Otello di Rossini alla Scala

1435841034150_Otello_Rossini_ScalaIl principio “fortuna audaces juvat” non si è verificato ieri sera e il pubblico scaligero, popolato e rimpolpato di abituali assenti che al nome ed all’arte di Rossini ritornano in teatro per celebrare l’autore e la poetica che li ha formati come ascoltatori, ha sonoramente fischiato e buato una vergognosa e miserevole edizione di Otello di Rossini. Per sgomberare il campo da ogni dubbio facile e strumentale ad opera della solita stampa complice e collaborazionista, non sono stati riprovati i soli responsabili dell’allestimento ed il raccogliticcio, in ogni senso, direttore d’orchestra, ma anche Olga Peretyatko Mariotti inidonea al ruolo di vera ed autentica protagonista dell’opera. E dai cantanti cominciamo.

Ormai da ritiro e da mura ospitali di casa Verdi (rubo l’espressione a Giacomo Lauri Volpi) il signor Kunde che ha parlato e declamato la cavatina di sortita, unico numero dove si richiede parco virtuosismo, per tutta la serata ha esternato una voce dove una nota era differente dalla precedente e dalla successiva, dove al centro, proprio lì dove Otello declamata e si esprime, il suono era sempre afono oppure c’era “il buco” di chi emetta arie e non suoni. Le cose sono andate appena meglio, in barba ad un legato inesistente, al duetto con Jago (niente puntatura di tradizione al do diesis secondo Tamberlick, ma poco importa) ed alla successiva sfida. Pessimo, da cantante ormai esausto, l’ingresso di Otello nella camera di Desdemona e il duetto finale con Desdemona dove non eravamo in grado di comprendere quali suoni emettesse l’americano. Una prova che non ha fatto onore a lui ed alla carriera che vanta.

Come avevamo già pronosticato ed immaginato dopo il concerto la prestazione di Florez, pur applaudita dai soliti fans del tenore peruviano, è stata modesta e deludente. Modesta perché il volume della voce è da tenore comprimario (un amico ha paragonato il duetto  Jago – Rodrigo agli insieme della maschere tenori di Turandot), l’agilità scolastica, quando la spericolatezza e l’ardimento della coloratura sono la sigla del cantante più autenticamente rossininano a maggior ragione in una parte alquanto esornativa e di limitata durata (soprattutto se paragonata ad altre scritte per lo stesso David e che Florez ha sempre affrontato con parsimonia , limitandola di fatto al Giacomo V di Donna del lago e ad una toccata e fuga con l’Ilo di Zelmira) . Da sempre avaro di colori e dinamiche oggi Florez è assolutamente piatto nel fraseggio e la salita agli acuti è difficoltosa, tanto da richiedere una sosta prima ed una dopo l’emissione dei medesimi. Insomma il cantante non ha guadagnato come vorrebbe far credere sul piano dell’espressione e dell’ampiezza e molto ha perso su quello di estensione e virtuosismo, mai veramente spettacolare e rossiniano.

Alla fine per fama e considerazione di cui ancora gode si è salvato e ha lucrato l’unico vero applauso della serata dopo l’aria e alle uscite singole.

Gli strali del pubblico, come detto in apertura, si sono appuntati su Olga Mariotti perché vera protagonista o quanto meno parte più esposta ed ardua. La storia delle interprete di Desdemona per il corso tutto dell’800 e le più convincenti prestazioni durante l’ormai cessata “Rossini renaissance” ricordano che Desdemona non può essere affidata a voci di  timbro e peso da comprimaria o soubrette, corta in alto (un paio di urletti bianchi, stimbrati  e fissi, praticamente ultrasuoni, non sono sovracuti), sorda e vuota nella prima ottava, le agilità rallentate e senza forza.

La parte, che richiede legato, agilità di grazia ed agilità di forza, accento sonoro e scandito (mentre è difficile intendere in quale lingua canti la bella signora che alla sortita non ci ha dato di capire che stesse facendo sul palco, mentre Emilia pareva la primadonna e lei l’ancella) è stata una lotta impari ( al terzo atto è giunta stremata, tanto che la voce si era sensibilmente ridotta ). Il pubblico silenzioso sino alla fine, alle uscite singole l’ha giustamente e pesantemente riprovata.

dandiniUna cosa è certa, anche in considerazione dei recenti Puritani, ossia che le lezioni ed i check che la Peretyatko racconta di sostenere, a cadenza mensile, con un soprano celebre ed ancora in carriera, non danno i risultati sperati.
Jago era Edgardo Rocha, “tenurin de grasia” applicato ad una tessitura centrale. Adeguato a duettare con il Florez di oggi, ma incapace di incidere o dar segni di presenza, in particolare a fianco di Kunde.

