DONIZETTI FESTIVAL: BELISARIO

Il raro Belisario ha inaugurato l’edizione 2012 della rassegna musicale bergamasca dedicata a Gaetano Donizetti. L’opera – composta per Venezia nel 1836 – ebbe subito grande successo, tanto da essere replicata in Italia e in Europa (in particolare in Germania dove piacque molto l’impianto orchestrale e declamatorio) sino al 1899 a Coblenza (ultima rappresentazione nota nel secolo XIX). Poi sparì sino al 1969 quando Gavazzeni e Leyla Gencer lo fecero rivivere sul palcoscenico che l’aveva tenuto a battesimo: la Fenice di Venezia. Belisario è titolo difficile e poco generoso con il pubblico (la dimensione belcantista è decisamente subordinata alle valenze drammatiche e i numerosi cori e marce – non sempre riuscitissimi – non contribuiscono a rendere scorrevole una partitura che si fonda su di un declamato spinto piuttosto che sullo sfogo lirico o sul virtuosismo vocale) e reso particolarmente farraginoso da un libretto che cerca di condensare troppi fatti e troppe suggestioni classiche (un antefatto poco comprensibile e drammaturgicamente improbabile e il riflesso di Antigone e di Edipo), col risultato di apparire sbrigativo nel susseguirsi degli eventi che portano alla rovina del generale, ingenuo nell’agnizione del figlio ritenuto morto, inverosimile negli sbalzi umorali della moglie Antonina e troppo rapido nello scioglimento: un bignami di situazioni melodrammatiche poco connesse tra loro cui Donizetti cercherà di dare  un minimo di unitarietà (riuscendoci compiutamente nel solo atto III). L’opera – proprio per la prevalenza dei valori espressivi sulla bellezza del canto – pretende cantanti che sappiano coniugare entrambi gli aspetti ed un direttore capace di esaltare la robusta scrittura orchestrale. A Bergamo sono mancati entrambi. E spiace constatare come anno dopo anno questo festival non riesca a trovare formule soddisfacenti nella riscoperta e valorizzazione dell’autore italiano che – più di tutti (Verdi in primis) – necessiterebbe di un serio lavoro critico. Perché certe operazioni hanno senso solo se condotte con un determinato grado di coscienza e realismo. Realismo che avrebbe dovuto consigliare un cast più equilibrato, a cominciare dalla incredibilmente trionfatrice Antonina di Donata D’Annunzio Lombardi che oltre a palesare difficoltà nelle zone acute della tessitura (risolte, spesso, con forzature e chiusure nel tentativo di mezzevoci artificiose) teneva una condotta scenica semplicemente inaccettabile: ora è vero che l’impianto tradizionale poteva suggerire una certa retorica d’antan, tuttavia c’è un limite agli atteggiamenti adatti più alle divine del muto che ad una moderna rappresentazione teatrale, con lo sfoggio di tutto l’armamentario di mani sul cuore, sguardi fieri, movimenti ampi e rallentati, occhi strabuzzati o rivolti al cielo etc. Insomma tanti e tali eccessi da trasformare la tragedia in parodia. Non pienamente soddisfacenti – ma meno problematici della suddetta – Dario Solari (un Belisario piuttosto giovanile, con un timbro abbastanza nobile e piglio fiero, ma troppo sbandato nell’intonazione) e Annunziata Vestri nel ruolo della figlia Irene. L’Alamiro/Alessi di Andeka Gorrotxategui ha offerto una performance poco bilanciata (in affanno, soprattutto, nell’atto II): la voce è scura (temo più per artifici che per natura e caratteristiche) e ricorda Bruce Ford nel timbro compattato (ma solo in questo). Evidente lo sforzo di gola che ha compromesso gli episodi solistici. Incommentabili Eutropio e Giustiniano. Il direttore Roberto Tolomelli fa quel che può (poco) per tenere insieme la compagine del teatro…senza grandi risultati, a conti fatti. La regia – rigorosamente tradizionale – non ha aggiunto nulla all’esito della serata: certo l’impianto scenico fisso (un porticato in mattoni da tarda romanità) poteva essere più suggestivo e certe sviste dovevano essere evitate (Irene riconosce l’iscrizione sul medaglione di Alamiro ad almeno 30 metri di distanza; Eutropio viene ucciso due volte etc…), belle invece le luci, soprattutto il finale. Che dire? Non sono uscito soddisfatto da teatro e mi sono discretamente annoiato: se questo è l’omaggio che Bergamo tributa al suo illustre cittadino forse, per il futuro, sarebbe meglio evitare.

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102 pensieri su “DONIZETTI FESTIVAL: BELISARIO

  1. la meraviglia, lo stupore sono gli applausi del pubblico bergamasco neppure assistesse alla più riuscita processione di sant’alessandro o al rito del “rasga a ‘egia”
    per tacere di certa critica che si auspica cantanti decorosi per un titolo , questo come se la più parte della produzione romantica italiana non fosse stata scritta per numeri uno. e siccome le orecchie sono ancora funzionanti e i video vengono trasmessi dalle TV locali devo auspicare chiusura del festival o serissimo ripensamento, anche se le forze canore oggi in campo inducono ad optare per la prima soluzione

          • No, cercando di mettere in scena le opere adatte a questo tipo di voci leggere invece di mandarle allo sbaraglio in opere tragiche e pesanti pensate per voci e interpreti di ben altra caratura.
            Se non si capisce questo!

          • Se non si capisce questo gran parte delle interpreti di Lucia di Lammermoor, tanto per dirne una, di questo secolo (cioè di cui si ha memoria acustica) è azzeccata! Eppure… e allora che senso ha accanirsi su un modello? Lo spettacolo, così come il gusto e lo stile avanzano e cambiano: andate a sentire le riprese di Haendel degli anni 50, cos’hanno in comune con oggi? Eppure li trovo esperimenti pregiati!

  2. Le manifestazioni (provinciali nel senso peggiore del termine) in cui, con il pretesto di celebrare il genius loci, si celebra puntualmente l’insipienza degli organizzatori e la faciloneria del pubblico, alla fin fine si somigliano un po’ tutte. Certo a Bergamo, che nel passato ha conosciuto anche stagioni assai valide, la cosa delude un po’ di più rispetto ad altre piazze.

      • Scusa GLD, visto che avete accennato all’argomento, ne approfitto per chiedervi un consiglio sull’opportunità o meno di partecipare agli spettacoli della stagione di Cremona. Da appassionato di Belcanto, ero rimasto favorevolmente colpito dalla scelta dei 5 titoli (il massimo con la Lucia) e avevo mezza idea di assistere ai Capuleti e Montecchi di Bellini. Siccome vengo da Padova, che non è proprio dietro il corner, e sono uno studente squattrinato, secondo voi mi conviene evitare? Perché in effetti io detesto le rivisitazioni/manipolazioni sceniche da intellettualoidi (sulla falsariga di un Sigismondo ambientato in un manicomio, o di opere ambientate a Roma trasposte nel Ventennio, giacche e cravatte in opere del ‘600, giacconi di pelle nera lucida lla Matrix et sim. porcherie) e non voglio buttar via i soldi. Tuttavia avevo anche letto qui sul CdG che a Cremona sono soliti realizzare buone esecuzioni…

  3. Ho assistito all’opera, e condivido la recensione di Duprez. Non comprendo come certa critica possa definire “spettacolare” la D’Annunzio…Solari non l’avevo mai sentito dal vivo, e come resa del personaggio poteva essere convincente, ma l’intonazione ballerina rovinava un po’. Il direttore non lo conoscevo, la prova non è stata delle migliori, c’erano problemi di coordinamento e una certa apatia nella concertazione. scene davvero essenziali e tradizionali (ma potevano starci); una regia purtroppo senza idee.

