Sorella radio. Otello alla Fenice di Venezia: primo antipasto verdiano.

La Fenice di Venezia ha inaugurato la sua stagione ’12-’13 con un ambizioso quanto difficile omaggio a Verdi, allestendo una nuova produzione di Otello. Opera appartenente alla mitologia tenorile e divenuta tale forse più per i nomi importanti che non lo cantarono, da Caruso a Tucker, da Corelli a Bergonzi, che per gli arditi che osarono sfidare fino in fondo i limiti della propria voce, come Lauri Volpi, o che lo affrontarono comunque pur essendo privi della sostanza tecnica necessaria per essere veramente dei grandi Otelli, come il celeberrimo Domingo. E proprio il vuoto lasciato da quest’ultimo ha creato una voragine nel mercato tenorile che nessuno ha saputo supplire, nemmeno per offrire un prodotto surrogato. Nessuno si è più imposto sul piano della voce e della personalità interpretativa, lasciando Otello alla memoria dei melomani, condannati ai dischi moderni, chi di Del Monaco chi di Domingo o peggio ancora di Vickers, oppure all’archeologia audio dei grandi e leggendari Otelli che sono bene la misura del tempo che trascorre nella storia del canto, Merli, Slezak, Martinelli, Zenatello, Pertile, Lauri Volpi etc..
La Fenice si è cimentata nella quadratura del cerchio – lo stato dell’arte tenorile è tale che l’operazione non può essere altrimenti definita –  muovendosi saggiamente in contrasto con l’andar corrente, che punta su tenori dalla voce grossa e brada di alfabeto cirillico, che negli ultimi anni hanno attraversato i palcoscenici di mezzo mondo, anche diretti da bacchette di gran nome, rivolgendosi all’uomo dalle mille serate, Gregory Kunde, tenore espertissimo, certo dotato di una preparazione artistica e tecnica superiore a quella mediamente corrente. Memori, forse, che il Moro di Verdi non è la bestia gelosa e bruta che, falsando il personaggio, ci viene normalmente ammannita da molto tempo, bensì un tenore di forza assoggettato alla dura leggere del recitar cantando, o, se preferite, della “parola scenica” verdiana, immagino abbiano cercato un cantante che già di suo avesse del personaggio una visione più adeguata all’intento verdiano e che si astenesse da ogni prestazione dai tratti ferini. Ma le idee debbono essere anche realizzate e qui cominciano i gravi problemi perché Kunde è pacificamente inferiore alle esigenze dell’orchestrale verdiano, tanto da essere costretto a cantare sempre forte. Non è plebeo e stentoreo, perché gli manca il mezzo, ma è stentato in alto e in difficoltà nel canto legato (vedi duetto del finale primo) ed il monologo “Dio mi potevi scagliare”, qui complice la tessitura iniziale molto bassa. Non è neppure procelloso e  sfavillante nel “si pel ciel marmoreo giuro” e tanto meno nelle frasi che precedono il concertato finale atto terzo. Se aggiungiamo che manca lo squillo dell’Esultate perché essere stato un tenore contraltino non significa avere, una volta intervenuto il fisiologico accorciamento della zona alta della voce, mantenuto lo squillo nei primi acuti arriviamo a concludere che l’operazione Otello Kunde, nonostante la stima per il cantante e l’ammirazione per l’età anagrafica, è riuscita in parte o nel solo mondo delle idee.