I migliori come tono vocale, i signori Annalisa Stroppa, Emilia, dalla voce più piena di Desdemona, ed il signor Moon, allievo dell’Accademia, quale Gondoliere, sonoro e composto, che speriamo per lui non venga indirizzato presto a Mascagni o Giordano.

Il peggio per la verità è stato toccato da direzione d’orchestra e parte visiva.

Se i tempi staccati, in genere letargici e dalle limitatissima sonorità perchè tali le voci sul palcoscenico, sono stati quelli scelti e richiesti dai cantati, è certo che il signor Tang difetta di personalità e soprattutto di buon senso, perché un passo più spedito avrebbe giovato a tutto e tutti. Poi siccome erano anche pessimamente realizzati sempre il sig. Tang difetta di qualità e capacità professionali. Assodato il fatto che fra il Rossini tragico e quello comico non sussistano differenze per colore orchestrale e sonorità,  ha regalato marcette e coretti da farsa, ridotto a suoni accennati e meccanici i grandi momenti orchestrali e drammatici come l’ingresso di Otello (entra pur sempre un condottiero) la sfida Otello-Rodrigo ed il finale secondo dove  Desdemona deve dimostrare di essere una grande primadonna tragica. Dall’altro lato sono mancati anche i momenti graziosi come il duettino Emilia – Desdemona o quelli lugubre e tragico dell’inizio del terzo atto con la funebre nenia del gondoliere, che era solo noiosa. Bandaccia  grezza, sonora ed imprecisa alla stretta del primo atto o al duetto finale Desdemona Otello. Momento straordinario il magico assolo del corno che precede l’ingresso, aulico e denso di allure romantica, di Desdemona-Isabella, che all’improvviso ci è parso come trasformato nell’ingresso di Dandini in casa di Don Magnifico: un colpo prodigioso della serata, di quelli che appunto non sai più se stai assistendo ad un opera comica o ad una tragedia! Esito: buh all’ingresso del terzo atto ed alla fine una valanga di sonori buh, tanti e meritati.

Buuu meritatissimi quelli verso chi ha macellato la parte visiva, tanto da far ritenere preferibile o l’allestimento in forma di concerto (ma poi i cantanti devono cantare!) o da far sorgere la domanda se professionisti come Kunde e Florez non dovrebbero avere coraggio e dignità, per rispetto a se medesimi, prima ed al pubblico poi che da sempre li sostiene, di rifiutarsi di essere parti e complici di ridicole pagliacciate spacciate per allestimento ( ce parola grossa…!!!) come questa. Si è avuta la sensazione che il signor Flimm ancora misconosca i risultati della Rossini renaissance e che scambi ancora, da buona tradizione tedesca, il Rossini tragico per quello comico. Evidenti, infatti, le scopiazzature degli elementi cardine della produzione dalla Cenerentola di Ponnelle, i coristi allineati in abiti ottocenteschi, gli uomini in livrea, la tavolata nera della festa, Otello che entra con le rose in mano come i camerieri di Dandini. Il tutto condito da una miriade di caccole non sense, come la comparsa addormentata su una sedia in fondo al palco ( standing ovation a lui perché ha retto 50 minuti di orologio senza cadere stecchito ), un oceano di sedie, o meglio, cadreghe che ingombrano la scena e l’attività dei coristi per ben due atti; la corista con le scalmane cui le colleghe fanno aria anche sollevandole il vestitone; le due sedie con corone di fiori simil wedding party americano; Desdemona “di pollo vestita” con  piume da cabaret mentre la diva si atteggia ridicolamente a Sarah Bernard ( !! ); scope di saggina e sabbia che scricchiola sotto i piedi dei coristi coprendo gli antistanti cantanti al proscenio ( tanto per dare il metro del volume di voce dei suddetti..) mentre i coristi ( i nobili veneziani, per la cronaca ) spostano tavoli e apparecchiano chissacosa; il Doge misteriosamente trasformato in un mix tra Inquisitore, Cieca di Gioconda e vecchia Madelon ( !!! ); Desdemona che si pitta il volto di nero come un’apache; la tela maxifotografica che si srotola dopo la morte della protagonista e raffigurante una moderna città con cartelli pubblicitari che diosacosasignificasse; i tendaggi che si abbattono alla fine sul palco mostrando le nudità del retro. Un oceano di cazzate ( scusate il francesismo, ma la parola adeguata è questa ) che sapeva di presa in giro, tanto che da più di una parte si è udito l’urlo “Ladri , ladri !!!!”. E dire che Ponnelle fece pure un signor Otello a Venezia nel 1986 da cui si sarebbe potuto comodamente scopiazzare, perche disponibili sul sito web della Fenice con maggior perizia…..ma forse nessuno lo sapeva.

