MIN.CUL.POP.

Ci sembra meritevole della massima diffusione quanto scritto da Ferruccio de Bortoli a proposito della decisione del Teatro alla Scala di non più ammettere Paolo Isotta, quale critico deputato del quotidiano milanese. Siamo insomma alle purghe, e non alludiamo alla qualità di gran parte degli spettacoli proposti dal Piermarini ormai da anni, bensì alle funeste pratiche care ai regimi totalitari, sotto i quali la minima voce di dissenso, per quanto isolata e innocua, deve essere soffocata senza misericordia alcuna. Al direttore De Bortoli potremmo, noi della Grisi, ricordare come anche all’interno della sua redazione la demonizzazione del dissenso trovi fervidi e ferventi paladini (e non solo nei nostri confronti), ma preferiamo soprassedere, perché ci pare che con questa concisa e ferma presa di posizione il quotidiano faccia ammenda degli errori passati e riconosca, benché tardivamente, che nella sala del Piermarini vi è chi, non potendo o non sapendo migliorare la qualità dell’offerta, si illude di porvi rimedio con metodi degni del peggior stato di polizia. Alle minacce e ai fieri accenti della sovrintendenza Lissner il Corriere della Sera dovrebbe, a nostro avviso, rispondere in un solo modo, ossia rinunciando all’accredito stampa e fornendo di tasca propria ai suoi collaboratori i biglietti per assistere agli spettacoli. Com’era, se la memoria non difetta sino agli anni Settanta.
Due postille sono, però, doverose, la prima che questa precisazione del direttore  potrebbe essere anche soprannominata “la fine di un amore”  o “divorzio scaligero” perchè è inutile nasconderlo per anni il Corriere cantò le lodi della Scala quale che fosse la produzione del teatro anche nei momenti peggiori delle gestioni mutiane ed abbadiane. La seconda, invece, è che questo accadimento con una lesione della libertà di stampa grave e rilevante è il risultato di una collaborazione (per usare un eufemismo ) troppo stretta fra giornalisti e teatri, la cui ripercussione è sulla libertà di stampa e peggio ancora sul diritto dovere di essere onesti giornalisti, onesti direttori artistici del -un tempo- massimo teatro italiano.

 

 

Commentiamo questa notizia con la Salome di Daniel Harding e Maria Yudina, fiera oppositrice del regime sovietico, davanti alla quale lo stesso Stalin dovette zittirsi. Oggi non abbiamo eredi di Maria Yudina, in compenso abbondano gli imitatori di Stalin.

Giulia Grisi e tutti i coautori del Corriere

 

 

Creemos que merece la máxima difusión lo que escribió Ferrucio De Bortoli, director de Il Corriere della Sera a propósito de la decisión del Teatro alla Scala de prohibir la entrada a Paolo Isotta en cuanto crítico musical de dicho periódico. Hemos llegado al extremo, y en esta ocasión no nos referimos a la calidad de la mayoría de los espectáculos que en estos últimos años ha propuesto este tetaro milanés, sino a las nefastas costumbres tan comunes a los regímenes totalitarios bajo los cuales la mínima voz de desacuerdo, aunque aislada e inofensiva, tiene que ser acallada sin ninguna misercordia. Al director De Bortoli podríamos, nosotros della Grisi, recordar que también dentro de la redacción de su periódico, la demonización del desacuerdo encuentra fervientes defensores (y no sólo hacia nosotros). Sin embargo, preferimos dejarlo a un lado, porque creemos que esta concisa y firme toma de posición del cotidiano rectifica los errores pasados y reconoce, aunque un poco tarde, que en la sala del Piermarini sigue habiendo quien, sin poder o sin saber mejorar la calidad de las ofertas, tiene la ilusión de remediar con métodos dignos del peor régimen autoritario.

A las amenazas y a los tonos enconados de la gestión de Lissner, el Corriere della Sera tendría, según nosotros, que contestar de una sola manera: renunciar al derecho de tener su propio crítico acreditado y pagarle los boletos para asistir a los espectáculos. Así solía suceder, si la memoria no engaña, en los años Setenta. Es necesario, sin embargo, hacer dos aclaraciones: la primera, que esta toma de posición del director podría ser llamada también “el final de un amor” o “divorcio scaligero”, porque, es inútil esconderlo, durante largos años el Corriere della Sera alabó a la Scala independientemente de la producción, incluso en los peores momentos de las gestiones artísiticas de Muti y de Abbado. La segunda, en cambio, es que este episodio, con la lesión a la libertad de prensa, grave y relevante, es el resultado de una colaboración (para usar un eufemismo) demasiado estrecha entre periodistas y teatros; cuyas repercusiones recaen en la libertad de prensa y, peor aún, en el derecho y deber de ser honestos periodistas y honestos directores artísticos del que fuera un tiempo el máximo teatro italiano. Comentamos esta noticia con la Salome de Daniel Harding y con María Yudina, artista que fue contrastada durante décadas por el régimen soviético, y ante la cual el mismo Stalin tuvo que callarse. Hoy no tenemos herederos de María Yudina, pero sí abundan los imitadores de Stalin.

 

 

Die Mailänder Scala verhängt Hausverbot gegen den Kritiker des „Corriere della Sera“

