MIN.CUL.POP. atto secondo

Seconda puntata del match Corsera-Scala. Finalmente con una sede, la pagina degli spettacoli, degna delle istituzioni che i contendenti rappresentano, dato che il trafiletto di ieri l’altro ricordava più l’annuncio di un trigesimo che non la polemica fra i legali rappresentanti delle istituzioni.
Il primo dei contendenti oggi, con sciropposa perifrasi, attacca personalità  ed educazione del critico (scoperta dell’acqua calda, eloquente nella disamina della personalità morfologia, grammatica e sintassi della firma incriminata), giurando di non essersi comportato come Salome. Ma se solo quelle sono le doglianze, caro signor Lissner, altri organi  a tutelare la Scala sono preposti, ovvero quelli di giustizia per reati  facilmente identificabili. Organi cui la vedova e le orfanelle Pavarotti, tanto per citare i primi insultati, non hanno ritenuto ricorrere. Quanto alle asserite pretese del sig. Isotta a partire dai due biglietti ( se il nostro forse non si ritiene trino, ma almeno bino pare di si..) ed alla loro consegna a domicilio basta poco a mettere a freno con educata fermezza  tali esuberanze e pretese. Solo che  il nostro Sovrintendete bene farebbe a riflettere  che l’educazione non è il pezzo forte del teatro, a partire da chi vende i biglietti e maltratta costantemente ed indiscriminatamente tutti, al capo delle maschere, che si è augurato che a certi spettatori venisse applicato un piccola tatuaggio (quello che il 27 gennaio viene deprecato per l’orbe terrario), per finire al direttore stabile, che ha ingiunto al pubblico di smettere di fischiare, ovvero ha ingiunto al titolare di un legittimo diritto, il pubblico, di non esercitarlo. Un vero signore (non dico un grande direttore) come Gianandrea Gavazzeni pregò il pubblico di lasciare finire lo spettacolo e poi di fischiare a volontà. L’educazione è innata non la si assume in forza della posizione societaria rivestita.
Ma il comportamento che Lissner si è permesso, come molti nostri lettori hanno esplicitamente detto, inerisce il troppo stretto legame fra critica e teatro, che accredita soggetti solo perché grati e gratificanti coi loro scritti. Agli accrediti, ai supporters dei teatri che dentro e fuori lo stesso operano, sarebbe il caso di “dare un’occhiata”: sarebbe molto istruttivo, anzi…distruttivo.

Ritorno alle deputate sedi per tutelare gli offesi diritti. Come da sempre “l’oggetto della lite” eserciti la critica al servizio non certo dell’informazione del pubblico e dell’offire allo stesso stimoli di riflessione e crescita culturale  è ben noto e non sono certo il primo e solo a dire come sia lecito dubitare che le modalità di esercizio della professione rispondano  a ben determinate preferenze non solo artistiche.

Ma questo è l’attuale corso della critica è la stessa non deve e può diventare sgradita nel momento in cui canta, magari esagerata ed esagitata, fuori del coro. E’ cattiva critica e potremmo anche condividerlo, ma è critica di pari -indegna- qualità anche quella che si spreca in peana ed elogi quale che sia la mercanzia offerta, paga (ormai lo si dice a gran voce) di esserci, illusa di contare, simile ai commensali del conte zio manzoniano.

A nostro avviso il problema non è difendere o censurare una persona, ma quello assai più alto e rilevante di dire che come la si pratica da trent’anni e più a questa parte la critica teatrale ( ma ci hanno scritto i nostri lettori anche quella calcistica o la gastronomica) è solo nociva e negativa, diseducativa ancor più e sopratutto. Ovvero non è più critica, nel senso classico sfoggiato oggi di monsieur Lissner.
Quanto al Corsera, che nella persona del suo direttore ha “rialzato il capo”, possiamo solo augurarci che da quello che per certi versi è ancora il primo quotidiano d’Italia parta qualche cosa di positivo, iniziando a pagare i biglietti di tasca propria ( un abbonamento credo costi una mensilità di un capo redattore).

 

 

88 pensieri su “MIN.CUL.POP. atto secondo

    • nessuno gli ha dato la palma di alcunchè. Non farci dire quello che non è detto. Il principio è su un pianoben diverso. Non mi pare ci siano vittime in questa storia. Leggi bene e fino in fondo.il concetto espresso è che la critica deve essere fatta con competenza, obbiettività e distacco per noi.per il pubblico. Per noi!!!!!! Sennò che cassino il settore. I biglietti omaggio si danno perchè si faccia informazione corretta per noi e non piaggeria. La critica deve essere competente epertinente per i lettori, non per tutelare l’onore di un giornale, che può tutelarsi solo se informa. A me dello sbandierato diritto di cronaca non importa nulla se questo si traduce nel censire in modo peloso oppure nel fare piaggeria e propaganda verso un teatro, o una casa discografica, o una artista. Qui del pubblico se ne fregano tutti, manco fossimo tutti cretini o manipolabili o appartenentia fazioni. Del resto basta guardare la tv. La mancanza di crebilità dei contendenti della storiella in questione l’hanno causata loro stessi. Le ragioni di esistenza di questo sito, ripeto, stanno nella realtà che in questi giorni si è apertamente mostrata senza veli. Il re è nudo!

      • Carissima Giulia, questa penosa polemica tra il viscido De Bortoli, l’improponibile Isotta (non solo risibile critico, ma anche massonico mestatore indefesso nelle politiche del teatro musicale italiano) e l’impreparato, improvvido Lissner non ha fatto altro che scoperchiare quel verminaio di cui molti erano già a conoscenza: speriamo almeno che serva a qualcosa.

        Tra le vittime di questa saga possiamo annoverare:
        1) Le fondazioni liriche.
        2) Il pubblico composto dai veri cultori e
        appassionati.
        3) La critica musicale su carta stampata,
        ridotta ormai a pochi, brevi, sgangherati
        consigli per gli acquisti.
        Una saga che – come è stato rimarcato dai lettori più accorti – nulla ha a che vedere con la libertà di stampa o di opinione.

        Buon lavoro!

        • Cara Lily
          tutto giusto quel che scrvi (del resto come sempre). Ma sei proprio sicura della tua ultima affermazione? A volte, per difendere certi sani principii, è necessario sporcarsi le mani con la merda.

          • Carissimo Bill, Isotta non è stato né messo in galera come Gramsci né mandato al confino come Colorni, gli è stato semplicemente revocato – con mossa assai improvvida, certo – l’accredito. Nulla impedisce (come è già stato fatto notare da parecchi di noi) al Corsera di acquistare un abbonamento, acciocché l’incontinente critico possa continuare artatamente a spandere da quell’alto soglio le sue pozioni da strega del Macbeth.