Otello, Teatro la Fenice di Venezia, regia Jean-Pierre Ponnelle.

Otello, Teatro la Fenice di Venezia, regia Jean-Pierre Ponnelle.

Io non penso che il signor Flimm non sappia fare uno spettacolo, anzi, al contrario. Mi sento di dire che se non si può o non si vuole portare a termine un incarico decorosamente, non lo si accetta invece di giustificarsi dicendo che non si conosce Rossini e che i cantanti lo hanno dovuto aiutare….! Come pure la d.a., che nell’avvicinarsi della malparata, una siffatta porcheria la ferma, la rimanda al signor Flimm ( sovrintendente dell’Unter den Linden con cui questo capolavoro è coprodotto, n.d.r.) e la esegue in forma di concerto.

E’ evidente come la grande misconosciuta, ancor più di Rossini, sia ormai la serietà di questi signori di successo, famosi e molto ben pagati , che non ritengono di dovere alle istituzioni, che consentono le loro carriere, ed ancor più al pubblico alcuna forma di rispetto. Ma forse siamo arrivati qui proprio perché i limiti sono stati superati molto tempo fa.

 

Chiudiamo con due sfide: una è quella di tre grandissimi cantanti rossiniani colti nella fase avanzata delle rispettive carriere, la seconda quella che più da vicino richiama quanto ammannito dal Piermarini nella presente occasione.

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44 pensieri su “Otello di Rossini alla Scala

  1. Che dire…. Una sintesi mirabile.
    Posto che non sono in grado di valutare adeguatamente la parte vocale , condivido in pieno quanto attiene alla messa in scena.
    Aggiungo due piccoli particolari :
    -il carretto con l’arpista che si impiglia nei tiranti e costringe lo “spingitore” a ridicoli tentativi di sganciamento sottoponendo la musicista a “sgigottamenti” comici ancorchè tragicamente ridicoli.
    – al sollevarsi del fondale dal mio palco si vedevano chiaramente i camerieri intenti ad allestire il rinfresco del dopo spettacolo

  2. Kunde a questo punto della carriera, e mi spiace dirlo, ha tali disuguaglianze, cali di intonazione, ingolature, nasalità, note sforzate o piene d’aria che sarebbe giusto per lui riposare o prendere decisioni sagge per il suo futuro. Non bastano tempra e stile. Gli applausetti di cortesia del pubblico e le contestazione, comunque meno violente rispetto a quelle ricevute dai suoi colleghi, lo dovrebbero far riflettere.
    Pessima, anemica, scialba, modestissima, comprimariale la Peretyatko, senza volume, senza acuti, priva di note gravi, vocetta secca, dura e puntuta dalla coloratura fluida come una frana, dizione fumosa e accento calamitoso: giustissime le contestazioni che l’hanno beccata alla fine ed inutili i tentativi dei “fans” che le urlano “Bella e brava” accompagnate da versi che nemmeno Xena prima della battaglia.
    Florez è sempre meno “bravo” della volta precedente: tutto forte, nessun tentativo di fraseggiare o frase che resti impressa, voce da contraltino qualunque come l’accento, coloratura sempre meno nitida, acutini/vagiti da preparare muovendo le gambette e spalancando le braccia irrigidendole coi pugni, tutto molto banale e prevedibile. Si becca i maggiori applausi, ma il trionfo è ben altro.
    Rocha non si sarebbe sentito nemmeno se gli avessero pestato i piedi e avesse urlato. A lui qualche contestazione.
    Corretta e sonora la Stroppa, sonoro Tagliavini, grottesco il Doge.
    Se l’orchestra lascia la buca dopo l’ultima nota lasciando solo il direttore, vuol dire che qualcosa non ha funzionato. E si sente.
    Tang dirige con una approssimazione che fa spavento, una sporcizia orchestrale ed una sciatteria che lasciano allibiti. Contestazioni violente per lui che ha condiviso con la porcheria messa in scena da Flimm.
    Serata squallida.

