Sonnambula a Pavia: torna Jessica Pratt

Altra produzione Aslico, altra trasferta pavese, questa volta per il debutto in Sonnambula di Jessica Pratt. Non potevamo certo mancare: curiosità nostra oltre che dei suoi numerosi fans, nonché di qualche detrattore furbesco, che con regolare frequenza provoca, ma invano, questo sito sullo stato vocale della cantante.

Si è trattato di uno spettacolo complessivamente diverso nell’andamento dalla recente Medea, con una riuscita meno omogenea nella sua globalità, perché a questa Sonnambula è mancata, di fatto, una concertazione sicura e precisa come quella offerta dal maestro Pirolli nel capolavoro di Cherubini.
L’orchestra ha suonato meno bene, con minor precisione negli attacchi, una certa pesantezza ( troppo grevi le percussioni ) e monotonia negli accompagnamenti, qualche sfasamento con il coro, e, soprattutto, una sensibile mancanza di atmosfera. Il clima bucolico, talora notturno che regge il capolavoro di Bellini è stato men che abbozzato dal maestro Massimo Lambertini, che si è limitato a staccare i tempi per i cantanti ma non è andato molto oltre, mancando anche di suggerire al coro di cantare sottovoce in certi momenti come il coro che apre il primo atto dedicato alla sposa, quello dei contadini, che commentano la…. dormiente nella stanza del conte e, soprattutto, quello che apre il secondo atto e che deve anche servire, con la sua chiusa vivace, a preparare il clima per l’incontro degli innamorati e la seguente scena di Elvino. Anche le scelte operate sullo spartito sono parse poco condivisibili, perché ha mancato di operare alcun tagli tradizionali opportuni per i cantanti, tenore soprattutto, alla sua grande scena “tutto è sciolto” e la seguente cabaletta “ah perchè non posso odiarti”, eseguita integralmente, con tanto di code ed esito discutibilissimo, oppure di operare i tradizionali scambi di linea tra Elvino e Amina al duetto “Son geloso del zefiro errante”, dove entrambi soffrivano la tessitura: troppo acuta per lui, troppo grave per lei.

Lisa era Marina Bucciarelli, dalla voce sonora e piena, sicuramente migliore di alcuni leggeri passati in questi giorni alla radio ed in prime parti ed in primi teatri. Ha cantato con garbo e per intero la propria parte, astenendosi dall’essere querula come solitamente viene resa Lisa. Peccato per gli acuti, troppo spinti, nella seconda aria, che devono trovare una emissione più morbida e dolce e forse un più costante sostegno nella respirazione.

Il Conte Rodolfo di Alexej Yakimov non mi è molto piaciuto, perché si tratta di un baritono (il che per Rodolfo non sarebbe poi, un problema) ma il cantante ha la voce troppo bassa e quindi suona ingolfata e priva di risonanza. Per quanto abbia cercato di cantare con garbo, ha sofferto in proiezione di suono come pure nell’intonazione, in alcuni passaggi davvero molto evidente. Un canto meno preoccupato di avere la voce scura e grave, preoccupato, invece, di mettere la voce avanti sarebbe auspicabile.

L’Elvino di Enea Scala è stato intermittente. Premesso che gli audio su You Tube non gli fanno per nulla un buon servizio né una buona pubblicità, ha cantato il primo atto dignitosamente ed anche con un certo gusto, per poi crollare nel secondo, alla grande scena. Complice anche il fatto di non aver scorciato la parte, altissima anche nella versione Ricordi, in modo da adeguarla ai propri mezzi. Scala non è dotato di un timbro che colpisca, ma ha dalla sua il fatto di non sembrare eunucoide come i tenori che solitamente praticano questo repertorio, anche se l’emissione non è sempre uguale, talora ortodossa, talora chioccia e morchiosa. La sua estensione in alto mi è parsa più naturale che figlia di una tecnica sicura. Gli acuti suonano evidentemente nasali, perchè mettere gli acuti nel naso è il sistema migliore per simulare sostegno ed oscuramento del suono, salvo gridare in fine di serata per l’evidente stanchezza.

Jessica Pratt, al debutto nel ruolo, ha cantato bene. E mi è molto piaciuta. Alle prese con una scrittura bassa o, almeno, centrale per i propri mezzi, ha dimostrato di essere ritornata la cantante delle belle prove offerte nelle varie Lucie e Puritani, e, soprattutto, di aver trovato una via per rendere omogeno il suo sfolgorante registro acuto con quello centrale.
Non sono d’accordo con chi ha scritto circa questa prova della Pratt, che le manchi il centro della voce. Alla recita cui ho assistito ho sentito la cantate soffrire la Siciliana, “Ah vorrei trovar parola ”, dove peraltro soffrono praticamente tutti i soprani salvo qualche rarissima eccezione (tanto per non fare nomi la Scotto e la Serra), ed in alcuni passaggi della cavatina, dove il canto è divenuto facile e di grande scuola dalla cadenza dell’andante in poi. Dall’altra parte, ha cantato benissimo il recitativo del sonnambulismo e l’ ”Ah non crea mirarti” ( inatteso per parte mia, trattandosi di brano assolutamente centrale ), come tutto il finale primo “D’un pensiero e d’un accento”, per non parlare del registro acuto, tornato scintillante come conoscevamo noi e sfoggiato con vera spavalderia al finale primo “Non più nozze” ed alla cabaletta finale.
La Pratt, contrariamente alle sue colleghe, non smette mai di fare durante la serata, ossia di mettere o tentare di mettere la voce nel modo giusto, così come non smette mai di cercare colori e intenzioni musicali. Alla voce masticata tra i denti o soffiata, ai suoni diseguali e chiocci non si abbandona mai, ma cerca sempre di cantare come si deve…o si dovrebbe. Ed è per questa sua consapevolezza distintiva che piace al nostro sito.
Detto ciò, posto che l’opera resta ancora bassa per la sua vocalità, come lo è stata anche per soprani come la Devia o la Anderson tanto per esemplificare con nomi importanti, alla cantante fa ancora difetto quella malinconia, quella nenia struggente del canto belliniano, figlia della qualità del legato in zona centrale, che dovrà essere l’obbiettivo primo del suo lavoro futuro per diventare una numero uno, ma di quelle vere e non fabbricate in agenzia, posto che, a mio modo di vedere, Jessica Pratt resterà sempre una cantante di quelle che nello slancio e nel mordente hanno la loro prerogativa principale. Insomma, una cantante da Rossini tragico, quello..di Semiramide.
Il nostro sito è felice per la cantante ritrovata, che ha spazzato via il black out di un anno fa, rimettendo faticosamente la voce a fuoco nel modo giusto, anche perché è la sola della sua generazione a praticare, in maniera ancora perfettibile, il canto di scuola secondo tradizione.

Messa in scena sotto la regia di Stefano Vizioli semplice e garbata, di cifra meramente oleografica, efficace e di gusto. Niente versioni oniriche, niente sprecare Freud o Jung, semplicemente fare da contorno ad una vicenda, che non ha bisogno, prodotto perfetto del suo tempo, di superfetazioni di sorta.
Un esempio, questo come l’altro allestimento dell’Aslico, di come si possa coniugare decoro ed attenzione alle spese inutili. Una ricetta antica, che dovrebbe essere praticata nei grandi teatri, anche se ci chiediamo che accadrebbe a certi divi del muto, che pure calcano le scene dei teatri d’opera, se togliessimo loro le trovate registiche…

 

51 pensieri su “Sonnambula a Pavia: torna Jessica Pratt

  1. davvero uno spettacolo molto piacevole sotto molti aspetti, per lo meno per quanto riguarda alcuni degli aspetti principali, ossia la Pratt, la regia e a mio parere la direzione. Sulla Pratt sottoscrivo quanto detto da madama Giulia, idem per le scene. Per quanto concerne la direzione: certo sotto molti aspetti il suono, gli attacchi e certe sezioni potevano certamente essere migliorate, ma nel complesso credo che la bacchetta di Lambertini abbia dignitosamente accompagnato i cantanti in scena.
    Scala: cantante pessimo. la dignità credo si sia vista più in certe parti del pubblico che lo hanno sopportato per tutta la durata dello spettacolo senza aprire bocca.