            La goffa mossa di Lissner è però servita ad accendere un proiettore da cinquemila sul problema degli accrediti (con relativi benefits), un problema che non riguarda solo il Teatro alla Scala. E di questo problema (che ha giustamente mandato Giulia in fibrillazione) abbiamo parlato nel primo atto di Minculpop.

            Ma insomma, che una vecchia ragazza come me debba essere esposta a tentazioni staliniste…..!

      • ” Mancanza di credibilita’ dei contendenti di questa storiella. Il re e’ nudo ” . Ben detto ! Proprio questo volevo significare col mio intervento . Mai pensato che Voi siate dispensatori di martiriologi : intendevo una autoimposizione palmizia – perdono per l’orrido neologismo.

    • caro mozart, ti ricordo il recente caso sallusti, a mio avviso scandaloso, che ben esemplifica questo paese. Si è invocata la lesa libertà di stampa fino a napolitano per uno che non solo ha scritto una notizia falsa o errata, ma che richiesto di smentita ha pure diffamato i magistrati, si è preso una condanna per la stessa ed èpure andato a fare il martire in tv mentre poteva benissimo scontarla ai servizi sociali, e non in galera, come da sua scelta. Libertà di stampa era quella? E tutti a dire poverino!, dobbiamo garantire la categoria che spessissimo per fare scandalo spappola l’onore della gente prima ancora di essersi docu,entata sui fatti. Ma se la libertà di stampa deve essere garantita, indipendente,ente da come funziona davvvero e dalla qualità della prestazione offerta, lissner suo malgrado isotta se lo deve tenere ed acccreditare. Così èl’altra faccia della democrazia in cui viviamo. E’ il Corsera semmai a doversi occupare di comportamententi e o tendenziosità più o meno vere o dell’incompetenza dei suoi critici e decidere chi vuole fare scrivere.non è certo lissner a poter fare selezione. Come dice lily, io, giornale, davvero penso di essere credibile e di farci una bella figura davanti al pubblico quando i miei censori ufficiali a latere poi scrivono programmi di sala remunerati per i teatri, fanno conferenze per i direttori musicali, editanto libri per i teatri un questione, in una commistione tra oggetti di critica e committenti di prestazioni professionali davvero imbarazzante? E’inutile lamentarsi che la gente non li legge e gli dà poca credibilità perchè se la sono poi voluta loro anche ed oltre la competenza con cui scrivono.

  1. Giulia ha citato opportunamente il caso Sallusti. Voglio anche ricordare, per aggiungere spunti alla discussione, che la critica musicale italiana è invischiata da decenni in un gigantesco conflitto di interessi. Abbiamo avuto e ebbiamo critici eminenti come Mario Messinis che fanno contemporaneamente i critici e gli organizzatori musicali. Pensate anche a Piero Rattalino che per decenni è stato direttore artistico di teatri importanti, recensore e insegnante di Conservatorio. In pratica lui poteva diplomare un pianista, scritturarlo e poi recensirlo. Servizio completo!

  2. Proprio perché la critica musicale su carta stampata é
    ridotta ormai a pochi, brevi, sgangherati consigli per gli acquisti (funzionale incidentalemente a recuperare un po’ di pubblico locale magari nuovo e rassicurare gli sponsor che tutti dovrebbero sempre ricordare che contribuiscono con cospicue rimesse al pagamento dei cachet degli artisti di grido) la questione che un critico come Isotta (sul quale una volta tanto siamo tutti d’accordo nel ritenerlo poca cosa) si dovrà pagare i biglietti non meriterebbe tutta questa attenzione. Anche perché gli utenti come me che difficilemente condividono la linea del Corriere della Grisi vedono i suoi vertici annaspare laddove danno contro da una parte alla direzione del teatro di cui hanno sempre detto peste e corna e dall’altra alla direzione di un giornale che ultimamente aveva sbeffeggiato i “grisini” nella nota vicenda Bartoli.-

      • vabbé dai…cmq io che alla fine cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno, ho la speranza che parlando di un “principio” magari mandiamo a casa finalmente uno che costa alla collettività offrendo scarsi servizi (visto che non meno di 50 utenti hanno dato giudizi negativi su Paolo Isotta).-
        E’ già perché se si pensa che non solo la Scala ma anche il Corriere della Sera un po’ lo paghiamo tutti noi…

  3. un chiarimento per alberto emme
    esistono e convivono, talvolta con fatica, il diritto ed i visceri. Sono sempre in contrasto fra loro come scrisse Foscolo nei Sepolcri ” dal dì che nozze, TRIBUNALI ed are diero alle umane belve esser pietose”.
    Allora come si sia comportato il corriere in persona del sig. Pansa nei nostri confronti è questione che altrove potrebbe avere rilevanza, è questione che ci ha offeso e lo abbiamo detto. E ben sappiamo che questa offesa potrebbe avere rilevanza in altra sede che non sino le pagine di questo blog, che critichi, ma dove sei stanziale o quasi (chi disprezza compra?).
    Ma quando si intacca un principio e non già la persona ( tutti dovremmo ripetere a noi stessi l’adagio roncalliano “la mia persona conta niente”) il PRINCIPIO e solo quello deve essere difeso, non la persona. E nel momento in cui si difende il principio ad onta della persona è il diritto ovvero la razionalità ad avere al supremazia. In altro campo anche un pluriassassino ha diritto alle cure mediche come una pia madre di famiglia, anche il reo confesso ha diritto al giusto processo ed alla difesa. Questi i paiono diritti acquisiti e sui quali non si discute da tempo, a meno di non fare inutile polemica.
    ciao dd

    Mi au

  4. ma io mica disprezzo questo blog…anzi…la mia stanzialita’ ne e’ la riprova e credo che tutto quello che ho scritto sulla decadenza della critica (che x me e’ assai piu’ grave d quella da te piu’ volte invocata del canto) sia coerente col fatto che i confonti li cerco qui e le illustrazioni su “L’opera”

  5. Mi sovviene di Beniamino Dal Fabbro, altro critico musicale ” boicottato ” dagli addetti ai lavori . Squisito poeta e scrittore, abile pianista , nondimeno fu tremendo verso i due fenomeni musicali che ebbe la fortuna di incontrare : la Callas in ambito vocale , Benedetti Michelangeli in quello strumentale. Ebbene sbaglio’ clamorosamente in ambedue i casi, grave colpa per un critico . La Callas lo querelo’ , e perse la causa,Benedetti addirittura minaccio’ di annullare un concerto sapendolo in sala , forse leggenda. Eppure Dal Fbbro rimane uno dei rari intellettuali italiani che si siano interessati di musica con competenza e passione, paragonabile solo a Montale. Altri tempi, altri uomini.