  3. Ho ricevuto il mio battesimo del fuoco, tra l’altro: un “signore” che per non far nomi chiameremo Raimondo, “nome di fantasia”, ha pensato bene durante la fine delle contestazioni/applausetti, di applaudire stile foca monaca ammaestrata che chiede l’acciuga, ad un centimetro dal mio orecchio sinistro, sfiorandolo volutamente più volte, infastidito probabilmente che io non avessi provato le sue stesse emozzzioni fortissime e grandissime. Non solo, nonostante chiedessi con educazione che si spostasse per permettermi di avviarmi verso l’uscita, il Raimondo si è paralizzato con piglio mussoliniano sulla piccola scalinata tra le poltrone impedendomi di fatto il passaggio.
    Siccome sono una Silfide, con agile mossa sono riuscita a scavalcarlo senza nemmeno sfiorarlo e per tutta risposta, il Raimondo, con sguardo malvagio da TSO e occhi di fuori mi ha afferrato per il braccio, stringendolo, urlando e sbraitando cose senza senso, come l’obbligo di chiedergli scusa per avergli pestato un piede, cosa che anche il Raimondo sapeva essere mai avvenuta e che era soltanto un pretesto per attaccar briga e “punirmi” per l’onta arrecata al teatro alla Scala.
    Tra uno strattone, un paio di spinte, le urla sue con la bava alla bocca e le mie che cercavo di divincolarmi senza aver la benché minima intenzione di chiedere scusa per qualcosa che non ho commesso (se sbaglio ho la buona creanza di ammetterlo, io), riesco alla fine a liberarmi, mentre due mascherine, che ringrazio, fermavano il Raimondo dopo essere state avvisate dal mio ragazzo, aiutate dalla moglie di quest’ultimo che invece di prendere le difese del marito ha cercato di ridurlo al silenzio imbarazzatissima tra gli sguardi giustamente schifati dei presenti.
    Lo mando al diavolo come giusto che sia, lasciandolo sbraitare piccatissimo per non aver raggiunto lo scopo della sua vita, tra le maschere che sonoramente lo contestavano per il comportamento poco urbano.
    Evidentemente la verità fa male e l’unica risposta di certo “pubblico” è solo la violenza gratuita, come già accaduto in precedenza e come vi abbiamo sempre testimoniato, anche perché gli argomenti di tale gentarella sono abbastanza vuoti come dimostrato.
    Anche questo aggiunge squallore alla serata, ma colgo l’occasione per salutare il Raimondo sperando che una volta ristabilitosi possa tornare ad essere una persona civile.

  4. Cara Marianne, la scala (volutamente minuscolo) è destinata a riempirsi di Raimondi vari, gli unici in grado di sopportare il suo squallore, vorrei aggiungere una mia personale esperienza datata
    2000 all’Arcimboldi il signor Florez al secondo atto di un Donizetti
    era già in affanno, quindi 14 anni dopo, non credo ai miracoli.
    un solo appunto dovrei fare alla diva Peretyatko: possibile che non abbia abbastanza parenti il Mariotti da non riempire la sala?

  5. Bell’articolo. Preciso ed asauriente. Splendida l’immagine del doge che sembra la vecchia Madelon o la Cieca. Peccato per Kunde. Lo scorso anno a Torino non era stato male in Otello di Verdi. Poi è ancora uno dei pochi che sa cantare. Ma l’età è l’età.
    Nulla mi stupisce della Desdemona della bella Olga, dopo averla sentita fare Elvira.
    Povero Rossini!

