Hipólito Lázaro. Mi método de canto: lezione ottava

Nella presente lezione farai molta pratica nelle agilità e nei trilli. Se te le avessi insegnate prima di dominare totalmente il fiato, avresti corso il pericolo di trovarti la voce fissa nella laringe poiché queste vanno eseguite con la voce leggermente abbassata – nel modo che ti ho indicato nelle precedenti lezioni e cioè come se volessi riscaldarti i polpastrelli delle dita, senza pensare di dover dirigere il fiato al labbro superiore poiché se lo conduci in questa posizione non riuscirai mai a fare le agilità e i trilli. Dunque, mettiti davanti allo specchio, inspira e poi espira molto lentamente e nella stessa direzione in cui mandi il fiato devi collocare la voce. Imparata questa posizione, che solo ti servirà per fare perfettamente le agilità, farai un ripasso delle scale lentamente e ogni tanto ripasserai fra una scala e l’altra gli esercizi che ti ho dato nella terza lezione riguardante il passo di voce. E farai anche arpeggi, scale cromatiche e note larghe come nella seconda lezione affinché tu non perda il dominio della collocazione del fiato al ponte o arco armonico.

 Due cose dice Lazaro. La prima piuttosto ovvia ovvero che la voce debba essere scaldata prima di cantare e richiama a questo fine gli esercizi menzionati in altri parti del proprio trattato di canto. La seconda importantissima ovvero che le agilità si fanno sul fiato e non nel fiato. Aggiungo che l’ascoltatore attento si accorge sempre nell’ascolto se l’esecuzione sia o meno corretta sotto il profilo tecnico. Le agilità nel fiato danno sempre l’idea di qualcosa di accennato e pasticciato contrapposto al nitore ed alla scorrevolezza di quelle sul fiato.

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Per fare le agilità alla perfezione, dovrai eseguirle molto lentamente. Successivamente continuerai con un “affrettando” fino ad eseguirle nel tempo originale.

Anni fa nel corso di una intervista radiofonica Marilyn Horne, parlando dello studio dei passi di agilità, ribadì questo assunto, ossia che le agilità si imparano o meglio “si mettono in gola” in tempi lenti per poi eseguirle nel tempo stabilito.

Questo esercizio ti porterà via molto tempo poiché, per farle bene, devi esercitarti costantemente e lentamente. Quando sarai sicuro potrai iniziare a studiare alcuni punti del “Barbiere”, nei quali potrai trovare grande quantità di materiale per esercitarti. Questa era la prima opera che studiavano gli artisti dei secoli precedenti, cantanti che affrontavano tutti i generi lirici e le cui qualità vocali duravano più a lungo poiché erano in possesso di una tecnica decisamente più sicura e corretta di quella di oggi.

 Il barbiere di Siviglia rimane, nella mentalità di Lazaro, per il tenore anche di genere spinto il mezzo più idoneo per esercitare la vocalità. Per la verità anche dopo Stagno e Masini, che furono conte d’Almaviva molto famosi è documentato che tenori di peso e ampiezza da repertorio spinto (sino a Wagner, il tardo Verdi e Strauss) come Jadlowker e Constantino cantarono il Conte. Tanto per essere polemici è come se oggi un Alvarez od un Kaufmann alternassero a Radames e Lohengrin il tenore del Barbiere. Con queste capacità vocali e cognizioni tecniche la frase conclusiva di Lazaro diviene scontata. Soprattutto insegna che allora come oggi non era pronunciata per polemica nostalgia, ma per oggettivi e documentati motivi. Oggettivi e documentati motivi che si chiamano, appunto, Herman Jadlovker e Florencio Constantino e, preciso, non sono i soli.