Das, was Ferruccio de Bortoli, der Chefredakteur der wichtigsten italienischen Zeitung, in Bezug auf die Entscheidung des Teatro alla Scala, Paolo Isotta als offiziellen Kritiker des „Corriere“ wegen seiner Kritik an Daniel Harding und Claudio Abbado in der Scala nicht mehr zuzulassen, geschrieben hat, scheint uns maximaler Verbreitung würdig. Lassen wir die unzulängliche Qualität des Größtenteils der von der Scala seit Jahren angebotenen Vorstellungen beiseite. Was hier vorgeht, ist nichts anderes, als die Anwendung der Praxis totalitärer Regime, die sogar die kleinste Dissens-Stimme, so isoliert und harmlos sie auch sein mag, ohne Erbarmen zu unterdrücken suchen. Obwohl wir, die Blogger des „Corriere della Grisi“, Herrn De Bortoli unsererseits daran erinnern müssen, dass es auch innerhalb seiner Redaktion brünstige Verteidiger der Dämonisierung jeglichen Dissenses gibt (nicht nur uns gegenüber), bevorzugen wir in diesem Moment darüber hinwegzusehen. Wir denken, dass mit dieser prägnanten und festen Stellungnahme die Zeitung ihre früheren Fehler erkennt und zugesteht (wenn auch etwas spät), dass es an der Scala Personen gibt, die ihrer Unfähigkeit, die Qualität des Angebots zu verbessern, mit den Methoden des schlimmsten Polizeistaates abzuhelfen wähnen. Den Drohungen der Leitung Lissners müsste, unserer Meinung nach, der „Corriere della Sera“ einzig mit dem Verzicht auf die Akkreditierung antworten und von nun an den Mitarbeitern aus der eigenen Tasche ihre Eintrittskarten bezahlen, wie dies (wenn wir uns richtig erinnern) noch bis zu den 70er Jahren üblich war.

Zweierlei Bemerkungen müssen aber noch gemacht werden. 1. Die Präzisierung des Chefredakteurs könnte ruhig mit dem Beinamen „Eine einer Liebe“ oder „Mailänder Ehescheidung“ versehen werden, denn es lohnt sich nicht zu verbergen, dass jahrelang, auch in den allerschlimmsten Momenten unter der Leitung Mutis oder Abbados, der „Corriere“ dem Mailänder Theater stets nur Lobeshymnen gewidmet hat. 2. Diese tiefe Verletzung der Pressefreiheit ist das Ergebnis einer allzu engen Kollaboration (nur um einen Euphemismus zu benutzen) zwischen Journalisten und Theater, die jetzt nicht nur auf die Pressefreiheit rückwirkt, sondern auch auf die Plicht, aufrichtige Journalisten und künstlerische Leiter des – einst – größten italienischen Theaters zu sein.

Diese Meldung kommentieren wir mit Daniel Hardings Salome und Maria Yudina, einer vom Sowjetregime jahrzehntelang bekämpften Künstlerin, der gegenüber sogar Stalin verstummen musste. Heute haben wir keine Erben der Maria Yudina. Dafür haben wir eine Menge Nachahmer Stalins.

 

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77 pensieri su “MIN.CUL.POP.

  1. Paolo Isotta boicottato dalla Scala ? E adesso chi lo mantiene piu’ : solo l’aureola del martire gli mancava ! Andra’ sicuramente a piangere sulla spalla dell’ amatissimo Muti ed insieme stramalediranno l’ingrata Milano ( nella fattispecie di Lissner ).Sic transit gloria mundi .

    • Ma cosa c’entrano questi tipi di commenti???? Se veramente i fatti si sono svolti come ha riferito de Bortoli siamo di fronte a un gravissimo tentativo di limitare la libertà di stampa! Isotta può piacere o meno, personalmente mi irrita spesso, ma non è certo uno stupido o un incompetente. E comunque non spetta certo a un Lissner qualunque ( fra l’altro incapace di pronunciare decentemente l’italiano dopo sette anni di permanenza scaligera!!!) decidere chi debba o non debba scrivere sul Corriere della Sera.

      • ma spetta alla Scala farlo entrare con l’invito. Isotta non ha diritto divino di entrare gratis. Che il CORRIERE paghi un abbonamento alle prime al suo critico e nessuno lo scaccia. Io quando vedo la sua firma NON LEGGO L’ARTICOLO. Mi stanca . Poi da quando ho letto quanto scrisse su Pavarotti dopo la morte…..lo rifiuto totalmente.

  2. Sapete che vi dico? Quando penso agli articoli pieni di offese gratuite e volgari che questo messere ha scritto in occasione della morte di Carlos Kleiber e di quella di Pavarotti, la cosa non mi dispiace nemmeno un po’. In entrambi i casi, le famiglie avrebbero avuto tutti i diritti di querelarlo. Se proprio vuole continuare ad andare alla Scala, che il suo giornale gli paghi i biglietti!

    • In Italia si parla, ormai, troppo di querele.
      La querela è diventata un’arma per chi si sente leso, a torto o a ragione, e per chi deve scrivere. Quest’ulitmo, poi, si fa scudo della querela così che può essere “politically correct”: ‘devo stare attento a cosa scrivo altrimenti mi quereleno’.
      In effetti, con questa scusa, può osannare e salvare la “cadrega” dell’accredito stampa.
      Basterebbe ignorare.
      Ma, forse, anche questo fa parte del marketing.

  3. ma che si paghi il biglietto come me lo pago io e’ un critico inseguibile spesso incoerente e che non da molti spunti d crescita all ascoltatore. A parte questo la scala aveva gia’ avuto modo d boicottare giornali. La rivista Opera un decennio fa faceva articoli senza fotografie perche il teatro non autorizzava lacpubblicazione x ritorsione a recensoni negative. Non vorrei pero’ che il corriere della grisi prendesse le difese di isotta x puro amore del dissenso fine a se stesso

  4. comunque, è il direttore del giornale che deve decidere se un suo collaboratore,può continuare a collaborare,oppure no,non di certo a Lisnner o chiunque altro censurarlo,sarebbe grave negare il diritto di critica,ma perchè succede questo,perche ci sono gli accrediti,se il critico,o il giornale si paga il biglietto,non ci sarebberò questi condizionamenti,o espulsioni,perchè che si possa essere d’accordo o meno col recensore,la libertà di critica è sacrosanta,di novelli dittatori,già si sente di odori in Italia a cominciare con le mancate elezioni alla caduta del precedente presidente del consiglio ,imponendoci un personaggio che stà gettando la maschera.
    ll “corriere della sera paghi i biglietti ai suoi recensori,è cosi tappa la bocca a chi non acetta il dissenso.
    Poi che si possa essere d’accordo,con quello che scrive il critico è un altro discorso.