Se il mercato delle voci non offriva molto in fatto di tenori, è certo che nel settore sopranile era possibile, oltre che doveroso, fare di meglio.
Leah Crocetto è il nome della Desdemona prescelta. Recensirla è una pena per me, trattando si di una giovane, anche se non alle prime armi, come attesta il suo curriculum di attività presso la San Francisco Opera e la prestigiosa finale al concorso Cardiff 2011. Chi e cosa abbiano premiato al Cardiff, non mi è chiaro, dato che l’ascolto è di quelli che mette in imbarazzo, ma Venezia è un grande teatro, non un circolo privato o una piazza marginale. Non abbiamo udito né una voce importante o di speciale qualità ( almeno con i parametri tradizionalisti di questo sito) né uno step tecnico che meriti qualche riga di disquisizione, dato che mancano le basi per l’attività professionale. Asperrimo timbro ( che già ce la dice lunga su quanto l’uso del fiato sia sconosciuto ), nessun legato, acuti gridati, gravi aperti e sguaiati, timbro querulo ed accenti spesso volgari o al più degni di una caratterista, frequente ricorso al parlato ( nella Canzone del salice si è sentito di tutto….l’Ave Maria, tralascio la svirgolata musicale del finale…eseguita tutta senza legato… Ma come si fa a volere cantare questo passo senza legato???!!!) . Della creatura angelicata che è Desdemona, ruolo delle voci d’oro, dalla Tebaldi alla Chiara sino alle odierne Dessì etc, nemmeno l’ombra. E si che la infelice sposa non richiede molto perché, come disse Verdi, deve essere semplicemente cantata con bel timbro.
E’ evidente però che le colpe maggiori di questa Desdemona sono di chi licenzia nei concorsi cantanti da reimpostare da capo, di chi alimenta in loro la convinzione di essere pronti per la scena, di chi li scrittura e di chi sparge voci infondate su futuri che non ci possono essere. Straordinaria poi la chiosa del giornalista RAI indiretta, che ha definito la signora Crocetto una grande voce, ma comunque giovane, che in fondo ben potrebbe adattarsi a…. Rossini!!

Jago era Lucio Gallo, baritonetto brillante trasformatosi inopinatamente in voce tuttofare, da Verdi a Puccini sino a Wagner…..ma in lidi ben lontani da quelli italiani. Il suo Jago è stato la prova peggiore della serata, che non ha avuto nemmeno la giustificazione dell’inesperienza dato il catalogo delle opere in reprtorio cui corrisponde un altrettanto nutrito catalogo di difetti ed inadeguatezze oggettive al ruolo. Nel continuo sforzare una voce che di Verdi gli permetterebbe al massimo di cantare Ford in teatri di ridotta capienza o il Fra’ Melitone, si sono udite di continuo stonature, correzioni dell’intonazione, nasalità ripetute, falsetti e falsetti, che hanno dato al suo personaggio le tinte di un surreale caratterista. A tratti la sua è parsa la parodia del vero Jago, nel Sogno in particolare. Taccio del timbro sempre alterato dalle forzature e dal gonfiare una voce che in natura manca,. Non si comprendono le ragioni alla base di questa scelta di cast.

Il trionfatore indiscusso ed indiscutibile della serata è stato, però, il direttore, che ha fornito una prova inaspettata. Myung Whung Chung ha brillato su tutto e tutti con i suoi ritmi accesi, i momenti di poesia e dramma intenso, colori ed atmosfere, con una prova di alto livello. Ha avuto, ad onor del vero, alcuni momenti qua e là non ben riusciti, qualche attimo di pesantezza (  della scena del coro che introduce Desdemona al II atto ad esempio..) o senza tensione, come il concertato che chiude il terzo atto, gravato anche da un soprano di voce e timbro pessimi. Peccati veniali in una prova che ha cancellato dalla mia memoria il suo nervino Idomeneo scaligero.
L’orchestra della Fenice, tra l’altro, sotto la guida del direttore coreano, ha suonano davvero bene con precisione e bei colori come udito nel temporale piuttosto che nell’introduzione alla camera di Desdemona. Peccato per qualche fuori tempo del coro al primo atto in una prova anch’essa molto valida.

26 pensieri su “Sorella radio. Otello alla Fenice di Venezia: primo antipasto verdiano.

  1. Controfirmo riga per riga. Kunde , tuttavia, ha il mio plauso incondizionato per il coraggio e per l’essere un Artista, che non vuol dire essere un Otello ideale , ma un personaggio. Il che, oggi, è già qualcosa.La sua carriera,a 60 anni di età, ha un SENSO….vedo in lui lo studio, la voglia di rischiare, di approfondire, di allargare gli orizzonti. Questo per me è un valore aggiunto e mi fa dimenticare molte cose che non andavano.

