza con tendina cartazzucchero e faretto verde con scritto “Exit”. Le luci di scena a vista. Ridicolo il cambio di scena dal primo al secondo quadro con Liza e Polina che sono entrate in scena nella penombra su un pezzo semovente del tavolo verde sempre al centro della scena con tanto di “zzzzz…”. Per non parlare della chiave che Liza consegna a German per il rendez-vous notturno: una chiave che dalle dimensioni probabilmente doveva essere quella di un ponte levatoio. Io un regista del genere l’avrei spedito a calci in qualche teatrino mitteleuropeo. Ma passiamo alla parte vocale.
    Onestamente non ho avuto l’impressione della tragedia. Dal punto di vista tecnico, la Vassileva non è un disastro: almeno la voce, piuttosto sonora, la mette a vanti e non viene fermata dal muro dell’orchestra. Forse la fa più grossa di quel che è, nei centri. Anche l’intonazione, almeno ieri, non mi è sembrata un problema. Concordo con Tamburini sull’interpretazione isterica. Dirò di più: la Vassileva – almeno nella Dama – sta alla recitazione come i cavoli a merenda.
    Anjia Silja… mah! Anche lei devo essere sincero: mi ha convinto, pur dimostrando raggiunti limiti… vocali! Sapeva stare sul palco, la voce è vero che nella sortita era un po’ coperta dal resto… nella grande scena invece non mi ha deluso del tutto. L’unica cosa: quando cantava l’aria si dimenava come un’ottantenne tuffatasi nelle acque di Cocoon…
    Veniamo alle dolenti note. La Gertseva, un miracolo. E’ riuscita nell’impossibile: privare la romanza di Polina di tutta la sua bellezza… cosa che non credevo possibile. Del pari Dalibor Jenis. Orrendo in scena, è interprete tanto piatto e noioso da rovinare l’aria del Principe.
    Vladimir Vaneev. Copio e incollo da un articolo di Luca del Fra dedicato a questa Dama: “Da più di un decennio Vladimir Vaneev ha imposto a livello internazionale la sua interpretazione di Boris nel Godunov di Modest Musorgskij, riportandola all’originale registro di baritono…” Confesso l’ignoranza: ho sempre pensato che Boris fosse stato da subito scritto per voce di basso. Confesso anche che forse non esiste parte che più di quella vorrei interpretare a teatro (purtroppo sono tenore). Che la voce di questo baritono non sia bella ha poco importanza. E’ che in zona acuta vacilla ed è tirata. Insomma. Una gran faticaccia. Pensare che costui porta in scena lo zar più grande di tutta l’opera lirica, mi fa stare male.
    Il giovane tenore kazako. Io non ho trovato che la voce fosse brutta di colore: anzi… Piuttosto risolverei la questione tecnica semplicemente dicendo che porta avanti il suono invece che la voce. Col risultato che sotto il passaggio la voce è costantemente indietro: quindi non corre e nei momenti di maggiore sonorità orchestrale o anche vocale (coro, Vassileva) il suono scompare. In alto gli acuti se non spinti sono comunque presi di forza: sonori, ma non a fuoco sui denti. Altezza del suono non significa sparare la voce verso l’alto, in verticale. Aggiungo che secondo me non è tenore da Dama di picche; ma un lirico che tuba e scurisce una voce molto più aerea.
    Infine il coro, sempre ottimo. Soprattutto nelle battute finali, il canto sul corpo di German tocca il cuore.

  4. Caro Tamberlick,
    grazie della tua testimonianza live.
    La signora Vassileva è certo sonora.
    Ma è pure certo che spinge la voce a tutta birra, e canta forte oltre che strillare in alto. A cantare spingendo troppo ci si usura molto….ed il mezzo sfugge al controllo…..
    Anjia Silja, concorderai con me, sotto canta “svaccatissimo”…..quanto al declino, beh….difficilmente declina un simile tipo di cantante……!!!!!!!!!…
    a presto

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