    Insomma, uno spettacolo senza infamia e senza lode, si poteva (e si doveva) far di più.

  4. Il pubblico bergamasco della prima del Belisario era tanto competente quanto quello, milanese, che questa sera ha applaudito la prova generale di Bohème, e non dissimile da quello , non solo di Pavia, Metz, o Gelsenkirchen, ma anche di Parigi, Buenos Aires, Londra, Berlino, che applaude la stragrande produzione operistica degli ultimi quindici anni.

  5. Non ho assistito alla recita domenicale, ma lo spettacolo offerto alla prima, era infimo sotto l’aspetto vocale (coro compreso), inesistente sotto l’aspetto registico, noioso sotto l’aspetto direttoriale, sobrio sotto l’aspetto scenico.

    • Mi sembra un giudizio eccessivo (io c’ero) e mi verrebbe da chiederle perché non si chiude in casa ad ascoltare i dischi del passato (che spesso sono le recite migliori, perché anche nel passato ci potevano essere serate no) e la smette di andare a teatro!? Un atteggiamento critico non dovrebbe considerare un po’ meglio tutti gli elementi?

        • Sì, no e ni lo fanno solo i posteri. La critica, e questa che si fa qui non è tale, si fa in base a dei parametri. Non in base all’umore, quella è la parte “popolare” del melodramma! Che certo deve esserci e c’è stata perché io gli applausi li ho sentiti!

          • Romanina cara, ma hai sporto le tue lamentele anche dove si fa la critica vera? Mi sa di no eh…

          • Cara Marianne, qui ho occasione di farlo perché sono una semplice spettatrice come voi. Altrove chi mi sta a sentire? Io lavoro nell’università, non in teatro! Ti scoccia che io dica la mia?

          • Romanina, non mi scoccia affatto che tu dica la tua, tutt’altro, i commenti servono a questo, ma se ci dai degli incompetenti e dei pettegoli, mi chiedo con quali luminari ti confronti.
            Poiché la risposta mi è chiarissima alla luce di questo tuo post allora il problema non si pone 😉

          • Allora perché tutto vi sembra da distruggere? Questo non mi è chiaro! Io non do dell’incompetente a nessuno! Non mi azzarderei, mentre il pettegolezzo, come ci insegna MArcello, è proprio del mondo teatrale… ed è la cosa che meno amo!

          • Cara Romanina tu ci hai dato degli incompetenti e dei pettegoli!

            Allora perché tutto ti sembra da salvare? Aspetto una risposta da musicologa

          • Perché eseguire permette comunque di conservare una prassi esecutiva. Se tutti si rifiutassero di fare Belisario (così come altre opere) si perderebbero delle occasioni: l’occasione di ascoltare è così importante!
            Secondo il vostro ragionamento, invece, quasi il 100% di quello che si mette in scena è da buttare… che senso ha questo atteggiamento? A cosa porta? Io non ho dato a nessuno dell’incompetente, ripeto. Se questo è passato dalle mie parole, mi dispiace.

          • E’ giusto quello che dici: eseguire permette di ascoltare e conservare una prassi esecutiva. Ma se non ho a disposizione dei cantanti capaci di onorare le parti scritte per una determinata vocalità, metterò logicamente in scena un’altra opera più consona ai mezzi a mia disposizione senza che il “Belisario” debba essere ricordato come una occasione mancata o una serie di brutte recite che si potevano evitare.
            Che senso ha invece farsi piacere tutto? In nome di cosa? Quali benefici porta se non prendere cantonate oppure fare dei passi falsi in nome della “buona volontà e dell’entusiasmo”? Operazioni del genere chi fa contento?

      • Per la Romanina :
        Ah, anche questa me l’ero persa.
        Quando mi chiedera’ come mai non mi chiudo in casa invece che andare a Teatro, le rispondero’. Nel frattempo le faccio sapere che il suo “considerare un po’ meglio tutti gli elementi” per me non ha nessun senso. Quali sarebbero tutti questi elementi? Parli chiaro.

        • @miguelfleta: vorrei porgliela io la domanda, senza alcun intento polemico, per vera curiosità: perché non si chiude in casa invece di andare a teatro? mi interessa la risposta perché mi è successo a volte di non voler andare più a teatro (anche se poi torno…)

          • Si va a teatro nella speranza di assistere a qualcosa di bello che ci consoli dello sfacelo che , spesso, ci circonda. A volte mi è capitato quasi inaspettatamente. L’anno scorso, ad esempio, è successo con la bella edizione di “Turandot” a Genova. Altre volte il tutto è talmente deprimente che si scappa al primo intervallo (I Capuleti e Montecchi dell’Aslico a Como, la settimana scorsa!)