    • Un conto è parlare male del cast di un’opera, con argomentazioni che un ciritico non può farsi mancare. Lo si fa anche su questo sito, e con pieno diritto. Altra cosa è imbrattare articoli con attacchi personali. Nessuno può dimenticare “la donnicciola” e “mogliettuccia slovena”, finezze rivolte alla moglie di Carlos Kleiber in occasione del necrologio del Maestro. Lasciamo poi perdere gli attacchi personali e non musicali rivolti a Nono, che provocarono addirittura una dichiarazione pubblica firmata da alcuni dei maggiori artisti contemporanei. Tralasciando il fatto che non si capisce un accidente di quel che scrive ….

  5. Facciamo un riassunto degli avvenimenti, a beneficio dei lettori più giovani. Paolo Isotta fu assunto al Corriere della Sera nel 1978 dal direttore Franco Di Bella, con un contratto “a vita” , a divinis. Perché? Perché era bravo, certamente, ma soprattutto perché il papà, personaggio illustre ai suoi tempi, ottenne questo privilegio dall’ allora direttore del quotidiano milanese. Il comitato di redazione bocciò la scelta prendendo le difese dell’ allora critico titolare, che era Duilio Courir, e Isotta fino al 1992, quando il compianto Courir andò in pensione, prese lo stipendio praticamente senza scrivere, a parte un paio di elzeviri all’ anno. Non mi pare che un simile personaggio sia da prendere a simbolo della libertà di stampa.

  6. ma perchè il CORRIERONE non cambia il critico? A mio parere ISOTTA scrive male. Stanca. E’ troppo spesso di parte. Per me anche in questo settore (critici) a volte occorre rottamare. A me piacciono gli scrittori e giornalisti alla Montanelli, Scalfari che si fanno leggere con piacere e li capisci subito. Isotta è o vuole essere complicato. E’ un giornalismo che io rifiuto. Comunque puo’ benissimo andare alla Scala. Nessuno lo scaccia. Basta pagare il biglietto.

    • I giornalisti alla Montanelli o alla Scalfari (di cui condivido poco e niente, ma che scrive bene) sono una razza in via d’estinzione. Ora abbiamo frotte di giornalisti che scrivono che un morto viene “seppellito” come un osso e non più “sepolto” come un cristiano.
      Gente che probabilmente crede che l’Accademia della Crusca sia una benemerita associazione di coltivatori diretti.

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  8. Purtroppo, dai commenti di alcuni di voi, incapaci di valutare la gravità di quanto è accaduto nei confronti della LBERTA’ DI STAMPA E DI OPINIONE (il problema non è certo mi piace Isotta o non mi piace Isotta, che diamine!), gravissima è la mia preoccupazione per le prossime elezioni.Non vorrei ritrovami fra i piedi un ometto piccolo piccolo ma pericolosissimo.

    • Carissimo, libertà di opinione e di stampa non significa “libera volpe in libero pollaio”. Come se chi scrive su una testata del genere avesse lo stesso potere di chi viene da lui insultato e sul piano personale, non musicale. Domani uno decide di affermare peste e corna di te o di me, lo fa davanti a milioni di lettori senza averne le prove, ma giusto perché è un giornalista, e questa sarebbe “libertà” di critica? E tu ed io che libertà abbiamo? Ma si preoccupino di dire qualche verità importante in più, anziché di difendere certi soggetti! Comunque, va ripetuto per l’ ennesima volta, nessuno impedirà al signor Isotta di continuare a scrivere della Scala. Basta che il De Bortoli, anzichè strepitare di attentati alla libertà, gli paghi un biglietto di platea, a 260 euro a spettacolo.

  9. Pingback: Isotta, crítico de referencia en Italia expulsado de la Scala | Beckmesser

  10. Buongiorno, sottoscrivo in toto il commento di Mozart . Si può scrivere e pensare ciò che si vuole, ma gli articoli di Isotta mi hanno spesso fatto pensare che dietro tanta rabbia si nasconda poca competenza e poca intelligenza.
    Taluni per sembrare più alti tagliano le teste agli altri.

  11. Il problema è semplicissimo. Lissner, Abbado, Harding, la famiglia di Pavarotti o di Carlos Kleiber o dell’immensa Schwarzkopf (singolare che la Schwarzkopf non sia stata ricordata fra gli oggetti degli strali postumi di Isotta; forse che a lui in questo caso si dia ragione? C’est possible, si può immaginare di tutto) possono tranquillamente querelare Isotta o il Corriere della Sera, nel momento in cui pensano di essere stati offesi. Perché no? Ciò che Lissner tuttavia non può assolutamente fare è togliere l’accredito al critico del più importante giornale italiano. Si crea un precedente pericoloso, che va molto al di là della persona di Isotta. Io poi sono per accettare la voce di tutti, sempre e comunque. Io non bannerei mai nessuno. Tanto, se chi scrive è squalificato, scompare da solo. Togliere la voce a qualcuno è una cosa gravissima, che chi pretende di occuparsi di cultura non dovrebbe mai fare, in nessuna occasione.
    Marco Ninci

  12. E’ un fatto che si ripete. Muti tolse l’accredito a Stinchelli e Suozzo. Welser-Moest ha tappato la bocca al critico musicale di un importante giornale di Cleveland. Adesso Lissner. Queste cose non vanno mai accettate, mai, per nessuna ragione.
    Marco Ninci

    • Sottoscrivo Ninci,
      e lo riscrivo: il problema è semplicissimo, non si può provare a chiudere la bocca a nessuno.
      Che qualcuno provi a farlo “con arroganza” dimostra come siano necessarie ancora battaglie su principi semplici – che sembrano non essere condivisi tanto quanto io credevo.
      (non voglio poi parlare del particolare-Isotta che leggo, ma con fastidio.)

