Prendere il tram?

L’attesa sofferta e straziante, l’ingiusto ostracismo, comminato alla persona ed alla Kultura, che rappresenta cessarono. Hanno, quindi, inizio le celebrazioni bacchiche, quasi l’ebbrezza della gioja per “il ritorno”, che deve essere celebrato anche se… anche se il ritorno è stato oggetto di  accurata trattativa, sotto ogni profilo, anche se il programma da concerto non offre alcunchè di particolare.
Ma che importa è ritornato nel teatro che lo ha, almeno in parte  adorato ed atteso per cinque lustri. Del reciproco sentimento abbiamo qualche dubbio non fosse perchè  da anni suona in ogni dove circumvicino Milano e non nel capoluogo lombardo ed anche perché negli ultimi anni di stabile incarico meneghino la presenza era rara,e fors’anche svogliata. Ma questa non reciprocità di sentimenti è un’illazione alla quale non vogliamo dare seguito se non che per registrarla. E poi che importa.

Sappiamo bene che queste nostre parole ci renderanno ancor più meritevoli della gogna, ma la verità prima di tutto e soprattutto la volontà di qualcosa di nuovo ci anima da tempo e ci impone queste parole.  L’assunto può sembrare anacronostica affermazione da parte di questo sito (ex blog), che parla non di vecchio, ma di antico. Non lo è punto anacronistica perché  ciò che questo Corriere della Grisi vuole  e sogna è un qualche cosa di oggettivo e come tale valido, utilizzabile e condivisibile oltre ogni tempo, oltre ogni moda e che può, anzi, servire anche a capire gusti, mode e foje modaiole.

E nel tram di imminente partenza nulla di nuovo ravvisiamo, pochissimo di oggettivamente valido, che ci faccia desiderare il salirvi.  E non per il celebrato, sia ben chiaro, ma per le persone che lo organizzano e popolano.

Scrivo questo prima de “ciapà el tram”. Un tram metaforico, che mi sono sognato ben differente dall’altro, organizzato nella ebbrezza della gioja come se l’Arte e la proverbiale riservatezza della persona meritassero queste celebrazioni di sapore carnascialesco.

Del tram della fede abbadiana non conosco il percorso, né mi interessa. Mi ricorda, però, il tram del dolore che la municipalità milanese nel 1895 predispose per consentire ai dolenti locali di trasferirsi dal cimitero allora in uso (il Monumentale) a quello appena creato e che ai Milanesi non piaceva ossia il Maggiore meglio detto Musocco.

Ma credo che il percorso del tram potrebbe per esempio principiare da Sesto san Giovanni precisamente dagli stabilimenti della Falck o della Breda. Per chi non lo sapesse sino agli anni ’80 Sesto san Giovanni veniva, con esattezza, definita la Stalingrado di Italia e se vi partirono momenti esaltanti ed indimenticabili della storia d’Italia come l’insurrezione del 24-25 aprile 1945 altri, assai meno gloriosi ed ancor meno motivati l’ebbero – l’ex sobborgo milanese-  fra i loro luoghi di cova e di covo. Ebbene l’anelito di culturalizzare  le masse operaie (come ben prima aveva fatto Ada Negri o la Bisi Albini) portò in quelle fabbriche l’orchestra della Scala impegnata in concerti che cominciavano sempre con un bel comizio e seguivano con massicce dosi di musicisti contemporanei o , sempre spinti dall’anelito di culturalizzare e liberare dal giogo borghese, di Mahler e Bruckner. Insomma scelta analoga a chi dovendo insegnare la lingua latina proponga all’ignaro principiante un bel Tacito.

Certo la seconda tappa del tramvai non può che essere il Piermarini medesimo, allora si chiamava LA SCALA. Anche qui l’impeto culturaloide o culturalizzante, che detestava e bandiva Traviate, Tosche e Trovatori, piuttosto che il quinto di Beethoven ci voleva ammaestrare ad amare in esclusiva l’opera russa (anzi il solo Mussorgsky), Berg  e pure Luigi Nono ed a credere che Rossini fosse un guitto buono solo di opere comiche. Con siffatte premesse La Scala attese, in piena Rossini renaissance ed attende ancora, dal 1961 una ripresa di Semiramide ed è giusto che la attenda per altri vent’anni mancandone, oggi e non nel 1982 buona parte del cast.

Doverosa la sosta in zona Isola in via Volturno. Molti coetanei sanno quale organismo  vi avesse sede, era prima di tutto un luogo dello spirito, hegelianamente ideale, fonte di ispirazione.

Altro luogo di ispirazione culturale non deve essere obliato ovvero la palazzina Liberty che, trasferito l’ortomercato, venne adibita a spettacoli di autentica ed oggettiva cultura. Non che Amintore Fanfani non meritasse di essere oggetto di parodia e sberleffo, tutt’altro, ma onestà intellettuale avrebbero imposto lo sberleffo all’indirizzo di tutto l’arco ostituzionale (termine che oggi è caduto in disuso, ma che serviva per discutere se di questa struttura architettonico-politica facesse o meno parte un partito).

Omettiamo la fermata a poche centinaia di metri in una traversa di XXII marzo. Troppo critica.

Altra riflessione, anzi altra tramway stop innanzi la Scala ossia i turni STL. Anche qui per chi sia under 45 STL era  l’abbreviazione di Studenti e Lavoratori, quelli che andavano educati ed ai quali si riservavano serate. I turni A, B e R1 ed R2 (che voleva dire ripresa 1 e 2) erano riservati al padronato, che-beato esso- si ascoltava la Caballè nella Norma. Per quelle recite agli educandi restavano i 400 ingressi in piedi al loggione, che ti lucravi con ore di coda in piedi, freddo, omissione o controllo della primarie esigenze corporali. Agli educandi dei STL1, STL 2 ed STL3, invece, doveva andar bene tutto. In fondo era un’anticipazione dell’oggi perché oggi rimpiangiamo i cantanti dei turni STL1, STL 2 ed STL3. Non ne faccio i nomi per non offenderli al paragone con i divi di adesso. Mi limito a dire che MAI avrei pensato di rimpiangerli. E qui ritorno ad essere melomane, dimentico di essere stato adolescente in anni denominati da un elemento chimico e se vi sono sembrato Eminence  di littizzettiana memoria non me ne dolgo, mi rammarico e molto che, forse, talvolta, per errore pure lui possa avere un filo di ragione.

Una cosa è certa i nostri tramviari sono ancora lì con la mente e con il cuore e sì che sono passati molti lustri e di quel periodo e delle idee, che li governavano e reggevano abbiamo assistito al crollo e ciò non di meno continuano a chiamarle con il nome di cultura, senza una seria ed onesta riflessione storica, ma con celebrazioni, che -ripetiamo- rendono un pessimo servizio al celebrato, che allontanano anzichè avvicinare, come un loggionepopolato come il “Natale dei rimasti” va da tempo testimoniando.

Non posso, invece, far a meno di andare a farmi raccontare da chi c’era come avvenne ed  il significato politico del ritorno di un altro direttore d’orchestra, uomo altero e per nulla simpatico, che fu un vero esiliato e che per la SUA SCALA, ce ne mise persino dalla propria tasca. Arturo Toscanini.