          • Caro Aurelio, la mia mamma gestiva alla fine degli anni cinquanta un bar a Baggio, in fondo a via forze Armate. Sua collaboratrice era , la Sig.na Veli, che era, oltre che studentessa di canto, stata per anni aiuto cuoca a Gonzaga, in provincia di Mantova, in casa di un celebre soprano spagnolo sposatosi con un cittadino italiano. Nel Bar di Baggio, si riuniva la sera quella parte popolare, e non per questo meno attenta alle esigenze del buon canto, del pubblico che affollava a quei tempi il loggione del Teatro alla Scala e non solo. Le discussioni erano frequenti, non sempre espresse in termini eleganti, frastagliate, ma tutto sommato costruttive. I frequenti ascolti sui “tromboni” a 78 giri (alcuni di quei dischi ancora conservo), aiutavano a chiarire concetti sul canto operistico ma non solo, che gia’ a quell’epoca sembravano antidiluviani e, nonostante le accese divergenze, contrariamente a quanto succede al colto pubblico odierno, spesso, per non dire sempre, finivano con una stretta di mano ed un arrivederci al giorno dopo, per nuova disfida, ognuno mantenendo una propria opinione, ma, con qualche conoscenza aggiunta. Dalla parte della sig.na Veli, generalmente si schieravano i puristi del buon canto (a tutti i costi), dalla parte del Sig. Gatti , facoltoso proprietario delle Gatti Pompe Funebri adiacenti al bar, si schieravano invece gli ammiratori del canto “cunt el coeur in man” (anche questo a tutti i costi). In quell’ambiente sono cresciuto, a Teatro ci sono andato per la prima volta a sette anni, (Donizetti di Bergamo), all’Arena a otto, alla Scala a nove. Non sono un critico musicale, non studio canto, non mi occupo di regie, sono men che meno interessato alle luci ed ai costumi di una produzione pur essendo, penso, in grado di esprimere un giudizio su uno spettacolo, ho un’istruzione di basso livello, ho da tempo abbandonato la lettura dei sacri testi del sei, sette, otto, novecento ruiguardanti imposto, passaggio, emissione, controllo, e chi piu’ ne ha piu’ ne metta, arrivando a fidarmi (non per parafrasare la Brandt), del mio orecchio, della mia sensibilita’ e della mia testa, ovviamente fallibilissimi. Ma , l’amore infinito che provo, e sempre ho provato per l’arte del canto non riesce ancor oggi, in tempi cosi’ grami, ad abbandonarmi, ne’ ho perso la speranza di poter ritrovare uno stimolo nei tempi a venire. Sono inolte, esattamente come lei, curioso di sapere cosa succede nel mondo, quello operistico, che piu’ sento appartenermi, e quindi continuo, e continuero’ ad andare a vedere nuove produzioni, siano esse di mio gradimento o no, (non importa), ed ad esprimere un giudizio, popolare fin che si vuole, ma non per questo soggetto alle bugiarde regole, cosi’ almeno io le ritengo, dell’attuale critica togata. E’ questo il principale motivo della mia, da qualche mese costante presenza su questo blog,( al di la’ delle opinioni o personali o musicali ), sono legate al fatto che, questo sito mi da la possibilita’ di esprimere di cui ho sempre parlato . il Canto. E non potrei farne a meno. Come non potrei fare a meno di andare a teatro, approvato o meno, ma con delle convinzioni, che secondo me, sono un buon misto di qualita’, musicalita’, natura, colore, istrionismo, presenza, etc etc etc. Vado ateatro perche’ non posso farne a meno, caro Aurelio.

          • grazie delle risposte, immaginavo si trattasse di amore per il canto e curiosità – vi capisco, e ci sono zero dubbi che questo sia il posto giusto per parlarne.
            “tutti gli elementi”, di cui parla la romanina sono costituiti, in questo sito, dal canto. Dubito si possa criticare chi scrive perché non tiene in considerazione altri parametri: quei parametri, sui quali ogni tanto en-passant un giudizio è interessante leggere, non sono quelli che si chiede di valutare al corriere della grisi! (né sono quelli per cui io valuterei uno spettacolo d’opera)

  6. mi dispiace dissentire (così iniziava un edoardo bennato, spaesato fra tanti falsi saggi…) ma lo spettacolo che ho visto venerdì sera mi è piaciuto, eccome.
    certo non tutto era perfetto (ma lo sono anche le edizioni storiche a cui fate riferimento???, non lo credo proprio, visto che i dischi li ho anch’io, e che per esempio una volta si cantava donizetti come si canta verdi o puccini….) ma bisogna considerare la produzione in tempi di crisi in un teatro di provincia (ma anche alla scala, o al san carlo dove ho visto maria stuarda con la devia ma anche con un tenore con molte pecche, o parigi dove ho visto la muette de portici certo con dei cantanti criticabili, o un ‘le duc d’albe’ a gand con una produzione di nuovo criticabile sia come regia che cantanti) che non demerita rispetto ad altre piazze.
    il ruolo di antonina è stato cambiato all’ultimo momento, il tenore (seppure in affanno, e quindi calante, alla fine della sua aria) mi è piaciuto per proiezione e timbro della voce, il mezzo superata una difficolta iniziale si è districata bene nel suo ruolo con molta musicalità ed eleganza.
    idem per il protagonista dario solari (mi riascolterò l’opera con calma per sentire questi difetti di intonazione che non ho colto nella serata…).
    a mio parere il merito migliore va al maestro (che ho saputo essere un allievo di gavazzeni) che ha trattato donizetti finalmente da donizetti, e al coro (uno dei migliori che ho sentito nei vari teatri d’europa, e mi fa ridere sentire che qualcuno lo giudica infimo, pur rispettando pareri ben diversi dal mio)

    l’opera che non conoscevo (ho colmato il gap sentendo le varie versioni con la caballe e la gencer, e la gutierrez) mi è piaciuta anche per la sua peculiarità, per il fatto che ogni atto ha una sua identità e atmosfera propria, ma anche come opera sottilinea un clima classicheggiante-romantico diverso da una lucia o una maria stuarda (che pure sono opere ben più riuscite).
    ma sempre un’opera molto interessante da senitire ogni tanto, anche con un cast come quello visto e sentito a bergamo!
    sinceramente sentire dire che

  7. Ho assistito allo spettacolo domenica e condivido praticamente in pieno la recensione di Duprez. Anche io ho trovato insopportabilmente goffa la recitazione della D’annunzio, che cantava bene solo al centro, e ingolato il tenore, che, pur accettabile altrove, in Trema Bisanzio spingeva a più non posso. Allo stesso modo in La man terribile spingeva la Vestri, mentre Solari – qualche stonatura a parte- mi ha lasciato tutto sommato soddisfatto.

    Per quanto riguarda la regia, invero piuttosto banale (un esempio su tutti la iper-didascalica messa in scena dell’abbandono di Alessi durante la sinfonia), ho visto un tentativo mal riuscito di ricreare, tramite scene e costumi, il mondo visuale della Costantinopoli giustinianea: a parte il fatto che il libretto di Belisario mi sembra evocare una tarda antichità abbastanza classicheggiante, in mancanza di mezzi e di idee sarebbe stato meglio optare per un allestimento più sobrio, essenziale e “atemporale”. Voglio dire che o realizzi una messa in scena super sfarzosa che davvero ricrei il clima della corte imperiale (che era quella mezza schifezza del trionfo con le improbabili donzelle che presentavano le spoglie di guerra a Giustiniano?) o rinunci, le cose fatte a metà non vanno bene.

    Poi sarei un po’ meno severo col libretto, che non mi sembra così farraginoso come dici; al contrario gli avvenimenti si susseguono con una certa serrata logicità. Ricordiamo – come hai scritto tu e come scrive Guido Paduano nel bell’articolo del programma di sala – che ci troviamo di fronte a un dramma dall’ossatura classica. Liquidare come ingenue le scene di agnizione – certo che per noi moderni lo sono – significherebbe liquidare come inadeguate anche alcune parti di più di una tragedia di Euripide o di varie commedie di Plauto, dove scambi di persona, riconoscimenti rocamboleschi e rovesciamenti di fortuna, sono all’ordine del giorno. Pur nella loro paradossalità (ma forse in un mondo dove gli spostamenti erano più rari e difficili di oggi, neppure tanto), si tratta di topoi classici ben collaudati e sperimentati che nel nostro caso contribuiscono a dare al libretto la sua patina classicheggiante.

