Una lettera di Aurelio ossia la Norma di Venezia

Ci ha scritto un amico ed affezionato lettore, ammetto un po’ sollecitato da noi e ci ha raccontato le sue impressioni su un’esecuzione di Norma data pochi giorni or sono a Venezia.
Sembra strano e vogliamo condividere con i nostri lettori la perplessità di fondo ovvero come in un’epoca di conclamata crisi delle voci, di miseria e povertà di organizzazioni vocali e capacità interpretative un titolo da sempre temuto, trattato con rispetto e, quindi, difficile venga proposto nel giro di pochi mesi in più d’un teatro italiano. Sarà il coraggio della disperazione?

grazie ad aurelio a tutti buona lettura

Norma a Venezia

Inizierei dalla regia di questa Norma, che ho visto al teatro la Fenice di Venezia il 20 maggio 2015. La regista si chiama Kara Walker, e prima dello spettacolo avevo consultato la sua voce wikipedia: l’artista, newyorkese, si occupa di razza gender violenza identità ed è famosa anche per delle silhouettes di carta nera. Naturalmente tutti i temi principali della sua arte sono stati in qualche modo inseriti in questa Norma, che ha scelto di ambientare nell’Africa di fine diciannovesimo secolo, sottoposta al violento dominio inglese (o belga, non si capiva se era il Congo). L’inizio è confortevole, una silhouette di viso di donna africana occupa tutto il palcoscenico e Flavio entra vestito come un perfetto esploratore inglese XIX secolo. Da qui in poi l’unico elemento africano erano certe lance (violenza), mentre Norma e le novizie erano donne bianche (identità?), alcuni dei guerrieri indigeni sempre di pelle bianca erano vestiti da donna (il tema del gender, che in effetti inizia a essere molto di moda) e i due figli di Norma sembravano due alieni. Il tutto era un miscuglio molto comico (c’era un guerriero che sembrava una copia esatta del personaggio Er Monnezza, solo in vestito rosso da donna) che mi faceva sorridere ogni volta che si muoveva, anche nei momenti più drammatici della storia. Il tutto era unito alla sostanziale staticità della scenografia (l’unico cambiamento un occhio della silhouette si è illuminato quando Norma ha dichiarato guerra al secondo atto) e al tentativo di applicare due o tre temi che sono giustamente al centro del dibattito artistico americano attuale ma che sono di difficile traduzione in questa opera italiana che parla d’altro: ci sarebbe voluto più pensiero per sviluppare meglio la regia, pensiero che mancava e quando sembrava esserci dava un messaggio davvero imbarazzante.

Una regia che faceva ridere/imbarazzo era unita ad una Norma che non faceva paura. Non voglio infierire su Carmela Remigio, che si poteva prevedere non essere in ruolo. Il suo momento migliore è stato il duetto del primo atto con Adalgisa, per il resto si risparmiava (a volte non si riusciva proprio a sentire) oppure cantava senza gloria e senza onore, saltando i da-capo. Certo questa voce già piccola in centro e che si rimpiccioliva ancora agli acuti non poteva reggere alcuna delle scene topiche dell’opera. Gregory Kunde come Pollione è sempre l’ormai anziano professionista, è emerso come il migliore del trio e il trainatore durante gli assieme: bravo, specie nella parte centrale della sua voce. Ha dato un senso al personaggio e ha fatto sentire alcune note davvero piacevoli. Veronica Simeoni come Adalgisa ha mostrato una voce sonora solo al centro, non ampia, che si è legata bene con Norma nel duetto del primo atto (Norma veniva sovrastata facilmente da Adalgisa) e con Kunde. Di Oroveso non conservo alcun ricordo, stavo troppo occupato ad osservare i guerrieri vestiti da donne e a provare a capire cosa stesse succedendo. Il direttore Gaetano d’Espinosa mi è piaciuto, come le altre volte che l’ho ascoltato. Ha accompagnato i cantanti provando ad aiutarli sempre e creando le giuste atmosfere nelle poche parti orchestrali.

In sintesi direi: idee americane contemporanee trapiantate nell’opera italiana dell’ottocento e trattate con banalità sconcertante e poca voce in campo. Difficile fare di più. Il teatro non si è mai scaldato, pochi applausi e poi tutti a bere un bianco e a mangiar uno spuncioto nella primavera veneziana per tirarsi su il morale!