  13. Non accade spesso che mi trovi in disaccordo (nella sostanza) con le coraggiose prese di posizione del vostro Corriere della Grisi. Questa è una di quelle occasioni; nello specifico, dove si tira in ballo la libertà di stampa che mi pare non c’entri nulla con la vicenda di Isotta. Lo dimostrate ogni giorno voi, su questa testata on line: libera, indipendente e gratuita. Si può fare informazione e cultura musicale anche così; anzi, proprio così!! Pagando di tasca propria il biglietto e dimostrando con argomenti e competenza le proprie impressioni (che per essere tali, devono sempre basarsi su dati il più possibile oggettivi). Come avete scritto, la relazione troppo stretta tra giornalisti e teatri (entrambi finanziati dai soldi pubblici) ha portato a un clima isterico e velenoso. Se il Corsera e le altre testate si pagassero il biglietto, avremmo recensioni il più possibile indipendenti. E a decidere della loro qualità non sarebbe Lissner ma solo il pubblico dei lettori. Qualcuno potrebbe obiettare: finanziamo coi soldi pubblici la Scala e perché non i giornali? Penso che l’arte sia da proteggere e tutelare come un museo e, purtroppo, il mercato della lirica (che in realtà è ormai senza un vero mercato) stia facendo esattamente l’opposto. L’informazione dei giornali invece è già moribonda e si sta trasformando in qualcosa di nuovo che mi pare assai più promettente.

    • Caro Gala, la tua obiezione è già oltre il fatto in sè per sè, e su questo siamo più che concordi. Essendo però un fatto che riguarda un singolo, non si può accettare, perchè costituisce, coime dice benissimo marco ninci, un precedente ( non il primo), e tacere autorizza chi si è permesso questo gesto a farlo di nuovo con chi non gradirà la prossima volta. E qui siamo ben lontani dal condividere l’atteggiamento del signor Isotta, dal modo di scrivere le recensioni, al suo cosiderare il canto lirico secondario alla direzione d’orchestra, alle sue sragionate tutele verso riccardo muti e ciò che da lui derivava e tuttora deriva e così via, sino al caso specifico, perchè il continuare a pungere specialmente su Harding, che resta il solo vero giovane talento degno di questo nome esibitoci dallo star system, è facccenda più seccante, per non dire faziosa. e di questre faziosità insopportabili, mutiani vs abbiadiani, ne abbiamo veramente tutti quanti le scarpe colme! potremmo dire che assistiamo ad una lite di famiglia, tra membri dello stesso sistema.
      Ma il fatto che il meccanismo degli “accrediti “( parola che cristallizza in sè tutto quanto a cui accenna Lily Bart …) produca ora persino questo gesto da parte della scala, è gravissimo. E per nulla inatteso date le evidenti faziosità che permeano la carta stampata di ogni tipo, specialistica e non, da più di due lustri. L’episodio significa: ” ti accredito solo se mi vai bene!”. E per questo la Scala non può bannare Isotta, al di là dei contenuti e degli atttegiamenti del critico. Se lo si accetta, faremo un passo indietro e ci troveremo in una poszione ancora peggiore di dove siamo ora … Circa il fatto che la stampa debba tornare a pagare i propri biglietti per recensire, lo trovo sacrosanto, una minimale garanzia di distacco da chi ti invita per scrivere di sè cose che non sempre possono essere piacevoli e gradite.
      Del resto, noi sappiamo bene come funziona la creazione del consenso attorno a mamma Scala, ne abbiamo avuto prova da tutti i media , salvo la Barcaccia di Stinchelli, nel caso dei bu al concerto della Bartoli. Diaciamolo chiaro, in Italia i critici ormai criticano il pubblico, e da oggi i teatri bannano i critici, mentre il nostro vecchio amico T.W Adorno se la ride da lassù, compiacendosi di essere stato più che un profeta circa la distruzione dell’arte e del mondo dell’arte operato dai mass media. Ciao Theodor!

      • Per la barcaccia se ne può parlare relativamente.
        Si sono accaniti contro Muti e continuano a farlo da quando non hanno l’accredito.
        Dove invece hanno l’accredito sono praticamente sempre rose e fiori.

        Tutto il mondo è paese quando c’è l’accredito. :-)

          • Voglio sperare che questa “cacciata dal tempio” servirà almeno a porre la questione dell’indipendenza della stampa dalla Scala. Ma, essendo fondamentalmente pessimista, credo che il braccio di ferro Teatro-Corriere durerà poco e tutto tornerà all’usato costume. Mi parrebbe utopistico augurarsi che il cambiamento parta più che da un singolo (?) episodio da una decisione generale (basta accrediti gratuiti). Mi piace molto l’episodio della Callas e Abbiati ricordato a LilyBart; credo di aver intuito chi fu l’estensore. Sono fiducioso invece sulla fine imminente della carta stampata, con conseguente trasferimento di massa sulla Rete. Mi scandalizza l’idea che nella legge di stabilità siano stati accordati altri 45 milioni di euro ai giornali. Per quanto mi riguarda non li compro e non leggo le critiche musicali di nessuna nota firma, a meno che qualcuno non me le metta sotto il naso: le trovavo e trovo ancora povere di stimoli e riferimenti, ridotte a poche righe (pure mal gestite) in particolar modo quando si tratta di opera lirica. Mi piace la Rete, dove ci si incontra, ci si scontra e si ascoltano gli esempi musicali con generosità e facilità sorprendente. Non credo che tra trent’anni vi sarà qualcuno che troverà di qualche stimolo un articoletto di Isotta o Foletto, esattamente come avverrà nel caso di molte registrazioni scaligere contemporanee. Conservo il volume “Massimo Mila alla Scala – scritti 1955-1988” (Rizzoli, 1989) col quale mi piace dialogare; spesso non condividendo, ma riconoscendo la profondità dello storico della musica.

      • Giulia, il tuo discorso sugli accrediti è incondivisibile. La stampa non può pagare gli ingressi ai concerti perché non sempre può permetterselo. Quotidiani come il manifesto o l’Unità che a mala pena riescono a pagare (pochi euro) i collaboratori, figurati se possono permettersi un abbonamento ai teatri d’opera, magari rimborsando viaggi e pernottamenti. Se andasse come dici tu, finirebbe che solo Corriere e Repubblica (già il Sole è in difficoltà con rimborsi et similia) recensirebbero gli spettacoli. Bella pluralità di informazione!