    • Un saluto a tutti: ero alla prima in platea una delle ultime file.-
      Il tenore col Cognome dimenticabilissimo ricordava Antonio Ordonez (che aveva fatto un paio di apparizioni nei primi anni 90 ad es. Stiffelio) ma molto in peggio. Quelle voci cosi strette scure dense ma strette non mi sono mai piaciute e restano limitate e corte. Ordonez perlomeno aveva più spazialità. Per me positiva la direzione (nei limiti della provincia) e le scenografie (nei limiti della provincia). La soprano non ha stonato ed é arrivata in fondo con dignità. Certo i piani erano tanto striminziti (forse ai piani alti arrivavano meglio). Ad ogni buon conto mi piace che la direzione artistica dia spazio a nuovi cantanti e nel caso specifico ha ottimizzato sulle proprie risorse e sulla difficile congiuntura. Certo la Signora D’Annunzio non pare una principessa che possa aspirare a diventare regina. Al massimo una contessa che potrebbe diventare duchessa. La parte é comunque rognosa (le edizioni con la Gencer lo dimostrano). Sul baritono le considerazioni del Sig. Duprez sono ineccepibili. Teniamoci stretto il Festival Donizetti che in prospettiva futura potrebbe darci ancora soddisafazioni importanti e piacevoli sorprese (come la buonissima prova della Agresta nella Gemma o quella assai divertente di Kunde nel Poliuto)

    • La recitazione “goffa” della D’Annunzio, non è altro che una recitazione da melodramma, statico e poco rappresentato come lo è Belisario che non ha dunque modelli scenici così frequenti, da contrastare o da seguire. Una resa in scenica, in linea con una regia tradizionale, che – proprio in quanto tradizionale – voi che tutelate l’antica arte dovreste apprezzare… com’è che non apprezzate mai niente?

          • I gesti melodrammatici, codificati fin dal 700, non mi sembrano un dramma!

          • No, e tu?
            Quindi non guardi film, non vai a teatro, non conosci le basi minime della recitazione, non comprendi quando un attore è bravo o meno, non sei capace di distinguere una recitazione caricata da una più logica e coerente… male Romanina, molto male!
            Se aspetti che te lo dica un regista….

          • Faccio molte di quelle cose e sono in grado di paragonare uno stile con un altro. Da qui a dire che uno è meglio dell’altro è forse un po’ presuntuoso.
            Non capisco la tua aggressività, in una discussione ormai sterile.

          • Aggressività? Al contrario, sono calmissima, tu piuttosto attacchi e nicchi nelle risposte, ma va bene così, ci siamo abituati!
            I confronti sono sempre esistiti e fanno parte del vivere quotidiano: ti sembra pretestuoso prendere una marca di dentifricio al posto di un’altra?
            Se la pensi così…

      • Cara Romanina, la mia risposta giunge un po’ in ritardo e in parte si sovrappone a quelle degli altri lettori o autori del CdG.

        Un conto è la recitazione statica, solenne, austera, nobile, fiera che si addice al personaggio di un’opera statica, solenne, austera, nobile, fiera e poco rappresentata come Belisario… un altro è la sua parodia.

        Se leggi bene non ho criticato la recitazione dell’intero cast, ma solo quella del soprano, che era veramente goffa e manierata, non mi vengono in mente altri termini. A volte sembrava addirittura parafrasare a gesti il testo del libretto, e comunque trovavo insopportabile quella maniera di muoversi così artefatta, poco spontanea e arcaica.

        Non si tratta, come tu dici, di difendere a tutti i costi la tradizione del passato… io ambisco ad una “tradizione moderna”, ad un “tradizionale attuale” che sappia coniugare il rigore del canto, la fedeltà ai dettami del libretto e della musica, al gusto e alla sensibilità moderni. E questo a mio modo di vedere a Bergamo non c’è stato (un esempio che mi viene in mente sono i Racconti di Hoffmann a Macerata nel 2004: un allestimento di Pizzi tradizionale, rispondente al libretto e ai suoi dettami, ma fresco, moderno, essenziale, senza fronzoli….)

        Poi cosa vuol dire che la recitazione deve giudicarla il regista? Io, come semplice spettatore, dovrei prendere come un atto di fede ciò che mi viene imposto dall’alto solo perché proviene da un “addetto ai lavori”? Ma sono un essere pensante (e pagante) in grado di fare confronti con ciò che conosce e gli piace e quindi di esprimere giudizi, o il suddito di una teocrazia dove non è dato dissentire?

        Non sono d’accordo neppure con discorsi come “una cosa è parlare, una cosa è salire sul palco e farsi giudicare” oppure “l’importante è che ci sia l’impegno”.

        Finiamola col discorso secondo il quale solo chi è in grado di fare una data cosa la può giudicare. Da amante dell’opera e da ascoltatore, ho tutto il diritto di giudicare, anche negativamente, il canto di un artista, se esso non corrisponde ai miei parametri personali, derivanti da ascolti, confronti, letture ed esperienze personali.

        Per quanto riguarda il secondo punto: dici di insegnare all’università, ebbene… se a un esame ti si presenta uno studente pieno di buona volontà ma non sufficientemente preparato, cosa fai? Gli fai approfondire le cose facendolo tornare all’appello successivo, o lo promuovi, intenerita dal suo entusiasmo per la materia? E’ proprio mandando avanti chi non se lo merita o deve ancora maturare e migliorare che si causano problemi, non solo nel mondo dell’opera…

        • Le tue osservazioni, Nicola, dovrebbero essere discusse a voce e non per iscritto perché coinvolgono tante altre questioni che, plausibilmente, il punto di vista dell’appassionato che “paga” (e questo è vero e molto triste in questa nostra società che tutto giri attorno al denaro) potrebbe non tenere in considerazione. Senza contare che siete tutti appassionati di grande competenza, si capisce chiaramente. A volte, forse, la passione si fa più forte dell’analisi (che dovrebbe essere sì impostata secondo criteri, ma più equa possibile) e questo da un sito di appassionati si può perdonare.
          Per quanto riguarda gli studenti, ahimé, molto dipende dagli insegnanti: alcuni sono in grado di prepararli molto bene e motivarli, altri no. Gli studenti “bevono” la cultura dell’insegnante, sempre che la brocca sia piena. Ad ogni modo nella valutazione non vale solo la preparazione, ma molti altri elementi che non posso spiegare in quattro e quattr’otto qui!
          Saluti

  8. beh, in “trema bisanzio” a mio parere il tenore deve “spingere a più non posso”, perchè non è certo un canto aulico o larmoyant ma pieno di furore, rabbia e in un certo senso anche eroico.

    sarà che (andando spesso all’estero) continuo a vedere troppe regie moderne tutte eguali, tutte con stivaloni e soldati simil-nazisti, oppure questi appartamenti freddi e moderni che piacciono tanto ai tedeschi, ma quando vedo una regia-scenografia (seppur criticabile come nel belisario di bergamo) che comunque crea un ambiente fisico e psicologico con qualche senso rispetto alla storia che si vorrebbe raccontare, io tiro un sospiro di sollievo!
    la storia sembra astrusa e belisario e i comportamenti della moglie sembra talvolta non credibile, eppure la storia vera era anche peggiore (anche se non ci sono prove della procurata cecità di belisario), con giustiniano che passava dal mettere belisario sugli scudi e agli onori, al metterlo nelle peggiori prigioni…. come la realtà supera persino la fantasia!

