Capodanno: riflessioni sul concerto veneziano.

daniel-harding2Da sempre incondizionati ammiratori di Daniel Harding abbiamo per iniziare il 2015 imparato che solo le somme bacchette cosiddette sinfoniche sanno anche gestire, governare ed esaltare le pagine del repertorio italiano. Alle prese con la sinfonia di Rossini ed il nazionale popolare di Verdi, Harding ha confermato che queste pagine richiedono gusto, sensibilità, cultura. Se mancano, il mestiere consente, come a Venezia, esecuzione precisa, corretta, talora pesante e un po’ fragorosa. Nulla più. Al Va’ pensiero con pessime voci gravi maschili mancava il mistero del coro che introduce una grande scena e lo slancio della patria bella e perduta, che i tempi successivi la prima hanno reso interpretazione della pagina. Compariamo l’esecuzione di ieri con quella di Vittorio Gui. Ancora più difficile rendere Gazza ladra, sinfonia fra le più complesse di Rossini, terreno per le prodezze di Marinuzzi, Furtwängler, Fricsay che diversi ed eguali sanno di proporre una pagina seria dal grande sinfonismo. A nessuno di loro basta precisione e asciuttezza di suono di impronta abbadiana. Come sempre è la comparazione, che provoca le riflessioni. Ultima delle quali per Maria Agresta, a suo agio in Bohème ad onta di mezzucci e birignao, inappropriata nel valzer di Violetta, che proposta da solo diviene un divertissement, che impone altri acuti ed altra brillantezza e precisione nelle agilità e magari qualche libertà ed intervento come quelli che andiamo a documentare.

Gazza ladra – Gino Marinuzzi

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14 pensieri su “Capodanno: riflessioni sul concerto veneziano.

  1. Francamente la mia ammirazione per Harding non è affatto incondizionata e dopo questa roba veneziana si è un alquanto ridotta, perché esser complici di tale volgarità significa in qualche modo approvarla. E non basta la foglia di fico dei due lavori beethoveniani (tra cui l’Ottava Sinfonia, uno dei suoi massimi capolavori) peraltro tirate via di mala voglia, impacciate, poco provate e imprecise, per giustificare la partecipazione di un direttore che pericolosamente oscilla tra il musicista serio e consapevole e il “prezzemolino” buono per tutto che con bulimico atteggiamento va dovunque lo chiamano. Proprio questa prima parte sinfonica lascia più che a desiderare! Viene da chiedersi dove voglia andare Harding “da grande” perché così non si va da nessuna parte e i crediti da ex giovane talentuoso ed ex pupillo del Divo Claudio stanno finendo rapidamente. Il resto del concerto era semplicemente ignobile: roba che neppure i battisolfa di un tempo avrebber accettato. Una volgare accozzaglia di brani disomogenei assemblata con cattivo gusto pop. Una hit-parade di rassicuranti luoghi comuni da italietta paesana e ruffiana, da canticchiare sotto la doccia o con un panino al salame in mano. Non un filo conduttore, non un senso logico nell’alternare un Puccini concepito come canzonetta, un Va pensiero da festa della Lega
    Nord e un Libiamo degno di un veglione di capodanno in TV presentato da Pippo Baudo. Massì w i tarallucci e vino, gli italiani brava gente, Verdi che pianse e amò per tutti, e il volemose bene generale che assolve tutti quanti (furfanti guappi nani e ballerine). Uno spettacolo cafone e indegno di un paese civile, di un teatro come la Fenice e di un direttore d’orchestra che dovrebbe avere almeno un briciolo di dignità in più!

  2. Caro Duprez, accetto la distinzione che tu fai ma è proprio coloro che promuovono, producono,eseguono (alias sovrintendenti, e direttori artistici) ciò che oggi non va bene, Ai bei tempi se un direttore artistico
    sbagliava cast di un opera o concerto, si preparava le valigie e si ritirava a vita privata, non passava certamente da un festival ad un teatro come la scala e/o viceversa.Prosit

    • Io invece non accetto questo passatismo sterile e reazionario. È inutile e non c’entra un tubo. Anzi, fa il gioco di chi ci riduce così. Purtroppo i beoti che popolano loggioni, platee o forum dedicati al circo dell’opera vogliono questa merda: l’acuto, la melodia da fischiettare, il divo che gli hanno insegnato ad adorare, la star del cd… poi tv e giornali ci si son messi d’impegno per svendere cultura e musica con la scusa di facilitare e semplificare per il pubblico. Quale pubblico? I vecchi beoti che applaudano tra un tempo e l’altro di una sinfonia e che sbraitano W Verdi! O i giovani imbecilli che seguono le mode e leggono robaccia come “Mozart era un figo” (sono inorridito in libreria). Purtroppo spettacoli indegni come questo derivano da anni di lirica in tv, arene, piazze…e chi ha giocato con l’immaginario collettivo dell’opera sanguigna e grossolana, anima e cuore, spettacolo nazional popolare, opera pop o rock o barock. Palle, ma ribadite da almeno 50 anni.

  3. Buongiorno, innanzitutto colgo l’occasione per augurarvi un sereno e prolifico 2015. Poi una curiosità. Mi sono sempre chiesto, ma il concerto di capodanno di Venezia che passa in televisione è una versione “scorciata” di quello reale?

      • In tal caso mi chiedo che senso abbia proporre frammenti di brani orchestrali, come il finale della sinfonia del Tell qualche anno fa o il finale della Danza delle Ore. Sembra un programma scelto appositamente per non annoiare il pubblico “colto e raffinato” che frequenta la Fenice a Capodanno. Se le cose stanno così, penso che qualsiasi direttore professionale dovrebbe tenersi ben lontano da questi eventi puramente mondani.

  4. Concordo con Duprez che questi “concertacci” siano abbastanza squallidi, soprattutto perché trasmettono un’immagine oscenamente distorta di cosa sia la musica cosiddetta classica ed in particolare l’opera. Quanto ad Harding, chi ha visto il Don Giovanni al Piccolo sa bene che era già un buffone quindici anni fa.
    Comunque “Mozart era un figo” non è imbecillità molto peggiore di quello che sullo stesso scrive Confalonieri, cambia solo lo stile…

  5. Io ho apprezzato molto Harding nella Salome milanese del 2007: e dal vivo in altre occasioni h a dato certe letture brahmsiane – la seconda, la quarta sinfonia – che al di là dell’ evidente abbadismo in sedicesimo avevano abbastanza da dire. Ricorderei anche certo suo Bruckner: Harding è tra i pochissimi che non lo riducono a un esercizio pleonastico, e che cercano anche la tensione narrativa. Certo non è Furtwangler, ma non si pretende nemmeno tanto.
    Il problema a Venezia è che in occasioni come il capodanno si concede allo “stile turistico” con un’ inverecondia che contraddice la serietà che usualmente si trova nei programmi e nelle stagioni della medesima Fenice. Forse è già molto che le baracconate siano così limitate: non siamo ai livelli milanesi, ma ad ogni intervallo i palchi della fenice sono colmi di coppiette del tipo trafficante di organi valacco con ex stripteaseuse che si fanno un gran servizio fotografico per poi sparire. Nel frattempo, buon anno al Corriere!

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