  2. caro francesco quando ero, credo tuo coetaneo vidi sonnambula a genova con luciana serra il tenore era peggio e tanto di scala e dalla gradinata ( il vecchio margherita era un cinemone!) gridarono "belan a l'è 'n can".
    applausi al commentatore pensa se lo facessero oggi !
    quanto a jessica pratt è l'unica cantante che rinverdisce i fasti di quelle che sono state le dive dell'età mia che oggi tu hai.
    mamma mia che vecchi nostalgico
    ciao dd

  3. Ho ascoltato l'audio di una rappresentazione di questa Sonnambula a Brescia, poi ho visto la prima recita a Pavia, adesso ho scoperto il video registrato alla seconda recita pavese ( http://www.youtube.com/watch?v=HdSo5w0AMS0 ) e devo ammettere che per me un miglioramento continuo è evidente nella concezione vocale della Pratt. Se nella registazione bresciana si sentono molti sbagli nella gestione della coloratura, del fiato, della mezza voce, del registro acuto, già durante la recita a cui ho asistito a Pavia questi difetti erano percettibilmente ridotti. La scena finale registrata alla recita successiva due giorni fa mostra un "Ah non credea mirarti" ancora più controlato e coerente sia vocalmente sia "artisticamente" e una cabaletta pulitissima.
    Se la Pratt è un'artista che migliora la gestione di un ruolo ogni volta che l'approda (e questo in un periodo di due settimane!), allora fortunata lei e fortunati noi.

  4. forse è per questo, domenico, che ho apprezzato moltissimo l'interpretazione della pratt. io, per questioni di età, non ho visto neanche la dupuy!
    devo dire che è stata una grande fortuna sentire una cantante così dal vivo.

  5. Vedrò lo spettacolo questo venerdì, a Cremona. Non posso dunque aggiungere nulla, per ora, al puntuale resoconto di Giulia. Solo una cosa non mi convince, la critica al direttore per NON aver operato i consueti e nefasti "tagli di tradizione"…e VIVADDIO, dico: è intollerabile che ancora oggi, anno domini 2010, si ascoltinoi esecuzioni monche, tagliuzzate e private di elementi fondamentali. E questo a prescindere dalle mancanze del tenore: tagliare i da capo, le code, e intere sezioni, ridurrebbe la parte ad una selezione…e francamente penso che l'opera sia qualcosa di più di un "concerto per primadonna e comprimari". Comunque non vedo l'ora di ascoltare nuovamente la Pratt.

  6. Reduce dalla prima cremonese. Una premessa: stasera si è avuta la dimostrazione che, senza un buon direttore d'orchestra, non si può fare un buono spettacolo d'opera (questo per chi sostiene la non importanza del direttore e rimpiange i tempi del primo violino…). Lambertini, infatti, ha diretto assai male: pesante, volgare, squadrato, chiassoso, con evidenti sfasature palco/buca e sezioni allo sbando (palma al demerito i corni…che hanno pure steccato). Alla fine è stato giustamente buato. Così come il bassoù: inascoltabile. Il tenore porta a termine dignitosamente il primo atto (anche se nel secondo duetto strilla), ma poi scoppia e sostituisce al canto il grido incontrollato (nessun controllo e nessuna sfumatura). Assurde le variazioni nel da capo di "Ah perchè non posso odiarti", brutte e mal eseguite (perchè non limitarsi ripetere quel che è scritto, magari aggiungendo un paio di acuti e, correttamente, cambiando l'espressione?). La Lisa della Bucciarelli era poca cosa e davvero trapanante in acuto. Regia demenziale e scene di rara bruttezza (salvo la camera del conte).
    E poi la Pratt: splendida!!! Anzi…"STUPENDA"!

  7. Wow, sono cosi "critici" a Cremona? A Pavia hanno risparmiato sia il direttore sia il basso ed il tenore. La solo differenza era fatta da un applauso per loro e da un fragoroso applauso+"Bravaaaa!" per LEI.

  8. "stasera si è avuta la dimostrazione che, senza un buon direttore d'orchestra, non si può fare un buono spettacolo d'opera (questo per chi sostiene la non importanza del direttore e rimpiange i tempi del primo violino…)."

    Quale implicita destinataria, rispedisco al mittente questa poco onesta, semplificatrice e iperbolica "frecciata".

    Concordo invece sulle perplessità riguardo la Lisa della Bucciarelli, che per durezza d'emissione e spigolosità varie non può purtroppo paragonarsi NEMMENO alle blasonate divette del momento. Con l'aggravante di aver cantato Amina in una recita comasca. Non oso immaginare…

  9. Vengo anch'io dalla prima cremonese di ieri sera.

    Non ho trovato la direzione così scandalosa come dice Duprez. Sarà che le ultime volte che sono stato a teatro dirigeva Michele Mariotti, e quindi alle mie orecchie anche il peggior battisolfa può sembrare accettabile. Comunque sia, la direzione non mi ha particolarmente turbato.

    Il coro è stato fischiato, oltre che per l'incapacità di cantare piano, anche per gli attacchi che non erano mai una volta insieme.

    Scene semplici e regia discreta, come piacciono a me. L'unica critica che mi sento di sollevare riguarda l'ambientazione: per riprodurre l'atmosfera voluta da Bellini la vicenda va ambientata nelle valli della Svizzera, non tra i pioppeti della Pianura Padana.

    Ma veniamo a ciò che davvero importa ed interessa in Bellini: le voci.
    Il conte di Yakimov, giustamente buato, è un aborto vocale. Bolso ed ingolfato ad un livello da vomito. Davvero raccapricciante.

    Sulla Lisa della Bucciarelli concordo con la recensione di Donna Grisi, e sottolineo come gli acuti fossero delle atroci schegge di vetro.

    Enea Scala sarebbe stato un ottimo notaro, ma come Elvino è semplicemente osceno. Regge per i primi cinque minuti, poi la gola gli si chiude sempre più obbligandolo a spingere e a schiacciare tutti i suoni nel naso. La voce è orrenda, più sale più si assottiglia e più si strozza, gli acuti sono ridicoli tanto poco risuonano. E' assente qualsiasi sfumatura e bandita qualsiasi morbidezza dal suo "canto". Un orribile galletto.

    La Pratt canta con voce bella, piena e morbida, perché retta da emissione di scuola. Esibisce i suoi splendidi sopracuti con grande facilità, ridicolizzando nei duetti il collega tenore. Alla fine brava anche a cantare l'aria "Ah non credea mirarti" sopportando il contrappunto di un allarme che è scattato in teatro proprio nel bel mezzo della musica (ho chiesto il rimborso del biglietto per questo). Migliorabile è il legato. I passi di virtuosismo la affaticano vistosamente, e alla fine della recita arriva un po' stanca.

    Alessio e Teresa insignificanti.

    Nel complesso, serata piacevole solo grazie alla Pratt, ma funestata dalla totale imperizia dei tecnici della sicurezza che hanno rovinato proprio la parte più sublime ed interessante dell'opera. Una cosa da licenziamento seduta stante. Vergogna, ai tecnici e soprattutto al teatro.

  10. Ecco fatto!
    I buu rivolti a parte del cast che il blog in trasferta si è tenuto in tasca giusto per non essere convolti nelle solite storie che siamo noi, o peggio ancra, che lo faremmo per fare emergere chi fa bene, sono arrivati da altri.

    Grazie ai buatori anonimi per la competenza manifestata

  11. Vero Cesco…ma chi diavolo ha azionato l'allarme? Sono tentato di scrivere una letteraccia al Teatro Ponchielli!

    Il direttore secondo me è stato scandaloso – alla fine si è beccato una vera salva di buuuu – e al confronto Mariotti sembra Abbado! Davvero non so come tale direzione – che ha rovinato completamente l'atmosfera malinconica di Sonnambula – non possa turbare! Sembrava l'incrocio tra una banda di paese e il coro degli alpini. Pessimo…come non infastidirsi delle continue stonature degli ottoni, degli archi che sporcavano tutti gli attacchi, delle perdite di ritmo, dell'eccessiva velocità (a cui non stavano dietro né i cantanti, né tutti gli strumenti). Nel melodramma SERVE un buon direttore, non un battisolfa. Eh sì, Carlotta…ieri c'è stata la prova provata di come oggi senza una bacchetta più che valida, qualsiasi spettacolo vada in vacca (e il melodramma più di altri).

    La regia continuo a trovarla demenziale, sia per l'assurda ambientazione padana (mal fatta peraltro) sia per le evidenti scemenze che accadevano in scena: ambientazione ottocentesca (costumi), ma luce elettrica e bicicletta moderna; mossettine stupide tra Amina ed Elvino; gli abitanti del villaggio che vanno dal conte nel secondo atto con…cataste di legno in mano; coro disposto sul proscenio a strillare come in un osteria; e poi i soliti non-sense, tipo Amina che dice "sorreggimi o madre" (che presuppone essere la stessa lì accanto) mentre è dall'altra parte del palco rispetto alla genitrice; Elvino che durante la cabaletta si accascia al suolo…

  12. Duprez, non esagerare, nei confronti del direttore c'è stata solo una contestazione isolata, non certo una "salva di buuu".