    • Mi dispiace, ma non posso proprio accettare ciò che affermi in merito al fatto che il tenore DEBBA spingere. Il furore e il carattere eroico dell’aria sono espressi dalla musica, dall’orchrstrazione, dalla scrittura vocale… Non certo dagli sforzi della povera laringe del cantante!

      • Difatti nemmeno un tenore come Grilli, di certo non ineccepibile, quando affronta l’aria non si lacera le corde vocali, perchè non c’è alcun bisogno di spingere per cantare un’aria del genere.

        Se poi vogliamo fare l’apologia del modestissimo spettacolo di Bergamo e giustificare il tutto in nome dell’entusiasmo e della buona volontà, allora è un altro discorso.

    • Ciao Morpurgo, sul mio pc il tuo primo intervento finisce con la frase “sinceramente sentire dire che”; Ho chiamato un paio di amici del Corriere, i quali mi hanno confermato che anche sul loro computer il post termina con queste parole, era tua volonta’ terminare in questo modo o volevi aggiungere qualcosa? Volevo poi chiederti, se hai tempo e voglia cosa significhi secondo te “spingere a piu’ non posso” Ciao e benvenuto.

  9. ma sì, giustifichiamo con la buona volontà e l’entusiasmo per un’opera che si sente troppo poco….
    io quando dicevo che il tenore spingeva non intendevo certo dire (e non mi è sembrato che è successo) che si spaccasse la laringe!! anche gregory kunde quando ha cantato il poliuto (forse l’opera che più si può avvicinare al belisario, anche se poliuto rimane su un altro gradino…) ha cantato in quella maniera eroica-romantica…. il furore romantico tipico di un certo donizetti.
    ripeto: dai dischi che ho, sopratutto lato tenore e baritono, non ho sentito cose molto diverse…

    • Be’, ho citato Grilli, ma Taddei (anche un po’ affaticato) e soprattutto Bruson ti sembrano peggiori di Solari?
      Davvero?
      La Gencer, la Zampieri (ok, fissa come un fischietto) e la Salazar ti sembrano peggiori della D’Annunzio-Lombardi?
      Tra l’altro la Gencer ha anche cantato il ruolo di Antonina a Bergamo…
      E Gavazzeni?

      http://www.youtube.com/watch?v=MNB0xMPJHsk

      http://www.youtube.com/watch?v=D_46SHmaaVY

      http://www.youtube.com/watch?v=lsYVSWDcbro

      http://www.youtube.com/watch?v=XEhQrLM0rd4

      http://www.youtube.com/watch?v=Z9dA7hBrIIw

      • la gencer non si discute, anzi forse è stata molto sottovalutata dalla discografia (si trovano solo registrazioni live di qualità scarsina… peccato…), ho sentito un paio di tenori e non mi hanno fatto impazzire…

        in youtube ho trovato un recente alamiro che mi è sembrato interessante, un certo bezduz (credo sia turco oltretutto…)

        bruson era ancora giovane e la voce era bellissima, piena…. ho avuto il piacere di sentirlo qualche volta (una volta anche nel “furioso all’isola di san domingo”) e come lui ce ne sono pochi.

        bisogna ricordare che fino a qualche anno fa a bergamo venivano tenori come casciarri, o peggio… :-(

      • Cara Marianne, è vero: la Gencer non si discute.
        Specie in questo ruolo che sembra scritto per lei e dove nessun’altra della sua levatura (la Zampieri con tutto l’affetto e la Salazar senza nemmeno quello, lasciamole perdere) si è potuta provare ed esibire.
        Epperò sono convinto, io che per le tante primavere la Gencer l’ho vista -e udita- ripetutamente in scena, che oggi come oggi la sua recitazione, che a me pareva già molto caricata “antan”, potrebbe malamente superare la prova del CdG, che rimprovera ora alla D’Annunzio Lombardi una recitazione analoga. Suggerita, evidentemente, dal regista poichè in altri ruoli (vedi recenti Butterfly) non è mai stata così “antica” e francescabertineggiante.
        La D’Annunzio Lombardi, per altro, ha sostituito tambur battente l’indisposta Billeri, la quale ora si sta riprendendo da un intervento chirurgico e riprenderà a cantare il 23 novembre a Cremona nell’Ernani.
        Il tenore Andeka Gorrotxategui possiede indubbiamente un materiale interessante. Forse è più portato per un repertorio meno belcantistico e deve maturare in tutti i sensi, ma si tratta pur sempre di un giovane alla sua seconda scrittura in assoluto.
        Per il baritono protagonista, infine, valga ricordare che ha pure sostituito il previsto Luca Salsi, ora impegnato al Liceu di Barcellona ne La forza verdiana. Era la prima volta che l’ascoltavo e mi ha colpito molto positivamente e di certo l’uruguayano Dario Solari non va perso di vista.
        La Vestri, infine, era perfettamente conscia di affrontare un ruolo sostanzialmente da soprano, non tanto per i Si ed i Do (alcuni omessi) di cui è tempestata la parte, quanto per la tessitura sempre picchiante in alto tra il Fa ed La. Eppure nel duetto del secondo atto e poi nel terzetto del terzo mi è parsa adeguatissima e sensibile interprete.
        Sui comprimari condivido il vostro implacabile giudizio: anche in tempo di crisi non si possono affidare ruoli come Giustiniano ed Eutropio a cantanti insufficienti e non si può promuovere volenterosi elementi del coro per adempiere a parti esposte.
        La direzione, tenendo conto della media generale, a me è sembrata valida, di buona tenuta e di ritmo sostenuto e lo spettacolo, sebbene un po’ ingenuo, non ha disturbato. E ciò oggi è già tanto. Viceversa le luci, per defezione del Light Designer, potevano essere più azzeccate.
        Insomma, e per concludere, faccio parte di coloro, la stragrande maggioranza e nemmeno poi tanto silenziosa, a cui Donata D’Annunzio Lombardi è piaciuta e parecchio, che ha gridato bravo al baritono ed ha applaudito mezzo, tenore, direttore e regista.
        Siamo tutti “beoti” come quelli invocati dal buon Michonnet in Adriana? E sia!
        Viva la pluralità e viva soprattutto Donizetti.
        Un Donizetti che non si faceva in Italia da 42 anni! Per inciso: pubblico molto vario ed eterogeneo, venuto un po’ da tutto il mondo -grazie anche a Ryanair- tra cui gruppo di loggionisti del Liceo.
        E’ stata pure l’occasione per una bella rimpatriata.
        Saluti a tutti