  2. Bella recensione. Kunde ha avuto perlomeno di accendere la curiosità per questo debutto in Otello del quale si parlava da un pò tra gli appassionati. Era probabile che non sarebbero state tutte rose e fiori però come EnricoS anche io ammiro Kunde

  3. domani sarò a Venezia e mi permetterò di scrivere come ho trovato Kunde (é chiaro che nel duetto censurato dalla Signora Grisi non posso aspettarmi molto). Ieri ero al Tristan und Isolde e a molti del pubblico normale é piaciuto. Sentiremo e comunque al Sig. Tamburini dico che sono felice di evitare Fraccaro (che si pensava avrebbe fatto tutte le recite) che anche se ha buoni acuti non mi ha mai emozionato un secondo. Per cui lodo la direzione artistica che ha avuto l’idea di far debuttare Kunde in Otello piuttosto che prendere un russo o un cantante wagneriano prestato a Verdi.

  4. Ho ascoltato anch’io l’Otello alla radio. Mi è piaciuto Kunde sia nella parte”eroica” sia nei momenti lirici. Da grande artista è riuscito a superare i proprio limiti con una preparazione e perizia tecnica. Meno bene Crocetto e Gallo. Ero poi presente a una generale con Fraccaro che ho trovato quasi irriconoscibile (in senso positivo). Carmela Remigio e Platanias molto bravi e vocalmente interessanti.

      • Divina Grisi, m’ha letto nel pensiero.
        L’ho subito pensato anch’io, anche perchè la regia -che non m’ha convinto affatto- ha preteso da Desdemona delle posizioni sul letto, dei movimenti ed una recitazione come dire “moderni” (lei m’intende) che hanno messo in ulteriore imbarazzo la malcapaitata Crocetto, dal fisico piuttosto straripante, che ha dovuto pure esibire un polpaccio (Otello bacia ripetutamente i piedi a Desdemona … un bacio, ancora un cacio … scusi la battuta, m’è venuta spontanea) stinco non già di santa, ma di vitello da fare al forno.
        Alla radio, certe raffinatezze, purtroppo non le avete potute apprezzare e vi son sfuggite. E poichè non ho trovato nè “pregnante” nè tanto meno “straniante” (aggettivi che ho bandito dal mio per altro misero vocabolario) la “geniale” regia, scrivono che mi sarei “incinghialito” (lo prendo come un complimento, badi) contro lo spettacolo e non sono il “buonista” che per antonomasia e definizione dovrei invece essere sempre e comunque. La cosa mi diverte assai.
        Saluti e cordialità.
        PS secondo me facevano bene a mettere in prima serata anche Platanias al posto di Gallo. Il quale ha berciato dall’inizio alla fine, però con ottime intenzioni interpretative che alla radio, ovviamente, sono passate innosservate.

  5. Bah. Da queste parti si strepita e si grida allo scandalo se un Alagna qualunque azzarda ruoli da tenore spinto ma a quanto pare ci si permette il lusso di analizzare e discettare l’interpretazione del personaggio più massivo e massacrante dell’intero repertorio vocale maschile da parte di un attempato tenorino contraltino che ha passato la vita a cantare Almaviva, Ernesti e Don Ottavi. Kunde in Otello è un assurdo e uno scempio su cui non andrebbe persa neanche mezza parola. E’ come se ci mettessimo a discutere amabilmente di William Matteuzzi quale Tristan o di Orietta Berti quale Abigaille.