  6. All aprirsi del sipario pensavo facessero traviata !!
    hai recensito con tale dovizia di particolari che ogni chiosa è superflua.
    Produzione vergognosa indegna et assurda , come è nello stile
    di questo teatro … vendere carrubba per cacao ;
    il ricordo è tornato agli anni 90 ROF con Merrit e la Anderson
    e credo Blake ?! Regia di Pizzi .. l’unica assonanza era il clima torrido di Pesaro con questo milanese per il resto due mondi opposti e contrapposti .
    La sera stessa (di questa boiata) per disintossicarmi ho ascoltato la Cuberli
    nell’altra opera di Rossini , appunto l’Otello !!
    In mezzo a tanto squallore evidentemente solo Florez si è
    ,a mio parere , giustamente salvato… l’unico che ha cantato
    rossinianamente… peccato veramente per Kunde sembrava
    un emulo di Domingo ! Sulla protagonista direi solo povera zerlinetta ! . La banda della scala è stata unica nel concertato
    del 1^ atto certe atmosfere da sfinteree !
    Il buon Pereira non si aspettava che ci fossero ancora
    così tanti e tale pubblico competente per rifilarci questo circo ??
    E si sono pure ostinati a uscire a sipario calato !
    Sbalordito …ma non troppo .

    • Kunde che sembrava un emulo di Domingo è una sottile verità.
      L’otello al ROF era l’88 https://www.youtube.com/watch?v=1yeBOWfnznU ascoltare per credere.
      La RAI trasmise la diretta, ricordo quella sera caldissima e afosa davanti alla TV, una delle serate migliori della storia del ROF; dal minuto 1:23 in poi…. io sedicenne ascoltatore ancora alle prime armi rimasi a bocca aperta. Chi è nato anche solo pochi anni dopo di me credo non abbia mai sentito un applauso come quello al minuto 1:30 (tagliato nel video, molto più lungo in diretta) né dal vivo né in diretta.

      • Che vuoi aureliano….ogni tempo ha i suoi cantanti . E a ciascun cantante il suo pubblico. La corrispondenza è reciproca. Oggi cantanti fasulli o quasi vivono di clacques e facebook, cioè della piu falsa modalita che esita tra tutti i rapporti umani. Del resto se non c è piu canto come si puo mantenere viva la capacità di ascoltare e discernere? dopo quella pesaro ne è venuta un altra che discetta di colbran e ti fa sentire devia nel caso migliore oppure peretyatko o addiritttura romeu. Da la muove la critica a merritt e la distruzione di quello di eccezionale che ha dato a rossini per sostituirlo con chi ? E i detrattori di merritt stonato non sentono oggi kunde ridotto ben peggio ? DI Blake ma anche dello stesso kunde di allora non parliamo perche per florez sono state fatte operazioni di stampa bugiarda e balle spaziali da far sembrare goebbels un dilettante. Non parliamo poi dello strumento principe con cui si gestisce la pubblica opinione indotta nelle docili pecorelle ignare, il pettegolezzo e la diffamazione. E lo strumento per sua stessa natura ci da il metro e la profondita esatta a cui è sepolta l opera. In sala solo la mia generazione aveva sentito, i vecchi ignari perche ancorati al verdi di tanti anni fa, i giovani che nulla hanno sentito con la testa imbottita di chiaccbiere ma le orecchie chiuse che non si accorgono che sul palco non c’è piu nulla. Chi vide allora, l altra sera c era, perche quello era il musicista del nostro tempo e dei cantanti del nostro tempo. Poi i conti non tornano e la colpa sarebbe solo di tang e del regista, o del pubblico ? Abbiamo visto spettacoli rossiniani trionfali gestiti da direttori ancor peggio, da ferro a weikart a severini a benini…..ma i conti tornavano lo stesso peeche il palco era di altra caratura. Oggi cercano alibi o capri espiatori ma in realta sono loro che non sono all’altezza….e on gli bastano piu nemmeno i facebook le pizze e gli ingressi omaggio per stare i piedi.