        • E’ stato così per molto tempo. Ed è ancora così in molti paesi, come è scritto nei post degli utenti…forse non hai letto il dibattito sotto ai post.
          Dico che se l’accredito deve dare luogo a condizionamenti, meglio pagare ed essere indipendenti. e siccome oramai sull’indipendenza si può più che dubitare ( ti ricordo le riviste che recensiscono prodotti discografici portandone la pubblicità, come pure le pagine pubblicitarie pagate dagli artisti e/o dalle majors del disco sulle rivista ) forse tornare a pagare no sarebbe male.
          La gente non è che sia molto fiduciosa rispetto alle critiche, siamo onesti. e nel regno del web la pluralità di informazione è molto più garantita sia per la diffusione delle testate ufficiali che di quelle non ufficiali, forums, blog etc…I radioosanna da mille pagine per certi “eventi”, se permetti, io non li chiamo pluralità di informazione, ma PUBBLICITA’. Non facciamo retorica, per favore!

          • è vero che ci sono pubblicità (è il termine giusto) scandalose. Ma il fatto che certi giornali non abbiano i soldi per pagare i biglietti ai propri giornalisti è altrettanto reale. Quindi o si decide che degli accrediti se ne occupano i teatri o alcuni giornali non avranno più critica. Così è, poi – per quanto mi riguarda – certi giornali nati “morti” ed esangui (non faccio nomi) possono anche chiudere

  14. Stalin, i sindacati, l’invasore straniero (Barenboim, Lissner da una parte Janacek, Britten dall’altra): a me pare ormai evidente la matrice politica della vostra chiusura mentale piccoloborghese.

    Cari saluti.

    Ulisse

  15. Abolire ovunque gli accrediti (spesso con relativi “allisciamenti” di cene, alberghi, gite, conferenze assicurate, scritti sui programmi di sala e altre piacevolezze) aiuterebbe certo a fare un po’ di pulizia (CdG docet).

    Per altro il cozzo Scala-Corriere della Sera più che scontro di Titani sembra scontro di Mostriciattoli.

    Marco caro, azzerare in toto gli accrediti non equivarrebbe a “tappare la bocca” a nessuno, anzi…

      • Giulia carissima, mi pare che quanto ho azzardato nel mio intervento precedente – volutamente lontano dal gossip e dall’aneddoto – sia sufficiente ad adombrare i possibili rapporti incestuosi tra critici e istituzioni.

        Una splendida cena offerta in compagnia di “star” – o altre piacevolezze summenzionate – finiscono per avere sul critico la funzione degli occhiali inforcati da Hoffmann nell’atto di Olimpia e a condizionarne il giudizio – che ci aspetteremmo lucido e imparziale – a discapito del teatro, della testata su cui scrive e della propria credibilità.

        Tali cose le ho viste accadere, e me ne sono dispiaciuta. Anche – e forse soprattutto – nei casi in cui potevano considerarsi a mio vantaggio.

        • L’aneddoto narratomi da un mio vecchio amico, che ora non è più con noi, di Maria Callas che gli chiede in strada, all’uscita del teatro:” Ma quello la é Abbiati? ” la dice lunga su come dovrebbe essere un mondo normale, su come stavano le cose una volta.
          Oggi posso narrare storielle di quel cantante che con quel certo critico ( si fa per dire..) và in spiaggia…e altrove; di quel cantante che scrive al giornale della sua cittadina affinchè venga mandato questo e nnon quello a recensirlo; di quel cantantucolo ceh aggredisce il gioranlista senza motivo solo perchè fa il critico; di questo o quel responsabile di ufficio stampa che rimprovera l’accreditato stampa per una recensione non gradita; di quello e quel’altro che ti dicono in privato una cosa e poi ne scrivono un ‘altra ma non rinunciano a scrivere recensioni in cui non credono per continuare ad andare a teatro gratis etc….
          Questi aneddoti sono le ragioni per le quali questo sito esiste!

  16. Sono veramente allibito e preoccupato da certi commenti, e sto al 100% con Billy Budd e Marco Ninci (almeno per una volta).

    Il discorso di Lissner è, in poche parole, che la Scala dà gli accrediti solo a chi fa il bravo, a chi se li merita perché parla bene di spettacoli, cantanti e direttori a prescindere. Vi pare normale? A me no, e mi fa capire quanto il sistema sia profondamente viziato.

    A prescindere da quello che si pensa di Isotta (che personalmente non mi piace né come prosatore né come critico e al posto del qualche avrebbe potuto esserci anche un qualsiasi Pinco Pallino) si tratta di un fatto gravissimo che certo non giova al libero giornalismo né all’immagine della Scala.

  17. Signori, mi sembra che lo scontro fra la Scala e il Corriere fosse inevitabile, in fondo si tratta di due istituzioni che sono state importantissime e ora sono ambedue sulla strada della decadenza assoluta.

    Ora, vorrei chiedere un favore a qualcuno piu’ informato di me. Apprendo solo ora degli attacchi personali che Isotta avrebbe scagliato contro Pavarotti e Kleiber (agghiaccianti i riferimenti alla moglie) alla morte di questi grandi artisti. Qualcheduno sa dove posso andare a leggermi questi interventi di Isotta? Sono on line?

    Grazie e saluti dal Met!