    Peraltro quella stessa contestazione proveniva da chi al contempo gridava "bravo" ad Enea Scala… quindi…

    Nel direttore ho apprezzato perlomeno il neutro e modesto mestiere, grazie al quale non abbiamo dovuto sopportare certe trovate che, in nome di una bislacca "originalità", diventano solo arbitrarie bizzarrie (si consideri a tal proposito la recente Traviata del giovane Mariotti).

    Per il resto, il mio modo di ascoltare Bellini mi porta quasi a non rendermi conto di quel che succede in orchestra, dal momento che la mia attenzione è focalizzata esclusivamente sul canto, che racchiude in sé tutto il lirismo e tutta la poesia di questa musica. Quindi, sicuramente per mia sordità, non ho fatto caso ai problemi che tu evidenzi. L'unica cosa che mi ha infastidito sono stati gli interventi pasticcioni dei fiati.

    Peraltro, lasciamelo dire, se ieri sera al posto di Enea Scala ci fosse stato uno Shalva Mukeria, ed al posto di Yakimov avessimo avuto – fammi sognare – un Pol Plançon (francamente di bassi che possano cantare Bellini nel Dopoguerra io non ne conosco), sono sicuro che, pur in assenza di "una bacchetta più che valida", lo spettacolo sarebbe stato una meraviglia. Per fare un buon Bellini non serve avere un Bernstein o un Abbado, ma servono le voci. Le voci sono tutto in Bellini. LE VOCI.

    La regia sai che è un aspetto dello spettacolo che mi scivola addosso senza mai interessarmi. Proprio per tal ragione, di questo allestimento lodo la semplice modestia e l’impostazione tradizionale.

    Comunque, la Pratt è proprio una ragazzona adorabile!

  13. Ma Cesco…i buuu erano ben sonori (ero in platea e si son sentiti chiaramente quando il direttore è uscito). "Neutro e modesto mestiere"? Ma che dici? Ma che hai ascoltato? So che per te nell'opera il direttore non conta…ma c'è un limite. Per me l'opera è musica (soprattutto) non vuoto esibizionismo vocale! Le voci non sono tutto in nessun repertorio! E forse Abbado e Bernstein non sono necessari per un buon Bellini (basta un onesto Bonynge), ma se ci sono Bellini viene molto meglio.
    Ps (ironico): oltre all'eliminazione del regista pretenderesti anche l'eliminazione del direttore? Magari sostituito dal primo violino? O da un accompagnamento al piano…così non ti distrai dall'ascolto delle tue voci… Come direbbe Totò: ma mi faccia il piacere…

  14. Ps: credo che se con la Pratt ci fossero stati Mukeria e pure Plançon (ottima scelta…anche se di altri bassi post bellici ve ne sono assai..), la direzione sarebbe restata uno scandalo e l'opera sarebbe risultata ugualmente zoppa! Anzi, credo che i bravi cantanti avrebbero sofferto maggiormente e non avrebbero potuto esprimersi al meglio.

    Devo dire che gli applausi a Scala sono poco comprensibili, soprattutto nel secondo atto. Si vede che molti scambiano strilli sgangherati per acuti…

    Mi spiace che la Pratt si sia trovata a cantare in un ambiente del genere…

  15. Io ero in loggione e assicuro che c’è stato un unico “BU” contro il direttore, e proveniva dalla persona seduta di fianco a me (la quale peraltro urlava “BRAVO” ad Enea Scala).
    Ora, quel che davvero azzoppa questa Sonnambula non è tanto il direttore (che può essere anche il peggior battisolfa mai uditosi, ma comunque altro non ha da fare se non accompagnare i cantanti), ma è il cast, composto di voci del tutto inadeguate, eccetto la Pratt che perlomeno dispone di un’emissione sostanzialmente ortodossa, anche se non gestita sempre alla perfezione.
    Per il resto le tue ironie lasciano sempre il tempo che trovano: io continuo ad andare a teatro come pare a me e a cercare nel teatro ciò che a me più interessa. Poi tu sei libero di correre dietro ai tuoi registi ed ai tuoi Mariotti. Io continuo ad ascoltare, comodamente seduto in poltrona, la splendida incisione di Elisir di Gavazzeni (direttore che adoro), con lo splendido Valletti, la corretta e spiritosa Alda Noni ed il geniale Sesto Bruscantini. Puoi stare certo che non mi annoio neanche per un secondo. Tu vai pure a sentire la tua Machaidze (o come diavolo si scrive), tanto c’è Pelly che ti salva la serata, no? Ah, se ho Mukeria, la Pratt e Plancon insieme per Sonnambula, me ne frego di direttore e orchestra, mando il regista a quel paese, chiamo il primo pianista che trovo e ascolto con gioia il loro canto.

    Ti dirò di più, io abolirei non solo le regie, ma sradicherei tutto l’odierno impianto teatrale, per sostituirlo con serate d’ascolto di vecchi dischi. Rigorosamente a teatro, seduti, in silenzio. A sentire Onégin, Schipa, Galli Curci e compagnia. Magari proponendo come intermezzo qualche bella intervista al grande Lauri-Volpi. Di quelle che piacciono a me, quelle che tu insieme al tuo solidale Ninci consideri “sbrodolate retoriche”. Così si risparmia, si fa cultura e si ascolta il canto vero. Il resto è solo immondizia: BLEAH.

    Già pregusto la tua risposta.

  16. Beh, Cesconegre dovrebbe sempre dire :"Eh, ai miei tempi…". O magari, in altri contesti: "Ai miei tempi, mio padre non mi avrebbe mai permesso quello che fanno i giovani d'oggi…". A sentire le sue opinioni, non passatiste ma francamente reazionarie, più che a un giovane mi viene da pensare ad una strana creatura, un animale mitologico come l'ippogrifo, esaltato come un bambino e nostalgico come un vecchio.
    Cordiali saluti
    marco Ninci

  17. Cari amministratori del Corriere della Grisi, ma la moderazione dei commenti voi per cosa la adoperate?

    L'ultimo commento da voi "moderato" e pubblicato, scritto da Marco Ninci, non è un commento pertinente con l’argomento dibattuto. Ninci non commenta la Sonnambula della Pratt, e non commenta neppure le idee che io espongo nei miei commenti: lui commenta la mia persona. Sareste pregati di chiedere a me il permesso per pubblicare commenti che mi riguardano come persona. Sono un vostro utente ormai affezionato, pretendo che mi facciate questa cortesia. Se voglio farmi insultare, ci sono altri luoghi a ciò preposti, il Sig. Ninci ne è frequentatore abituale, stia là ad aspettarmi. Anzi, da vero gentiluomo il Ninci non abbisogna neppure della mia presenza per sparlare di me: vada là dunque, stia là a ciarlare in quelle fogne putride. Dovrà aspettare a lungo però prima che io mi faccia vedere da quelle parti…

    Nel frattempo, vi sarei grato se faceste sparire questo commento inutile ed offensivo. Al Sig. Ninci ho già detto che con lui non ho più ragione di discutere: cos’altro vuole da me costui?

    Io nei miei commenti spesso sono duro ed intransigente, sgarbato forse, ma non giudico mai la persona. Partecipo al dibattito confrontando le idee, senza dire “sei un esaltato”, “sei un vecchio”, “sei un bambino”. Mi sono scontrato duramente con Duprez e con un altro utente, senza mai scendere però sul piano personale (al massimo arrivo a dare dell’incompetente a chi sostiene che i falsettisti incarnino le buone maniere vocali: ma questa è matematica, non è certo un insulto personale). Pretendo quindi di ricevere analogo trattamento. Non è che, perché ho vent’anni, mi si può strapazzare a piacimento. Toglietevelo dalla testa.

    Oltretutto, siete sempre così premurosi con il Sig. Ninci, lo dipingete come una vittima solo perché qualcuno addirittura ha osato scrivere nella chat la materia che costui insegna all’Università. Non vedo cosa ci sia di così scandaloso, dal momento che il detto Ninci scrive qui firmandosi con nome e cognome: una porta spalancata, con tanto di invito ad entrare, sulla propria vita privata. Oppure è solo un modo per fare il gradasso? Non saprei se no come spiegarmi tanta inutile ostentazione. So solo che le maniere usate qui da Ninci ed i contenuti inutilmente polemici dei suoi punzecchianti e miniati “interventini”, spesse volte mi fanno credere di trovarmi sulla Voce del loggione anziché sul blog Grisi. Torna la domanda iniziale: la moderazione dei commenti voi per cosa la adoperate?