        • obbietto ad andrea solo una cosa: la recitazione della gencer era fatta di pose, certo, ma si dava in un contesto dove tutto il modo di andare in scena era diverso da quello odierno. Oggi la recitazione e la taglia sono discriminanti, i registi la fanno da padrone. Al tempo della gencer no, e ricordo con piacere la pagina commemorativa di pizzi nel volumetto in memoria della diva leyla: sono certa che pizzi la gestualità esagerata e fine a se stessa non l’avrebbe tollerata da nessuno .la gencer non era così ridicola, ma composta anche se si metteva in posa. Ma anche le esagerazioni della olivero le acceteremmo nel contesto da diva liberry della prestazione di una olivero. Quando però il gesto è paradossale al pari del canto…….l’inadeguatezza smaccata si fa ridicolo puro, come nel caso in questione. La morale ultima però è u ‘altra anche: nell’epoca della gencer e prima ancora il cdg non avrebbe scritto nulla perchè…….non avrebbe avuto ragione di esistere. Pubblico e critica avrebbero fatto da sè il loro dovere ! A presto

          • Beh la recitazione per il teatro non è mica quella dell’obiettivo cinematografico… e non mi pare che oggi si reciti così bene, francamente… Il teatro richiede pose auliche, gesti ampi e sottolineati, così come i recitativi devono essere ben scanditi e non farfugliati di fretta.

            In scena si sta così:
            http://www.youtube.com/watch?v=i-wBPkftddI

          • Hai ragione, Giulia, Pizzi non amava e non ama le esagerazioni fini a se stesse…. Sul divano nel salottino d’ingresso di casa Gencer spiccava un bellissimo cuscino ricoperto di seta nera e grigia sul quale Pigi Pizzi aveva fatto stampare Leyla/Antonina in posizione “plastica”, suo personale regalo alla Signora dopo le recite veneziane….sul cuscino non sono esposte poppe e neppure natiche…solo una donna dallo sguardo magnetico, dall’occhio bistrato, con le mani stupende e protese, ed avvolta in un meraviglioso costume bizantino. Aiuto, che nostalgia Giulia, e questa sera mi e’ son dovuto vedere una Mimi’ che faceva la sciantosa anche nella scena della morte…

          • Divina Giulia, infatti la Gencer e la Olivero vanno contestualizzate nei tempi e nei luoghi ed oggi, ammesso che qualche direttore artistico in libera circolazione (anzichè in galera, sempre per citare Totò, come si meriterebbe) le prendesse in considerazione. Personalmente ne dubito…
            Però, dopo l’insopportabile smancerosa, pigolante e “gencerizzante”, Mimì di ieri sera alla Scala, che ci ha cantato la Bohéme che voleva lei, checché ne pensiate voi del C.dG., alla D’Annunzio-Lombardi darei l’Oscar.
            E non solo per la recitazione.
            Un’ultima considerazione, e poi taccio come Ciociosan: visto che contestualizziamo, teniamo anche presente che Bergamo è pur sempre buone e bella provincia e che non gode delle sovvenzione milionarie di altre fondazioni che, per quanto mi riguarda, farebbero bene a chiudere i battenti e mandare tutti a casa. Subito.
            I miei ossequi prima di prendere il volo per Spagna!

          • Caro Andrea, purtroppo oggi va di moda la parodia ( e a Barcellona stai per assisterne al raduno di massa inaugurale del Liceu, con tre cast uno peggio dell’altro e non uno, dico non un solo cantante adeguato o in condizione di eseguire professionalmente il titolo in questione, ormai perduto da mezzo secolo, sopratutto in integrale ….ma in Catalona di questo pare non vi sia ancora contezza, dunque se ne programmano 14 recite!). Le scene non sono calcate, ad onta del rilievo dato alla figura del regista nel contesto della produzione lirica, da artisti o da cantanti, ma da parodie, marionette che scimmiottano gesti o pose viste sulle foto d’epoca o nei vecchi video. Alla povera DDL pare sia accaduto questo, dando dimostrazione pubblica anche dell’ingenuità con cui questi moderni cantori guardano al passato, ai modelli, a ciò che li circonda. Copiare o ispirarsi ad altri è uno dei modi della crescita artistica, conoscere conoscere conoscere per poi rielaborare e metterci del proprio, quel quid che fa il nuovo, il personale. Oggi non c’è rielaborazione né quid soggettivo, come se le personalità fossero annientate proprio nel mondo dell’avangiardia lirica, che si riempie la bocca ( meglio dire le fauci selvagge ) di slogan sulla modernità, l’essere se stessi, l’epsressione profonda e vera dell’io, svecchiando così l’opera da cliché etc….Afferamzioni che sono il preludio al ridicolo, per non dire al patetico, con cui veniamo afflitti andando a teatro. Tante ciance per un teatro fatto di nulla, di dilettanti, di amateurs, per non dire di guitti. La Gencer non è mai stata una macchietta, nemmeno quando cantava l’incantabile, perchè come tutti i grandi dell’opera, e del suo tempo, sapeva che le era richiesto di dare un senso e di essere adeguata a ciò che eseguiva. Accentare, dunque, cosa che la signora DDL anche volendo non poteva fare, e recitare con pertinenza il personaggio. La sola cosa pertinente che il soprano in questione può fare, e con lei gli agenti che la spingono e le sovrintendenze che la scritturano, (lei come gli altri sia chiaro!) è esisibirsi in ciò che le si confà per natura vocale, limiti tecnici, espressivi e scenici. Ossia, ciò che faceva prima, la soubrette, che è cosa dignitosissima. Questo tutti per tutto, alimentato dalle agenzie in cerca di contratti ha ormai infestato il teatro, svilendo e rendendo tutto un grande liofilizzato incolore, inodore e insapore. Altro che Leyla…….una cantante così oggi non è nemmeno concepibile in primis per la TESTA che aveva, la capacità di PENSARE che traspare da ogni sua frase. Primmedonne come queste hanno cantato tutto con voce non sempre adeguata, ma avevano dalla loro tecnica, carattere e cervello. Oggi tutti cantano tutto, ogni testo viene manipolato a seconda del comodo del momento, in virtù di esempi come la Gencer, che per tutta al vita sono state al di sopra della prorpira natura vocale, ma penso anche alle conseguenze che hanno portato le Gruberova sui drammatici del belcanto o la Devia. Così quello che si concede o si è concesso ai mostri, ora si pretende di concederlo a chiunque abbia la presunzione o la sfacciataggine di esibirsi in ruoli enormi. Figari che cantano Boccanegra, Frasquite che cantano Amneris, Lucie che cantano Norma etxc….Quanto alla Mimì di ieri sera, ti contraddico su una cosa: Mimì ,di tutto quello che la signora ha avuto l’ardire di cantare, è certo il ruolo che meglio le sta assieme a Violetta e Merguerite, perchè questa era la Georgio in origineu. Ieri sera c’era semplicemente una mediocre molto pagata, capricciosa, poco artista, parecchio svociata e pergiunta con una tecnica scadente. E questo è affare di star system, che poi, nelle forme caserecce e provinciali, viene imitato e produce gli imbarazzi bergamaschi.