Monteverdi

Il ritorno d’Ulisse in patria

Di misera ReginaGabriella Gatti (1949)

90 pensieri su “Prendere il tram?

    • ciao Ulisse. Posso risponderti io, che peraltro non avrei scritto un rigo , al massimo recensito l’evento?
      Donzelli non fa credere di saperla più lunga degli altri, semplicemente sfotte questo gruppo di persone di mezza età che da anni paiono i sacerdoti del Verbo del sinfonismo moderno, mentre sono in larga parte ignoranti che non parlano di niente, nemmeno di ciò che vanno a sentire, ma che si credono colti. sono nè più nè meno una clacque del maestro, al pari di quella di muti e di altri direttori, che si ammanta di una patina di culturalità, pergiunta quella più elett,a perchè anche di sinistra, secondo il ben noto stereotipo anni ’70.I luoghi comuni triti e ritriti di questo tipo sono il cancro della cultura italiana, che regolarmente inciampa in signore e signori dei salotti bene che meramente in forza delle loro relazioni personali interferiscono e ficcano il naso, nella musica come in altri genri artistici, senza avere nè qualifiche nè preparazioni specifiche. di signorine bene, camille e camilline, faccedine e faccendoni smaniosi di mettersi in luce ma che quando aprono la bocca sono sublimemente somari e deludenti ne abbiamo le tasche piene. E’ anche grazie alla loro ingenua e disinformata adesione alla vuota “culturalità” proposta dal nostro teatro negli ultimi anni che la scala è ridotta come è ridotta, grazie alla loro patetica esterofilia, alla loro superficialità, e riepto, smania di adeguarsi ed immergersi in qualcosa che venga definito a al page nelle opportune sedi. IL maestro abbado è un grande direttore di sinfonica, ha praticato poco l’opera, ha avuto preclusioni culturali evidenti e peraltro legittime, come è legittima la libertà di pensiero. Che si faccia questa grande concerto e si omaggi il maestro senza stronzate da parrocchietta, sciocchezze e stupidaggini come quella del tram, perchè finchè ci si comporta in questo modo è certo che si è lontani dalla mmusica, dal vero andare a teatro per l’armonia dell’intelletto e dello spirito. L’arte con la cretineria o la ridicola retorica del povero esule ( nonc’è uomo la mondo che non vorrebbe avere dalla vita quell oche abbado ha avuto dalla sua, a cominciare dal talento!!) non c’entrano nulla. sono solo… puzza attorno a una cosa bella!

  1. Premetto che considero Abbado un grande direttore d’orchestra. Premetto, anche, che non lo ritengo – come molti lasciano intendere in questi giorni frenetici – il più grande direttore vivente. Come tutti i grandi interpreti ha un repertorio in cui “incanta” (per mio conto Schubert, Mendelssohn, l’ultimo Beethoven, Debussy, Mussorgsky), altro in cui “convince” (penso a Mahler), altro ancora in cui non va aldilà della “correttezza” (il sempre più praticato Mozart: è evidente che l’amore del Maestro non è compensato da fantasia, originalità e congenialità). C’è pure la “ciambella riuscita senza buco” (Wagner, sempre a parer mio). Poi si possono fare mille considerazioni sul repertorio ristretto, sulle esclusioni incomprensibili (il repertorio russo, ad esempio), i pregiudizi: tutto vero, ma anche del tutto legittimo (ogni musicista ha il diritto/dovere di calibrare il proprio repertorio secondo le proprie inclinazioni: diffido dagli uomini “buoni per tutte le stagioni”). Dico anche che portare in Scala Schoenberg, Berg, Mussorgsky, Mahler (una vergogna che sino all’era di Abbado non si fosse mai eseguita una sua integrale sinfonica nè la maggior parte delle sinfonie) è merito non da poco…e vivaddio a scapito dell’ennesimo Rigoletto/Trovatore/Traviata o dell’Imperatore beethoveniano (non è morto nessuno senza “La donna è mobile”). Un teatro che si rispetti non può vivere di solo belcanto, di solo Rossini o di solo melodramma: non piace a tutti quel repertorio. Poi ognuno ha i suoi gusti e le sue passioni.
    Detto questo voglio tenere distinto Claudio Abbado dal circo che lo accompagna e lo accoglie a Milano: trovo insopportabile la retorica dell’avvento, la pagliacciata del tram, l’evento a tutti i costi, l’attesa dei circoli, la corte dei miracoli… Manca giusto Fazio in tv! Eppure Abbado dirige spesso in Italia. Mi vien da dire, anche, che trovo quantomeno grottesca la presenza istituzionalizzata dei fan (laddove non mi risulta che direttori altrettanto visibili godano di analoghe attenzioni e deliri: non ci sono i “gardineriani erranti”, i “mutiani impenitenti”, i “bouleziani irredenti”, i “pappaniani rabdomanti” etc…). E’ questo che suscita ilarità e fastidio, perché è una sceneggiata del tutto inutile che davvero sminuisce una cosa bella, come dice giustamente Giulia.

  2. Sottoscrivo il commento di Duprez. Tra l’ altro è proprio vero che nella Scala degli anni di Abbado il grande repertorio era sminuito? Se ricordo le recite a cui ho assistito, non mi sembra proprio. Penso all’ Otello e alla Bohéme con Kleiber, alla Tosca con Ozawa e Pavarotti, alla Forza del Destino di Patanè, all’ Aida con Schippers, al Fidelio indimenticabile di Bernstein, all’ Elisir della Freni con Pavarotti… non mi sembrano titoli da Festival di Darmstadt…

      • Naturalmente. Rifacendomi ancora a quanto detto da Duprez, ogni direttore ha il diritto, e secondo me anche il dovere, di eseguire solo le cose che sente a lui più congeniali. Ma dal post sembra che Abbado abbia tentato di trasformare la Scala in una succursale dei Donaueschinger Musiktage, della Biennale di Venezia o di qualcosa del genere.

    • ma era il clima caro mozart un teatro che non chiamò per un rossini tragico una horne, che snobbò, anche quale concertista una sutherland, una beherens, un teatro che trattò da serie b una bumbry, una chiara ed una price (margaret) perchè la scarsa opera aveva una monopolista, un teatro che non allestì per 20 anni traviata e rigoletto per 18 credo, un teatro che ammanniva il verismo con una parsimonia uniche al mondo,un teatro che non allestiva mozart (poi con muti scattò il contrappasso) un teatro che non pensò ad una norma alternativa alla caballè, un teatro che non pensò neppure quale direttore sinfonico a levine e se vuoi il rosario va avanti e molto perchè questo è il primo mistero e nemmeno quello doloroso perchè poi possiamo aggiungere i titoli che abbado apprese in terra austro ungarica tipo elektra…… e siamo sempre al secondo mistero non doloroso. vai a guardare i programmi della sinfonica un concerto di beethoven credo in tre anni, m aogni anni il requiem di verdi sempre affidato ad abbado e con cast sempre più scalcagnati e poi…..