        • Un pensiero, prego, anche ai più miserevoli tra gli sfigati: quelli nati troppo tardi per vedere quegli spettacoli (e vi assicuro che l’invidia che provo per chi era al Rof nel 1988 è in pratica pari a quella per i napoletani che erano al Fondo nel 1816), ma dotati – ahiloro – di orecchie funzionanti.
          Sono uscito da teatro ieri sera con uno sconforto che ancora non riesco a farmi passare!
          Saluti

          • credo che a quel periodo glorioso l’ultimo per l’opera e che ho vissuto (per questioni anagrafiche) di debba dedicare tempo ed ascolti molto presto perché la damnatio memoriae di cui fatti oggetto Blake, Merritt, Matteuzzi, Cuberli, Anderson, Dupuy e la stessa Horne merita riflessioni per ridare quello che questi grandi meritano!
            Spesso paragono quel periodo quando si correva per l’europa (pur con i limitati mezzi degli studenti o dei neolarureati) o si aspettavano le registrazioni americane al ventennio degli Italiani con Pasta, Grisi, Malibran, Pisaroni, Sontag, Rubini e Donzelli. Scusate fantasie e chimere di un vecchio ascoltatore forse cotto dal caldo!

      • quello dell’88 è insuperabile, ma anche quello del 91, al quale assistei, a tutte le prove e alla prima, era di prim’ordine. Certo, rispetto all’88 Merritt stonava un po’ di più, Matteuzzi non era Blake, ma che voce quella sera! Il suo ” Ah come mai non sento” mi rimase scolpito nella memoria, Bravissima la Gasdia, ottima musicista, e buone le parti di fianco delle quali ricordo solo un giovane e impacciatissimo Spagnoli ( cazziato più volte da Pizzi) e il tenore Schade che impersonava Iago, ottima la direzione di Gelmetti

  7. Pure io avevo sentito Otello a Pesaro nel 91 (la sera in cui Merritt indisposto era stato sostituito da Ford). Concordo che la Gasdia di fronte alla Peretyatko era su un altro pianeta. Ed i due tenori protagonsiti cantavano Rossini come si deve.

    • Alla fine i veri fastidiosi maleducati sono coloro che applaudono come foche ammaestrate ed emettono strani versi onomatopeici e urlano macumbe sciamaniche per celebrare in maniera tribale il proprio Totem sulla scena. Guai a toccarlo, all’onta questi poveretti rispondono con il richiamo alle armi, incoraggiato e giustificato tra l’altro.
      Tanto argomenti non ne hanno!
      Poveri individui che si credono “buoni” e di amare il teatro, ma che al contrario dimostrano a ogni recita la loro pochezza ed estraneità

    • Per curiosità : maleducati i buatori oppure quelli che bevono ” a canna”, che chiacchierano, che fanno foto e selfie e che “tirano su” le gambe un po’ gonfie per il caldo?
      grazie e ciao dd

      • Cinque telefonini che han suonato (tre volte la medesima persona), il mio vicino aveva un telefono formato A4 con il quale ha chattellato per tutto il tempo, le solite discussioni nella seconda galleria centrale tra terza e quarta fila sull’opportunità di alzarsi in piedi, il contunuo via vai nel corridoio, chiacchere da spettacolo pre Toscanini… I buu ed i fischi a fine spettacolo a mio avviso sono un diritto del pubblico pagante, sancito anche, mi si corregga se sbaglio, da Giuseppe Verdi in persona.

    • Hahahaha bravo billy ! Un po di pepe sul fuoco delle polemiche…..! Che qui a furia di costruire alibi e cercar capri espiatori per difendere l indifendibile si rischia di andar conteo l evidenza

