Hipólito Lázaro: Mi método de canto. Quinta e sesta lezione

LEZIONE 5

Arpeggi, scale, portamenti, terze, quarte, quinte, seste e ottave.

Donzelli: La quinta lezione di canto di Hipolito Lazaro è interessante per due aspetti il primo è proprio l’incipit ossia il “presupponendo”, perche il tenore qui nei panni del maestro, presuppone ossia da per scontato che il cantante e l’apprendista cantante proceda nell’apprendimento del canto con solide basi ovvero mediante la gestione del fiato e l’esatta collocazione della voce nei punti che consentano la risonanza della stessa. Nei video che abbiamo utilizzato, ricorrendo a cantanti di lunga e solida carriera è evidente che tutti conoscano questa grammatica del canto. A questo presupposto si attiene anche Lazaro. Oggi a questo principio non si attiene più nessuno perché basta andare in teatro e prestare anche occasionalmente attenzione a come respiri chi sta sul palcoscenico per sincerarsi che, salvo autentiche e rare arabe fenici, nessun cantante dispone di “solida preparazione nel gestire la voce e il fiato”.
Il secondo è la codificazione del vecchio e consolidato insegnamento di risparmiarsi sugli acuti e di utilizzarli solo quando si è solidi professionisti per evitare la distruzione della voce. Confesso di non essere certo a chi faccia riferimento Lazaro. Attendo dai nostri lettori, conferme o smentite in punto. Ma a prescindere da ciò Lazaro descrive precisamente il fenomeno del precoce declino di chi affronti “di gola”, “di fibra”, di sforzo” gli acuti estremi. Forse, scrivendo la quinta lezione anche Lazaro ha fatto un po’ di autobiografia, perché l’abbondanza di opere veriste di scrittura marcatamente centrale non gli giovò punto. Però quello che Lazaro descrive come la rovina di chi spinga gli acuti oggi è il diffuso fallimento di voci che non sapendo fare quanto insegnato alla lezione terza non sono in grado di emettere suoni professionali al centro. Del registro grave o dell’acuto tacciamo.


Presupponendo una tua solida preparazione nel gestire la voce e il fiato e nel saperlo collocare dove necessario, credo sia conveniente iniziare questa lezione con una scala, per scaldare lo strumento vocale. Dopodiché farai arpeggi lentamente, e quindi terze, quarte, quinte, steste e ottave.
Nel fare questi esercizi non dimenticare di esercitarti ancora nei portamenti e nel passaggio dal petto alla testa, come ti ho indicato nella terza lezione.
Dal momento che in questa quinta lezioni ti trovi di fronte a note estreme, è conveniente che ti dia un consiglio da tenere bene a mente. Nel raggiungere suddette note, qualora la tua voce non sia estesa a sufficienza, non è necessario sforzare le corde vocali; se le sforzi per ottenere maggiore estensione di quella che possiedi di già, la tua voce, in breve tempo, inizierà a “ballare” fino a rompersi, come volgarmente si dice nel mondo lirico.
Riguardo a questi nuovi insegnamenti, ti racconterò un episodio che credo ti servirà come esempio per il tuo futuro.
Quando cantavo nel Teatro Reale di Budapest, un eccellente baritono che era solito recitare nel ruolo di “Hamlet” decise di cantare il ruolo di Mefistofele del “Faust” di Gounod, per rispondere a certi critici che sostenevano una sua incapacità nel cantare nel registro basso. Gli dissi che questa scelta non era corretta. Tuttavia riuscì a portare in scena l’opera. Conclusasi la rappresentazione, venne da me a chiedermi un parere (eravamo ottimi amici e compagni, conosceva la mia sincerità; oltretutto diede a me numerosi consigli). Gli risposi che non mi era piaciuta. Si offese leggermente senza arrabbiarsi. Nella stagione 1912/13 andò a Roma, e, in segreto, trascorse tutto l’anno studiando da tenore. Nel 1914 ci incontrammo nel Gran Teatro de las Americas e quando ebbi occasione di sentirlo, mi apparve un cantante che non era neanche lontanamente l’ombra di quel che era stato. Gli chiesi la causa. Dopo un breve tentennamento, mi confessò che per un semplice capriccio si era messo a studiare l’Otello verdiano. Morale della favola: per aver sforzato fino all’eccesso le corde vocali, queste finirono per rilassarsi e lui per perse tutte le sue eccelse doti del passato, pur essendo poco più che trentenne.

LEZIONE 6

Scale, arpeggi, scale cromatiche e ottave con preparazione.

Inizierai, come ben sai, con una scala lenta per scaldare la voce. Così facendo avrai un controllo totale di questa.
Successivamente, nella medesima forma che ti ho illustrato, farai scale cromatiche senza stancarti di ripeterle facendo molta attenzione nella collocazione dell’emissione del suono e nella direzione del fiato. Se è ben collocato nel ponte, i semitoni saranno perfettamente intonati. Se invece non è posto dove di dovere, farai scale stonate: qualora succedesse ciò senza capacità di rimediare, smetti di cantare e dedicati ad altro.
Quando fai una scala, non dimenticarti di praticare le note estreme, sovra-acute; il do, il re e il fa e se riesci il sol, fallo. Mi rivolgo in particolar modo alle fanciulle da soprano leggero: a costoro è sufficiente un re sovra-acuto, come i tenori; ricordati che, se non ti eserciti, perderai queste note, e se anche canti con voce d’angelo, con sapienza, rimarrai uno dei tanti. Ricorda che queste note ti daranno le soddisfazioni più grandi ed importanti. E soprattutto i soldi.
Fai sempre il necessario per avere la voce “montata” con la vocale O, per renderla omogenea, possibilmente scura, poiché di miglior qualità. Dico scura perché la voce ha colore che gli dà la natura, ma con lo studio si possono ottenere diverse modifiche: tutto ciò dipende dal cervello di ciascun cantante.
Bisogna porre molta attenzione alla collocazione di ogni nota per poter superare, in ogni difficoltà che ti troverai davanti, ogni sorta di ostacolo con facilità. Ricorda la prima lezione: la collocazione del suono è la base per far bene il passo di voce dal petto alla testa. Qui sta il vero problema: nel saper condurre il fiato al ponte armonico.