      • Ma non si vive di solo Rossini, suvvia…e dove mai veniva allestito negli anni ’70 il Rossini serio? Solo al ROF (che però mi pare non abbia mai incontrato il tuo favore). Per 20 anni non hanno eseguito Traviata? Pazienza…ci sono anche altri titoli (e poi il grande repertorio veniva comunque eseguito). Levine non si muoveva mai dal Met, e lo sai bene…così come non si può imputare ad Abbado scelte che appartenevano alla sovrintendenza. Mi sembra che si voglia sempre trovare il pelo nell’uovo (si critica Abbado perché nel suo periodo non si faceva Mozart, si critica Muti perché nel suo se ne faceva troppo). E sulla sinfonica? Ma francamente se pure per 3 o 5 anni non si esegue Beethoven o Schubert è così grave??? Ci sono altri autori e trovo vergognoso che in Scala sia mancato Mahler e pure Shostakovich o Bruckner…
        A te non piace Abbado…e amen, ma sinceramente trovo non meritate queste lamentele relativamente al suo periodo. All’epoca di Abbado in Scala passavano grandi direttori, grandi allestimenti, repertori vari (vabbè mancava certo verismo o la paccottiglia del grand-opéra, sai che perdita)..e i cantanti che andavano all’epoca (piaccia o meno)

        • “Paccottiglia del grand-opéra” tipo il Rossini francese, Meyerbeer, Halévy e Gounod?
          Poi mi rendo conto che con i “cantanti che andavano all’epoca” (Ricciarelli, Valentini Terrani, Raimondi, Ruggero ovviamente e non Gianni, Carreras e via “andando”) allestire certo repertorio francese sarebbe stato quasi più difficile di oggi. Sarebbe stato consigliabile cercare altri cantanti, magari meno “andanti”. Ma questo avrebbe richiesto una direzione interessata al canto e competente in materia. Basti dire, ed è un esempio fra i mille possibili, che, ancora in piena carriera Alain Vanzo, la Carmen diretta da Abbado toccò a Domingo e Carreras, con esiti artistici, per l’appunto, “andanti”.
          Quanto al non eseguire Beethoven e Schubert, eh sì, è un po’ grave, specie quando si individui, come Abbado, nella scuola viennese (quella tardo sette e ottocentesca) la base del sinfonismo moderno.

          • Però sono anche repertori inflazionati (parlo di Beethoven o Schubert): sospenderli per un due o tre anni, a favore di altro (che mai era approdato in Scala) non è una tragedia.

            Quanto al grand-opéra per me sì..è paccottiglia (Rossini a parte), ma questo rientra nei gusti personali…esattamente come il ritenere un solo Boris Godunov (capolavoro assoluto immancabile in qualsiasi teatro degno di questo nome) come un’intollerabile imposizione da ammaestramento culturale (sì, perché in epoca di Abbado l’unica opera russa allestita è stato il Boris…non vedo dove ciò susciti scandalo) 😉

  3. Se permettete : ho assistito alla generale di ieri. E’ stato un grande concerto, emozionante. Anche Barenboim ha pasticciato meno del solito e ha dato fondo alle sue capacità di interprete. Mahler (come era ovvio) è stato diretto spledidamente da Abbado. Credo sia stato il concerto con più alto tasso di “spiritualità” (se mi concedete la retorica) che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi dieci anni. Non sono un Abbadiano sfegatato. Ma davvero credo che, oggi come oggi, sia difficile trovare un direttore sinfonico più bravo di lui, tranne forse Harding in certo repertorio (Che per altro è stato un suo “allievo”).

    • Se permetti. Pierre Boulez è ancora vivo e attivo. David Zinman idem. Paavo Jarvi e Philippe Herreweghe anche (e dirigono un Beethoven che Claudio si sogna). Michael Gielen, Riccardo Chailly, John Eliot Gardiner, Helmuth Rilling, Antonio Pappano…mi risultano non ancora defunti. Tra questi uno è di statura talmente superiore ad Abbado che fa storia a sé in ogni repertorio che sfiora (Boulez ovviamente: basta ascoltare il suo Mahler) e gli altri – tutti largamente superiori al buon Harding – non sono certo inferiori al Divo Claudio: tra l’altro proprio in Mahler (sarò noioso, ma il piatto forte del concerto è lui) Gielen e Zinman hanno firmato due integrali che si “pappano” quella del suddetto…

      • Non so, dovrei senterli dal vivo e poi decidere. Dei dischi mi fido fino a un certo punto. Ieri c’erano tantissimi studenti (e poveri? scherzo…) era commovente vederli ascoltare con tanto raccoglimento e attenzione la sesta di Mahler. Qualcosa di buono è stato fatto.

  4. Non capisco perchè il ritorno di Abbado debba essere considerato un evento minaccioso.
    Voglio dire: il perculare gli idolatri abbadiani fa sfregare le mani anche me e mi fa sorridere, e lo so che Donzelli, che ha vissuto quegli anni, ha “subito” gli stessi cantanti e le riprese delle stesse opere per lustri interi, con in mezzo magari anche interessi politici; lo so che Abbado si becca fior di miliardi per un concerto di due pezzi; però come dicono Duprez e Mozart, parliamo anche di un grande direttore che ha introdotto in Scala un repertorio nuovo, che si è servito dei cantanti dell’epoca creando una compagnia (imperfetta, è vero, ma oggi?); ha tenuto lontano il Rossini tragico, è vero, ma allora potremmo fare lo stesso discorso con Meyerbeer, e chissà quanti altri, eppure al loro posto ha fatto ascoltare Schonberg, Berg, Mahler, Mussorgssky che sono grandiosi compositori a fianco di grandissimi direttori d’orchestra con il loro repertorio.
    Cioè, oggi si sbrodolano per le sferragliate di Dudamel, Wellber e “fenomeni” simili e paghiamo (noi) miliardi per ascoltare Dyka, Netrebko, Grigolo, Machaidze, Ryan, Stensvold, Kaufmann, DiDonato, Barcellona, e ci becchiamo un Janacek agghiacciante, un Wagner da periferia dell’est-asiatico, un Prokofiev da barzelletta e recital da pernacchia…
    Ok, Abbado non lo reggi, va benissimo, però resta a prescindere dai gusti un grande direttore: imitatore? Probabile. Dal repertorio limitato? Certamente, come molti, però, che per sensibilità e gusto ha voluto concentrarsi su ciò che trovava più affine, preferendo che altri dirigessero altre opere al suo posto e creandosi giustamente un SUO repertorio, come anche i cantanti fanno. Politicamente schierato e dipendente di una grande casa discografica? Certo, come molti grandi nel bene e nel male; ma ha segnato un periodo che, personalmente, rimpiango perchè non l’ho vissuto ed in cui la scala non era un cadavere puzzolente e decomposto come oggi!
    Per i cantanti: alla fine Abbado si è scelto QUEI cantanti e se li portava dietro. Toscanini aveva i suoi, Muti anche, Knappertsbusch e Furtwaengler proponevano gli stessi nomi, Karajan idem, oggi Harnoncourt e Christie fanno lo stesso con i loro canili assortiti… cioè, voglio dire, non è che questo lo rende diverso dagli altri direttori.
    Lui si trovava bene con loro e li infilava ovunque quando dirigeva.
    E’ così
    Coloro che creano il “culto” del Vitello d’oro, quelli si, con le loro puerili manifestioncine d’ammmmmore, sono da ridicolizzare, a parer mio, come infatti l’articolo di Donzelli sottende!