  6. Riporto anche qui un commento scritto in risposta ad una obiezione di Marco Ninci nell’atto I di questa “querelle”. Lo riporto perché vedo che la discussione si è trasferita nell’atto II e mi piacerebbe contribuire: innanzitutto per chiarire che, questa volta non sono affatto d’accordo con la difesa di presunti diritti e con lo scandalo per determinati comportamenti. Tornando alla differenza tra principi e persone credo che gli uni non possano esistere senza gli altri. Devo dire che non ritengo un diritto inviolabile ricevere ingressi omaggio e neppure mi sembra che gli accrediti abbiano qualcosa a che fare con la libertà di stampa. Nel mondo anglosassone i teatri non regalano i biglietti ai critici: sono i giornali ad acquistarli. Questo anche per chiarezza e indipendenza di giudizio. Fino a che la Scala omaggia di biglietti i critici e i giornalisti allora ha il sacrosanto diritto di selezionare chi preferisce e di non invitare chi gli è sgradito. E’ solo una questione di logica. Per fare il critico oltre alla competenza occorre anche l’indipendenza. Indipendenza significa non dover dire “grazie” per un paio di biglietti di platea. Se un teatro regala ai giornalisti i biglietti, questi non potranno essere che “ospiti” e l’ospite, anche se si trova male, per educazione non lo scriverà mai…ecco che, nella becera logica italiota del conflitto d’interesse e dei privilegi di casta, ha ragione Lissner – per quanto “arrogante” possa essere considerato il suo comportamento – che, sentendosi a casa propria, legittimamente invita solo chi gli è gradito. Non c’entrano i principi, secondo me, perché Isotta può tranquillamente entrare in Scala e scrivere qualsiasi cosa..pagando s’intende! Diciamo la verità è un sistema che fa comodo a tutti: alla Scala che ha sempre gli elogi dei suoi ospiti e al Corriere che risparmia un po’ di migliaia di euri per i biglietti. Insomma è uno schifo che con la libertà di stampa non ha nulla a che fare. Del resto la stampa italiana – tutta – tira in ballo la libertà e i “sacrosanti principi” solo per mascherare la sua intrinseca debolezza e la sua disinvoltura nell’andare a braccetto col potere (qualsiasi potere).

    • Premesso che secondo me non esiste una censura positiva e una negativa, non esiste una censura come operazione chirurgica capace di estirpare un cancro senza distruggere anche il resto, posso comprendere che un individuo non se la senta di difendere una determinata persona, per una questione di convinzioni, passioni, ma anche soltanto di stile. Non condivido e anzi ritengo ciò oltre che potenzialmente rischioso anche un po’ naif, ma comprendo. Quello che non condivido e non comprendo è come un’istituzione (in questo caso il Teatro Alla Scala, o quello che ne rimane) nella sua posizione ufficiale ragioni come un individuo, quindi in preda a passioni e convinzioni personali, e non come un’istituzione che, per sua definizione, dovrebbe essere garante della collettività e non di interessi particolaristici. Che poi garante della collettività significa in questo caso non censurare una figura di nessun rilievo – e oggettivamente urtante – come Isotta rientra nella mestissima e grottesca situazione in questione.

      • Ma ragioniamo un attimo e andiamo oltre alle semplificazioni giornalistiche: chi ha censurato chi? Nessuno proibisce a Isotta di andare alla Scala e recensire spettacoli per il Corriere. E’ solo una questione di biglietti a scrocco. Punto. Non parliamo di censure, libertà di stampa e altri diritti negati… La Scala regala biglietti ai critici (e fa male), ma finché lo fa può decidere di revocare tale omaggio a suo insindacabile giudizio! A meno che qualcuno voglia teorizzare che il biglietto a scrocco sia un diritto inalienabile dell’uomo che esercita la professione giornalistica. Non confondiamo i principi (quelli veri) dal malcostume (che seppur reiterato non cambia certo di valore).

  7. La Scala non ha nulla da dire di questa notizia?
    Al festival di Sanremo : Tra gli ospiti annunciati oggi dal conduttore Fabio Fazio, affiancato dalla sua “valletta” Luciana Littizetto, pure Roberto Baggio e Carla Bruni. Ma non solo: la kermesse della canzone italiana sarà arricchita dalla presenza di Caetano Veloso, Andrea Bocelli, dai maestri Daniel Baremboim e Daniel Harding. Poi gli attori: Claudio Bisio e Neri Marcorè, Beppe Fiorello e il ballerino Lutz Forster.

  8. non sapevo che una volta Renato Bruson,ne prese cosi a male di una critica di Isotta,che cercò veramente di strozzarlo,e fu salvato da due pewrsone che erano nei paraggi…accidenti,ma quest’uomo è veramente sulle balle a tanti 😀

  9. Ancora una volta sottoscrivo l’ intervento di Duprez. Mediocre storia con mediocri personaggi. Ricordo che il grande Fedele D’ Amico, quando negli anni Cinquanta era il critico de “Il Contemporaneo”, recensiva in tutta Europa ma mai a Roma, perchè il Teatro dell’ Opera non lo accreditava. L’ unica volta che venne ammesso, alla prima dell’ Iris nel 1956, dovette alzarsi alla fine del primo atto perchè il suo posto era stato venduto a un’ altra persona. Lui non si mise a strepitare sulla lesa libertà di stampa, si limitò a scrivere un gustoso articolo pieni di tagliente ironia, oggi leggibile nel volume “I casi della musica”. Ma D’ Amico prima che grande musicologo era un vero uomo, non un quaqquaraquà come questo qui….