  6. In attesa che chi va avenezia torni con i propri responsi e giudizi, una chiosa.
    Andiamo a teatro e se ci va bene troviamo un cantante, oppure un cantante inadeguato e anziano che però si distingue perchè ha una professionalità e un cervello da mettere in campo, e ciò lo fa sembrare eccezionale comunque ( kunde in questa operazione sta alle Norme e Bolene e devereux del duo delle signore che conosciamo etc..), dato che o si trova in mezzo a cantanti pessimi o a giovani che nemmeno sanno da che parte si comincia.
    MA VI PARE UN MODO DI ANDARE A TEATRO?????
    MA CI PARE DAVVERO CHE DOBBIAMO ESSERE FELICI PERCHE’ DEI RISPETTABILISSIMI SIGNORI DA PENSIONE CANTANO TUTTO E DI TUTTO PERCHE’ SONO RIMASTI SOLI SULLA SCENA??????
    Questo Otello rappresenta e sintetizza il top teatrale di oggi, lo schema tipo di uno spettacolo che trent’ani fa nessuno avrebbe mandato in scena perchè nessuno al mondo avrebbe pesanto alla voce di un tenore rossiniano contraltino, perchè ben altra è la vocalità di otello. Del resto , gli altri sarebbero stati seduti nel coro………
    e che ci resta di questa esperienza poi? perchè secondo me l’esito sarà che offriranno a florez il prossimo otello di verdi ….essendo che si prepara ora al tell…dunque la via è questa. Così come la Norma viene offerta già ora a soprani da Lucia…………….e se rifiutano guai, sono loro delle pazze a pensare che occorra voce diversa, perchè è certo che negli uffici c’è chi pensa che anche Norma sia scritta per una voce leggera. come la Bartoli proverà presto a salzburg.
    …………e “chissà cos’è un ruolo pesante?”, potranno pensare i giovani. e ne concluderanno che erano “malformazioni sonore che perfortuna il canto moderno, svecchiato e filolgico ha tolto di mezzo e superato” !

    • beh a sti giovani basta fare ascoltare le vecchie registrazioni,e non avranno queste conclusioni,a meno che negli uffici lo proibiscono questi ascolti.
      la verita vere voci per ruoli pesanti non ci sono più,o sono nascoste ..

  7. finita la prrima parte (cioe I. II atto). Buon successo a perte due bu lombardi. A kunde riesce facile quello agli altri riesce difficile e…viceversa. Crocetto mah. …Gallo un Baquier dei poveri. Sciur diretur virtuoso.

  8. So che sto andando off topic, ma questa cosa è troppo grave per passare inosservata.

    http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/concerti/ContentItem-0e7fa430-2c8d-45a3-aa8a-982978427bb2.html?refresh_ce

    Cosa è l’ azione invisibile????
    Chiedo ufficialmente che l’ autore di questa roba, pagato con denaro pubblico, sia immediatamente licenziato e spedito a lavorare in una miniera di sale, perchè quello è il solo posto adatto a lui!
    E lo chiedo firmandomi con nome e cognome.

    Gianguido Mussomeli

    P.S. Non credano di farla franca riscrivendo semplicemente il tutto, perchè ho fatto uno screenshot della pagina e lo spedirò a tutti i miei contatti!

  9. in attesa che albertoemme ci faccia sapere sulla seconda parte, è come finita,scrivo qui nei commenti quello che ho scritto in chat,sui due protagonisti ,a un secondo ascolto nella registrazione,devo un po correggere su
    Kunde,ha cercato di cantare per il meglio il suo Otello,e in alcuni passaggi è stato anche bravo,onore alla sua carriera,e al suo mestiere,non cambio invece opinione sul soprano Crocetta ,non idonea a cantare in un teatro prestigioso,e per di più a una prima,dovrebbe ritirarsi ancora a studiare,deve attenuare quel vibrato anomalo,alzare la posizione della voce,imparare a legare,non dare retta alle sirene adulatrici,che rischiano di bruciarla,poi a me non mi interessa se è robusta,bene in carne,a me interessi che canti bene,se tra un paio d’anni capita il miracolo,purtroppo per lei non penso che la chiamino per fare un opera su dvd , me glie lo auguro..

