La Battaglia di Legnano a Parma

Altra serata straniante in quel di Parma per la Battaglia di Legnano, a domandarmi, mentre l’opera faticosamente scorreva in sottofondo tra una marcetta, un lajo ( si dice?) e un bercio, cosa mai passi per la testa a gran parte del pubblico locale, soddisfatto da una tale esecuzione parrocchiale passata tra una chiacchiera e l’altra di loggione, dove ti capita, come a me ieri sera, di cogliere entusiasmi genuini per una discreta schifezza dopo aver sentito imprecare, per l’ennesima volta e per l’ennesima volta liberamente storpiata, contro la famosa Aida di Bergonzi, la sua voce “piccola” da “mezzo tenore quale era realmente” ( nel resto del mondo ancora non se ne sono accorti!!) prima che l’opera iniziasse.
Pensavo alla reazione del pubblico alla prima del Rigoletto per la mezza sbandata di Pretti al quartetto, ma impassibile davanti ai laj moribondi di Nucci ( e passi, perché un tempo fu..), ed appagato ancora pure dai versacci sforzati della voce ingolata del protagonista della Battaglia di ieri, che ha parodiato, come ai Piccoli Fans di Sandrocchia, l’augusta voce virile e squillantissima di Franco Corelli. Un ascolto faticosissimo quello dell’affondista Roy, senza una sola frase legata, dei veri salti tra una nota e l’altra, contrazioni di gola e fibra a go go.
Pensavo alle note romantiche e un po’ strappalacrime diffuse nei giorni scorsi sul giovane soprano Florian, una storiella mascagnana sul suo debutto assoluto in questa sfortunata Battaglia da discount, la scrittura dopo l’audizione e tutto il buon trito sull’occasione della vita giunta per caso, fole sbugiardate dalle immagini del suo Don Pasquale del 2000 a Bucharest accessibili a tutti su You Tube (traditore il tenore collega appassionato tubista!), altre di una Traviata a Massa Marittima etcc, che ci assicurano che quella della Florian è una serenissima storia come le altre che nemmeno vale la pena narrare, artata per distrarre le nostre orecchie da quel che si promette ma che in realtà non c’è. La promessa non c’è perchè manca l’impostazione corretta alla base, i gravi in bocca o tubati, difficoltà a passare all’acuto, piani e pianissimi ( velleitari  gencerismi ) spesso falsettati,  malfermi, sempre meno intonati e sempre più periclitanti con l’andare della recita. Sconosciuto l’uso del fiato: meglio approdare a qualche certezza tecnica prima di avventurarsi nella Galera di Verdi!
Del resto, pensavo, a Parma si oscilla tra ascolti virtuali ed ascolti reali non soltanto nel Rigoletto nuccesco, come ha scritto Donzelli. E’ un vero costume locale ed è la radice della visceralità e dell’umoralità del pubblico parmigiano. In fondo anche la tragedia compositiva nominata Battaglia di Legnano, sorta di manifesto pubblicitario del patriottismo provinciale quarantottesco, un libretto scadente, una trama che non regge unita a completa assenza di inventiva, a Parma di trasforma in una bella opera, perché di Verdi. Se fosse stata di altro autore allora l’ascolto sarebbe stato reale ed inviata prestamente al dimenticatoio. Bella nonostante la direzione inesistente del maestro Brott, e nonostante il coro ben al di sotto del suo standard, nonostante persino il maestro Faggiani ( star vera lui!) in abito monacale a dirigere i suoi uomini in scena…chissà, forse Pizzi auspicava il miracolo di Lourdes per le uscite!
Pensavo anche al modo di cantare del baritono, lui come tanti altri oggi, con la sua voce modesta, certamente non da Verdi,  per giunta tutta uniformemente indietro ma che appena arrivavano gli acuti forzava a spingeva: drammaturgicamente era incolore inodore e insapore, ma i più hanno detto che “almeno” aveva una certa linea di canto. Che vuol dire per loro avere linea di canto? Eseguire delle note? Non avere una linea di canto vuol forse dire prendere la via di frasi intere in piano per poi calare, miagolare o strillacchiare come il soprano?
Pensavo al significato delle parole, un tempo ben precise, che oggi non aderiscono più agli stessi concetti, e per il pubblico e per i cantanti. Oggi si canta Verdi senza avere una sola nuances, una mezza intenzione: si aggancia il mezzoforte appena si apre bocca e si va in fondo con quello, forte sugli acuti. Bobobobobobobobobobo…..ecco il moderno fraseggio verdiano. La “ parola scenica “, anzi “sssenica”, come diciamo noi, è diventata un unico elettroencefalogramma piatto, l’esatto contrario di quanto voleva ottenere Verdi. Festival! Il distillato dell’arte verdiana nel mondo. Festival! E non si è nemmeno al minimo sindacale, perché la Battaglia è brutta forte, ma in questo modo pare più una risciacquatura di piatti, che il mestiere all’economica di Pizzi targato Parma non è riuscito a rendere se non con il suo sobrio quanto incrostato dejà vuè minimalista, con qualche svarione non da lui, come il Barbarossa ossigenato e la voce da bambino, che gesticola dentro una improbabile “petiana” bianca degna di un Papa (o della Wandissima!!!) più che dell’alemanno sovrano, simbolo di tutte le angherie e soprusi degli occupanti stranieri, secondo una convenzionale interpretazione della patria storia.
Ed, infine, pensavo a come il canto sia un‘arte che non perdona chi non la conosce veramente e non la domini: tutto quanto era parso appena passabile ai più prima dell’unica pausa, si è poi puntualmente squagliato al terzetto del terzo atto, dove le reali capacità vocali del trio si sono manifestate con chiarezza in un’esecuzione nel suo genere… da antologia! Gli udenti hanno finalmente realizzato lo stato dell’arte canora dei protagonisti della Battaglia e la reale qualità dell’offerta artistica ammannita del festival (con tutto il suo apparato di filastrocche buoniste), mentre i non udenti sono andati fino alla fine , fermamente sintonizzati sulla pagina 777 del Bello immaginario, applaudendo felici.
Per fortuna che dopo il teatro a Parma si mangia realmente bene!