  10. Caro Gianguido, conosco benissimo, come ti immagini, quella recensione. D’Amico non riceveva inviti dal Teatro dell’Opera di Roma e quindi non recensiva. Ora, io non voglio fare paragoni fra Isotta e D’Amico; troppo diversa la statura. Anche se, a dire il vero, D’Amico disse a me che di Isotta aveva stima, pur in mezzo a tanta confusione ideologica, bric-à-brac personale e una certa quantità di cose inutili. La stessa cosa me la disse Francesco Orlando, non proprio un intellettuale da poco, come sai bene, richiamando Mario Bortolotto, un critico e storico che tanto assomiglia ad Isotta nella propensione agli svolazzi ed alle inutili complicazioni. Rimane un fatto. Quando non ricevono gli accrediti, in Italia i critici non criticano. Fedele D’Amico non faceva eccezione e il direttore del “Contemporaneo” aveva bisogno degli accrediti esattamente come De Bortoli. Sarà un uso barbaro, ma così è, coinvolge grandi e piccoli, destrorsi e sinistrorsi, critici geniali e dilettanti bizzosi. Magari all’estero succede diversamente; non sono in grado di dirlo. Ma, non essendo malato di esterofilia, sono portato a dubitarne; aspetto pezze d’appoggio che mi convincano del contrario. Io sono qui e non aspetto altro che di essere smentito.
    Marco Ninci

  11. Del resto, se uno va in un luogo per lavorare, è giusto che non paghi il biglietto. Non credo che La Repubblica pagasse il biglietto a Gianni Brera (anche lui era come Isotta?) per andare a vedere le partite della Beneamata, vale a dire dell’Inter di Moratti padre e figlio. Né credo che lo paghi adesso per il miglior giornalista sportivo italiano, vale a dire Gianni Mura. Di questo passo, non si sa dove si va a finire. Forse a far pagare il biglietto ai poliziotti che assicurano, le rare volte in cui ci riescono, l’ordine negli stadi. Avere un accredito stampa non configura in nessun modo il conflitto di interessi. Quest’ultimo si ha invece quando il giornalista lavora, in un qualsiasi modo, per il teatro, è un suo consulente o scrive i programmi di sala. Allora sì. Ma, a mio modesto parere, l’accredito non significa niente. Sempre che, naturalmente, il giornalista vada in teatro per lavorare. Vale a dire, scriva poi la recensione, bella o brutta, giusta o ingiusta che sia. Se poi ci va per diletto o per tutt’altro scopo, allora la faccenda è diversa.
    Marco Ninci

    • Marco caro, grazie per aver indossato ancora una volta – col virtuosismo che ti contraddistingue – i panni di Teodora: un’interpretazione gustosissima, ma che nulla aggiunge al dibattito sul rapporto incestuoso tra critica e istituzioni teatrali e musicali iniziato nel post precedente e portato avanti dai lucidi Giulia, Mozart e Duprez.

      Certo, ripercorrere la storia è sempre cosa utile e giusta, ma attenzione a non scivolare nel sublime Manfurio del Candelaio.
      Un abbraccio affettuoso.

      P.S. L’accostamento D’Amico-Isotta è particolarmente esulcerante.

  12. Voglio dire ancora un’altra cosa. Qui la libertà di stampa c’entra eccome. Lissner ha detto che lui toglie l’accredito perché le recensioni di Isotta non le stima adeguate; in poche parole, non gli piacciono. Lissner non ha nessun diritto di dire questo. Come io non ho il diritto di respingere la recensione negativa che venga fatta a un mio lavoro, cercando di mettere in cattiva luce il recensore presso la rivista per la quale il recensore lavora; oppure, peggio, diffamando in giro la rivista stessa o esercitando una qualdsiasi altra pressione (come nel nostro caso è il ritiro dell’accredito). Posso rispondere, questo sì; ma unicamente questo. Non altro. E il direttore della rivista ha il dovere di proteggere da questi attacchi chi lavora per lui, anche se il recensore rappresentasse interessi oscuri o fosse un incompetente. Questi problemi riguardano soltanto i rapporti fra il direttore della rivista e il recensore. Io ho il dovere di non occuparmene, anche se penso di essere stato l’oggetto di un attacco ingiusto e immotivato. Queste sono le regole della libertà di stampa e, in generale, della cultura libera. Così almeno la penso io.
    Marco Ninci

  13. Caro Ninci, non confondiamo le acque…un conto è non far pagare il biglietto a chi va a teatro per lavorare, altro è non pagarlo affatto: mi consta che gli inviati e i cronisti non ricevano biglietti omaggio da Alitalia o da altre compagnie aeree (eppure si spostano per lavoro), paga la testata. Com’è giusto che sia. E la stessa cosa dovrebbe valere anche per la critica teatrale. C’è poi da aggiungere una postilla: i teatri che largamente omaggiano critici e giornali con biglietti e accrediti (e non mi spiego per quale motivo debbano regalarne due ad un critico solo) percepiscono finanziamenti pubblici consistenti. Ed è vergognoso utilizzare tali fondi (che provengono dalle tasse che paghi tu e pago io) per regalare ai giornali accrediti stampa quando potrebbero benissimo farsi pagare il biglietto. Proprio per questo non regge il paragone con i giornali sportivi: l’Inter (o qualsiasi altra squadra) è un soggetto privato che utilizza i soldi propri come meglio crede, se regala mazzi di biglietti ai giornalisti, beh, sono fatti suoi…non percepisce denari pubblici e non succhia risorse a destra e manca. I teatri invece lo fanno.
    Ripeto: mi spieghi che c’entra la libertà di stampa quando nessuno ha proibito o può proibire a Isotta di continuare ad andare alla Scala e scrivere dei suoi spettacoli? Forse pagare il biglietto è un affronto che impedisce la serenità di giudizio?

      • Peggio ancora. E stiamo a parlare di libertà di stampa negata? Qui è solo una questione di privilegi e denari. Ma siamo alle solite: il pactum sceleris tra controllati e controllori, tra potere e giornali per anestetizzare le coscienze e gettare fumo negli occhi. Fino a che non vi sarà un’effettiva separazione la stampa italiana non ha neppure il diritto di parlare di libertà di stampa, perché la libertà non si compra al mercato degli accrediti né può essere oggetto di ricatto o ripicca.

      • Ti sbagli. Dipende dal budget delle fondazioni e dal giornale per cui scrivi. Alcuni teatri, per esempio, piangono sempre miseria e non ospitano. Se vai per un grosso quotidiano, il quotidiano ti rimborserà; se vai per una rivista – ancorché importante (ma senza disponibilità per rimborsi) – dovrai rinunciare (a meno di non voler pagare per lavorare: i compensi sono più bassi di un biglietto sola andata roma-napoli sul frecciarossa).
        Poi ovviamente ci sono teatri che andrebbero in rovina pur di avere Isotta (o chi per lui), che magari è in vacanza in Calabria: può essere che decidano di pagargli anche un aereo in business…

        • su questo ti dò ragione e non discuto. come vedi abbiamo difeso il principio anche di fronte ad un caso specifico discutibile, proprio per questo. c’è nell’opera molta gente, però, che fa psudoinformazione ( e viene assai più condizionata proprio perchè alle spalle non ha una grande testata come corsera..) ma che gioca il gioco per quell’accredito che gli consente di andare a teatro a gratis. mi spiace dirlo, oidoido, ma anche questa è una parte della realtà variegata in cui viviamo. Anche di quell’informazione ne possiamo fare a meno……e spesso vengono accreditati proprio perchè fanno mera pubblicità all’evento, non perchè siano competenti o letti da un pubblico significativo in termini numerici.Stampa o pubblicità, il confine molto spesso non è netto, ma a chi accredita conviene comunque. la vera indipendenza COSTA CARA, più del biglietto.