Aurelio

21 pensieri su “Una lettera di Aurelio ossia la Norma di Venezia

  1. Evviva: Norma un tempo era un titolo d’opera raro come non mai, oggi in mancanza di voci lo cantano anche le domestiche ? bene abbiamo fatto un passo avanti nella conoscenza e tre passi indietro nella musicalità. Quindi prosit con la gazzosa!

  2. Preso dalla curiosità alla lettura dell’articolo di cui sopra sono andato a vedere sul sito del teatro veneziano ed ho ricercato delle immagini dello spettacolo.
    Sul sito si legge: “Un nuovo allestimento di Norma di Vincenzo Bellini, la cui scenografia sarà affidata a un artista visivo indicato dalla direzione della Biennale. L’evento farà così parte, come progetto speciale, della 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale che si aprirà a Venezia il 9 maggio 2015. Nei ruoli principali saranno impegnati tre interpreti d’eccezione”.
    Commento: e che c…..o c’entra con Norma la Biennale? Poi sai che novità! GIà il Maggio dagli anni ’30 affidava le scene delle opere a noti artisti visivi, ma con esiti ben diversi, dato che gli artisti si chiamavano Casorati, Sironi, De Chirico, Cagli, Savinio, Oppo, Clerici, Annigoni, Conti etc.
    Dalle foto dell’allestimento veneziano disponibili sulla rete:
    http://espresso.repubblica.it/foto/2015/05/19/galleria/alla-fenice-di-venezia-la-norma-coloniale-di-kara-walker-1.213306#10
    ovvero http://www.gbopera.it/2015/05/venezia-teatro-la-fenice-norma/
    mi pare, per dirla con il rag. Fantozzi Ugo, solo una cagata pazzesca. Si legge poi che la regiscenografaetc. è stata “scelta dal Teatro La Fenice proprio in forza dell’alterità della sua concezione estetica rispetto a quella che tradizionalmente impronta il nostro teatro musicale”. Qui la cagata pazzesca è doppia e l’errore concettuale è di base. In termini giuridci penalistici si potrebbe parlare di colpa cosciente o di dolo eventuale di chi ha fatto la scelta. Sono d’accordo con Aurelio: dalle foto il tutto appare altamente ridicolo. Dato lo stile al massimo poteva essere adatta per Emperor Jones (quello di Fuga o quello di Gruenberg ad libitum).
    Non so dire a priori come sarà musicalmente la Norma in programma per luglio a Torino, ma lì, almeno, la messa in scena è assolutamente normale e rispettosa di quanto previsto da librettista e compositore: in scena ci sono galli, druidi, sacerdotesse e romani e vi sono rocce, dolmen, menhir, foreste colonne e tutto quanto uno si aspetta.

  3. Per un approfondimento sulla norma coloniale, anzi sulle norme coloniali (in minuscolo, in senso giuridico) consiglio
    Arnaldo Bertola, Lezioni di diritto coloniale, Torino, Giappichelli, 1930.
    Ben altre norme giuridiche invocherei con tanti registi!
    Tipo quelle della Constitutio Criminalis Carolina….
    ARTICLE 130.
    De la punition des différentes espèces d’homicides, et premièrement de celui qui se commet par le poison.
    Celui qui attentera au corps ou à la vie d’un autre par le poison, si c’est un homme, il sera condamné à la roue, ainsi qu’un meurtrier de propos délibéré ; si c’est une personne de l’autre sexe, elle sera précipitée dans l’eau, ou punie d’une autre peine de mort, suivant ce qui se trouvera en usage. Cependant afin que l’exemple inspire plus de terreur aux autres, ceux qui seront coupables d’un crime aussi noir, seront traînés sur la claie au lieu du supplice, et avant l’exécution à mort, tenaillés avec des fers ardents, plus ou moins selon l’état des personnes, et la nature du délit, comme il est marqué au sujet du meurtre.