    • Effettuando una ricerca nell’archivio del sito del Corriere si possono sicuramente trovare entrambi gli articoli. Ricordo solo quello su Pavarotti, una vergogna a dir poco, dato il contesto in cui veniva scritto.
      Quanto alla faccenda in esame, non farebbe male un bel taglio netto al rapporto perverso e non privo di mutuo interesse tra critici e teatri (come tra critici gastronomici e ristoranti, ecc), ovvero: niente accrediti e ognuno paghi il suo biglietto (o il suo giornale come in questo caso)=niente “voti di scambio”=libertà di criticare e di assumersi le responsabilità di quel che si scrive.
      Quanto a Lissner: non può fare ciò che vuole di un teatro non suo, ma chi lo ha messo lì dovrebbe anche farglielo capire senza complimenti.
      Quanto a Isotta: chi di arroganza ferisce, di arroganza perisce. Personalmente lo considero un incompetente che si permette di sputare nel piatto dove ha (abbondantemente) mangiato, un supponente che si parla addosso pensando che chi lo legge scambi per eloquio forbito le sue farneticazioni scritte con il linguaggio di Yoda (quello di Starwars, per intenderci).

  18. D’accordo con Lilybart: si finisca con gli accrediti gratuiti, anche perchè come gli omaggi fatti al 7 dicembre sono sempre soldi della collettività, che non trovano giustificazione se non nell’auto incensarsi. Tutti, ma proprio tutti compreso il capo dello stato, sindaco e autorità varie, escluso solo i vigili del fuoco DEVONO pagarsi il biglietto. Poi il pranzo e la stanza da letto singola o doppia, Il biglietto aereo, e altri benefit,se li paghino diamine!

  19. Si devono difendere i princìpi o le persone? Una domanda da un milione di dollari… Sicuramente chi difende i princìpi, vuole difendere TUTTE le persone. E’ per questo motivo che, a prescindere dalla pochezza della figura e della professionalità di Isotta, in questo caso non si può che esprimergli solidarietà per un gesto assolutamente inconcepibile nel 2013… E’ il vuoto di valori, di competenze e anche di senso della decenza e del ridicolo che c’è dietro a questo gesto che fa davvero rabbrividire…

  20. Ho appena trovato e letto le sparate di Isotta su Pavarotti, Abbado e Kleiber. Veramente vergognose e raccapriccianti le infami parole destinate alla moglie del grande Carlos, una signora normalissima che è stata accanto al marito fino alla fine.

    Vorrei ben vedere cosa scriverà a suo tempo Isotta sul suo idolo e massimo punto di riferimento, il sommo maestro pseudo-partenopeo “dei Muti”, quando la Grande Ombra se lo porterà via…

    • manca sempre la madre di tutte le recensioni vergognose, quella alla borgia della sutherland di roma, stroncata malamente senza appelloper dizione e fraseggio. Scenicamente parlò de “il salto del canguro”. Ho capito allora che di leggerlo…..lui come altri…non valeva la pena.

  21. A me la cosa che ha sorpreso è il nome del critico cacciato…. Ma come? Non è quel critico da ultimo autore di articoli sussiegosi nei confronti del Teatro alla Sottoscala, da ultimo, un fondino in cui elogiava sbavante cast e contorno del recente Lohengrin?
    Comunque, io penso che la richiesta di Lissner sia vergognosa, imbecille, arrogante e che renda il francese ancor più sgradito di quanto già non fosse. Non tirerei in ballo tanto la negazione della libertà di stampa: dopotutto se ad Isotta il biglietto glielo pagano, Lissner può strepitare quanto vuole, ma non può impedirgli di entrare (e nemmeno può impedire a lui o a chi per esso di comprare il biglietto).
    Però Isotta come critico è, generalmente, piuttosto indifendibile. Quanto ai suoi coccodrilli su Kleiber e Pavarotti sono di un compiaciuto pessimo gusto e davvero inopportuni. Quello su Kleiber mi ha stomacato, lo confesso. A far le pulci in modo così odioso nella vita privata altrui, non oso pensare cosa avrebbe potuto scrivere di Mitropoulos….

  22. Non saprei che dire: trovo Isotta illeggibile. Le sue recensioni mi sembrano sterili esercizi di prosa sgrammaticata e involuta dal contenuto prossimo al nulla. Vergognose le parole dedicate al sommo Kleiber, a Pavarotti o alla Schwarzkopf..oltre ad essere di raro cattivo gusto nel particolare momento in cui sono state scritte. Ancora più imperdonabili le sparate su Boulez (definito un direttore “marionetta”). Ma ciò che infastidisce non è tanto il contenuto, spesso discutibilissimo (anche se la preparazione musicale di Pavarotti era effettivamente tutt’altro che di prim’ordine, così come non erano certo gradevoli le incursioni nel repertorio italiano della Sig.ra Legge e sicuramente la dizione e il fraseggio della Sutherland erano largamente insufficienti), ma il modo inaccettabile di esprimerlo. Certo la Scala e Lissner non fanno una bella figura – il sospetto di censura verso chi “osa” criticare è evidente – tuttavia anche in questo caso non riesco proprio a prendere le parti di Isotta o di difendere il Corriere: qui non c’entra nulla la libertà di stampa. E’ indubbio che certe recensioni scaligere siano la “resa dei conti” per aver scacciato determinate figure (da notare che mentre Isotta stronca ogni spettacolo scaligero dal post Muti in poi, parallelamente esalta ogni cosa passi per l’Opera di Roma…). E, francamente, trovo che un teatro abbia tutto il diritto di non pagare più il biglietto a questo signore (e comunque il Corriere gli può benissimo comprare un abbonamento). Di difendere un soggetto che ignora il fatto che Dvorak abbia scritto un’opera intitolata Rusalka (anzi la ritiene o che ritieni Santi il più grande direttore vivente o che confonde il corno di bassetto col controfagotto o che, ancora, parla di un Wagner “omosessualizzato” da Harding (?) o che scrive di uno Shostakovich oppresso dalla propaganda sovietica…di difendere costui, insomma, proprio non mi va.