    Ah, per onestà dico anche che il pezzo è scritto splendidamente, è affilato e colto come una stilettata e non considero Abbado il miglior direttore del mondo (ma amo molto il suo Lohengrin video e CD).

    Questa la mia personale opinione.

          • Come sempre Marianne – la cattiva ragazza, il “caso umano”, la menade della critica musicale – si dimostra più lucida, argomentativa e olimpica di chiunque altro.

          • Una postilla.

            A mio parere un bravo direttore di teatro è colui che – piuttosto che impadronirsi di un’istituzione – se ne mette al servizio.
            Massimo Bogiankino era un bravo intendant poiché non permetteva che i suoi gusti personali o idiosincrasie interferissero con le scelte di programmazione (titoli, cantanti, direttori, registi etc.).

            Esempi negativi: Mortier (Puccini?! Sul mio cadavere…!), Lissner (Vive la mode!), Pereira (Largo ai Marchionne!), Gelb (Media, media, media!). Tutti afflitti, parrebbe, da problemi di Ego.

            Sempre a mio avviso, l’era Abbado in Scala è stata caratterizzata da un maggior tasso di eccellenza e di pluralismo – sempre relativo, ovviamente – di quello verificatosi nelle ere successive.

            Insomma, nessuno deve permettersi di trattare La Scala – o qualunque altro grande teatro – come il corridoio di casa sua, da percorrersi in ciabatte.

        • Eh no mia cara, perché un cast non basta sceglierlo o imporlo o farselo imporre: bisogna anche accompagnarlo nella maniera migliore. Cosa che Abbado, se mi permetti, non sempre fa. Basta sentire certe direzioni verdiane di Mitropoulos, Panizza o Walter (soprattutto se alle prese con cantanti non certo impeccabili o “di primo pelo” tipo la Milanov) per capire di che pasta debba essere fatto un grande direttore d’opera.

          • Assolutamente.
            Infatti, per me, Abbado accompagna i cantanti splendidamente in opere come Don Carlo, Ballo, Macbeth, Simone, Wozzeck, Lohengrin, Barbiere, Cenerentola, Viaggio a Reims, Italiana, Pelléas, Elektra, Fierrabras in cui sia l’opera, sia i cantanti sono onorati.
            In opere come la “Carmen” ad esempio, Abbado ha mostrato certamente il fianco, ma non tutte le ciambelle…

      • Infatti, a chiunque: Furtwangler, Klemperer e Mitropoulos compresi…per non parlare (e mi rendo conto dell’irriguardoso paragone, giacché fa un mestiere praticamente diverso) di Mister Sutherland…

  5. Credo che Donzelli abbia fatto bene a ricordare le autentiche pagliacciate che negli anni post ’68 credevano (?) fossero le fabbriche i nuovi luoghi di cultura. Mi spiace che non sia stata ricordata l’ex fabbrica di via Savona, o i concerti che alcuni solisti Scala eseguivano in sale parrocchiali o circoli operaisti . Tutti questi luoghi dovevano servire a profondere la grande cultura (bel sogno!) al popolino.Si tentò, ma con scarso successo, anche il trasferire nel circuito lirico lombardo spettacoli scaligeri (per tutti il Ratto del Serraglio a Brescia 1978) ma subito abbandonati ..chissà perchè?
    Periodo di esaltazione “operaista” che credo non abbia scalfito minimamente la atavica diffidenza Verso la musica contemporanea. Valga per tutti la risposta fornitami da un collega della mia ditta Alla proposta di andare al Wozzeck in scala (dove Abbado lo programmò per due anni consecutivi)
    risposta che si sintetizza così: Io vado a vedere le opere che conosco: Boheme e Aida, le altre vattele a vedere tu!
    L’approccio alla musica non poteva che essere fallimentare.
    Ed oggi ne raccogliamo i frutti.Prosit.

    • Oh Gesù…. Chissà che “meraviglia” una stagione fatta solo di Aida e Boheme!

      Ps: Wozzeck è del ’25….musica contemporanea????

      Pps: e la prima italiana (nel ’42) venne diretta da quel noto operaista radical chic di Tullio Serafin…..

        • Battisolfa/operaista radical chic, con menate da intellettualoide “sinistro” che spaccia per musica colta i rumori del gabinetto…ovvio: del resto si sa che Berg è una macchinazione del PCI o degli sballati del ’68… Serafin e Mitropoulos erano noti consumatori di acido lisergico…
          Ps: mai mi sarei aspettato di sentire nell’A.D. 2012 (quasi 13) che Wozzeck fosse “musica contemporanea” e fallimentare, imposta (scandalo!!!) per ben due anni di fila invece di Aida e Boheme (grande perdita per l’umanità non poter assistere alla 574esima replica di una delle due…) :)

          • credo che rigoletto riportasse l’opinione del suo collega, evidentemente digiuno di musica, non certo la propria.
            ciò detto ritengo che proprio per le premesse “democratiche” ed “egalitarie” che informavano il processo di culturalizzazione promosso dalla dirigenza scaligera dell’epoca, iniziare a educare le folle a suon di Wozzeck, Luigi Nono e Giacomo Manzoni fosse il mezzo più sicuro per non adempiere al compito prefissato o adempierlo in misura molto limitata. per contro basta sfogliare le cronologie dei concerti fiorentini di Vittorio Gui per cogliere un altro respiro (in tutti i sensi) di una pratica di diffusione della musica sinfonica e della costruzione di un repertorio da concerto. che poi anche questa pratica abbia dato frutti concreti e duraturi, alla luce di certe programmazioni fiorentine moderne, appare già più dubbio.

          • Signori, guardate che il Wozzeck ha 87 anni e, che vi piaccia o meno, è da decenni presente nella normale programmazione dei teatri di tutto il mondo. Qui da noi ne hanno appena fatto una nuova produzione, sette recite tutte esaurite e con una folta presenza di pubblico giovane. Abbado ha fatto solo bene a proporlo con continuità. Poi io credo che rigoletto riporti la sua di opinione, infatti sono anni che ripete come sia rimasto irrimediabilmente ferito dal Festival Berg del 1979…