    Certe messe in scena sono un vero attentato alla nostra vita con uso di sostanze velenose

  4. Non avevndo visto e sentito lo spettacolo non posso dire nulla, soprattutto della parte vocale… ma un uccellino mi dice che devo ringraziare il Cielo! Anche la parte visiva non l’ho vista e non ho guardato nemmeno le foto…. in ogni caso la bufala che sta alla base dell’idea è palese e his rebus fretus/a o, come dice il conte Alessandro Manzoni, “con queste belle premesse” (cito a memoria) il risultato non può che essere idiota. Quello che non cessa di meravigiarmi è che alla fine siano sempre tre ideuzze sceme e per di più fruste che vengono rifrullate in tutte le salse… quelle e sempre quelle… La messa in scena dovrebbe essere un aiuto all’esito globale dello spettacolo e quindi un contributo all’interpretazione, non un elemento alieno (anzi alienissimo): pensate se il direttore che dirige, poniamo la Norma, cominciasse a dirigere la quinta di Beethoven, o se la protagonista invece di Mira Norma partisse con un In questa reggia… l’effetto sarebbe di boiata comica… se si fa per ridere, va bene, altrimenti….

  5. La brevità gran pregio, ma a volte fa dire ciò che non si vuole. La frase: “se la protagonista invece di Mira Norma” va naturlamente ampliata in “se la protagonista, rispondendo a Mira o Norma, ecc.”
    Non me ne vogliano i lettori!!!!

  6. Credo che un pubblico serio, come quello che ai suoi tempi fece uscire da una porta secondaria sia Karajan che la Freni, oggi metterebbe sul lastrico non solo i vari kau-kau ma anche i lissner e tutto il suo dopolavoro culturale che di culturale ha solo la insegna.

  7. Pasquale: dopo pochi anni dalla Traviata della Callas con molta imprudenza si programmò una Traviata cantata da una ottima musicista, ma poco emotiva, la Freni, e si pensò che bastasse affiancarle un grande direttore: il pubblico che al 90% aveva osannato
    la Callas non gradì, e fischiò: il duo Karajan e Freni abbandonò la Scala, dopo la prima recità e il teatro per almeno trent’anni non osò
    sfidare i cosiddetti vedovi callas cioè coloro che la avevano ascoltata
    ed osannata (ed a mio parere giustamente) per farla affrontare ad altra interprete. Ci riuscì solo Muti, ma con un controllo del pubblico ridicolo e fanciullesco perchè chi aveva visto e sentito la Callas oramai si era decimato

  8. Pasquale: mi ero dimenticato di dirti che la Callas cantò la seconda traviata per ben diciassete replichè consecutive con Giulini sul podio
    quando la repliche della Scala non superavano le sei, conosco decine di persone che la hanno ascoltata dal vivo e ne hanno un ricordo, difficilmente superabile. Ora il teatro non aveva previsto neppure un cast alternativo, cosicchè aveva creato un pubblico di fan.
    Stessa cosa o giù di lì, avvenne con altra opera cantata dalla Callas:
    Anna Bolena, che dal 1957 si riprogrammò nel 1982, e che per altra stupida programmazione, fece sconvolgere il calendario del teatro da febbraio a giugno 1982, con l’annullamento e lo spostamento della prima dalla domenica, al martedì, al venerdì e alla domenica, quando la Caballè si dovette presentare con un silenzio del teatro fino alle ultime note, (io c’ero) e ti assicuro che se la Caballè non avesse cantato per i dirigenti del teatro non sarebbe bastato chiedere asilo politico. Ma allora a teatro si confrontavano dei colossi non dei fihetti.
    Una altra cazzata la aveva fatta il teatro dicendo che gli allestimenti erano quelli usati dalla Callas.

  9. Ho seguito la Norma trasmessa dal Teatro
    La Fenice su Rai 5. L’audio era pessimo, il riassuntino
    In alto a sinistra del video citava Pirozzi/Billeri come Norma, ma cantava la Remigio, la messa in scena semplicemente ridicola e senza nessun legame con il testo che parla di vischio e generali Romani mentre sul palco c’erano piume in testa a Oroveso e pelli di leopardo. Nonostante l’audio difettoso credo anch’io che Kunde abbia onorevolmente sostenuto il ruolo assegnatogli anche se vederlo in sahariana, specie di profilo, con il fido amico vicino armato di schioppo, casco e occhiali, era esilarante! Non che la corazza da antico Romano gli avrebbe giovato vista la corporatura, ma purtroppo l’occhio vuole la sua parte. C’è in effetti un gran fiorire di Norme, Nabucchi e Traviate in giro: un’Abigaille non si nega a nessuno. In un certo senso, come per il cibo, si produce troppo e male. Norma poi andrebbe presa con le molle, perché è inutile girarci intorno, il modello di riferimento è Maria Callas e dopo di lei Anita Cerquetti, dal punto di vista prettamente vocale. La Callas, attrice superba, aveva il fisico giusto e la voce giusta per questo ruolo intensamente drammatico di cui solo lei sapeva cogliere il “pathos”. Dovesse materializzarsi un’interprete alla sua altezza, sarei la prima ad esserne contenta, intanto mi consolo con le sue incisioni.

