VOCE DI BASSO: POL PLANCON

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Adempio alla richiesta di Tamberlick di parlare della corda di basso. Mi domando se, per studio, il nostro affezionato lettore non vi appartenga. Ricorro ad una delle arie più famose di questa corda, che, inesorabile, mette in rilievo pregi e difetti del cantante e del fraseggiatore. Principio con una registrazione, arcaica, incompleta, in lingua francese e che appartiene ad uno degli  ultimo
bassi che, per unanime giudizio, rappresenta tecnica e gusto ottocentesco, come quella  dei primi interpreti dell’infelice, dubbioso re di Spagna.

Sentiamo da Plancon una voce non certo scura (anche se il basso di Fumay cantava ruoli da basso profondo come Marcel degli Ugonotti, Bertram di Roberto il diavolo, Baldassare di Favorita, Sarastro), che manovra la respirazione, il fiato alla perfezione, tale da non rendere percettibile l’operazione del cosiddetto passaggio di registro, che nei bassi dovrebbe essere  effettuato fra il si 2 ed il re3 ( di preferenza sul do) e la cui padronanza è essenziale perché la lamentazione di Filippo sulla propria infelice condizione di marito, padre e re viene esplicitata in quella difficile zona della voce (soprattutto nel cantabile Dormirò sol). Magistrale è come Plancon esegua la frase “il sonno o Dio sparì dai miei occhi languenti” che parte dal re acuto e scende sino al sol rispettando  sia l’indicazione di “a piacere” per “sparì dai miei occhi languenti” che quella di allargando con tanto di forcella su “languenti”.
Chiamasi questo cantare sulla parola perché il senso di languenti è reso con il solo canto. Altro esempio magistrale è il “des caveaux de l’Escurial” (in italiano avello dell’Escurial) dove Plancon scende al la grave con un suono morbidissimo ed ampio (qualcuno direbbe con la vera voce del basso per colore) per  cantare dolce e sfumato (in spartito appare l’ indicazione diminuendo) su Escurial. Tutto questo serve a rendere la successiva indicazione  “a tempo”,  che porta  la voce in zona oltre il passaggio per  eseguire con slancio e morbidezza al tempo stesso la perorazione “ Se il serto regal a me desse il potere” dove il cantante è chiamato ad emettere un mi bem acuto. Come solo facilità di canto e legato emergono nelle salite agli acuti il re di  “sotto la volta” sino al mi acuto del di “amor per me non ha”. Buon ascolto, non solo ad Enrico Tamberlick.

15 pensieri su “VOCE DI BASSO: POL PLANCON

  1. Onorato di tanta attenzione, Donzelli!

    Ahimè, venderei un quarto di anima al diavolo per aver voce di basso; e l’altro quarto per aver quella di baritono: ma i restanti due quarti restano saldamente attaccati al tenore che sono. Peraltro della peggior specie: drammatico dalla voce bastarda e indomabile. Rara avis, diceva la mia maestra, della quale sono dolorosamente rimasto orfano da poco. A volte però ne farei a meno.

    Ho chiesto un approfondimento sulla voce del basso, perché a mio sommesso avviso, è stata la prima corda a subire le ingiurie di un certo modo di coprire eccessivamente il suono.
    Pol Plançon è esempio contrario di quella che fu ed è la tendenza ad adombrare la propria natura risolvendo la cosa nella proverbiale emissione con la “patata” o “castagna in bocca”.
    Personalmente penso che un certo grado di contraffazione del suono sia dilagato così bene tra le voci gravi che è difficile oggi rendersene conto, complice la convinzione che una voce grave debba necessariamente essere scura, errore temo generato da una confusione tra colore e altezza del suono. Anzi, ho paura che addirittura si insegni questo “make up” della propria voce. Ciò accade in particolare per il basso. Ma questa cosa non l’ha prescritta il dottore, né il suo contrario: non chiaro per forza, non scuro per forza, il basso deve cantare con la sua voce.
    Plançon non è bravo solo nell’eseguire, come illustri con precisione tu Domenico, ma è anche bravo nella costruzione dello strumento. Ed è bravo ad eseguire perché bravo a porgere quello strumento, bellissimo nel suo caso, nel modo più spontaneo possibile.
    Il confronto con il basso francese mi incoraggia a svelare un’altra delle regioni alla base dell’approfondimento domandato. Una ragione che ha un nome e un cognome; un nome che ha unanimemente radunato il consenso di addetti ai lavori, melomani, appassionati e semplici avventori di teatri: quello di Cesare Siepi, colui che, spiritosamente, avevo il sacro timore di citare e che per me rappresenta un dubbio insolubile da molto tempo.