          • Però permettimi di dissentire sul presunto comune denominatore tra Wozzeck, Nono e Manzoni. Dato che il primo è un “classico” esattamente come Strauss o Turandot, gli altri, invece, dei contemporanei (la cui sopravvivenza e influenza è variamente giudicabile). Per amor di verità c’è anche da dire che nel periodo in cui Abbado dirigeva in Scala (e – ripeto – dirigeva soltanto, non svolgeva attività di sovrintendente né decideva programmi e compagini, come avrebbe fatto il suo successore) non è che si allestissero 3 opere di Nono all’anno, magari insieme a Donnerstag aus Licht. Semplicemente – come oggi – si dedicava un titolo della stagione a musica contemporanea. Magari nei concerti sinfonici accanto al repertorio si poteva trovare Schoenberg, Webern, Berg, Mahler, Bartok, Shostakovich o Bruckner… A discapito dell’ennesimo Imperatore di Beethoven e della Renana di Schumann? Pazienza…non è un dramma (ti rammento la cadenza annuale delle sinfonie beethoveniane e dei concerti negli ultimi 10 anni della sempre più risicata stagione sinfonica scaligera). Esistono persone che, magari, apprezzano maggiormente quel repertorio, quasi sconosciuto nel teatro milanese… Io credo che non si possa negare l’ampio respiro – soprattutto nella stagione sinfonica – di quegli anni di Abbado.
            Poi se si vuole dire che Wozzeck o Boris Godunov siano opere di cui “si consiglia la visione solo ad un pubblico adulto” e che dovrebbero essere programmate con oculatezza, parsimonia e preparazione, nonché avvertimenti “for dummies” e controindicazioni…beh allora resta solo la stagione ASLICO (Puccini, Verdi, Donizetti e Rossini…) non ci si stupisca, però, della trasformazione del teatro in casa di riposo…

          • La trasformazione del teatro in casa di riposo è stata avviata una volta completata la desertificazione del canto (e delle bacchette: vogliamo parlare della Carmen di Dudamel o del Barbiere di Mariotti?) e l’azzeramento del dissenso (due bei frutti dell’era mutiana). Che si programmi oggi Janacek, Henze, Rossini, Dallapiccola o Cavalli nulla cambia, se non la maggiore o minore affluenza di “rimasti”.
            Dimenticavo, visto che parliamo di qualità dell’offerta: i Puritani dell’ASLICO dello scorso anno (tenore a parte) la Scala oggi come oggi può solo sognarseli. E con lei il suo pubblico, posto che sia al corrente dell’esistenza di questo titolo.

          • Certo la trasformazione in “casa di riposo” trae origine da molteplici fattori: carenze qualitative e programmazione noiosa (capace di attirare soltanto turisti stranieri, circoli lirici di anziani e poco altro). Io dico solo che non si può immaginare un teatro corrispondente solo ai propri gusti musicali per cui se programma melodramma o belcanto è “buono e giusto”, mentre se si azzarda a proporre altro (e non intendo l’integrale di Stockhausen o l’opera omnia di Nono, ma ti parlo di autori e titoli che fanno parte della tradizione musicale classica) automaticamente diviene una presuntuosa macchina “indottrinatrice” vittima di fissazioni intellettualoidi (come se Berg o Mussorgsky fossero incomprensibili ai più). E poi chi non ama Rossini o Gounod (che ultimamente è stato piuttosto inflazionato anche a Milano) varrà come chi non ama Berg o Mahler oppure no?
            Senza contare che se da una parte si critica la Scala o Abbado perché non allestisce Semiramide, dall’altra la si criticherebbe nella stessa maniera se la dovesse allestire 😉
            Tornando all’ASLICO credo che un teatro importante non possa pensare solo ad una fetta, neppure maggioritaria, del suo pubblico e continuare a proporre Rigoletti, Tosche, Barbieri o Lucie…

  6. Mah, il post di Donzelli ribolle così tanto di livore e di rabbia che una conclusione è ovvia: nel suo scritto Donzelli non parla tanto di Abbado e dell’epoca in cui è stato direttore musicale della Scala quanto di sé. E in maniera del tutto parallela ai fanatici abbadiani, i quali nel loro cieco entusiasmo non vedono più nemmeno l’oggetto del loro culto. E’ per altro molto divertente notare che le accuse che Donzelli rivolge ad Abbado (repertorio limitato, mancato invito ad altri direttori, incapacità di accompagnare) sono le stesse, stessissime che i detrattori di Muti rivolgevano all’oggetto del loro sdegno. E le stesse, stessissime che i detrattori di Mahler a Vienna rivolgevano all’odiato direttore. Quasi che una gigantesca carta carbone si stendesse attraverso la storia a coprire i rapporti fra gli interpreti e una parte del pubblico. Questo dà molto da riflettere.
    Marco Ninci

  7. dopo il concerto ascoltato ieri sera alla scala mi sembra che le polemiche su claudio abbado siano una tempesta in un bicchiere d’acqua. Posso ammettere che é più facile che nasca un Abbado piuttosto che un Muti (sono comunque più legato al primo) ma il suo “carisma” in sala (ho ascoltato tutti i più grandi) é cosa rara anzi rarissima. Ad ogni buon conto mi é parso tale e quale quello del periodo 1979-1986 in cui lo ascoltavo. Mi é piaciuto come ha subito ritrovato la misura di quel teatro abbandonato venticinque anni fa e abbia dato dimostrazione di antiretorica e buon senso che i citati gielen, harrewege, pappano penso gli invidieranno molto.-

  8. Ma perché, Alberto, dovrebbe essere più facile che nasca un Abbado che un Muti? Abbado è un grandissimo direttore, che io ho ascoltato molte volte alla Scala e fuori dalla Scala. Ne ho avuto conferma in un recente concerto a Firenze con una meravigliosa Nona di Mahler. Un po’ ridicoli sono semmai i suoi fans, cui si può bonariamente rimproverare una certa mancanza di senso del ridicolo. Ε anche i suoi detrattori cui, come si è visto sopra, non mancano ragioni extramusicali, ancora più ridicole.
    Marco Ninci

  9. Caro Tamburini, è vero, ma glielo rimproveravano comunque. Lo accusavano per esempio di essere un monomaniaco di Wagner. Ciò non toglie che altri gli rimproverassero anche l’esatto contrario, vale a dire che si distoglieva troppo da Wagner. Così sono il pubblico, i giornalisti, i blogger, non molto legati alla realtà.
    Marco Ninci

  10. I rimproveri da parte di gente che li fà solo per principio sono sempre esistiti. Ricordo bene come certa stampa milanese si comportava durante gli anni di Abbado. Se in una stagione dirigeva solo due titoli, subito usciva un articolo dove si diceva che il direttore stabile era sempre in giro. Se in un’ altra ne dirigeva quattro, altro articolo: “Il direttore stabile vuole fare tutto lui e non lascia spazio agli altri direttori”.
    Dopodichè, potete pensarla come volete ma io la Scala di Abbado e soprattutto di Paolo Grassi la rimpiango eccome…

  11. su gielen forse sbaglierò…forse perché penso che mahler ha bisogno di un ottimo cuoco e di un buon allenatore. Boh sarà che sono il solito gaudente ed il Mahler migliore me lo sono gustato con una wiener schnitzel o una cotoletta milanese in pancia. Circa il perché é più difficile che nasca un muti che un abbado é una mia vecchia idea (forse scema) e non rappresenta un giudizio di valori. Però richiamandomi a quanto ben ricordava Mozart2006 vi faccio notare 1) che mentre Abbado un po’ soccombeva su quelle polemiche e veniva limitato nei suoi progetti, Muti riusciva a rompere talmente tanto le balle e a fare direi dal 1981 (cioé dalle Nozze) tutto quello che voleva; 2) Muti é riuscito comunque a far passare ad un pubblico molto sofisticato come quello della Scala, un po’ di grande repertorio italiano non solo con allestimenti inferiori ai precedenti, ma con cantanti veramente modesti o comunque inadeguati rispetto a quelli che lavoravano con Abbado e per esempio un Rigoletto senza un applauso a scena aperta all’interno di uno dei tre atti. Insomma forse nemmeno Toscanini sarebbe riuscito a imporsi così.