        • Caro robusto, secondo me, la parte di Antonina non e’ affatto scritta per la voce di lirico leggero di Leyla Gencer. E che la Gencer non si discute non l’ha scritto, ci mancherebbe, Marianne. La Gencer era e rimane discutibilissima. Il rilievo dato da Leyla ad Antonina non e’ certo da ricercare nelle pose plastiche o nella resa scenica, ma nello scandire, nel creare, nel cercare, pur con voce inadatta al ruolo, frasi che, una volta ascoltate da lei, non uscivano piu’ dalla memoria. Un’ Antonina che cambiava colore, intensita’, ritmo, ad ogni frase. Aveva la capacita’ di rendere fluido un cantabile, corrusco un recitativo, lancinante una preghiera; L’uso del fiato era da prima della classe, e sapeva trasformare, attraverso una sorta di bacchetta magica chiamata personalita’ artistica, alcuni difetti tipici della sua voce in altrettanti pregi quanto meno a livello espressivo.Tutto questo, oltre ovviamente alla perizia tecnica ancora ben presente ai tempi del Belisario bergamasco, seppure in condizioni vocali gia’ a quei tempi piu’ che deteriorate. Aggiungo che Leyla Gencer non ha MAI recitato lo stesso ruolo nello stesso modo, neppure a distanza di due giorni tra una recita e l’altra, fosse la regia di un Pizzi o di un Samaritani o di uno Zeffirelli , MAI si e’ presentata in scena con le mani costantemente sopra il capo a sorreggere un’ipotetico melone come mi e’ capitato di vedere alcuni giorni or sono. Non condivido i tuoi apprezzamenti per il baritono, il mezzosoprano ed il tenore, pazienza, ciao e restami sempre in forma.
          P.S. Le ultime recite italiane di Belisario da me viste, non sono di 42 anni or sono, ma quelle napoletane del 1973 (Taddei affievolito rispetto a Venezia, e Gencer piu’ magnetica che mai, ma con voce ancora piu’ oscillante, seppur di capace di rendere indimenticabile il concertato finale dell’atto primo) con la regia di Pizzi, se ti interessano ti mando la registrazione.

          • sottoscrivo e concordo; e finalmente qualcuno è sceso nello specifico; Antonina è una parte scritta per Carolina Ungher, la prima Straniera, Parisina, Maria de Rudez(!!!), una parte che poco avrebbe a vedere con la voce (poco più di un lirico leggero) della Genger, ma che la grande cantante e grande interprete risolveva nel modo esattamente descritto da Fleta. Tanto meno la D’Annunzio Lombardi, voce adatta a Adina o Norina, e che giustifica la sua presenza in un ruolo come Antonina solo con l’aver sostituito la titolare all’ultimo minuto.

          • Mi sembra veramente un’esagerazione. Andate a sentire la Butterfly della Lombardi e vi accorgerete che non è una soubrette. Che una sia bella e sappia stare in scena per fare Hanna Glawary, non è detto che questo le impedisca di impersonare un personaggio tragico. è la pochezza dello scarso senso critico italiano (lo stesso che imperversa in politica) che ci impedisce di vedere IL PERFORMER dietro l’interprete. Sempre e solo per elogiare il passato, poi… chi ci dice che oggi non sia meglio? Un supporto video o audio? E quando tali supporti non c’erano? Si accettava il nuovo e via… e sì che la Gencer fu criticata all’epoca (e a volte con ragione… sentite la Bolena del 65 o peggio quella del 77) e fece spesso scelte azzardate, come la Medea in Corinto che certo non era per lei né per voce né per il momento della sua carriera!

          • mi pare che per la signpra in questione si stia spendendo una certa campagna di commenti forumistici qui e altrove da parte di utenti mai esistiti a dir poco singolare. Per non dire fatta in casa! Non andiamo oltre per favore, ci ha provato e non è piaciuta….e anche butterfly mi risulta non essere stata esattamente quella ciambella col buco che si vuol far credere….e ci credo, con gli acuti che ha la parte…..Cessiamo qui che è meglio!

          • mi spiace signora Grisi che sia così disfattista. Qui di fatto in casa c’è solo la pasta, e la signora Lombardi in questione non ho avuto che il piacere di ascoltarla più volte in teatro, da ultimo nel Belisario, in quanto studiosa di Donizetti. Nulla più. Perché è così in malafede?

          • Evidentemente l’ho male interpretata.
            Io mi tengo i miei studi e voi, tenetevi quello che volete!

        • Concordo totalmente con la Grisi.
          La Gencer era credibile poiché i suoi gesti e le sue pose facevano parte del tipo di recitazione accettato e che ci si aspettava all’epoca. Persino la Chiara braccia al cielo e mani giunte riesce a crederci di più rispetto ad una D’Annunzio-Lombardi con le braccia perennemente crocifisse e lo sguardo prossimo allo svenimento divino…
          Conosco il gioco delle sostituzioni, ma un cast del genere, volenteroso, provinciale, di seconda scelta, pieno di buona volontà poteva bastare al limite per “Rita” o “Betly” o “Il campanello di notte”: io non mi sento grata a questi cantanti per aver riportato in scena, nella maniera sbagliata perché TUTTI erano fuori parte e fuori stile, un titolo che mancava da 40 anni solo perché pieni di entusiasmo e di buona volontà: se i cantanti non sono all’altezza si cambia opera e si affida loro qualcosa più adatto alle possibilità.
          Se poi per affetto o amicizia vogliamo dire che Solari è ggggiovane e da seguire (cosa importa se era stonato e non riusciva ad andare a tempo già ai tempi del suo Posa o del suo Germont napoletano?) che la Lombardi occorre assecondarla e sostenerla in questa svolta drammatica (Butterfly, Stuarda, Antonina… con la voce e l’accento di Musetta e Despina? A quando Brunnhilde e Isolde?), che il tenore anche se era quello che era andava applaudito, perché aveva l’unico pregio di aver accettato la scrittura, allora diciamolo per onestà e perché il Festival Donizetti va sostenuto anche quando sbaglia, sempre in nome della buona volontà e dell’entusiasmo.
          Ti è piaciuto? Vi è piaciuto? Benissimo, ho il cuore pieno di gaudio per te e voi, ma nessuno è beota per questo o per il contrario.
          Avrei preferito, però, gridare Viva Donizetti per qualcosa che lo meritasse veramente e non avesse bisogno di essere spiegato, coccolato e giustificato.

          Saluti

          • Dunque: la Leylona era un soprano lirico leggero, la Donatina va bene per Adina e Norina.
            Una per l’altra, ecco l’Antonina ideale.
            Tranquilla Marianne, sono in Spagna per questioni che nulla hanno a che fare con l’opera lirica.

          • Certo, la Leylona era un soprano lirico leggero, e lo sottolineava più volte anche lei nelle interviste; ma era in grado, come una Sills, o una Scotto, di scavare nella parola, nel personaggio e di riuscire ad essere drammatica con un accento vibrante e ricchissimo. Ed era credibile. Ed era Antonina (o la Cornaro, o le tre Regine, o Lucia, o Gilda, o Leonora di Vargas, etc.)
            Tra l’altro non sono i soli esempi!
            Si può dire lo stesso di fronte alla prova della Lombardi? A mio modesto parere no, perché non supportata dal medesimo temperamento, o da una personalità tale da risultare credibile in un ruolo drammatico: per questo ci troviamo davanti una Musetta che fa la tragicona e nulla più. Potrà bastare all’entusiasmo ed alla buona volontà di Bergamo, magari si…

            Divertiti allora in Spagna e buon soggiorno.