    Grazie Domenico! Spero che questo sia il primo di diversi e animati appuntamenti con la voce di basso che aiutino a delucidarne la vocalità originaria. Cosa più che mai necessaria oggi che è nelle voci gravi maschili che ascoltiamo il peggio del malcanto!
    E spero che aiuti me a capire meglio come canta un basso!

  2. tranquillo enrico che arriverà anche siepi che ho sentito nella fase finale di carriera e basso profondo. Ti anticipo riguardo siepi che era per certo bravo, ma pinza pasero o de angelis sono ben altro….

    • Non sono del tutto d’accordo, o quantomeno proporrei un confronto ascolti alla mano, facendo anche bene attenzione alle date di questi ascolti. A mio parere il migliore dei 4 è Pinza, ma solo fino alla fine degli Anni Trenta, perché poi il declino è evidente (non a caso il suo palcoscenico di riferimento diventa Broadway). Siepi è eccezionale finché canta senza contraffare il suono, e qui torniamo alla questione di fondo del problema del malcanto nella corda di basso. Indicativamente questo Siepi dura per tutti gli Anni Cinquanta. La sua non è certo una voce di basso profondo, ma piuttosto di basso cantante, potenzialmente in grado di cantare anche ruoli anfibi o persino parti baritonali (come nel famoso video nel quale canta Rigoletto nel quartetto). La sua vera voce, senza alcuna artefazione, emerge pienamente a mio parere nel bellissimo disco di canzoni di Cole Porter o anche nella celebre “Some enchanted evening”, dove si mangia il Pinza creatore del ruolo. Inviterei comunque Donzelli a proporre degli ascolti comparati, facendo appunto attenzione anche alle date.

    • Questa è a mio parere una delle più belle incisioni di Plançon. Il commento di davide devoti però conferma che lo stereotipo attuale della voce di basso è ben diverso. Quello che non mi è chiaro è quale sia stato il modello che ha inciso in questa mutazione di gusto e di aspettative su come dovrebbe suonare un basso. Per i tenori è evidente l’influenza carusiana (tra l’altro, uno che dichiaratamente idolatrava Plançon) e per i baritoni quella di Titta Ruffo. Probabilmente la tendenza all’oscuramento (quasi sempre artificioso) delle altre vocalità ha portato anche i bassi a cercare una differenziazione timbrica rispetto a baritoni e tenori post Ruffo e post Caruso. Va anche detto che la voce di vero basso è rara, per cui molti semplicemente fingono una vocalità che non sarebbe la loro. Comunque questa tendenza a creare voci finte, artificiose appunto, con questo innaturale oscuramento del suono è a mio parere un elemento che rende spesso caricaturale il canto lirico (che dovrebbe invece “semplicemente” essere la massima espressione delle potenzialità naturali di una voce sana), contribuendo anche ad allontanare il pubblico.

  3. Questa splendida esecuzione dimostra – ancora una volta – come si possa ben cantare solo con una dizione perfetta e il senso della frase. Chi canta farfugliando vocali e consonanti potrà pure produrre dei bei suoni, ma la musica resta su un altro pianeta.

  4. Posso dire di essere soddisfatto! I commenti che si sono susseguiti vanno esattamente nella direzione che mi attendevo.

    Sono d’accordo con Cotogni su due punti: quando parla di “stereotipo” sulla voce di basso che è esattamente quello che emerge dal commento di Davide Devoti e quando dice esattamente quello che ho sempre pensato anche io su Siepi: anche se secondo me si scorge un po’ la tendenza a fare la voce anche nelle parti da basso cantante.
    Vero è però – e non mi stancherò mai di ripeterlo – che Siepi fu un interprete favoloso.

    Non sono invece molto d’accordo nel definire a Pinza la palma del migliore: Pasero e De Angelis, da quel che posso ascoltare, erano due voci monumentali tecnicamente non inferiori a Pinza, in natura forse entrambi più dotati.

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