  23. Caro Duprez e caro Mozart, quello che ha detto Dionisopiùapollo taglia la testa al toro: si difendono i principi, non le persone. E quando si difendono i principi, questi comprendono tutte le persone. E’ come il diritto di essere difeso; ce l’hanno tutti, anche coloro che hanno commesso i più orribili delitti. Il Corriere della Sera ha diritto a un accredito alla Scala; non può decidere Lissner se darlo o non darlo, a seconda di chi è il critico scelto dal giornale. Isotta in gioventù è stato un notevole storico della musica; scriveva in maniera deliziosa, con un senso dell’umorismo delizioso. Basta leggere i suoi resoconti da Bayreuth in occasione del Ring di Boulez-Chéreau. Mozart lo sa bene, visto che ne ha riportato delle frasi, anche se sarebbe stato più elegante citarne la fonte. Adesso purtroppo non è più nulla: uno stile tronfio e opinioni strampalate. E’ stato di vittima di chi sa quale destino crudele. Ma ho inserito solo una parentesi. Questa mia lode dell’Isotta d’antan non c’entra nulla con la questione presente, nello stesso modo in cui non c’entrano nulla le stroncature dell’isotta odierno. C’entra solo questo: la decisione di Lissner crea un precedente pericoloso. Se si comincia con Isotta, si può tranquillamente finire con Fedele D’Amico o Massimo Mila. A me non piacciono per niente Stinchelli e Suozzo, ma proprio per niente. Eppure la loro esclusione dal Teatro alla Scala l’ho trovata indifendibile e vergognosa. Una postilla per Duprez: vedo che anche lui si diverte a chiamare la Schwarzkopf Signora Legge. Pensavo che almeno lui si astenesse da una simile volgarità; evidentemente non c’è poeta cui non manchi qualche verso. Una seconda postilla per Panizza. Il quale deplora giustamente che isotta si sia occupato malamente della vita privata di Carlos Klleiber. Tuttavia, con un salto della quaglia stupefacente, il medesimo Panizza non si perita poche righe dopo ad occuparsi altrettanto malamente della vita privata di Riccardo Muti. Non sarebbe poi così male ricordarsi della parabola evangelica della pagliuzza e della trave.
    Marco Ninci

    • Caro Ninci, concedimi qualche artificio retorico suvvia (peraltro ammiro la Schwarzxopf in determinati repertori e, all’indomani dell’omaggio di Isotta scrissi una lettere disgustata al Corriere).
      Tornando alla differenza tra principi e persone credo che gli uni non possano esistere senza gli altri. Devo dire che non ritengo un diritto inviolabile ricevere ingressi omaggio e neppure mi sembra che gli accrediti stampa abbiano qualcosa a che fare con la libertà di stampa. Nel mondo anglosassone i teatri non regalano i biglietti ai critici: sono i giornali ad acquistarli. Questo anche per chiarezza e indipendenza di giudizio. Fino a che la Scala omaggia di biglietti i critici e i giornalisti allora ha il sacrosanto diritto di selezionare chi preferisce e di non invitare chi gli è sgradito. E’ solo una questione di logica. La stampa italiana – tutta – tira in ballo la libertà e i sacrosanti principi solo per mascherare la sua intrinseca debolezza e la sua disinvoltura nell’andare a braccetto col potere (qualsiasi potere).

    • Ninci cosa è successo nel corso degli anni a Isotta per diventare come dici tu da critico,competente,e ragionevole,nel grande rompiballe odierno?
      e penso che siamo d’accordo che un suo allontanamento,è di pertinenza del giornale per cui lavora,e non di Lissner.
      E qui siamo d’accordo la maggior parte che si difende un principio e ,non il sudetto,super protetto rompi,e chi gli para il …sedere (teermine educato)

  24. Ancora una precisazione per Panizza, indagatore in proprio dell’altrui vita, nel momento in cui censura chi fa lo stesso. Ben difficilmente la moglie di Carlos Kleiber avrebbe potuto stare fino alla fine accanto al marito, dal momento che è morta sette mesi prima di lui.
    Marco Ninci

    • Giusto, Per amore della precisione aggiungo che Stanka Brezowar, la “ordinaria mogliettuccia slovena” descritta dall’ imbrattacarte, era prima ballerina alla Deutschen Oper am Rhein di Düsseldorf quando sposò il Maestro Kleiber, quindi era più famosa di lui che nel 1956, quando la conobbe, era un giovane Kapellmeister appena assunto.

    • Gentile Ninci:

      Anzi tutto ammetto la mia caduta di gusto, me ne pento e me ne scuso.

      Devi però capire il contesto, perchè il mio commento non voleva essere e non è stato un pettegolezzo a freddo.

      Si rimane inorriditi nel vedere quanto uno come Isotta può essere di parte. Solleva sugli altari – artistica e moralmente – un Muti, che tra l’altro parla e sparla tutti i giorni sulla morale, sulla famiglia, sulla cultura, e poi va ad insultare gratuitamente uno come Kleiber, che non si è mai esposto in questo modo.

      Quindi, ammetto che mi sono lasciato andare, ma come si fa a sopportare chi pontifica sugli altri mentre difende solo i suoi interessi personali e i suoi amici/soci/parenti in questo modo osceno e irrazionale?

      Chiarisco poi che a me Muti piace parecchio come direttore. Come persona, è un’altra storia.

  25. Guarda, Duprez, che Shostakovich è stato realmente oppresso dalla propaganda sovietica. Quando doveva andare all’estero a parlare a nome del governo e della politica ufficiale, per lui era una tragedia, cui si sottoponeva soltanto per l’amore enorme e commovente che portava al suo paese. E’ rimasto celebre l’episodio della partecipazione di Shostakovich, come membro della delegazione sovietica, alla conferenza di pace di New York che ebbe luogo dal 25 al 27 marzo 1949. Shostakovich lesse, con profondo disgusto interiore, un testo che gli era stato preparato dalle autorità. In quell’occasione fu attaccato da Nicolaj Nabokov, compositore di una certa fama e cugino dell’autore di “Lolita”. Nabokov portò scorrettamente il discorso su questioni musicali e gli domandò: “Personalmente Shostakovich è d’accordo con gli attacchi usciti sulla “Pravda” contro la musica dei compositori occidentali Stravinskij, Schoenberg e Hindemith”? Shostakovich fu costretto sommessamente a rispondere “sì” e la risposta, così contrastante con le sue convinzioni, lo prostrò enormemente. Tanto che il ricordo di quei giorni terribili lo tormentò fino alla fine della sua vita (S. Volkov, Shiostakovich e Stalin, Garzanti 2006, pp. 284-286). Questo per mostrare che una convergenza fra il grande compositore e la propaganda sovietica non è neppure pensabile.
    Marco Ninci