    Sono antipatico? No, sono giusto.

  18. Gentile professor Ninci,
    chi come lei vive e lavora a stretto contatto con i giovani dovrebbe ricordare che spesso i giovani affrontano i problemi in maniera più franca e diretta di quanto non facciamo noi, e soprattutto senza il discutibile conforto dello sciroppo della perifrasi. Così eravamo anche noi nella nostra giovinezza, ora remota (nel suo caso), ora meno (nel mio). Anche per questo dovremmo riservare ai giovani, se non altro, un poco di rispetto, e non già quel dileggio, che instilla e sostanzia il dubbio di una cronica mancanza di argomentazioni.

    dd

  19. Caro Cesco,
    ricordati di quel passo della Scrittura che invita il giovane a riflettere sul fatto che, in età anziana, egli sarà condotto in un luogo, verso il quale non lo condurrà il suo proprio volere. Abbi quindi un poco di pazienza nei riguardi di chi, come il professor Ninci e, in misura minore, il sottoscritto, ti precede lungo il sentiero degli anni.

    saluti
    dd

  20. naturalmente sono contento per la Pratt,perche come ho scritto altre volte e una cantante tecnicamente a posto,quindi non puo fare testo una serata storta come è stata alla Scala,d'altronte come ha scritto Giuditta se c'è qualche imperfezione alla prima recita poi questa viene corretta.Volevo ritornare un po a Cesco e la presunta offesa di Ninci,per me non c'è nessuina offesa nel dire che Cesco è un sinonimo di idee reazionare,di certo che io non vado al teatro per ascoltare i cantanti accompagnati al piano,per godere meglio la voce questo si fa nei concorsi o simile non in teatro.Di certo che nell'animo di uno di 21 anni è sorprentende questi suoi punti di visti,per fortuna che di Cesco c'è n'è solo uno,naturalmente non è un offesa a Cesco semplicemente un osservazione,se vuole ascoltare recite in teatro solo con un accompagnamento di un pianista si accomodi.Se poi vuole organizzare una serata in teatro per ascoltare vecchi dischi,ottima idea vengo di corsa anch'io,perche solo con gli ascolti dei cantanti del passato si possono educare musicalmente le orecchie,ma questo di certo non può e non deve sostituire una vera recita nel teatro,questi ascolti dei cantanti del passato servono da lezione…sia al pubblico che ai cantanti in carriera.

  21. Cesco, che avrebbe detto Marco Ninci? Solo la verità! Tu ti permetti di sparare castronerie…ti meriti le risposte che ti danno. Per mio conto non vale più la pena risponderti. Dici cose che mi paiono senza alcun significato né costrutto. Mi consola il fatto che certe follie le pensi solo tu. E pochi esaltati… Quindi, per cortesia, fai conto che non esista e non mettermi più in mezzo alle tue sparate!
    Ps: caro Domenico anche i giovani dovrebbero usare un minimo di creanza e, soprattutto, considerare che la loro ignoranza arrogante non corrisponda esattamente alla VERITA'.

  22. Vedi prof. Ninci,
    sono questi tuoi commenti in cui ti metti in alto, seduto sui tuoi anni, a dare lezione ai giovani inesperti, che a causa dell'atà deovrebbero secondo te tacere, che ti fanno affine a quel sito/buco ove ti insultano spesso, che più che un foro, pare….il nido del cuculo.
    IO ti pubblico, ma se poi le pulci ti insultano…..non le biasimo.
    Loro saranno anacronistici, ma tu sei sempre lì a filosofeggiare lontano dalla realtà……dunque, con loro hai in comune più di quanto tu non creda.
    E vallo a vedere sto teatro di regia che ci propinano alla Scala prima di criticare che lo critica….che poi ne riparliamo.
    buona domenica.

  23. Cara Giulia, qui nessuno deve biasimare nessuno. Ognuno dice la sua, secondo quanto riesce a fare. Oltretutto ti ripeto per la centesima volta che io qui non mi sono lamentato di niente, anche perché so benissimo di essere aggressivo e quindi mi aspetto un uguale trattamento. Ci mancherebbe altro. Riguardo alla questione di stare lontano dalla realtà con la mia filosofia, io sto lontano soltanto dall'impressione immediata di uno spettacolo; voi, o almeno alcuni di voi, vedete l'"Elisir d'amore", non vi piace e ne traete la conclusione che il teatro di regia è orribile. Le cose non stanno così. In questo luogo stesso è stata recensita molto positivamente la "Salome" fiorentina, eccellente esempio di teatro di regia. E allora? Io non difendo uno spettacolo che non ho visto; contesto le conclusioni generali che se ne traggono. Questa non è filosofia, è banale buon senso e attaccamento alla realtà.

  24. Poi, mentre Cesconegre nel suo lamentoso intervento invoca la censura, io non ho mai chiesto di cancellare nulla. Da lui ed anche da alcuni interventi in chat ho appreso la stupefacente notizia che firmarsi col proprio nome sia fare il gradasso. Poi c'è una polemica sul Prof. Ma se l'avete cercato voi? Io mi sarei firmato per invitare a cercare su internet e quindi far sapere quello che facevo… E' una conclusione di una contorsione mentale sorprendente. Forse non ho mai letto nulla di simile. E poi, se fossi Cesconegre, io non mi sarei arrabbiato per il mio intervento, ma per quello di Donzelli, così paternalistico sui giovani che sono franchi e diretti. Non ti sembra che sia in questo modo che alle affermazioni di Cesconegre viene tolto valore? Io contesto le sue opinioni non per il loro tono,non per la loro giovinezza, non perché io sia vecchio, ma perché per me sono proprio delle assurdità. In questo modo io prendo Cesconegre, al di là dei miei sberleffi, proprio sul serio. Ed è questo che dovrebbe fargli piacere e invitarlo alla discussione, invece di piagnucolare. Certo, colpisce vedere un giovane rinnegare in questo modo la faticosa strada che ha percorso il teatro lirico negli ultimi cento anni per rinnovarsi, pur fra tanti sbandamenti, difficoltà e fallimenti. Sarà franco e diretto, ma la franchezza deve accompasgnarsi alla ragionevolezza, allo sforzo di capire, non alla negazione pura e semplice del presente, tranne qualche caso isolato di sopravvivenza di una tecnica antica. Anche Adriano Sofri, ai tempi di Lotta Continua, era sicuramente franco, diretto e radicale; ma mi avrebbe molto stupito scoprire che la stella polare che guidava, il suo sogno nel cassetto, era una gran nostalgia per i governi presieduti dall'On. Rumor.
    Cordiali saluti (mi dispiace se qualcuno li detesta).
    Marco Ninci

  25. Giulia, guarda che io Ninci non l'ho mica offeso. Ho solo chiesto a voi di togliere un suo commento che ritengo di cattivo gusto verso la mia persona, un commento oltretutto abbastanza sciocco e buono solo per litigare, non certo per discutere.

    Ninci, la saggezza di Donzelli non mi offende per niente, anzi mi lusinga, poiché tra le righe il buon Donzelli mi sorride e mi dà ragione. E’ un invitarmi alla pazienza che significa incoraggiarmi nelle mie idee.

    Non mi so spiegare comunque cosa voglia dire tutta questa smania di far sapere la propria identità, tutto questo firmarsi e sventolare in giro i propri fatti. Ma in fondo neppure mi interessa.

    La pregherei solo, la prossima volta, di limitarsi a scrivere che le mie idee sono a suo dire “assurde”, senza darmi dell'ippogrifo. Non è una questione di età, né di idee, è una questione di educazione. Oltretutto, visto che lei è intelligente, dovrebbe aver capito che sono un po' permaloso. Ciò che mi fa desistere dall'affrontare con lei una discussione è la slealtà che lei dimostra quando scrive sugli altri blog, oltre alla sua frequente mancanza di riguardo.

    Per il resto, mi fa piacere che lei prenda sul serio quello che io dico. Magari, oltre a prenderlo sul serio, provi a rifletterci un po' sopra, così forse capirà che il teatro lirico negli ultimi cento anni non si è affatto rinnovato (il che peraltro equivale a dire che la Gioconda si sia “rinnovata” o “debba rinnovarsi”), ma è semplicemente marcito. Una putrefazione di cui regie e direzioni d’orchestra (sinonimi – da cinquant’anni a questa parte le seconde, da che esistono le prime – di analfabetismo vocale) sono le prime responsabili. L’opera è un corpo in decomposizione. E’ ora di imbalsamarla se vogliamo salvare il salvabile. Prima però, serve un bel restauro!