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12 pensieri su “La Battaglia di Legnano a Parma

  1. Premetto che sono da sempre contrario a questo tipo di operazioni, che veicolano il solito ricattuccio sentimentale da “non sparate sui bambini”. In base a quanto si è ascoltato durante la diretta tv, poi, questa riedizione di “Flashdance” al culatello messa su per quella che in realtà è una modesta professionista di provincia, era anche più patetica del solito.

  2. una recita da ultimo anno di consevatorio come tale va presa,sulla Florian la penso un po diversamente,è ancora all’inizio,tempo,vedo qualcosa di buono in questa giovane cantante,da una ricerca ha cantato qualcosa di Deveroux e Stuarda in forma di concerto nel 2007

    http://www.youtube.com/watch?v=LKiyJKC2tQc

    Gemma di Vergy in forma di concerto nel 2009

    http://www.youtube.com/watch?v=ixzzYzA-mWg

    debutta nel 2010 in una vera recita come Norina

    http://www.youtube.com/watch?v=klNMbrMaGiI

    si fa conoscere “Premio Spiros Argiris”-giugno 2011

    http://www.youtube.com/watch?v=NbfIgxX4V_A

    seconda vera recita nella Traviata agosto 2012

    http://www.youtube.com/watch?v=aQ5JS8CdJLs&feature=relmfu

    e ieri sera al debutto con la battaglia

    http://www.youtube.com/watch?v=hHRqk7gf4IQ

    insomma Giulia non è che sia una navigata,ed esperta cantante
    diamogli un po di tempo

    per il resto condivido,anche se sul baritono alcune cose mi sono piaciute,il tenore per niente.

  3. Sono da poco uscito dalla seconda della BdL. Dissento dai commenti sopra, non mi è sembrata una recita di conservatorio. Anche l’opera in sè (che non conoscevo) non è così disastrosa come vorrebbe la Grisi. Avevo letto l’articolo prima di andare a teatro ed ero abbastanza ‘biased’, ma ho dovuto ricredermi. Ho apprezzato come Pizzi, con finanziamenti ridotti, ha evocato l’atmosfera romanica dell’epoca dei fatti. Non ho condiviso invece la scelta del minimalismo che è sempre il risultato di un impoverimento semantico e quindi di una sottrazione di significati agli oggetti e alla scena.
    Nota negativa: il librettista dev’essere stato ‘high on drugs’ quando ha scritto quella roba; nelle fonti non c’è alcun riferimento all’italia (nel XII sec. concetto inesistente nel senso moderno) ma solo alla Lombardia, un territorio che comprendeva allora quasi tutta la pianura padana. Per Cammarano invece quella gente combatteva per una strana cosa che andava ‘dall’Alpe a Cariddi’. E perchè non fino ad Addis Abeba ?

  4. Stavo ascoltando questo presunto fenomeno sul tubo.
    Le parole della Grisi ” manca l’impostazione corretta alla base, i gravi in bocca o tubati, difficoltà a passare all’acuto, piani e pianissimi ( velleitari gencerismi ) spesso falsettati, malfermi, sempre meno intonati e sempre più periclitanti con l’andare della recita. Sconosciuto l’uso del fiato” sono azzeccatissime. Altrochè!
    Gli attacchi fissi e presi da sotto sono, a mio parere indice di una tecnica molto precaria che la fibra giovane ancora sorregge.

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