(traduzione a cura di Manuel García)

 

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13 pensieri su “Hipólito Lázaro. Mi método de canto: lezione ottava

  1. C’è un errorino nel riportare il commento relativo alla Horne (andrebbe messo in corsivo).

    Questo è un un video che riporta quello che dice la Horne sulla coloratura handeliana:
    http://www.youtube.com/watch?v=BoFMXsgeg58
    “you have to start very slowly / you gotta get it in your head before you can get it into your technichal part of your voice”
    Per i non anglofoni: “bisogna iniziare molto lentamente / bisogna averlo nella testa prima di averlo nel bagaglio tecnico della propria voce”

  2. Bellissimo l’ascolto della Berganza – coloratura perfetta! Sentire come la coloratura della Bartoli non sia per niente appoggiata ma tutta di gola (e direi fiato e basta).

    Altrettanto interessanti quelli di Jadlowker e Costantino, per quanto diversi vocalmente in termini di colore (notavo molte variazioni simili).

    • Questa è una grande verità, e credo non appartenga solo alla scuola di Lauri Volpi ma a qualsiasi scuola di canto degna di tale nome. E’ un principio fondamentale, nel canto ed in generale nella musica. Il canto, la musica, dipendono prima di tutto dalla mente.

    • Un artista si giudica per ciò che fa a teatro. La Bartoli a teatro non esiste, è esclusivamente una creazione artificiale, discografica, fasulla. Per cui, la Bartoli come artista è una nullità totale, sulla quale non ha senso spendere ulteriori giudizi.

    • ci sono artisti per cui il teatro francamente non serve. per capire che la bartoli canta male basta ascoltare. piuttosto sono cantanti come Pavarotti, o la Sutherland la cui espansione ella voce in teatro non si ppuò riprodurre in disco…

    • Dalle registrazioni si capiscono molte cose, ma vanno sempre prese con cautela, perché la musica va sentita dal vivo. Le registrazioni che ascolto io sono prevalentemente vecchi cimeli a 78 giri o possibilmente in cilindro, sui quali non c’è ragione di dubitare in quanto erano cantanti che si formavano a teatro, dove il pubblico li selezionava, li portava al successo, o li giustiziava, quando era il momento. Il disco a quel tempo era solo una curiosità, un giochetto, non certo uno strumento di ipnosi come oggi. Sicuramente non erano cantanti imposti al mercato attraverso le alchimie della sala d’incisione.

      • Prima il disco era un vero e proprio punto di arrivo della carriera di un cantante: vedi Caruso, Gigli, Lauri Volpi e Schipa, la Caniglia, la Patti stessa e la Galli Curci che incisero tanto da metà carriera perché forti di un contratto con La Voce del Padrone (e tante apparizioni in teatri anglofoni).
        Non so dire se questo poi portò a una maggiore scritturazione dei cantanti, peraltro famosissimi quando incisero i loro dischi, però come fai notare, Mancini, ora si assiste ad una quasi inversione di rotta: faccio prima il disco e poi calco le scene!
        Non è espressamente così (mi sembra) perché almeno qualche recital di canto si fa ancora prima del disco, però è una strada che credo a breve si batterà!

        • Sì, nel caso della Patti quando incide i dischi è già una vecchia signora ritiratasi dalla carriera professionale, nel suo castello, mi pare in Scozia. A quel tempo erano i discografici a dover correre dietro alle grandi dive, che guardavano con scetticismo e snobismo a queste nuove tecnologie. La divina Nellie Melba ad esempio fu lungamente corteggiata prima che accettasse di incidere un disco, e dovettero poi trasportare tutta l’attrezzatura nella sua dimora privata a Londra.

  3. Scusate se mi dissocio dalla discussione. Vorrei esprimere tutta la mia perplessità trovandomi ad ascoltare quella che è definita la più grande mezzo-soprano del mondo. Ridicolo il modo in cui il direttore velocizza il già veloce Vivaldi pur di far fare più agilità alla Bartoli. concordo pienamente con gli altri.
    Complimenti al signor Donzelli!
    Vostro, Filippo II

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