Donzelli: Certo che Lazaro ragiona proprio da tenore e da tenore spagnolo quando ritiene che siano gli acuti a dare fama e ricchezza. Non solo per Lazaro il soprano per eccellenza è il soprano di coloratura stile Barrientos o Galli-Curci (due sue partners quasi fisse).
Anche qui qualche chiosa. Prima l’importanza dell’esercizio per mantenere la voce e le sue “conquiste tecniche”. Su un termine vorrei fermarmi “voce d’angelo”. Spesso ed in molte sedi quelli del corriere della Grisi sono stati contestati e derisi quando parlano di voce astratta, di purezza di timbro. Il termine voce d’angelo è da sempre riferito alla voce astratta ed asessuata del castrato e più in generale del belcantista. A questo tipo di suono che non pesa, che sembra volare per il teatro hanno, sulla scorta della tradizione fatto riferimento.
Voce scura. È uno dei grandi equivoci dell’insegnamento del canto e uno dei punti di forza degli incapaci ad insegnarlo, che ottengono allievi ingolati e corti, predicando loro di “cantare scuro”. Voce scura non sono i suoni bitumati degli imitatori di Del Monaco e della tecnica dell’affondo, ma i suoni sostenuti dalla respirazione che per continuare ad essere tali non posso che essere oscurati, altrimenti sarebbero i suoni aperti e bamboleggianti di certi tenori leggeri di oggi o di soprani di coloratura di ieri. Come sempre gli esempi sono assai più validi ed eloquenti delle parole.

4 pensieri su “Hipólito Lázaro: Mi método de canto. Quinta e sesta lezione

  1. Molto interessante. Da notare poi che Lazaro dice di vocalizzare fino anche al SOL sopracuto. Si tratta chiaramente di note di testa, obbligatoriamente sul fiato, non sulla gola. Lazaro ragiona da tenore contraltino, quello che poi lui era. E dice cose sacrosante: l'importanza fondamentale di educare il fiato affinché il suono percorra "l'arco armonico", e la voce sia posata nel modo corretto. E' il principio fondamentale per poter sviluppare la voce nei suoi registri naturali, eguagliandola e rinforzandola. Quel principio che oggi i maestri in gran parte violentano, non avendo la benché minima idea del corretto suono cui la voce va educata: ciarlatani che spendono tante parole, ma nei fatti non sanno niente.

  2. Molto interessante. Da notare poi che Lazaro dice di vocalizzare fino anche al SOL sopracuto. Si tratta chiaramente di note di testa, obbligatoriamente sul fiato, non sulla gola. Lazaro ragiona da tenore contraltino, quello che poi lui era. E dice cose sacrosante: l'importanza fondamentale di educare il fiato affinché il suono percorra "l'arco armonico", e la voce sia posata nel modo corretto. E' il principio fondamentale per poter sviluppare la voce nei suoi registri naturali, eguagliandola e rinforzandola. Quel principio che oggi i maestri in gran parte violentano, non avendo la benché minima idea del corretto suono cui la voce va educata: ciarlatani che spendono tante parole, ma nei fatti non sanno niente.

  3. Molto interessante. Da notare poi che Lazaro dice di vocalizzare fino anche al SOL sopracuto. Si tratta chiaramente di note di testa, obbligatoriamente sul fiato, non sulla gola. Lazaro ragiona da tenore contraltino, quello che poi lui era. E dice cose sacrosante: l'importanza fondamentale di educare il fiato affinché il suono percorra "l'arco armonico", e la voce sia posata nel modo corretto. E' il principio fondamentale per poter sviluppare la voce nei suoi registri naturali, eguagliandola e rinforzandola. Quel principio che oggi i maestri in gran parte violentano, non avendo la benché minima idea del corretto suono cui la voce va educata: ciarlatani che spendono tante parole, ma nei fatti non sanno niente.

  4. Molto interessante. Da notare poi che Lazaro dice di vocalizzare fino anche al SOL sopracuto. Si tratta chiaramente di note di testa, obbligatoriamente sul fiato, non sulla gola. Lazaro ragiona da tenore contraltino, quello che poi lui era. E dice cose sacrosante: l'importanza fondamentale di educare il fiato affinché il suono percorra "l'arco armonico", e la voce sia posata nel modo corretto. E' il principio fondamentale per poter sviluppare la voce nei suoi registri naturali, eguagliandola e rinforzandola. Quel principio che oggi i maestri in gran parte violentano, non avendo la benché minima idea del corretto suono cui la voce va educata: ciarlatani che spendono tante parole, ma nei fatti non sanno niente.

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