  10. Anch’io ieri sera su RAI 5. audio pessimo per i cantanti, non per l’orchestra, nel I Atto ma poi devono aver aggiustato qualcosa perche’ e’ migliorato. Che il vestito di Norma vada un po largo alla Remigio d’accordo ma la sua emissione, soprattutto nel 2 Atto perche’ io l’ho trovata migliore nel 2 che nel primo, ma la sua emissione , dicevo, per me e’ sufficientemente e soddisfacentemente morbida e non inficiata da sguaiataggini e volgarita’, poi se la voce e’ piccola questo lo si puo’ cogliere certo meglio in teatro che in televisione. Che cosa sia accaduto a Kunde in questi 7-8 mesi non lo so ma io ricordo un pessimo Otello, per conto mio diciamo pure impresentabile mentre in questo Pollione ho trovato, con non poco piacere,un cantante nettamente trasformato e non ha sfigurato nemmeno la Simeoni. Beloselskji e’ tutt’altro che un basso profondo quindi, forse, non particolarmente adatto ma anch’egli tutt’altro che volgare nell’emissione, e questo e’ gia’ tanto.
    Per me un cast superiore alla media di quello che normalmente si sente.
    Ora, il Direttore qualche buu l’ha beccato: per conto mio vorrei sentire un canto di guerra di un popolo che si prepara all’insurrezione, risolto invece come una canzoncina dell’asilo, troppo stringati, poi, i tempi del magnifico finale.
    Ora, l’idea di ambientare una Norma in Africa nel 19^ secolo potrebbe anche funzionare ma con altro tipo di realizzazione pratica,
    Poi anche qualche incongruenza: ” mira o Norma a’ tuoi ginocchi … ” ma i pargoletti sono fuori scena.,

    • La Remigio ha una voce ed un accento più idonei a Susanna, Despina, Zerlina, Nina, Blonde, Serpina che a Norma, la sua emissione sarà anche morbida, ma è anche filiforme e molto improntata sul falsetto: più che una donna-sacerdotessa in scena c’era la protagonista di una operina di fine ‘700 con colorature per nulla granite ed un centro-grave molto fioco.
      La Simeoni discreta al centro e più partecipe del solito, mentre Kunde l’ho trovato stilisticamente accettabile, ma duro e ingolato, per non parlare di un secondo atto praticamente cantato con affanno e stanchezza.
      Stomacale Beloselsky e d’Espinoza dirige “Norma” tra enfasi barricadera e lentezze gelide che ucciderebbero anche il “Nabucco” più bandistico.
      Ho notato che il pubblico ha applaudito poco e svogliatamente o con cortesia, ed alla fine ha riservato qualche contestazione a d’Espinoza.
      Allestimento interessante sulla carta, inutile alla resa dei conti per la non-regia.
      Pessima la ripresa RAI

      • Tesoro, non era reso inutile, era reso grottesco.

        Particolarmente ghiotti i coristoni agghindati tra Balmain e Ginvenchy – fine ’50 inziio ’60 – come delle Capucine da Pantera Rosa.
        Ma non sottovaluterei il Flavio- Woody Allen in versione Miniere di Re Salomone, e la Remigio, coccodrillata per il Casta Diva (spettri di Roberto Cavalli).

        Baci.