  10. Ladies and Gentlemen, la seconda recita, ha avuto buon successo tanto che alla fine anche i buu lombardi non si sono più fatti sentire.-
    Forse è stata unanimemente riconosciuta la coerenza di uno spettacolo per nulla provinciale e che presentava un protagonista che dopo essere stato riscoperto nell’Otello rossiniano (quando dovette sostituire il previsto Filianoti) provava a cimentarsi anche in quello verdiano.-
    L’acustica della Fenice (io lo prevedevo) ha favorito l’esperimento e nessuno -se avesse ascoltato il Greg per la prima volta- avrebbe pensato che costui cantava ruoli come Ernesto, Ferrando e via dicendo.-
    All’esito quel criticare a priori l’idea di far cantare a Kunde anche l’Otello di Verdi è stato come calpestare una m…elanzana la direzione artistica ha avuto un buon senso di prospettiva e molti erano felici e soddisfatti alla fine dello spettacolo. –
    Come anticipavo, a Greg -rispetto agli altri colleghi che hanno interpretato Otello nel dopoguerra- sono riusciti facili passaggi che per gli altri risultavano difficili e viceversa sono riusciti difficili (primi due atti), passaggi che agli altri risultavano facili.-
    Esempi di cose difficili? la smorzatura di “immensa” due “baci”e sempre nel duetto “già la pleiade” (insomma sei parole in tutto che sono risultate un po’ opache). Nel secondo atto un “dispeirsi” (preferivo le solite due e) un “sospetto” spentosi sul to.-
    Discreto invece “ora e per sempre addio” ottimo “esultate” e “si pel ciel”. L’orchestrale non lo ha mai sommerso e terzo e quarto atto sono andati via assolutamente lisci (corretto anche Dio mi potevi scagliar che ha cantato in ginocchio sulla sx del palcoscenico).-
    Le riserve della Signora Grisi sulla paletta dinamica del nostro possono comunque ritenersi pertinenti ed è legittimo che uno vorrebbe sentire l’elasticità di un Tamagno o almeno di Merli, ovvero abbeverarsi nell’empireo Laurivolpiano, ma con le sue risorse nel registro acuto Kunde ha realizzato un personaggio piuttosto compiuto. Direi un duce autorevole, ma per nulla umano. Freddo, ossessionato e irragionevole.-
    Gallo è chiaramente diseducativo per i giovani cantanti e meriterebbe un po’ d’inferno piuttosto che il purgatorio visto che é poco legato e tantomeno sciolto. In pratica: in una potenziale guerra dei Rozes (che sta per rozzi…) soccombe sia a Gabriel Baquier e a Justino Diaz che avevano perlomeno una disinvoltura assai fuori dal comune.-
    La Crocetto, forse messa in guardia dalle critiche ricevute, è stata più attenta che alla prima e pur risultando acerba è possibile intravedere in lei buone possibilità di miglioramento. Stava approdando diligentemente alla fine della recita quando, purtroppo, nel finale dell’ave maria ha regalato un la bemolle (non ho qui lo spartito potrei sbagliare di mezzo tono) che era un la be duro (insomma ha tentato un piano e ha stonato un minimo).-
    Di Chung ha già detto la Signora Grisi, un bel meccanismo ad orologeria. Una direzione di valore che acquista maggior pregio se si pensa che l’orchestra della Fenice non sono i Wiener e al fatto che a giorni alterni va in scena anche Tristan und Isolde.-
    L’allestimento era brillante. Non mi ha dato quella sgradevole sensazione di soldi buttati che da ultimo ho avuto vedendo la Luisa Miller di Martone (ma anche Manon e Siegfried). Avete presente i sacchi di monete che zio Paperone tiene nel deposito? Ecco alla Scala spesso se ne affidano un paio al regista di turno (per quella porcheria del ring anche qualcuno di più) e gli si dice mettici qualche idea (poche x favore), qualche effetto e facci una nuova produzione. Nel caso di Micheli i soldi sono stati spesi da un uomo in cui si vede un po’ di passione e fantasia. Lui crea qualcosa di funzionale a se stesso, al suo gusto, al suo sperimentalismo ma, alla fine, come fu per boheme, la sua produzione può risultare gradevole e distante dalle ormai insopportabili regie universalmente note come “alla tedesca”e di cui tutti faremmo volentieri a meno di esserne alla vigilia di vederne un altra.-

Lascia un commento