          • ma infatti andrebbe riformulato tutto, forse sul modello straniero: sono i giornali a spesare in tutto e per tutto il giornalista, non i teatri. Ma ho paura che in questo modo – soprattutto in un periodo di crisi – si crei un assetto che difende solo gli interni a un giornale facendo del tutto fuori i collaboratori. Se questi vanno anche rimborsati, finisce che costano di più e quindi si preferisce far lavorare gli assunti stipendiati (vedi isotta) con tutti i benefit che il giornale può scaricare. E addio turn-over

          • io credo che non sono mai i meccanismi ma quella cosa che si chiama etica a governare la sostanza dei comportamenti. Il senso della misura si imtitola quel blog….ecco, avere il senso della misura e del buon gusto.

          • si visto. Ti risponderò prestissimo. Ma……un nick più leggibile? Ho contato oidoidddiiioooo @trenta volte!……sono vecchia, mi devi venire incontro capisci?

          • si visto. Ti risponderò prestissimo. Ma……un nick più leggibile? Ho contato oidoidddiiioooo @trenta volte!……sono vecchia, mi devi venire incontro capisci?

    • Rispondo a Duprez come ho risposto a Giulia in un post precedente: non tutti i giornali hanno i soldi per pagare i biglietti e gli spostamenti ai critici.


      Quotidiani come il manifesto o l’Unità che a mala pena riescono a pagare (pochi euro) i collaboratori, figurati se possono permettersi un abbonamento ai teatri d’opera, magari rimborsando viaggi e pernottamenti. Se andasse come dici tu, finirebbe che solo Corriere e Repubblica (già il Sole è in difficoltà con rimborsi et similia) recensirebbero gli spettacoli. Bella pluralità di informazione!

      • Caro Oidoido, mi verrebbe da dire che per far critica musicale non è necessario ricevere un biglietto anche per il proprio accompagnatore/accompagnatrice, così come non è un attentato alla libertà di stampa non avere un posto di platea (in teatro esistono anche posti più economici e i giornali che non hanno denari da scialare – ma anche qui bisognerebbe intendersi – potrebbero ricorrervi). A me però sembra che si confonda il mal vezzo col principio: non è vero che una bugia ripetuta un milione di volte diventa verità (a meno di voler dar ragione a Goebbels) così come non è vero che se in Italia vige il sistema dell’accredito (che preferisco definire “scrocco”) questo allora diviene un sacrosanto diritto. Ripeto per l’ennesima volta: l’indipendenza è “condicio sine qua non” per il mestiere di giornalista e critico, e regalare biglietti non è il modo migliore per garantirla. Non è solo un problema della critica teatrale, ma di tutta la stampa italiana che da tempo ha abdicato al suo ruolo di “guardiano del potere” per quello assai più comodo di “escort” dello stesso. Poi ogni tanto tira in piedi la sceneggiata della libertà di stampa (sempre quando fa comodo a qualcuno o quando si colpiscono certi interessi). Inqualificabile Lissner per trattare la Scala come “cosa propria” (e chiedere la testa di un giornalista ORA sgradito), ma perfettamente legittimato in ciò dal sistema promiscuo in cui galleggia la stampa italica (sempre più “instrumentum regni”…in qualsiasi ambito).

        • tutto giusto quello che dici (soprattutto riguardo l’accompagnatore, è evidente che quella è una carezza che il teatro fa al critico). Ma resta il fatto reale che vi assicuro che ci sono giornali impossibilitati a pagare un biglietto. Esistono compensi di poche decine di euro, senza considerare i giornali e i siti che non pagano. Con quei soldi non entri alla Scala, e non solo alla prima.
          Lasciamo perdere i quotidiani e prendiamo le riviste specializzate. Spesso hanno una redazione di due giornalisti, gli unici stipendiati, che magari non hanno né le competenze né il tempo per andare a recensire un concerto. Si ricorre ovviamente ai collaboratori, sparsi in tutta Italia. Primo punto: quel collaboratore non può costare alla rivista più di 40 euro lordi, vedete da soli che da lì non escono i soldi per entrare a teatro… e neanche per arrivarci. E qui arrivo al secondo punto. Non potendo rimborsare gli spostamenti, i giornali (anche quelli grossi) preferiscono usare i giornalisti in loco (i milanesi a milano, i romani a roma ecc.). Ma così si vizia la critica perché finisce che per anni sempre gli stessi – oggi alcuni sono ottuagenari – recensiscono la Scala o il Maggio… Con il risultato che si crea con l’istituzione una tale amicizia e fratellanza che diventa impossibile essere imparziali: possibile che ai critici milanesi piacciano tutte le cose della Scala? Isotta a me non piace ma bisogna ammettere che scrive sempre quello che pensa. Lui è fortunato, perché non tutti i direttori farebbero come De Bortoli; a molti non interessa mettere la faccia per difendere un critico musicale. Anche perché dipende da chi è (non sono sicuro che – anche lo stesso De Bortoli – si spenderebbe così per chiunque). Vi dico tutto questo perché conosco un po’ i meccanismi, ci sono dentro, e faccio lo stesso mestiere di Isotta per un giornale ormai considerabile di pari importanza.
          E le cose che dite sono condivisibili ma difficilmente applicabili nella realtà se non si cambia il sistema, quindi la mentalità, quindi le persone. Per fortuna io ho la buona creanza (e spero di averla per sempre) di stroncare eventualmente anche il concerto organizzato dalla fondazione che mi ha offerto la cena; sono stupidi se pensano che ‘coccolare’ il giornalista garantisca la recensione positiva.
          Però bisogna ammettere che gente come Isotta non rischia più di tanto: almeno il direttore lo protegge. Ricordate invece cosa è successo – mutatis mutandis – a Gasponi?