    • Risultati ottenuti anche grazie a una stampa collaborazionista e a un sistematico “presidio” del loggione, con tanto di figuri che giravano a intimidire i dissenzienti e anche i non del tutto convinti (vedi il celebrato Rigoletto). Ricordiamocele, certe cose, altrimenti ci sfuggirà sempre il quadro d’assieme.

  12. presidio del loggione non direi il suo comportamento non m sembra mai stato influenzato da pressioni esterne o del teatro dopo la traviata di k. mose’ del 79 bolena della caballe lucia con pavarotti (cui segui la piu temuta chisura del loggione con la scusa dell incendio al cinema statuto d torino) vespri e don carlo le. fischiate non sono mai mancate

  13. La teoria del complotto è sempre stata una delle più care ai melomeni. Complotto di Walter Legge per stroncare le carriere delle Jurinac e della Della Casa. Ma non mi risulta che le due suddette abbiano avuto carriere oscurate; chi sa? Per il fan l’oggetto del proprio culto ha una carriera mai abbastanza luminosa, mentre l’oggetto rivale gode di una fama assolutamente immeritata. Abbado ha visto stroncati i suoi progetti dalla stampa cattiva, in realtà è stato una specie di perseguitato. Altro complotto; strano, non me ne sono mai accorto. Ma non mi devo stupire; il complotto è segreto per definizione. Muti comandava in Scala già dal 1981, ben prima del suo arrivo ufficiale. Me lo immagino col gatto in collo, capo segreto di una sorta di spectre musicale. Quando poi la spectre si è insediata ufficialmente, apriti cielo! Il complotto ha svelato il suo vero volto e non è mancato nulla delle situazioni di questo genere: in primo luogo gli sgherri, aggirantisi cupamente in loggione e non solo lì, volti a ristabilire l’ordine della dittatura. Un ordine che ha coinvolto anche il sofisticato (?) pubblico scaligero, di cui per altro in questo sito si dice che è composto di mezzi scemi. A contatto con Muti il pubblico si è rimbischerito, come si dice dalle mie parti. Forse perché contaminato dalla mediocrità che gli veniva proposta; ma la sofisticazione, direi, a meno che non si tratti di quella alimentare, non consiste proprio nel riconoscerla, questa mediocrità? O forse perché obbediva a un ordine cui non si poteva dire di no. E, quando si è con la pistola alla tempia, si applaude qualsiasi cosa.
    Marco Ninci

  14. ma infatti hai ragione da vendere, a quei livelli non ci sono complotti che tengano ma solo altri che ti remano contro o che, non condividendo i tuoi progetti, ti mettono ostacoli, penso che Muti i abbia saputo dribblare meglio di Abbado questi ostacoli e ci abbia messo parecchio tempo più di lui a perdere la pazienza. Spiace però che quando questi Maradona o Pelé della musica vadano a farla altrove ed é legittimo che si resti quantomeno un po’ frustrati. Tanto che ieri non mi vergogno a dirlo -se non mi fossi attardato a mangiare un cono piccolo (zabaione e tiramisu) da Grom- sarei salito volentieri sul famoso tram che fermava alle 18.30 in piazza scala. Tram di cui si parlerà nel bene e nel male per altre centinaia di anni

  15. Nel mio commento avevo segnalato che c’era stata una maniacale distorsione dei luoghi dove proporre musica [fabbriche dismesse, oratori e sedi non adatte ad ascoltare musica] come se il problema della pochissima presenza operaia in Scala o Auditorium fosse solo il luogo di esecuzione. Nulla a mio avviso era stato fatto
    Per far conoscere (non ascoltare) la musica a chi non capiva neppure le opere o gli autori più eseguiti: le famigerate Boheme e Aida. Si è puntato solo sul luogo dove eseguire e non “come eseguire” in presenza di pubblico digiuno di musica.
    Ricordo che identiche osservazioni venivano fatte anche da loggionisti (es. il tenore Mario…) che sbuffava alle esecuzioni di Donnerstag aus Licht. Rimpiangendo
    il REPERTORIO.In Scala, cario Mozart, si dimenticava che ad una persona che ha fame non si deve offrire la sacher, ma un buon piatto di minestra o pastasciutta, prima di offrire il gelato o il torrone. Si è vissuti con la convinzione che alla mancanza di
    pane si dovesse offrire le brioches…..Ancora oggi tra i commenti leggo: meglio Wozzeck o stockhausen? Meglio Mahler
    O Stravinsky, forse Bruckner e Berg.
    Su questa strada non si va da nessuna parte.

    • Ma Wozzeck (o Stravinskij o Mahler) non è brioche, è pane… Non è un obbligo morale andare in Scala. Al loggionista che sbuffava alle esecuzioni di Donnerstag aus Licht direi che non gliel’ha mica ordinato il dottore di ascoltare Stockhausen. Anche perché il grande repertorio era comunque presente (certo non occupava vivaddio il 100% della programmazione), e chi trovava insultante per le proprie orecchie la musica di Berg poteva ascoltare Otello, Boheme, Elisir…etc… (basta guardare sul sito della Scala le cronologie, il resto è favola). Io – personalmente – se mai dovessero eseguire Semiramide (opera che, detto in modo esplicito, mi fa venire l’orchite) non andrei ad ascoltare per poi sbuffare dopo due ore gridando “vergogna”. Semplicemente me ne resterei a casa. Sarebbe molto bello che chi non gradisce Wozzeck (che non viene certo eseguito ogni due anni come Butterfly) faccia lo stesso evitando di disturbare i presenti o di lanciare crociate contro presunte culturalizzazioni forzate… Tutto qui. Anche perché i propri gusti non possono essere imposti a tutti come unica pietra di paragone per giudicare l’eccellenza o meno di una programmazione teatrale.

  16. Ciao a tutti,
    Io quel periodo di Abbado alla Scala lo ricordo in modo positivo, e non cambiero’ certo idea perche’ altri non lo ritengono tale.
    E’ lecito stimare Abbado, o amarlo, come altrettanto lecito e’ il non condividere alcune scelte fatte; improponibile invece pretendere di sminuirlo persino come accompagnatore . Riguardo alle scelte vocali da lui fatte (e da tutti gli altri) non ripetero’ di certo quello gia’ espresso da Brandt.
    Non mi sono mai accorto di loschi figuri che avessero il compito di controllare il mio comportamento nel loggione scaligero, mai, e neppure , in qualsivoglia occasione, qualcuno si e’ preso la briga di minacciarmi.
    Se qualche pedata , e non solo metaforica, in gioventu’ me la son presa, non e’ stato certo da parte dei soggetti sopra indicati, ma, guarda un po’, dagli imbecilli talebani che si trincerano dietro ad una verita’ (la loro), assurta a dogma incontestabile,( Fosse l’oggetto delle loro ridicole idolatrie un direttore, un ballerino, uno strumentista, ma soprattutto un cantante.)
    Ho assistito a recite a Milano ed altrove, con le ricordate Chiara e Price, che sono artiste alle quali continua ad andare il mio affetto, ma innanzitutto la mia stima, e non rimpiango comunque di aver avuto alla Scala la possibilita’ di vedere per molte volte la Freni, figurarsi!
    E scusate, ma quello che e’ stato vissuto artisticamente, ha poco a che fare con le proprie personalissime, e quindi criticabilissime idee extramusicali.
    Mi risulta, che i piu’ celebri teatri del mondo, abbiano sempre teso a dare alle loro programmazioni, un’impronta, ognuno la propria, come l’accuratezza della produzione per esempio, o l’innovazione in senso tecnologico, o la scelta a volte troppo affrettata di qualsivoglia nuova tendenza, o lo scritturare le migliori (o piu’ famose) voci del periodo, od il proporsi come testimone o continuatore di importanti prassi esecutive del passato etc etc. esattamente, come la Scala di quegli anni, come il Met, come il Bolshoi e via dicendo, ognuno con una propria specificita’. Certamente la Scala non era il teatro dove arrivava una star il giovedi’, alternandosi alla star arrivata il mercoledi’, nonostante l’autorevolezza di alcuni casts di sostituti.