    PS oggi ho sentito la Pratt per la seconda volta a Cremona: brava ma meno brillante rispetto a venerdì.
    PPS Duprez, anche tu, le prossime volte che dovrai sparare sciocchezze come “non credo si possa tramandare alcunché”, oppure “le regie salvano le serate”, fai conto che io non esista e non mettermi in mezzo a tali stoltezze!

    Saluti

  26. "Sareste pregati di chiedere a me il permesso per pubblicare commenti che mi riguardano come persona. Sono un vostro utente ormai affezionato, pretendo che mi facciate questa cortesia."

    Caro Cesco, a parte il rispetto della tua persona, tu non puoi "pretendere" assolutamente nulla!
    Quando sei intervenuto in altri luoghi per parlare di noi e attaccare gratuitamente (è un eufemismo) lettori, utenti e amministratori, non avevi affatto chiesto il nostro permesso ed il danno lo hai fatto a noi!
    Noi, quindi, non siamo pregati nei tuoi riguardi di chiedere alcun permesso, soprattutto perchè siamo in casa nostra, sappiamo prendere da noi le decisioni, e tu, per quanto affezionato, resti un lettore!
    In passato ci hanno accusato di non pubblicare i commenti, ora ci accusano di pubblicarli, la cosa mi fa sinceramente ridere e non poco.

    Chiedo a Marco Ninci, che ho apprezzato in altri suoi commenti, di intervenire in merito all'argomento e non alla persona; quello avviene su altri Blog e Forum, qui lo eviterei per non incorrere in quel tipo di squallido teatrino di infelici.

    Chiedo a Cesco, in generale, di calmare toni e linguaggio e di rispettare le idee degli altri lettori se non vuole incontrare un bel "collare antipulci".

    Il rispetto verso il prossimo (nella persona) non ha età: si applica e basta.

    Ora siete pregati di tornare in argomento e nel caso in cui vogliate continuare a dare sfogo al vostro "estro" vi consiglio di scambiarvi mail e darvele in privato evitandoci inutili botta e risposta e giustificazioni, che mi hanno francamente stufato.

    Marianne Brandt

  27. Mi duole interrompere questa piccola baruffa da cortile, che spero ed auspico sia ormai al tramonto, ma tornando al tema di cui dovremmo discutere, ho visto ieri la Sonnambula di Cremona e sono rimasto impressionato non solo per il corpo che la voce della Pratt ha acquistato al centro (in una parte che rimane comunque decisamente bassa per lei, il che si avverte in maniera decisa nella parte centrale del concertato finale primo) e per la qualità di un legato che, pur perfettibile (come qualunque altra cosa, del resto: parliamo pur sempre di un debutto), è molto più fluido di quanto mi aspettassi, ma perché la Pratt non si limita ad eseguire la parte, bensì dà senso a quello che canta, accenta, interpreta insomma, segnatamente i recitativi, ma anche la scena del sonnambulismo (per me il momento più alto della serata) e il cantabile della scena conclusiva. In questo ho ritrovato la formidabile Lucia fiorentina, in cui, specie alla pazzia, ogni frase aveva un senso, musicale e quindi espressivo. Il tutto con una voce che oggi, in questa corda (ma direi, più in generale, nel repertorio del primo Ottocento), non ha eguali in quanto a proiezione e mordente. Posso solo dire "avanti così!".

  28. Vero Antonio, dopo la parentesi di quelle Inconvenienze, ho ritrovato una splendida Pratt. Spero che domenica non si sia replicato lo sgradevole incidente dell'allarme!

    PS (una battuta cattiva): se si fosse verificato il medesimo incidente in uno spettacolo di quelli baroccari estremisti, credo che nessuno sarebbe riuscito a distinguere la sirena dalle voci umane 😉

  29. Io l'ho sentita a Pavia e l'ho trovata molto brava. In tutto. Fraseggio, agilità, proiezione della voce, impegno.
    Ma stiamo scherzando? Leggo in giro certi commenti che mi sembrano fuori dal mondo. Incostante (per i problemi che ha avuto alla Scala), non è stilisticamente italiana (nel belcanto), la Mei è meglio (!!).
    E' proprio vero che un bel tacer non fu mai scritto!
    Io l'unica cosa che trovo non a posto sono i centri ancora un po' deboli e gli attacchi degli acuti un po' troppo spinti (e credo che questo crei uno sfarfallio iniziale del suono). Ma per il resto non c'è veramente molto da dire.

  30. Devo dire che non sono affatto d'accordo con Tamburini sul fatto che si sia trattato di una baruffa da cortile. E' un giudizio superficiale e futile. Intanto è stato tutto molto divertente, con le sue galline e le sue carni stoppose. E poi si sa, quando la polemica si fa dura, lasciare fuori il lato personale è impossibile. Non bisogna essere bacchettoni e troppo attaccati al politicamente corretto, sì da diventare dei pallidi imitatori di quel gesuitismo travestito da civiltà che è lo stile di Fabio Fazio, uno stile che io personalmente trovo detestabile. E ancora. Marianne stigmaztizza lo scivolare della polemica sul personale nel momento in cui definisce "La voce del loggione" uno squallido nido di infelici. Se non è andare sul personale questo…Ma basta di ciò. La polemica è stata utile in diversi sensi. Io mi sono trovato davanti opinioni non troppo sfumate che tuttavia avevano il pregio della chiarezza e con cui era utile confrontarsi. Quella di Cesconegre, per esempio. Prima di tutto c'è da dire che Cesconegre non salva nulla degli ultimi sessanta anni o anche più. Non soltanto trova detestabile il ruolo di registi e direttori d'orchestra, ma detesta pure la Chiesa postconciliare e, mi pare di ricordare, non parla neppure tanto male del più famoso ventennio della storia d'Italia. Per quest'ultimo lato, se ricordo male mi scuso. Ora, ritrovare simili opinioni sulla bocca di un ventenne un po' strano lo è davvero e il mio sberleffo nasce di lì. Il mio interlocutore dice che avrei dovuto pensare che lui è permaloso, cosa che si vede di primo acchito. Non si rende conto però di una verità banale: non c'è cosa più gustosa che dileggiare un permaloso, nello stesso modo in cui il geloso ha nel proprio codice genetico un futuro, e magari anche un presente e un passato, di cornuto.

  31. Passando a cose più serie, la diagnosi di Cesconegre secondo la quale gli ultimi cento anni sono stati soltanto putrefazione dei puri valori iniziali del melodramma, putrefazione da imputare soprattutto a registi e direttori d'orchestra, è presentata con una pezza d'appoggio tanto singolare quanto significativa. Io dicevo che il teatro d'opera ha cercato vie faticose e meritorie, anche se costellate di fallimenti, per rinnovarsi. Cesconegre mi risponde che la "Gioconda" non ha nessun bisogno di rinnovarsi e basta vederla nella sua purezza iniziale. Cesconegre non si rende conto che anche la "Gioconda" ha i suoi registi e i suoi direttori d'orchestra. Registi e direttori che si chiamano storia dell'arte, interpretazioni, impressioni di scrittori e di poeti, Marcel Duchamp che le fa i baffi. Noi non vediamo la "Gioconda" con gli occhi dei contemporanei di Leonardo; noi non siamo Giorgio Vasari. La "Gioconda" ci è contemporanea perché è stata una delle pochissime cose in grado di superare il loro tempo; ma nel superare il suo tempo il quadro di Leonardo ha portato con sé tutto ciò che è venuto dopo di lui, Roberto Longhi come Marcel Duchamp, i Preraffaelliti come Federico Zeri o Bernard Berenson. Se noi potessimo tornare a un grado zero della visione e riportarci al momento esatto in cui il quadro è uscito dalla mano dell'artista, sono sicuro che questo perderebbe per noi ogni interesse. Anche la persona più sprovveduta, che non sa niente di storia dell'arte o di poesia o di letteratura, vede il quadro come se in realtà ne sapesse moltissimo, anche se in modo inconsapevole. Quello che dice Cesconegre è interessante perché in realtà porta ad una conclusione estrema, anche se questa conclusione non viene esplicitata. Scopo dell'esecuzione è arrivare ad una resa corretta del testo originale, usando "quella" tecnica, che è poi l'unica giusta. Al limite la tecnica si identifica con l'interpretazione, nella realizzazione di un ideale che in realtà diventa un'idea platonica. A ciò non può aggiungersi nulla, da nessuna parte, in un contatto diretto, quasi mistico, fra l'esecutore e l'ascoltatore da una parte, l'opera eseguita dall'altra. Guarda un po' dove va ad infilarsi il fideismo! Altro che preconcilio, qui siamo a Santa Teresa d'Avila!