    • Certamente i rapporti tra Shostakovich e il regime furono complessi, ma non mi sembra corretto rubricarli – in maniera funzionale ad una certa visione ideologica – in una storia di oppressione. Shostakovich – compositore che ho approfondito più di altri – ha vissuto un rapporto particolarissimo con lo stato sovietico, molto più di Prokofev. Un conflitto interno, probabilmente, tra una certa visione del mondo (decisamente sovietica e allineata) e il problema della libertà dell’artista. Basti pensare che in epoca di destalinizzazione non rinnegò mai le modifiche fatte alla sua Lady Macbeth, tanto che nel ’64 – in occasione della prima italiana – scrisse personalmente alla Scala richiedendo (e ottenendo) che la sua opera venisse rappresentata nella sua versione rivista e non nella forma originale. Senza contare che gli attacchi della Pravda prima e di Zdanov poi, non impedirono che divenisse ordinario di composizione al Conservatorio di Leningrado, che venisse incaricato di una nuova orchestrazione del Boris, che fosse insignito di cinque Premi Stalin (oltre all’Ordine di Lenin), che divenisse presidente della Lega dei Compositori Sovietici di Leningrado e poi deputato al Soviet Supremo. E’ assai riduttivo condensare nella storiella della censura staliniana (che tanto piace all’occidente filo atlantico) una vicenda umanamente profonda e complessa come quella di Shostakovich.

    • Ps: la biografia di Volkov è ritenuta largamente inattendibile e funzionale alla visione ideologica dell’autore (di matrice spiccatamente antisovietica). In particolare sono inaccettabili le manipolazioni del pensiero di Shostakovich e certe illazioni come se Volkov avesse libero accesso ai reconditi pensieri di Mitja.

  26. Vorrei aggiungere anch’io una riflessione sull’ultima impresa di Monsieur Lissner. Sicuramente non sarà un problema per il Corriere o Isotta comprare i biglietti per gli spettacoli. La Scala ha già ottenuto un effetto: la mancata recensione sull’ultimo e non meraviglioso “Nabucco”. Sul Corriere della Grisi si alternano varie posizioni pro e contro che, talvolta, paiono contraddirsi.

    Mi piace leggere e intervenire in questo spazio perché esistono libertà di giudizio e confronto – di tanto in tanto per ‘portare acqua al proprio mulino’ – ma soprattutto perché qui ci si adopera per un nuovo rinascimento del canto lirico! Mi piace leggere anche Paolo Isotta soprattutto quandoscrive la verità su tanti spettacoli, motivando sempre le sue posizioni.

    Accando alla schiera dei vedovi/e della Callas, abbiamo anche la schiera dei vedovi/e di Pavarotti. Nel suo necrologio, Isotta, piaccia o non piaccia, dice ancora una volta la Verità. Basta prendere lo spartito e controllare alcune esecuzioni del grande Luciano, voce straordinaria ma ‘anarchica’.

    Che piaccia o non piaccia quanto scrive Isotta non può essere per QUALCUNO motivo per decidere se debba continuare a farlo o meno. La democrazia, come scrive Giulia, si difende opponendo le nostre diverse ragioni nei luoghi dove esse possono essere ospitate. Fortunatamente il Corriere della Grisi c’è, fortunatamente ci sono anche altre testate, altri blog..

  27. Io sono di quelli che lo pensionerebbero. Come ho scritto subito, le sue critiche non danno grandi contributi di crescita a chi le legge tanto sono spesso incoerenti ed estemporanee (hai avvallato alcune sue irrilevanti considerazioni su Pavarotti ti sfido ad avvallare per esempio (il primo che mi viene in mente) quelle su Frontali che trattato in una Traviata con una certa indifferenza dal pubblico della Scala, viene descritto come un baritono superiore a Cappuccilli, Bruson e Nucci messi insieme). A differenza di molti qui spendo ancora volentieri i soldi per andare all’opera ma non quelli per leggere le recensioni di Isotta sul Corsera che se proprio ci sbatto sopra sbircio velocemente al Bar a spese del titolare.

  28. Cara Grisi,

    Posso sapere perchè il mio commento – anche se leggermente fuori tema – è stato censurato?

    Non ho detto nulla che non sia vero e verificabile. È così potente il Maestro da riuscire a indurre il Corriere alla auto-censura?

    Questo veramente non me lo sarei mai aspettato.

    • caro maestro, se ho capito bene a che allude, commento non da me censurato ma da altro autore, lei ci ha inviato un post con una affermazione alquanto pesante. Dunque abbiamo cassato. Restiamo all’ambito musicale d’ora in poi.tks!

      • Capisco, rimango però rattristato da quello che considero un atto di censura non necessario.

        Quanto ho detto è verificabile, documenti alla mano, con nomi e cognomi, ed è grave.

        Purtroppo nessuno ne parla, perchè il Nume è potente, e quando non censura Egli stesso, si auto-censurano gli altri per paura.

        E poi ce lo dobbiamo sorbire – non già nelle sue belle interpretazioni – ma con i suoi discorsi sulla politica, la cultura, la morale e la famiglia. Per non parlare di Isotta.

        Che vergogna.

        • Caro Ettore, ti assicuro che quel tuo commento sarebbe stato censurato anche se avessi parlato di un altro direttore o cantante. Non credo sia difficile capire che parlare della vita privata e sessuale di qualcuno non è proprio lo scopo né di questo post né di questo blog in genere.
          Se volessi “criticare” Muti, parlerei piuttosto del suo ultimo libro (libro pubblicato, destinato al pubblico contrariamente alla vita privata) su Verdi che mi ha personalmente scioccato per la quantità di banalità e luoghi communi sui cui è costruito.

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