  14. Lily carissima, grazie dell’attenzione affettuosa, come sempre. Bllly Budd ti dice che sei sempre (o quasi sempre) nel giusto. Ecco, io non sarei entusiasta di una notazione simile. Quando ci dicono che siamo quasi sempre nel giusto, la prima cosa che mi viene in mente è che questo avvenga perché quello che diciamo è sostanzialmente irrilevante. Io invece spesso sono in disaccordo con te; è un disaccordo che non mi impedisce di avere molto interesse per quello che dici, nella sua sintesi e, qualche volta, in una sua misteriosa allusività. E soprattutto di non considerarlo irrilevante. Anzi. Io allora sono la regina dei bizantini, un acrobata della dialettica. Riconosco molto volentieri che mi piace giocare con le parole e i discorsi; e spesso mi riconosco nel Manfurio di Giordano Bruno, col suo latino e il suo etrusco. Solo che lui magari le sue massime le spara con una tronfiaggine da cui vorrei, almeno vorrei, tenermi lontano. Però i miei non sono soltanto parole e discorsi. E’ stato interessante il richiamo a D’Amico fatto da Mozart. Non è un richiamo pertinente. Non fosse altro che perché l’accredito all’Opera di Roma D’Amico non l’aveva. Non aveva motivo di difendere la libertà di stampa. Ma se l’accredito l’avesse avuto e gli fosse stato tolto a partire da una serie di stroncature o di articoli di basso livello (può succedere a tutti di incorrere in un seguito di infortuni), lui e il direttore del “Contemporaneo” avrebbero protestato eccome. Che è la situazione odierna. A me poi sembra di essere perfettamente d’accordo con Giulia: Isotta è pessimo ma Lissner, se possibile, è stato ancora più improvvido. Che è anche quanto dici tu. Io poi parlo solo di accredito. Ma se quest’ultimo implica un’altra serie di favori, che legano le mani al critico, allora ci si incammina su tutt’un’altra strada, che non è quella che io volevo percorrere.
    Ciao e a presto
    Marco Ninci

    • marco, lily ha anche detto da subito che la vicenda formale di fatto ha scoperchiato il verminaio che c’è dietro. Insomma marco, vorresti una università senza concorsi pubblici? Direi di no se si parla di principi. Se poi si guarda nel merito, e segnalo la vicina siena descritta nel puntuale blog ilsensodellamisura.com, ateneo che ha più inchieste eprocessi aperti, elezioni invalidate, prove di pratiche bulgare di dittatura baronale, ecco che quella procedura chiamata concorso appare il metodo più porco e vergognoso che garantisce non i ncandidati ma i baroni che se ne servono. Insomma, all’italiana, fatta la legge trovato l’ìnganno. Gli italiani sono da sempre creativi geniale fantasiosi come nessuno……anche nella manipolazione di principi e di situazioni di diritto!

    • Esprit d’Escalier:

      Caro Marco, grazie per averci tradotto in linguaggio accademico l’antico adagio popolare “La ragione è dei fessi”.

      Per Billy. Scusa il povero Marco: sai bene come la di lui gelosia e possessività nei miei confronti sia una delle cause del suo frequente sragionare.

      Per Marco e Nicola: Speranzosi attendiamo che insieme istituiate la Società per la Rifondazione Semantica dell’Aggettivo “Bizantino” con relativi studi approfonditi sul P*sello (spettri di Freud?) mentre il teatro musicale in Italia cola definitivamente a picco.

  15. La libertà di stampa, caro Duprez, c’entra per un motivo molto semplice. Lissner dice: io ho concesso l’accredito al più importante giornale italiano. Però l’inviato del giornale non mi piace e quindi l’accredito lo tolgo. Quindi voglio influenzare quello che viene detto. E lo faccio attraverso un ricatto. La controprova è altrettanto semplice. Se Isotta avesse scritto per pura piaggeria verso la Scala, come avveniva ai tempi di Muti, il problema non si sarebbe mai posto; rimanendo uguali l’incompetenza e la difesa di interessi non troppo chiari. Volere influenzare quello che un giornale scrive significa limitare la libertà di stampa. Questo almeno penso io. Due postille. Se l’accredito sfocia in altri interessi, il discorso è diverso. E comunque questi altri interessi ci possono tranquillamente essere anche con il posto pagato dal giornale o di tasca propria dal critico. Tant’è che, nel vorticoso giro di soldi che chiaramente coinvolge sia il “Corriere” che la Scala, il problema non possono essere quei duecento o duemila o cinquemila o diecimila euro. Si tratta invece di uno scontro fra poteri, implicante rese di conti musicali e non. Almeno credo. Seconda postilla. Mi sembra altamente improbabile, ma proprio tanto, che la poltrona riservata nella platea del Metropolitan al critico musicale del New York Times sia pagata dal suddetto giornale o addirittura dal suddetto critico.
    Marco Ninci

    • W Ninci e il suo eloquio (solo, da tardoantichista, lo pregherei di non dare all’aggettivo “bizantino” il valore ingiustamente negativo che di solito gli si attribuisce)! Sottoscrivo parola per parola.

      Il sistema degli accrediti è sbagliato e crea inevitabilmente conflitti d’interesse, sono d’accordo. All’estero sono i giornali a pagare biglietti e abbonamenti: si tratta di un sistema migliore, sono nuovamente d’accordo.

      Ma visto che attualmente in Italia E’ in vigore il sistema degli accrediti – è un dato di fatto – il comportamento di Lissner, che esplicitamente afferma di volere una critica compiacente, equivale in tutto e per tutto a una censura, o quantomeno a un tentativo di creare il consenso a tutti i costi.

  16. Allora, Gulia, facciamo la lotteria, la chiamata diretta, non so. L’Università di Siena non soltanto è coinvolta in tutte queste porcherie, ma è anche tecnicamente fallita. I problemi del Monte dei Paschi le daranno la mazzata definitiva, questo è certo. Ma almeno i principi teniamoli. Sono un vecchio studioso di filosofia e ai principi ci tengo, per evitare che tuttoi affoghi nell’indistinto.Per fortuna sono fuori da tutto questo, in pensione da alcuni mesi. Dopo quarantasei anni era l’ora.
    Ciao
    Marco Ninci