  32. Veniamo ora all'argomento sollevato dalla Signora Marchisio: c'è un parallelismo fra crescente invadenza registica e decadenza vocale.Non si parla di rapporto di causa e di effetto, ma certo un parallelismo evidente c'è. Il problema è che l'evoluzione musicale, con picchi di complessità sempre maggiori, ha portato alla necessità di un coordinatore unico, sia nel campo registico che in quello orchstrale. Per cui l'attenzione si è focalizzata sempre di più sull'aspetto complesso dell'esecuzione musicale e della parte registica; tanti elementi diversi avevano bisogno di essere inseriti in un contesto unico, in un pensiero coerente, problema che evidentemente non esisteva nella prima metà dell'Ottocento in Italia (ma esisteva per esempio in area tedesca; le opere italiane di Mozart hanno un bisogno assoluto do coordinatori musicale e scenici). Questo ha coinvolto anche il concetto di bel canto; per cui c'è stata una decadenza evidente di quest'ultimo. Non è un caso che la più grande belcantista del secondo dopoguerra (o forse di tutto il secolo), Joan Sutherland, non abbia partecipato a quella tendenza evolutiva; ed abbia preferito cantare diretta da un direttore molto competente in filologia, che sapeva sostenere la sua voce, ma la cui bacchetta era abbastanza mediocre. E' stato un bene questo? E' stato male? Chi sa…So soltanto che la storia non è lineare, permette ritorni, svolte improvvise in avanti, apparizioni geniali. Una sola cosa tuttavia per fortuna non permette: il restauro puro e semplice del passato. Se il vociomane ne soffre, non è poi così grave; potrà consolarsi divertendosi a chiamare galline chi volta a volta ascolta oppure contestando sonoramente dai loggioni chi ha la sfortuna di passare sotto le sue grinfie; è un modo come un altro, e non dei peggiori, di affermare la propria identità.
    Saluti
    marco Ninci

  33. Ninci, dall'alto della tua sapienza, illuminaci su quel che avrebbe dovuto fare la Sutherland per essere al passo con i tempi… iscriversi in palestra, fare la dieta e imitare Esther Williams? e magari farsi dirigere da qualche bacchetta esperta di sinfonismo, ma che del canto nulla sa e poco si cura? Credi che sarebbe durata in carriera tutti gli anni che è durata "non essendo al passo con i tempi"? E soprattutto che sarebbe stata una cantante ancora più grande, immensa di quanto è effettivamente stata?

  34. E dai con i direttori esperti di sinfonismo…E' invece un vero peccato che non abbia collaborato con nessuna delle grandi bacchette della sua epoca. Per esempio, in una "Lucia" o in un "Trovatore" con Karajan, direttore notoriamente molto rispettoso delle voci. Io ho sentito Bonynge nella "Semiramide" a Firenze; va bene dirigere mediocremente, ma quella volta l'illustre maestro se ne approfittò, approdando ad un autentico disastro. Se questo è lo scotto da pagare per durare tanto…Questo ti dico dall'alto della mia sapienza.
    Ciao
    Marco Ninci

  35. Devo dire che trovo eccessivo sia definire Bonynge un disastro che "stigmatizzare" i direttori sinfonici, come se essi nulla capissero di voci. Forse è così in taluni casi. Ma in linea di massima, quando i grandi direttori affrontavano l'opera (ovviamente un certo repertorio, non si può certo pretendere che un Karajan si metta a dirigere La Battaglia di Legnano o Bianca e Falliero o Pia de' Tolomei) hanno rivelato prospettive nuove e hanno dimostrato come neppure il melodramma ottocentesco possa basarsi unicamente sulla voce (o peggio sulla primadonna). Penso ad Abbado, a Karajan (quando dirigeva alla Scala), a Bernstein (Sonnambula e Medea). Ma anche a De Sabata, Mitropoulos, Walter. Ovviamente il grande direttore predilige un repertorio musicalmente più progredito delle "opere a cabaletta", preferisce giustamente Mozart o il Rossini francese o il Verdi maturo. Un repertorio assai meno di consumo, insomma. Però bisogna anche evitare delle facili semplificazioni, come la pretesa insipienza di Bonynge. Questi aveva grande conoscenza del repertorio, filologo raffinato, fine direttore di voci. Certo mancava in fantasia e personalità, ma vogliamo paragonarlo ai coevi direttori di melodramma? Davvero si ritiene scandaloso Bonynge rispetto ai vari Cleva, Cillario, Pretre, Erede, ma pure Serafin e Gavazzeni (e più recentemente Ferro, Scimone, Renzetti)? Che sono poi i nomi che circolano per la maggior parte di questo repertorio. Penso che tutti avrebbero sognato una Donna del Lago o una Semiramide dirette da Abbado (Claudio) o Norma e Puritani di Karajan, o un Donizetti di Bernstein e poi Kleiber, Klemperer, Solti, ma pure Rattle, Gardiner, Sinopoli alle prese con il melodramma. Chissà quali orizzonti aprirebbero. Ma sta di fatto che i grandi direttori non nutrono grosso interesse per tale repertorio. Certo vi sono le eccezioni di Schippers e Gui, ma sono stati colpevolmente sottovalutati (e stupidamente) soprattutto in Italia dove regnavano Serafin e i suoi cloni. E allora tra i Cillario, Cleva & C. o i kappelmeister targati Opera Rara (come Parry), ben venga Bonynge. Il grande Bonynge. Grande nel suo repertorio, e soprattutto capace di non limitarsi ad un mero accompagnamento della "primadonna" (lui che, tra l'altro, disponeva di una autentica e vera) ed esperto di voce e vocalità, oltre che conoscitore di quello STILE che è essenziale per la miglior realizzazione del belcanto (stile che nessuno possedeva prima della rivoluzione Bonynge/Sutherland). Poi c'è anche la questione di affinità: Bonynge mai si è sognato di dirigere Mahler o Beethoven, era dunque perfettamente conscio dei suoi limiti e dei suoi pregi.
    Quanto a Mehta: penso che oggi il buon Zubin abbia perso l'interesse che aveva un tempo. Per me resta un grande direttore, ma dai risultati, oggi, più che mai alterni (il suo Wagner valenciano, ad esempio, è splendido, quello milanese è stato interlocutorio).

  36. in mezzo a tanta scienza consentitemi di dire la mia da povero contadino bergamasco ed illetterato.
    Credo che i direttori, mediocri, grandi e storici sino a cinquant'anni or sono fossero ben consci di quelli che erano gli ingredienti dell'opera. Pertanto è normale che piegassero o requilibrassero le loro scelte a seconda delle forza di cui disponevano. Cito un esempio wagneriano ovvero Furtwangler nel crepuscolo degli dei aveva un'andatura differente a seconda del soprano di cui disponeva spesso a distanza di poco tempo come accadde nel 1952 quando diresse il terzo atto con la flagstad in un concerto e l'integrale del Ring con la Modl. Domanda vi immaginate i divi della bacchetta di oggi si nomino Baremboin, Muti, Abbado sino ai loro ultimi epigoni come Dudamel avere siffatte accortezze. Perchè di accortezze e non già di servilismo si tratta. D'altra parte Muti pretese da Maria Guleghina ciò che un Votto, un Serafin, ma anche un Walter (vedi Ballo del Met 1944) non avrebbero mai preteso da un soprano tecnicamente limitata. Anzi con questi direttore e molti altri Maria Guleghina avrebbe lucrato la fama di grande Amelia del Ballo. Quanto alla Sutherland e con lei la Horne quando faceva le "sue" opere sono già figlie e vittime di questo tempo attuale, perchè i grandi direttori ritenevano robetta il loro repertorio (ovvero l'80% della produzione operistica) e mai avrebbero fatto alcun chè per secondare certe legittime richieste o meglio per essere in stile e perchè dovendosi, invece, rivolgere la "praticone" tipo Serafin (con cui la Sutherland preparò e debuttò molti titoli, caro Ninci) erano arroccati su posizioni certamente censurabili anche loro da figli dei propri tempi del post Toscaninini tanto valeva utilizzare l’efficientissimo e fantasioso Bonynge, piuttosto che Henry Lewis. Oggi non possiamo che rimpiangere perche nessuno ha quel mestire famoso od oscuro che sia.
    Che si facessero errori anche in epoche di larghe scelte è verissimo redo e non per il gusto di “spararla grossa”,penso che con i cantanti disponibili nel 1962 i celebrati Ugonotti scaligeri avrebbero conservato, con il nostro modi di ragionare la sola Sutherland e mi diverto a proporre Raoul Tucker/Kraus/Raimondi Valentina Cossotto/Stella/Price L. Urbano Berganza/Doulochanova St. Bris Taddei Never Mac Neil/Lisitian Marcello Siepi/Petrov saluti dd