    Sono invece soddisfatto che la Scala, anche quella disastrata di oggi, non abbia pensato a mettere in scena i puritani visti lo scorso anno a Cremona, e non solo per la pochezza della prova tenorile.
    Io, almeno in senso positivo, non me li sono mai sognati.

    • La sera di Attila dicesti che ti piaceva la Garcia!
      Dunque, metto questo commento sulla vecchia scala ed il resto, sino all’ultima riga, nello stesso scaffale, dato che ti sei sempre lamentato di tutto, scala di abbado inclusa! L’etichetta è “umoralità momentanea”.
      Una delle prime volte che ti ho parlato, fu a proposito della Bartoli, di cui dicevo ciò che penso, ossia che è quella che qui sopra si dice. Mi hai attaccato una filippica di un’ora, eravamo con tino, per dirmi che ero una ignorante ed una cui non va bene nulla, per mero spirito di contraddizione. Passato l’umore, hai manifestato più volte un pensiero affine al nostro, che è ben sintetizzato dal commento fatto qui sotto a MIssion: “Si, quell’ Ory l’abbiamo visto in molti. Visto.Abbiamo sentito anche cantar bene in qell’ Ory. Della Cecilia non si sentiva nulla. Pero’ saltellava bene.” Trovo ilo tuo spirito di contraddizione insopportabile.

      • Cara la mia Grisi,
        Hai la memoria cortissima, che piu’ corta non si puo’!
        Cara la mia maestrina la sera dell’Attila mi sono avvicinato sorridendo a Donzelli per augurargli la buona notte, lui seduto gia’ sulla sua motoretta, e mio son sentito rispondere in modo quanto meno villano prima ancora che sapesse cosa volevo dirgli e cioe’ :” Tra questa e la Pancratova e’ una bella sfida”.
        Cara la mia colei che mette in bocca agli altri cose mai dette , il sottoscritto non si e’ mai espresso in modo positivo nei confronti di un’autentico disastro vocale come io ritengo sia la Garcia, ma figurati, dai, non essere ridicola, quando mai me l’hai sentito dire, sei fuori?
        Cara la mia non so quel che dico, io che amo il canto soprattutto, mi sono espresso piu’ volte, e lo sa ognuno in senso negativo rispetto ai cast scelti dal signor abbado, come ho sempre affermato, e lo riaffermo, che i grandi direttori spesso non sanno scegliere un cast all’altezza.
        Cara la mia etichettara, l’umoralita’ momentanea, valla ad ascrivere a qualche dun altro, non certamente a me, che sopporto un triste momento dell’arte vocale, ma continuo ad andare a teatro,e non rompo le palle a nessuno per questo.
        Cara la mia io son certa di quel che dico, la prima persona che mi ha posto il dubbio di microfoni piazzati persino in teatro, cosa che io ignoravo, sei stata proprio tu, e ti ripeto che il concerto che vidi al conservatorio con la bartoli, si sentiva certamente di piu’ di quell’insignificante Isolier,visto, e non sentito alla scala. WE te lo ripeto.
        Cara la mia quel che penso e’ senz’altro giusto, i primi dischi della bartoli, mi son piaciuti, e ancora mi piacciono, piaccia o non piaccia a te, questo e’ quello che penso.
        Cara la mia capisco tutto degli altri , quello che io penso e dico, non dico sia giusto, ma almeno lo dico, e sempre e’ quel che penso.
        Cara la mia assistente sociale, il fatto che tu mi consideri una persona che dice qualcosa, per dire il contrario a quel che dici o pensi tu, non me ne puo’ fregare di meno, io non sono il “bastian contrario” come ami definirmi, sono io, punto e basta.
        Cara la mia so tutto di tutti gli agenti ed anche di piu’, e’ proprio per questi motivi che rifiuto un qualsiasi contatto con te che non sia attraverso il Corriere, che visto la piega stranamente politica che sta prendendo sara’ meglio abbandonare.
        Cara la mia circondata da vestali silenti, io esprimo quello che penso, e penso di avere ragione sino a che qualcheduno non mi fa capire che ho torto.
        Non devo imparare niente riguardo al comportamento da te, sono qui’ per discutere di canto, se tui va bene e’ cosi’, se non ti va bene , ricordatelo bene, ho anche altri interessi ed altri modi, per fortuna , di passare le mie serate.
        Cara la mia non mi ricordo, o mi ricordo male,
        sono stato interpellato piu’ volte per poter esprimere, sull’unico blog, fuori dal coro, e questo te lo riconosco, che esista, ma mi sembra di averlo gia’ detto, e visti i mesi obbligato in casa e a letto, ho iniziato a frequentare il tuo blog, o come cacchio si chiama, e a parte richieste inattese, mi sono anche divertito.

        • vedi paco, sei anche poco sincero. Nessuno ti ha aggredito, ne io ne tino, che poi mi ha spiegato che sei famoso per essere così. Infatti se ben ricordi sei stato tu aggredito in platea da un figuro a quei puritani, alla prima perchè ridacchiavi del tenore. Vuoi che ti rammenti quello che è accaduto e ele parole che hai speso all’uscita contro quelli ti aggrediscono a teatro perchè non ti vanno giu certe schifezze? Vuoi che rammentiamo?. Oggi qui dici che non vedi loschi figuri che ti osservano……perchè oggi sei girato di là. Dipende dal giorno, in fondo. Oggi -ei il bastion contrario…….non negare che sei come tutti saano eh!

          • Per Giulia:
            Sono stato verbalmente aggredito, ovviamente ho risposto in modo cosi’ convincente che la baruffa non e’ durata per foortuna , che pochi minuti. Si scopri’ poi che il tale in questione era un agente di alcuni protagonisti dello spettacolo. Contenta? L’ho scritto.
            Ma che c’entra con Abbado, dico io, che son bastian contrario.
            Devo andare avanti? Non penso, vedi tu.
            E’ cosi’ per caso che mi hai chiamato in quel modo?