  17. Premesso che:
    – sarò un po’ fuori tema perchè non entro nel merito della questione di cui si discute (libertà di critica);
    – che ho letto Isotta tra il 1996 e il 2003 all’incirca;
    – e che non è mia intenzione difenderlo;
    vorrei far osservare alcuni lati del suo lavoro (magari non tutti meriti suoi) che io ritengo positivi:
    – in quel periodo (96-2003), in cui lo spazio dei quotidiani per le recensioni di spettacoli lirici si riduceva drasticamente di anno in anno, lui sul Corriere pubblicava le sue recensioni di mezza pagina o più, non solo per le prime di S. Ambrogio e non solo per spettacoli scaligeri. Le altre testate o tagliavano e basta, o riducevano le recensioni a quelle che in gergo giornalistico si chiamano brevi, i pezzi da 1000-1500 battute con l’immagine a francobollo, tutte schiacciate in una pagina alla settimana (es. Repubblica)!
    – in quelle recensioni quasi sempre giudicava la prestazione dei cantanti (a modo suo….) entrando anche in dettagli tecnici che, di nuovo, sulle altre testate, non si trovavano più (non so su altri giornali, sicuramente non su Stampa e Repubblica): già dieci anni fa la recensione era discettare di quanto è bella e moderna l’opera in questione (anche se è un capolavoro arcinoto), discutere dell’allestimento e della filosofia del regista, del direttore e aggiungere una generica frase sui cantanti tanto per citarli (“I cantanti XX, YY, ZZ assecondano il direttore” oppure “Bene XX come..”). Paolo Isotta no, lui spesso se la prendeva con questo o con quello, lo esaltava (Antoniozzi nel Turco mi pare di ricordare) o lo criticava, parlando di dominio del fiato, appoggio, volume, intonazione, dizione….tutti termini che certo non apparivano frequentemente nelle recensioni dei colleghi. Per esempio con la Frittoli del Trovatore e del Moise inaugurali non fu condiscendente: aveva ragione, aveva torto? discutiamone (anzi, discutetene voi che certo avete più competenze di me) però entrava nel dettaglio della prestazione vocale;
    – è stato un critico che ha sempre posto in grande importanza la dizione, e questo è un altro motivo per cui mi è sempre parso dare giudizi molto congruenti con le mie impressioni di ascoltatore (prendendo pure le cantonate che diceva donna Grisi sulla Sutherland);
    – infine, come ho già detto a proposito dei cantanti, non è mai stato un critico “buonista”, tutt’altro, quando viceversa in tanti anni non ricordo di aver letto una sola stroncatura dai due critici de La Stampa (tranne una, quella per un Don Giovanni di Pier’Alli, che venne a comando il giorno dopo, curioso episodio!).

    Detto ciò, non ritengo Isotta un oracolo, nè sottoscriverei i suoi giudizi, il suo latinorum (usava sempre “giusta”, intendeva iuxta?), i suoi amori (ridicolo “oltre ogni umana idea” quello per Muti, che se la gioca con quell’altro di Giudici per la Mirella) e i suoi odi, nè posso esprimere un giudizio sulla vicenda recente, non leggendolo più da vari anni e frequentando poco la Scala.

    Il suo saggio “I diamanti della corona” sul Rossini napoletano è stato il primo testo che ho letto che mi ha spinto ad amare ed approfondire il Rossini serio.
    Saluti

  18. Caro Nicola, ti ringrazio. Ma figurati se do all’aggettivo “bizantino” un significato negativo! Non ho capito se con “tardoantichista” ti riferisci a me, studioso di neoplatonismo, oppure intendi designare il tuo campo di interessi. In ogni modo, sono d’accordo con te. Ho studiato Michele Psello e non potrei pensarla altrimenti. La mia era una risposta a Lily, che deliziosamente lo aveva usato in quel senso. Grazie ancora e ciao
    Marco Ninci

    • Marco, mi riferivo al mio campo di interessi, cioè la poesia greca tardo-antica (in particolare, mi sto occupando di un poemetto astrologico che deve forse essere attribuito proprio a un filosofo neopolatonico, Massimo di Efeso, maestro e amico dell’imperatore Giuliano). A presto su queste pagine.

  19. Solo un piccolo appunto. Lissner, volendo fare il colto, ha mostrato vieppiù la sua ignoranza. Lo ha fatto notare Nazareno Carusi su Libero il 5 febbraio. Nella lettera si parla del verbo greco “krìnein”, che i miei ricordi di classico traducevano sbrigativamente con “giudicare”. Carusi è andato a scandagliare l’oracolo dei dizionari di greco, per trovarvi le traduzioni “distinguo, secerno, separo, scelgo, preferisco, lodo, approvo, decido, giudico, spiego, interpreto, stabilisco, risolvo, accuso, esamino, interrogo, faccio entrare in fase decisiva o critica, stimo, ritengo, penso (nel senso di credo), dichiaro, valuto, mi scelgo, contendo e addirittura decido con un combattimento e condanno”. E, fa notare sempre Causo, “pensare” nel senso di “riflettere” non c’è, “e meno che mai compare la smenata del farsi medium tra un valore e chi vuol goderne” (come ha scritto Lissner). Voleva fare il colto citando il greco? Be’, ha solo mostrato un’altra volta di avere una cultura approssimativa…

    • certo che parla del medium!!!! L’arte, anzi la kultura ( l’arte ormai ….) ha bisogno di teaduttori! Noi idioti parliamo ancora il linguaggio del canto, loro quello di un sistema concettoso, artificiale, arbitrario oltre che pretestuoso, dunque per essere capiti da noi occorre un medium. Che deve lavorare per loro!!!!! Da quando sulle scene non c’o nulla abbiamo regietheater, drammaturghi che parlano di psicodrammi che non ci sono, cazzologi assortiti che ci narrino come dulcamara che la m è nettare. E se non ne capiamo l’essenza è perchè siamo ignoranti . Io voglio una conferenza pubblica di lissner che parli della storia del canto e che risponda alle domande dei vocuologi e faccia vedere in pubblico cosa sa e conosce di opera!!

  20. Carusi, e con lui Viotti, parlano della citazione di Lissner come se fosse la traduzione da parte di un allievo di quarta ginnasio. Lissner esplicitamente si riferisce allo spirito del verbo krinein, non alla sua traduzione in una verifica ginnasiale. I due sensi di “giudicare” e “spiegare”, ben attestati, implicano bene sia il valore del pensiero e della riflessione che quello della mediazione fra chi interpreta e il pubblico cui si rivolge.
    Marco Ninci

  21. Il problema non è se quel comunicato l’ha scritto o non l’ha scritto Lissner. Io rispondevo a Viotti. E penso che Nazareno Carusi, con la sua pitignosa e ridicola analisi del significato di krinein, abbia perso, come spessissimo gli capita, un’occasione eccellentissima di tacere.
    Marco Ninci

  22. Ricordo un vecchio articolo di Isotta dove avendo assistito ad una rapresentazione da un palco raccontava le differenze di acustica rispetto al suo solito posto; concludeva dicendo che gli sarebbe piaciuto assistere anche dalla galleria, ma che temeva che gli abituali frequentatori dell’area potessero attentare alla sua vita… chissà che ora visto che gli toccherà pagare non decida di correre il rischio.

    • carissimo,
      ma il loggione scaligero accoglierebbe il nostro con le braccia del perdono spalancate al pari di quanto fecero, auspice federigo borromeo, le porte del convento del borghetto con suor virginia (gertrude) de leyva.