  37. >”Io mi sono trovato davanti opinioni non troppo sfumate che tuttavia avevano il pregio della chiarezza e con cui era utile confrontarsi. Quella di Cesconegre, per esempio. Prima di tutto c'è da dire che Cesconegre non salva nulla degli ultimi sessanta anni o anche più. Non soltanto trova detestabile il ruolo di registi e direttori d'orchestra, ma detesta pure la Chiesa postconciliare e, mi pare di ricordare, non parla neppure tanto male del più famoso ventennio della storia d'Italia.”
    Ninci, lei prima loda la chiarezza con cui io espongo le mie idee, e poi le riassume falsandole brutalmente. Mi chiedo dove mai lei abbia letto che io trovo “detestabile” il ruolo del direttore d’orchestra. O lei si diverte a raccontare fandonie, oppure lei non sa leggere, oppure io non so scrivere.
    Vedo poi che lei non può fare a meno di seguire pure quello che io scrivo nella chat. Dovrebbe sapere che non fa tanto bene ai giovani lusingarli con attenzioni eccessive come lei sta facendo con me. Cos’è questo chiodo che lei ha nei miei confronti? In più lei sembra volermi provocare: per caso vuole vedermi scatenato al massimo?
    La battuta sul Fascismo non merita commenti, degna com’è di quelle persone che, come lei, da una vita instillano nelle giovani menti sensi di colpa per il fatto di non volersi omologare a quella dottrina del nulla cui la scuola da cinquant’anni altro non fa che conformare ogni generazione di studenti. Il risultato della vostra scuola, caro Ninci, è un esercito di ventenni imbecilli per i quali nutro un disprezzo micidiale che lei neanche può immaginare. I suoi sberleffi nei miei riguardi sono la migliore conferma per me di trovarmi sulla retta via.

  38. “Passando a cose più serie”, cerco ora di rispondere agli argomenti che Ninci ha utilizzato contro la mia mortifera “diagnosi”.
    Confrontare due forme d’arte così diverse come musica e pittura può portare ad argomentazioni capziose e fuorvianti, che non colgono nel segno. Direi che il discorso che qui si fa riguarda in generale l’ambito dell’opera d’arte classica. Penso di non affermare niente di strano se dico che il teatro lirico è una forma d’arte passata, sì, ma appartenente oggi al rango della classicità.
    Il discorso di Ninci, se letto con il giusto senno, non fa che confermare quello che io continuo a sostenere: l’importanza della tradizione. La tradizione come ponte attraverso cui restare in contatto con il nostro passato. Un ponte sostenuto dai PRINCIPI che legano noi uomini del 2010 alle generazioni che ci hanno preceduto. Se si nega questo concetto fondamentale, si nega la storia e la possibilità di imparare da essa.
    Il discorso di Ninci può essere riassunto con una frase di Italo Calvino a proposito dei libri classici:”I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato”(la frase è presa da un articolo pubblicato su L’Espresso nel 1981, poi riversato in una raccolta di saggi dal titolo “Perché leggere i classici”). Penso che questa frase possa applicarsi non solo ai libri ma anche a tutti i classici dell’arte. Essa non smentisce affatto quello che io sostengo a proposito del teatro lirico. Il teatro lirico, lo ripeto, non abbisogna di nessun rinnovamento, in quanto il rinnovamento è solo nelle orecchie di ascolta e negli occhi di chi guarda, se è vero che, per citare ancora Calvino, “un classico non ha mai finito di dire quel che ha da dire”. La Gioconda è sempre uguale a se stessa, ciò che cambia è il nostro modo di osservarla, le interpretazioni che noi le diamo COME FRUITORI. L’opera d’arte classica è tale proprio perché capace di comunicare con noi in ogni tempo, senza esaurire mai i propri significati e la propria bellezza. Il classico è l’universale.
    Ora, con la musica il discorso diventa molto più complicato, perché la musica per arrivare a noi fruitori necessita di essere eseguita. Sono convinto che l’esecuzione della musica non debba mai limitarsi ad una mera lettura della partitura, ma che invece in ogni esecuzione debba realizzarsi pure l’essenziale componente creativa, interpretativa. Ma questa “creazione” o “ri-creazione” che si verifica nell’istante dell’esecuzione non può mai prescindere dalla propria tradizione e dal rispetto di quei principi che essi soli possono far parlare un’opera d’arte classica, in quanto essi soli possono reggere quel ponte che ci lega con il passato. La tradizione è trasmissione, rinnovamento: ma è un rinnovamento all’insegna della continuità. Un teatro lirico fatto di registi e direttori d’orchestra, ma in cui i cantanti sono tali solo per modo di dire, è un teatro lirico snaturato, dimentico della propria essenza, alterato nei propri connotati genetici: è una cornice VUOTA. E’ un teatro che non ha più nulla da dirci, in quanto morto e putrefatto.

    Saluti

  39. penso che con tutte queste teorie caro Cesco non si vada da nessuna parte,e non si puo paragonare l'opera ai classici di lettura,ristampati e sempre uguale,come nemmeno ai quadri sculture ecc.- tu stesso hai detto che mentre un quadro una scultura è ben visibile,magari con un restauro prestarsi a una migliore letture e visione-la musica in tutti i generi e una cosa astratta scritta su delle pagine,e quindi va eseguita,tornando all'opera anche ammettendo che sia morta nella componente compsitiva e creativa,non è affatto morta come esecuzione,perche deve essere eseguita possibilmente da musicisti preparati e da voci altrettanto all'altezza da potere trasmettere al pubblico quello che il compositore voleva esprimere,come anche è importante che un regista possibilmente bravo sappia raccontare e fare vedere al pubblico una sua visione della trama e della storia del melodramma che si stà recitano,dando anche mandato ai tecnici delle luci e allestimenti le indicazione di quello che lui vorrebbe.
    Come già una volta ho scritto la parte musicale è fondamentale e deve essere eseguita fedelmente e bene,nelle possibilità e capacita che hanno i musicisti e cantanti quindi se questa parte non funziona tutta la recita crolla,invece se qualcosa non funziona nella regia o allestimento
    ci possono essere dei deficit,ma la recita non crolla.
    Poi da quando io ho capito che quando il direttore musicale dopo le prove prende in mano le redini,le sue direttive deventano proritarie,rispetto al regista_per lo meno per un direttore esperto_
    Cesco cerca di essere meno teorico e idealista,e più pratico,per me non tuteli niente,con questi discorsi,perchè non puoi fermare il tempo,e i suoi cambiamenti,non si può stare su un treno che viaggia(il tempo)e pretendere che fuori dal finestrino il paesaggio rimanga uguale.

  40. ho seguito la discussioe, sia in questo post, che in quello di carlotta, e mi sembra di capire che in fondo le posizioni di marchisio/cesconegre e quelle di duprez/ninci non siano poi così diverse:
    1)una cosa è la regia, una cosa è la cattiva regia: con la prima tutto viene meglio, con la seconda no
    2)il canto nell'opera è parte preponderante, e non ci si può esimere da questo
    3)l'opera è linguaggio complesso, composto da tre parti fondamentali: canto, direzione-orchestra, messinscena (regia e scenografie). Se tutti e tre funzionano, lo spettacolo funziona; se anche solo uno è deficitario, lo spettacolo non sarà mai completo. poi, s'intende, il melomane in senso stretto si preoccuperà più della qualità del canto, lo strumentista dell'orchestra-direzione, ma alla fine è questione di prospettive personali, credo.