          • Cara Marianne, se la pensi così ti conviene restare sempre a casa! Solari è un grandissimo baritono e il tenore aveva una voce che raramente si ascolta dal vivo. Che poi si possa migliorare, in una carriera artistica questo è sempre auspicabile altrimenti vorrebbe dire che si è giunti alla fine!

          • Cara Romanina, infatti per questo Belisario sono rimasta in casa ad ascoltare l’edizione con la Gencer, pesantissimo macigno di paragone per l’edizione di Bergamo.
            Solari un grandissimo baritono dici? Un grandissimo baritono ha una intonazione precaria, una musicalità caotica, un fraseggio di rara inerzia? Se per te questo è un grandissimo, abbiamo parametri diversi 😉
            Mi auguro che migliori.

          • La signora Grisi è un po’ inquieta. Ognuno si tenga i propri giudizi. Io penso che ci vorrebbe un po’ di umiltà e un po’ di competenza.

          • comunque sono un beota che si sa godere le serate a teatro, anche quando magari i cast (anche a parigi o napoli o milano…) non sono come dovrebbero. che tristezza quelli che vanno a teatro e tornano a casa più incazzati di come sono entrati…

          • Questo elogio della “bocca buona” sarebbe comprensibile in momenti di splendore. Fatto oggi sa di rinuncia se non addirittura di collaborazionismo. Che tristezza quelli che vanno all’Opera e gli va bene tutto… Viva gli standard.

            Se poi uno si incazzi o si deprima o si faccia delle matte risate (spettri di Marianne) è solo questione di carattere. Quel che conta è la sostanza.

          • Il meraviglioso lapsus tra beota e beone la dice lunga sullo stato etilico del signor Morpurgo durante la recita. Come ha detto Marianne “ca nisciuno è beota”.

          • bravo! Concordo! Ma poi chissà perché qui sono sempre tutti arrabbiati!?!

        • Ce l’avrebbe fatta la Billeri? Andate a sentire la cabaletta della Norma di Torino su youtube e poi mi dite… io credo che la parte, per la sua voce anche più adatta per colore e timbro, forse era troppo ardua!

          • Non sappiamo se la Billeri ce l’avrebbe fatta! Per ora abbiamo la D’Annunzio-Lombardi, della quale si è detto… 😉

          • Si può dire ciò che si vuole, ma salire là sopra è un’altra cosa! E questo vale per tutti gli interpreti, non solo per la Lombardi!

          • sulla norma della billwri e sul canto di agilità ti do ragione. Ma la billeri sulla cartta era adeguata assai di piu almeno perchè il mezzo è giusto, e al centro può accentare. 8elisario non ha il virtuosismo di norma…

          • sulla norma della billwri e sul canto di agilità ti do ragione. Ma la billeri sulla cartta era adeguata assai di piu almeno perchè il mezzo è giusto, e al centro può accentare. 8elisario non ha il virtuosismo di norma…

          • Ognuno la pensa a suo modo. Non ho motivo di difendere nessuno, se non le mie orecchie, ma – da musicologa – trovo che si debba riconsiderare la figura degli interpreti in una visione più critica che di pettegolezzo. Per quanto riguarda il nome, ne ho scritto uno dei tanti, come i vostri, senza volermi nascondere, ma accettando il gioco del sito!

          • E dove faremmo pettegolezzo? Come consideri tu gli interpreti, da musicologa, quando sono mandati allo sbaraglio? E gli interpreti che cantano ruoli più grandi di loro e sbandano vistosamente hanno umiltà?

            Per me potevi chiamarti anche CiccioBombaCannoniere, mi interessano le tue idee non le tue generalità

          • Che vuol dire allo sbaraglio?
            C’è chi ha commentato che il mio “nomignolo” non andava bene…
            Infine, le mie considerazioni critiche le uso per i miei studi, ma qui ho letto cose che mi hanno lasciato sconvolta. Pazienza!

          • L’ho spiegato prima: cantanti inidonei ai ruoli che dovrebbero interpretare scelti senza costrutto.

            Pazienza che le cose lette qui ti hanno lasciata sconvolta: ho letto cose più sconvolgenti scritte da studenti di conservatorio e da blasonate eminenze della critica e del canto… Pazienza, ci divertiamo ugualmente 😉

  10. @ Morpurgo –
    Marianne ha scritto : “nessuno è beota per questo o per il contrario”.
    Ci siamo???? Nessuno ha dato del beota a nessun altro.
    Ora, visto che ti e’ piaciuto lo spettacolo bergamasco, ti riporto in breve e tradotto, quello che ha scritto una gentile Signora sull’altro sito dove tu sei uso lasciare i tuoi post. La Signora in questione afferma che dopo essere arrivata da New York, appositamente per vedere il Belisario donizettiamo e’ rimasta vivamente colpita dalla bellezza dello spettacolo e dalla bravura dei cantanti, tra i quali spiccava un soprano assolutamente perfetto, (la Lombardi), cantante unicissima al giorno d’oggi, anzi, il miglior soprano del mondo, ed il miglior soprano da lei ascoltato negli ultimi venticinque anni. La Signora era quindi assolutamente desolata dal dover constatare che Lombardi, non fosse gia’ da ora la regina di Parigi, New York, Chicago etc etc etc etc. Hai letto Morpurgo? Bene. Hai sentito quanti complimenti? Bene. Allora accetta anche che qualche altro ascoltatore, non la pensi come la Signora americana! Miguel.

      • Senza volere ci hai quasi azzeccato, caro Tamburini! :-)
        La D’Annunzio Lombardi, in effetti, qualche anno fa quando il Festival triestino dell’operetta ancora … esisteva :-( fu la protagonista de LA DUCHESSA DI CHICAGO di Emmerich (meglio Imre) Kalman.
        Tra l’altri i Fratelli Fabbri Editori l’hanno pure pubblicata in edicola in DVD.
        Per inciso confesso alla simpatica Marianne che ieri sera sono stato alla “generale” (innaspettato giunsi) de LA FORZA al Liceu.
        Il silenzio sia loquace… basti solo dire che fra tutti mi ha convinto il solo Mastro Trabuco!!!
        Voi lo crederete a stento ma mi sto “ingrisendo”, la qual cosa mi preoccupa un po’.
        Ihihihihihihihihi
        Non perdiamo MAI il senso dell’umore, prego.
        Saluti

    • Probabilmente anche io, se mi fossi fatto Nyc-Bergamo per assistere a uno spettacolo teatrale, cercherei in tutti i modi di convincere me stesso e gli altri di aver assistito alla rappresentazione più figa degli ultimi 25 anni…

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