  11. Io ho assistito alla recita del 24 maggio.
    Sarebbe interessante sapere quanto è stata pagata la regista, perchè è stata brava a strappare un compenso per portare il nulla in scena. Non si può neppure parlare di regia, perchè di registico niente c’è stato, zero. Non si può neanche dire che sia stata una messa in scena banale, perchè anche la banalità presuppone un’idea, ma qui di idee non c’era proprio niente. Avevo letto le prime righe delle note di regia sul libretto di sala, ebbene di per sè poteva starci la trasposizione dalla gallia all’africa, giustificata da un riferimento esplicito a Conrad ed al suo Cuore di tenebra…l’analogia di situazione poteva starci. Però il proposito non ha avuto corrispondenza in scena, quel che si è visto è stata un’insensata scacchiera di personaggi vestiti in modo ridicolo ed estraniati dall’andamento della storia, passivi, insulsi. I guerrieri vestiti da donna la “perla” assoluta… poi ho appreso che il cavallo di battaglia della signora wilker è il tema gender et similia…. allora mi chiedo quale connessione, ancorché astratta, possa esserci fra una storia come quella di Norma e far vestire i druidi da donna… piuttosto avrebbe avuto più senso – visto che la signora sembra esperta solo di ste cose – inscenare una lesbiconata fra Norma e Adalgisa, incanalando l’ira di Norma sul binario dell’amore per Adalgisa anziché per Pollione. Mah
    Quanto al resto, Norma presuppone….Norma. Senza Norma non c’è Norma. Pollioni ed Adalgise promossi non fanno una Norma: ed è quello che è successo.
    Non so chi, attualmente, possa sostenere questo ruolo, forse poche, forse nessuna. Norma non può essere cantata tutta uguale, ogni frase, ogni aria, ogni duetto ha sfaccettature diverse, spesso evidenziate dai repentini sali/scendi da registro acuto a grave. Non possedere le abilità tecniche per gestire i registri uniformemente, impedisce di cantare Norma. Casta diva è una preghiera ed In mia man alfin tu sei un’invettiva, non possono essere cantate in modo uguale.
    Ciò premesso il direttore mi è sostanzialmente piaciuto, bello il preludio soprattutto. Ogni tanto tendeva a sovrastare le voci, ma nel complesso c’è stata buona tenuta dell’orchestra e dei tempi con il palcoscenico.
    Quanto alle voci, come dicevo, Norma esige Norma ed alla Fenice Norma non c’era. Se una regia stupida può passare, non può passare una protagonista vocalmente inadatta al ruolo. La Remigio, consapevole dei propri limiti, ha cercato di concludere indenne lo spettacolo, le si leggeva la paura addosso e la ritrosia nel liberare quel poco di voce che madre natura le ha dato. Quel che più ho trovato inaccettabile è stata la totale piattezza interpretativa, tutto cantato nello stesso modo, come un elenco del telefono dall’inizio alla fine… Casta diva intonato come In mia man alfin tu sei, nessun colore, nessun trasporto…tutto cantato uguale ed in modo approssimativo, con una voce flebile e impalpabile. Costantemente le “e” diventavano “i” (come in “sIdiziosI voci”) ed è il meno che si possa dire. Il mezzo non l’aiuta, troppo leggero ed inconsistente, affannose le ricerche di fiato. Nei concertati sovrastata da qualsiasi voce, in primis Adalgisa. Registro centrale e grave impalpabile, voce raramente proiettata oltre la buca, acuti pressoché sempre indietro e “morti” in bocca (penso soprattutto a Casta diva, dove allo “spargi in terra” dovrebbero seguire quei 6/7 acuti ben accentati che sono totalmente mancati nella nostra). Censurabile senza appello è stato tutto “In mia man alfin tu sei” e seguenti, il punto più basso della serata perché oramai quel poco di voce che la Remigio aveva era già stata messa a dura prova…da ridere l’arrampicata in “Adalgisa fia punita” culminata con un bercio da antologia. Ah, qualcuno le aveva spiegato che quando Norma canta “tutti, i romani cento a cento” intende far una strage? Sovrastata nel finale dell’opera, complice anche il fracasso orchestrale.
    Comunque sono giunto alla conclusione che ascoltando la Callas a casa e poi andando a teatro a sentire ste robe ci si fa solo del male.
    Buone prestazioni degli altri cantanti invece. Ho preferito la Simeoni, a fuoco, intonata e in grado di rendere quello che la Remigio non è riuscita a fare…cioè i differenti stati del suo personaggio, senza mai strafare.
    Pregevole anche Kunde che nonostante l’età ha retto bene la parte, offrendo un biglietto da visita di tutto rispetto con un Meco all’altar di venere strappa applausi, condito da un brillante ed a fuoco acuto nel “…rapìti i sensi” e nel daccapo in “empio altare abbatterò”. Prova, però, viziata da oscillazioni vocali troppo marcate (ma a 60 anni è lecito), specialmente nel secondo atto, poca uniformità nella linea di canto e troppe nasalità in acuto. Ok non è il Filippeschi dell’incisione 1954 ma avercene di tenori così! Ma quello che spicca rispetto alla Remigio è la capacità di dire cantando, di non appiattirsi alla mera esecuzione delle note, questo è stato il pregio della prova di Kunde (molto più a suo agio in Pollione che in Manrico, dove non mi aveva meno convinto), così come della migliore della serata, cioè l’Adalgisa della Simeoni.
    Canta…bene ed onestamente, con buona uniformità nei registri (problema che troppo spesso inficia le prove dei mezzisoprano che si sentono in giro). Anche lei interpreta, non esegue note e basta, come si capisce immediatamente al “Sgombra è la sacra selva”, accentato egregiamente, con trasporto sospirante notevole. E l’interpretazione unita al canto corretto esce anche in “Mira, o Norma”. La voce corre, senza eccessi, urla e sbracature, mantenendo sempre unita la linea di canto (tipo il duetto con Pollione dove risolve con facilità e scioltezza la salita in “cielo e dio ricopre un vel”). Ed infatti il pubblico le riconosce il meritato successo assieme a Kunde e D’Espinosa, limitati applausi di circostanza per la Remigio.
    Con una Norma più adeguata sarebbe stato uno spettacolo molto interessante, magari in forma di concerto piuttosto che la boiata registica propinataci.