  41. Certamente un fondo di gusti e sensibilità personale, condiziona necessariamente opinioni e ragionamenti. Però trovo difficilmente conciliabili, concettualmente, le due posizioni. Si può anche prendere atto di questa divergenza senza trovare, per forza, la sintesi (che "puzza" un po' di classica soluzione all'italiana per salvare capra e cavoli). Io ribadisco e rivendico l'autonomia della mia posizione, rispettando, ovviamente, l'opinione contraria (spero ricambiato in questo, anche se talvolta ho dubitato). Ho sempre avuto una concezione laica e non assolutistica o estremista. Mi seccano le lezioncine e gli integralismo (per non parlare delle ortodossie e relative inquisizioni). Venendo al merito, credo che vi siano precise divergenze di fondo nel modo di concepire l'opera:
    1) per me l'opera è teatro, e nel teatro (almeno da 2 secoli) la regia è aspetto fondamentale per meglio servire le ragioni artistiche del testo.
    2) ovviamente l'opera necessità linguaggi differenti dalla prosa: la musica è aspetto condizionante e il buon regista d'opera non deve sopraffarne i valori né considerare i cantanti come meri attori (quindi dovrebbe riuscire a non impedire la corretta esecuzione musicale).
    3) l'opera no è morta dal punto di vista creativo, semplicemente ha perso la sua funzione sociale per diventare fenomeno meramente artistico: all'epoca di Bellini, Donizetti e Verdi, il melodramma era genere di consumo, e quasi mai venivano riesumati spettacoli del passato. Era genere contemporaneo. Oggi il cinema, ad esempio, ha occupato quegli spazi.
    4) l'opera, conseguentemente al punto precedente, non può essere ritenuta un museo, perchè necessità dell'intervento umano, dell'interprete attuale, che non si limita a eseguire le note, ma necessariamente le declina secondo sensibilità e visioni personali. Tale sensibilità è quella dell'uomo moderno, in nulla paragonabile a quella dei creatori dei ruoli o dei compositori. E' scontato, dunque, un apporto creativo. Naturalmente occorre una tecnica, da padroneggiare con competenza. E, soprattutto, la conoscenza dello stile adatto: proprio perchè l'opera non è più genere attuale e contemporaneo, ma riproposta di generi passati.
    5) la tradizione è ovviamente ineludibile, nel senso che essa fa parte del bagaglio culturale della nostra civiltà musicale. Ma non è un totem, non è un oggetto di culto, sacro e immutabile. Perchè di tradizione non ne esiste una sola: o meglio quella che noi riteniamo tradizione è l'ultimo frutto di un'evoluzione storica e musicale. Senza arrivare a Furtwangler che la definiva come "l'ultimo brutto ricordo dell'ultima brutta esecuzione ascoltata", in effetti essa è semplicemente il modo in cui 10, 20, 50 o 100 anni fa veniva eseguito un dato repertorio: il fatto è che in realtà essa è cambiata con il mondo. Io credo che oltre alla nostalgia occorra pure la critica: certe cose avallate dalla tradizione sono francamente inaccettabili oggi (disponiamo di nuove fonti, di sensibilità diverse, di conoscenze maggiori): l'omissione delle cadenze originali nelle opere di Verdi, i tagli di cabalette o di seconde strofe, la sistematica semplificazione della coloratura, la riscrittura dell'accompagnamento orchestrale di Rossini per renderlo più gradito ai gusti più ruspanti del secolo XX, il forzato inserimento di puntature anche a costo di snaturare il brano, l'effettistica più volgare e sbracata, l'ottica "verdiana" o "verista" in cui qualsiasi repertorio veniva letto. E potrei continuare… Sono tutti elementi da rivedere criticamente, accogliendo dalla tradizione quanto di buono ha tramandato, tenendo da conto il suo esempio, confrontando, ma con capacità di autonomia, senza patire anatemi o crociate.

  42. 6) l'artificiosità del concetto di "depositario" della tecnica corretta in virtù della filiera che porta dall'interprete preso a riferimento con il creatore del ruolo. Mi spiego: ritenere che un cantante formatosi tra fine '800 e primi '900 sia stilisticamente più attinente ai ruoli rossiniani per il semplice fatto che risalendo a ritroso nel suo insegnamento si arriva alla Pasta o alla Colbran (e lasciando intendere che una specie di proprietà transitiva abbia trasfuso nel cantante novecentesco le vere intenzioni di Rossini) è un falso storico. E' come dire, mi ripeto, che Kempff suona ESATTAMENTE come Beethoven, dato che andando a ritroso nella teoria dei suoi maestri si arriva al genio di Bonn: in realtà tra Beethoven e Kempff passano 2 secoli, durante i quali cambia il mondo della musica, e tale cambiamento influisce su maestri e allievi (peraltro tra di essi vi fu Liszt: sfido chiunque a ritenere che Liszt e Beethoven siano in qualche modo assimilabili nello stile pianistico). Basta pensare la trasformazione di Rosina, da mezzo a soprano coccodé, operata dalla tradizione, avallata da illustri cantanti che, di fatto, snaturano la musica di Rossini, infarcendola di elementi che stilisticamente non c'entrano nulla. Ora criticare un cantante che esce da questa mala tradizione in nome di una crociata levata in nome di tale Tradizione è un non senso, perchè con l scusa di tutelarlo, si compromette il compositore e la sua musica.
    7) Infine, il ruolo del direttore. Con tutto il rispetto per il lato meramente esibizionistico dell'opera (ma quale? forse il solo repertorio del melodramma, musicalmente involuto e tecnicamente poco rifinito, schiavo di formule e convenzioni rigide), penso che il teatro musicale sia qualcosa di più di un intrattenimento. Penso che sia soprattutto musica (canto e orchestra ugualmente). E la musica necessita oltre che di interpreti strumentali e vocali di tutto rispetto, anche di un direttore che sappia imporre una coerenza al tutto. Mi stupisce leggere accuse ai direttori che "imporrebbero la loro volontà al cantante". Ma un direttore deve imporsi a coro, orchestra e cantanti. Deve conoscere il canto e il materiale di cui dispone, certo, ma non può rinunciare alla sua funzione e alla sua autonomia. Il direttore dirige, non accompagna solamente. Impone un'interpretazione. Che poi va giudicata, certo, ma non si può lamentare il fatto che svolga il suo dovere. Del resto Il grande direttore sa declinare la propria arte a seconda del cantante (e non solo Furtwangler – che poco o nulla c'entrava con l'opera italiana – ma anche Abbado, Sinopoli…e pure Muti, in fondo). Anche qui non è questione di tradizione o di "fighetti wagneriani" (rubo l'espressione perchè esemplifica un atteggiamento diffuso). Il direttore, dunque, non deve più essere schiavo dei capricci e dei vezzi di primedonne vere o presunte. Non può più permettersi di essere un metronomo vivente, né può disinteressarsi dei coprotagonisti (come accadeva sistematicamente nelle scorribande donizettiane della Caballé). A lui competono le scelte interpretative. A lui, dunque, applausi o fischi. Non rimpiango né i primi violini né i battisolfa. Peraltro, quanto paiono brutte certe opere con direttori scadenti? La Sonnambula cremonese è un esempio: opera tra le mie preferite, a causa di una direzione manchevole mi è sembrata un'operaccia!
    Ecco, io rivendico queste mie convinzioni, che non vogliono affatto negare l'importanza (anche centrale) del canto, né vogliono avallare lo scempio che spesso oggi ci tocca ascoltare (ritengo la tecnica corretta il punto di partenza imprescindibile). E voglio, da questo mio punto di vista "tutelare l'antica arte del canto", che è prima di tutto arte. E musica.

  43. Una postilla (per evitare fraintendimenti): il canto, soprattutto il belcanto e il successivo melodramma, ha da essere esibizionista. Lo è per natura. Ma non fine a sé stesso. Non basta, cioè, l'acuto, la cadenza, il passaggio, nell'opera io pretendo una continuità del discorso musicale. Un senso. Un significato.

  44. lungi da me cercare una sintesi per conto vostro, cercavo di prendere io stesso una posizione, perché mi interessa, in una diatriba interessante ma che mi vede in difficoltà: da una parte il discorso di duprez/ninci sull'opera lirica teatrale in senso ampio, che fornisce una visione d'insieme sia su tutta la varietà di linguaggi dell'opera sia sulla sua evoluzione storica; dall'altra la posizione più particolare di carlotta/cesconegre che analizza con congnizione di causa lo stato dell'attuale teatro di regia e del canto lirico. francamente, per quel che può valere la mia opinione, credo che in tutte e due le posizioni esista una, e più di una, verità di fondo, innegabile. il mio tentativo di sintesi era per lo più l'espressione di una mia necessità di far chiarezza e di prendere dalle due posizioni, ciò che a me pare più interessante, senza voler estendere questo mio tentativo, peraltro estremamente semplificante, a tutti.

  45. Certo, colpisce vedere un giovane rinnegare in questo modo la faticosa strada che ha percorso il teatro lirico negli ultimi cento anni per rinnovarsi
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    c'est vraiment du n'importe quoi!
    Negli ultimi 100 anni il teatro lirico ha subito solo un osceno e atroce declino e che un giovane se ne renda conto significa che forse non è tutto definitivamente perduto!!!

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