          • Dimenticavo di aggiungere, particolare di una certa rilevanza, che il teatro non era La scala, ed i tempi non erano ne quelli di muti ne quell’ d’abbado, come ben sai. Adieu

  17. Caro Gilbert: L’orchite che tu lamenti viene anche ai volonterosi di ascoltare il REPERTORIO e si vedono proporre le gloriose ma insulse “giornate di luce” di Stockhausen. Ribadisci che il repertorio
    in Scala si fa eccome .. a costi appetibili a chi ha Panfili e case sul lago maggiore.Non alla comune borghesia senza contare i lavoratori
    con reddito da casa di riposo. Insomma non si vuole capire, perchè è difficile per gli appassionati che andare un paio di volte al mese in scala con un compagno/a costa come noleggiare il taxi tutti i giorni, per recarsi al lavoro. C’è un chè di snob nella diatriba in corso che personalmente mi lascia basito. Non si vuol capire che come è impostato oggi quel mondo, è costoso, costosissimo, piace a pochi, e alla “massa” non gliene frega alcunchè se Abbado programma per due anni il Wozzeck, alla massa piace sopratutto il repertorio, quello che faceva canticchiare in casa i genitori, le romanze più note, e Radio e televisione fino agli anni ’60 proponeva con continuità [ come non pensare ai famosi concerti Martini e Rossi] Si è voluti diventare “populisti e contemporaneamente snob”
    senza essere ne uno ne l’altro.

    • Ma il problema dei costi c’è con Wozzeck così come con Aida. La Scala è cara, e siamo d’accordo (anche se i costi sono andati lievitando negli ultimi 15/20 anni). La Scala non ha una politica che agevoli la fruizione (tipo last minute, vendita di posti invenduti a prezzi calmierati, reale convenienza di abbonamenti o mini abbonamenti). La Scala non ha neppure una gestione razionale dei posti (così una poltroncina in galleria esattamente dietro una colonna ha lo stesso prezzo di chi, a fianco, ha la visuale sgombra). Tutto vero, ma nulla c’entra col repertorio, con Wozzeck o con Boheme. Se mi dici che c’è un che di grottesco (e odiosamente snob) nell’allestire Luigi Nono in una fabbrica metalmeccanica con l’idea di operai che accorrono in massa (come nella Cina di Mao ai comizi del “grande timoniere”), allora sono d’accordo con te. Per il semplice fatto che già l’opera ha una diffusione elitaria (in senso numerico), figuriamoci Nono… Se però mi dici che ciò che esula dal repertorio è un “quid pluris” di cui si può fare a meno allora non posso condividere, perché le abitudini e i gusti non possono e non devono costringere un teatro ad allestire sempre la stessa zuppa.
      Sulle diverse orchiti nulla dico, solo che come io posso evitarla non assistendo a Semiramide, così si può evitare non assistendo al ciclo “Licht”. I dottori o i magistrati ancora non obbligano la visione di tutte le opere programmate in Scala. :)

      • Duprez, ricordi cosa diceva Tullio Serafin? Nel cartellone di una stagione tipica, accanto alle opere italiane, ci devono sempre essere un titolo francese, un Wagner e una novità assoluta. Infatti Serafin nella sua carriera diresse 264 opere, di cui una ottantina di prime esecuzioni assolute. Sto radical chic, snob, sessantottino ed emissario del Cominform…

  18. Marco provo a rispondere io prima che si accendono altri fuochi sennò va a finire che la casa va a fuoco,a papageno non gli fa schifo Abbado semplicemente non apprezza il suo gesto di stringere la mano all’attuale direttore musicale il quale non è gradito a papageno …

  19. No no, per carità. Sai, Pasquale, sono espressioni forti, abbastanza stupefacenti. Sai, non è che Abbado abbia stretto la mano a Goebbels o a Beria. Barenboim è semplicemente un direttore musicale, che può piacere o no. Tutto qui. E, del resto, ci faceva un concerto insieme, come hanno praticamente fatto tutti i più grandi direttori del nostro tempo. Che avrebbe dovuto fare? Tenersi sdegnosamente in disparte? Ma via…
    Marco Ninci

  20. Certo, Marco, che non hai altro da fare che correre dietro alle mie misere affermazioni in chat …
    Comunque, premettendo che quella stretta di mano non cambia di certo il mio umore della giornata e il mio percorso di vita, sono solo rimasto orripilato per quel gesto perché un mediocre direttore (Baremboim) stringe la mano ad un grande direttore (Abbado) e con quel gesto si firma/suggella una continuità – che ovviamente è solo quantitativa e non di certo qualitativa.
    Non ho la pretesa né la spacconeria di dire cosa avrebbe potuto o dovuto fare: a me ha semplicemente schifato.

    Requiem di Abbado http://www.youtube.com/watch?v=VzrBFqIL9vk
    Requiem di Baremboim: http://www.youtube.com/watch?v=xX1joKUSdhYhttp://www.youtube.com/watch?v=kqhKwRiGkH8http://www.youtube.com/watch?v=ZyHH4QOmb1I (scusate se non sono le stesse recite, ma non si trova un integrale di Baremboim)

    • Papageno…scusa, ma stai dicendo una fesseria. Barenboim (piaccia o meno) ha suonato con Klemperer, Celibidache, Boulez (ed era pure in confidenza con Furtwaengler)…credo che a tutti costoro abbia pure stretto la mano, senza che ciò implicasse alcunché. Mi sembra una polemica ridicola, offensiva e inopportuna.

      • Scusami Duprez, prima che un noto disturbatore non avesse riportato un inutile, personalissimo e futile commento, io non abbia scritto niente nel post significa appunto che non volessi rendere partecipe e non volessi annoiare nessuno con i miei personali ribrezzi.
        Visto che mi son sentito chiamato in causa, e visto che non capisco perché date un così grande peso ad un commento sciocco ed inutile alla discussione che ho fatto – ripeto – in chat (quindi non formalizzato), ho risposto ma non mi si dia la colpa che accendo fuochi inutili!

      • Il contesto è del tutto diverso comunque, perché pur essendosi esibito in veste SOLA di pianista con Klemperer, Celibidache e Boulez, con Abbado si è esibito – disastrosamente come riporta Moriani – in veste di pianista E direttore d’orchestra.
        Ma ripeto, state dando una così grande importanza ad un commento personale e spassionato esposto in chat – e quindi non formalizzato qui nel blog con tutti i crismi della scrittura formalizzata nel commento ad un post – che non ha nessun volere di essere metro e giudizio di niente, diversamente dalle opinioni personali spacciate per metro di giudizio del disturbatore che ha riportato questo sciocco mio commento.

          • Con Abbado si è esibito come pianista ma intrinsecamente Baremboim è presente lì non solo come pianista del concerto ma anche in veste di Direttore musicale della Scala, quindi supposto “erede” di Abbado.
            Comunque, termino qui con questa inutile polemica non iniziata da me! Saluti cari

  21. No, Misterpapageno, la tua affermazione mi aveva stupito e ho chiesto cos’era successo. Tutto qui. Del resto, sono cose pubbliche, di cui si può chiedere conto, come lo sono le mie. Non ti ho mica intercettato illegalmente al telefono. Non credi?
    Ciao e una splendida giornata
    Marco Ninci

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