      • …ma il loggione scaligero sa perdonare tutti. Anche te perdonerebbe visto che, (Flamini e Vestali a parte), ammetterai ti stai facendo un po’ di vuoto intorno. Visto la tua sterminata superficie il problema sarà trovare “braccia del perdono” sufficientemente ampie e capienti…

        • magari alberto è il contrario, dato come si sono comportati negli ultimi 15 anni. Peraltro non ci siamo mai parlati, non partecipando noi agli osanna per il maeschtrr e alle loro biglietterie amicali ed alle piaggerie imbarazzanti in portineria. Nii andiamo ateatro in altro mdo. Anoi interessa il canto. A loro interessano i divi della musica in quanto tali. Non sanno parlare di niente ma quando si tratta di diffamare ed insultare alle spalle e non solo, sono davvero logorroici! Una domanda te la faccio io. Tu credi che godano di vera stima da parte di artisti et consimilia, con le loro montagne di locandine da autografare ossessivamente ogni sera, i pinetti natalizi di cera per baremboim, i campionicini di profumo, vedersi titte le recite di roba che ne basta e avanza una etc???? Credi che ricevano stima e considerazione da parte di lissner and c? Io credo che la si celebri solo un miserando teatrino della convenienza e della falsità per mera convenienza. Forse si illudono di ricevere vera considerazione, io credo sia attenzione interessata.Tu?

          • ma quel tipo di loggionista a cui tu dai connotati negativi (quello per intenderci inebriato dal mito di turno o alla moda) é tutto sommato una minoranza e c’é sempre stato. C’é sempre stato anche quello che vede tutte le recite anche se ne basterebbe una (che si può definire ossessivo e/o presenzialista). Una volta (fino all’avvento di Muti) c’era addirittura la claque che non garantiva comunque la direzione artistica dagli scomodi insuccessi di questa o quella produzione, di questo o quel cantante, di questo o quel direttore. C’erano infine loggionisti come te e DD che nell’ “interesse del canto” finiscono per non dare il contributo che in non buona ma buonissima fede vorrebbero dare alle magnifiche sorti e progressive del belcanto (questo era l’esatto senso a “vuoto intorno” peraltro in un contesto di innocente e piccola presa in giro sdrammatizzante che mi pare essere stata accettata con simpatia). Ad ogni buon conto Io e MegaDonzelli abbiamo già avuto modo di confrontarci sulle ragioni del declino del canto e del movimento opera più in generale che per me é legato allo scarso interesse dimostrato dai giovani dagli anni 90 in poi e dalla scomparsa del pubblico non intellettuale e presenzialista e per lui/voi in estrema sintesi é soprattutto il portato dell’incapacità degli operatori del settore, dei maestri di canto, al marketing che sostiene cantanti indecenti come Bartoli e Kaufmann, agli agenti ecc.

          • hahahah…adesso tocca ai loggionisti dare un contributo al canto? Beh, questo sito, caro aemme, ne dà ben di più delle inutili sdrammatizzazioni di cui parli. Farsi andare bene l’andazzo mercantile di questo malcanto di oggi fa molto male canto…..ammesso che ancora ve ne sia. Mi domando poi quale sia il contributo specifico che darebbero i loggionisti di cui parli, a parte essere le docili comparse plaudenti che questo sistema gradisce. Contribuiscono perchè avvallano forse? Perchè ti dicono che buare o urlare bravo sono parimenti una forma di maleducazione? Non so…Là sopra, a parte un paio di vecchiette che ancora sanno qualcosa di canto, mi pare che lo stesso sia sconosciuto ed intenzionalmente ignorato a favore di direttori e registi. Giovani non se ne vedono quasi, anzi, se sono svegli fuggono. Donc…..

  23. Lily, carissima, può essere senz’altro che io sragioni, magari per gelosia e possessività. Nessuno ne è esente. Tuttavia continuo a pensare, naturalmente nel modo più amichevole possibile, sia verso di te che verso Billy, che dire di una persona che dice quasi sempre cose giuste mi suona falso. Ho sempre avuto una certa diffidenza verso le comunità compattate intorno ad opinioni omogenee. Quindi, per una volta voglio imitare Donzelli e la sua passione per il latino, anche se in questo caso non è proprio un latino classico; in queste comunità, “oportet ut scandala eveniant”. Tuttavia è anche certo che, se io considero razionale e vero ciò che per moltissimi altri non ha né babbo né mamma, questo può essere la prova provata che sragiono. Per il motivo che dici o per qualsiasi altro motivo. E tuttavia. Ricordo sempre quello splendido detto di Brecht: “Ci siamo messi dalla parte del torto, perché tutti gli altri posti erano occupati”.
    Un carissimo saluto
    Marco Ninci

  24. Caro Billy, nel romanzo di Roché uno degli angoli del triangolo, Franz, muore. Nel film di Truffaut tutti gli angoli muoiono. La mancanza di gelosia evidentemente non è destinata a durare.
    Ciao
    Marco Ninci

  25. ho letto questo comunicato stampa sulla posizione dei critici musicali sul caso Isotta,da quando ho letto anche qui nei
    commeti,a parte qualcuno,siamo quasi tutti daccordo sul principio

    Milano, 5 febbraio 2013

    A proposito della recente decisione del Teatro alla Scala di negare l’accredito al critico musicale del Corriere della sera Paolo Isotta, l’Associazione Nazionale dei Critici Musicali esprime apprensione per una scelta che, di fatto, mette in pericolo il libero esercizio della critica impedendo il lavoro regolare di uno dei suoi professionisti.

    Senza entrare nel merito delle motivazioni e rispettando il diritto-dovere delle istituzione di tutelare il proprio nome, l’Associazione ritiene che spetti al direttore del giornale e alla comunità dei lettori valutare la correttezza professionale del giornalista. Discriminazioni di questo genere screditano la funzione culturale e di servizio di tutta la critica musicale italiana, oltre a offendere il ruolo di chi se ne assume la responsabilità.

    Associazione Nazionale Critici Musicali

  26. Sai, Lily, io ho una vera passione per Brecht. Mi sembra uno dei più grandi drammaturghi (e poeti) di tutti i tempi; oltretutto, dotato di umorismo graffiante, cosa di cui oggi ci sarebbe molto bisogno. Per la verità, dal ’48 al ’56, anno della morte, ha abitato a Berlino est.
    Ciao
    Marco Ninci

  27. giusto deprecare giusto condannare, ancor più giusto comprarsi il biglietto di tasca propria, presenziare e recensire. Questo è rivendicare la propria libertà. poi , ma qui non rileva, le opiioni espresse nelle recensioni e la partigianeria, la difesa di interessi di parrocchia è ben altra cosa. Secondaria.

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