  12. A parte ogni giudizio sul cast e sull’allestimento su cui ho letto pareri pressocchè unanimi(negativi) vorrei fare una considerazione sulla messa in onda su RAI 5;in una registrazione professionale non si ascolta l’audio durante e dopo? qui evidentemente no; e prima della messa in onda nessuno ha verificato l’audio? evidentemente lo hanno fatto dopo il primo atto; a dimostrazione del pasticcio le repliche previste su RAI 5 sabato e domenica mattina non sono andate in onda.
    Mi viene da pensare ..”.la RAI di tutto di più”.
    otello

    • Questo è un paese che vessa il privato e dove stato e parastato sono manifestazioni costanti ed incrollabile di cialtroneria, spreco e rapina a danno del contribuente che deve pagare e tacere e mantenere carrozzoni che andrebbero affondati sennò va a fondo tutto il paese

  13. Causa esami l’ho perduta e me ne è dispiaciuto, ma la rifaranno l’anno prossimo, spero con diverso cast. In compenso ho visto l’indegna ripresa Rai che, però, nel suo essere vergognosa ha fatto chiaramente intendere almeno per il primo atto come erano le cose in teatro.

    Sulla regia non dico molto perché dopo i primi minuti mi sono messo a leggere così da non guardare tutto, quello che ho visto era in compenso ridicolo. Le idee di fondo interessanti c’erano pure (teorie del gender sul ruolo femminile e quello maschile, l’approccio post-coloniale,…), ma la realizzazione è stata pessima e sciocca e conferma la mia idea sul fatto che restare più vicini al libretto è sempre una scelta che giova a opera e pubblico, dato che oggi il pubblico medio non conosce nessuna opera e viste le tante riproposizioni di opere ignote e dimenticate che sarebbe bello vedere prima in veste d’epoca.

    Il cast: Kunde sorprendente, a parte l’usura della voce, fa chiramente sentire di essere stato un ottimo cantante, la voce è sonora, estesa, fa variazioni, è interprete partecipe, mi è piaciuto molto. La Simeoni finalmente in un ruolo più adatto a lei dopo Trovatori, Africane,… mi è piaciuta nel complesso perché è corretta, partecipe, la voce non è grande, ma si sente, insomma, per i tempi che corrono è infinitamente meglio di mezzi più blasonati. Remigio pessima senza se e senza ma e si vedeva anche dalle inquadrature del viso: per (provare a) prendere gli acuti mandava avanti la mascella, una cosa assurda! Voce minuscola e ringrazio la Rai perché il loro errore nel primo atto dovrebbe essere foriero di molte riflessioni da parte di chi si entusiasma per ogni porcheria. Zero dinamiche, zero accento, zero acuti (tutti sotto), zero tutto, era semplicemente terrorizzata e secondo me si chiedeva perché ha accettato di distruggersi quel briciolo di voce che ha. Una pena per lei e per il ruolo, che ha bisogno di grandi voci e adatte. Aggiungo che la Remigio mai mi è piaciuta e non capisco come alcuni facciano a parlarne bene anche in altre prove. La butto là: visto che sul palco c’erano due Adalgise, io Norma a ‘sto punto l’avrei fatta cantare alla Simeoni, che avrebbe fatto una figura migliore, è più sicura nella sua estensione e avrebbe probabilmente interpretato meglio.

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