  8. Recita di sabato 4 luglio.
    Se era dal 1870 che non si sentiva otello in scala…forse si poteva aspettare ancora un po’ vista la qualità dello spettacolo di sabato.
    Porcherie registiche a parte, i problemi sono state le voci e soprattutto la protagonista. Basti dire che risultava ben più sonora e dignitosa Emilia che sovrastava la desdemonina che solo dio sa come ha potuto essere scritturata per una parte simile. Dopo le prime prove avrebbero dovuto imporle un forfait, mai pacco sarebbe stato più gradito con il senno di poi.
    Evidenti deficienze in ogni settore della voce, note basse boffonchiate, centri impalpabili, acuti innaturali e sforzati, sovracuti (quei due di numero che ha cercato di tenere una frazione di secondo) risibili e non definibili come tali. Non val la pena neppure di soffermarsi sulle “agilità” sentite, perché i limiti hanno inficiato la prova della Peretyatko già ben prima, a livello di ABC dell’emissione dei suoni: perché l’hanno scritturata? Un timbro in natura bello non può essere il solo motivo per cui un cantante viene scelto per un ruolo da protagonista.
    Quel che più mi ha dato fastidio è stato l’atteggiamento: tutti i cantanti si vedeva che sapevano cosa stavano cantando, in modo più (Florez, Kunde e Tagliavini) o meno professionale (Rocha) lei no… una piattezza totale, ogni cosa cantata allo stesso modo come se fosse un mero elenco di parole, nessuna variazione, nessun trasporto, piattezza interpretativa totale. La motivazione credo sia semplice e cioè che non sapeva cosa stava cantando.
    Kunde mi ha sorpreso in negativo, dopo un buon Pollione a Venezia le aspettative per il suo otello erano altre. Deludente soprattutto nel primo atto, con una cavatina da dimenticare, note diseguali, affanno ben percepibile, agilità mal eseguite, sforzate e sull’orlo della stonatura. Meglio nel prosieguo. Mi spiace, perché si vede la stoffa del professionista, però questo ruolo ora gli va troppo largo. Almeno a differenza della protagonista femminile si è calato seriamente nella parte, ha dato un senso alla sua interpretazione, ha proposto variazioni interessanti nei daccapo (pur se con esiti rivedibili), ma è mancata la voce.
    Apprezzabile anche il lato interpretativo della prova di Florez, ma la voce è molto piccola e soprattutto poco sonora, soprattutto nelle parti in cui serve un mordente diverso, accenti diversi. Le agilità, raffrontate a chi negli anni 80 ha deliziato i fortunati spettatori, suonano scolastiche, fisse e pericolanti in acuto. Basti dire che la grande aria in apertura del 2° atto è stata una sofferenza, stacchi di un secondo prima dei sovracuti urlati, mimica facciale di una persona affannata. Sicuramente non ho incitato al bis.
    Discutibile la prova di Rocha, perché la parte di Jago non può essere affidata ad un tenorino così poco sonoro e con gli acuti impalpabili, costantemente sovrastato da chicchessia. Di sicuro non è stato quel “perfido Jago” per cui Rossini ha scritto la parte, semplicemente perché la voce non è da Jago.
    Buona prestazione dell’Elmiro di Tagliavini, uno dei pochi cantanti sonori. Rispetto alla maggior parte dei bassi in circolazione ha cantato in modo naturale, senza forzature nelle note gravi, senza urla in acuto, intonato ed apprezzabile.
    Direzione discutibile, soprattutto per i tempi letargici che hanno contribuito non poco alla debacle dei cantanti. Il gesto è caricaturale, uno dei peggiori mai visti a teatro.
    Una nota su cui riflettere: ad oggi, su ticketone, risultano esservi 250 biglietti liberi per la recita di domani, 200 circa per quella di venerdì prossimo e 560 per lo spettacolo conclusivo del 24.7… strano no per un’opera che mancava dal 1870?
    Andare alla Scala acquistando biglietti ordinari ormai è un vero e proprio investimento e non è ammissibile spendere quasi 300 euro per assistere a spettacoli ai limiti della decenza come questo.

    • dicono che il grisismo sia un virus contagioso. mi pare che lo siano le orecchie sgombre da pregiudizi e da preconcetti che fanno sembrare la signora mariotti anita Cerquetti o la joan del 1962 !!!!
      sempre un piacere vedersi alla prossima!
      dd

  9. Non ho assistito a queso Otello scaligero, ma dico per fortuna visti i giudizi. Opere dimenticate per secoli e tirate fuori dal dimenticatoio per cast simili: senza vergogna! Si auspica una Semiramide in Scala, ma forse sarebbe meglio evitare per ora…
    Kunde è ancora bravo in certe cose, ma è molto alterno anche per l’età. Florez si ostinano ad osannarlo in ogni cosa, ridicoli. Ha i suoi difetti e solo i sordi non li sentono. Persino altri lidi ben più generosi e approssimativi hanno mosso parche e discrete critiche alla Peretyatko, pessima in tutto ciò che ho sentito con lei, compresi i recenti vergognosi Puritani. Non capisco come una vocina gestita in modo dilettantesco vuota sotto, esangue a centro e filiforme sopra possa essere scritturata per ruoli Colbran. Il confronto con la Pratt postato da Billy Budd la vede asfaltata completamente. Se è vero che ogni tanto va dalla Devia, credo sia solo una sorta di pellegrinaggio sperando si compia il miracolo!

    Questa la Devia che non sarà la migliore Desdemona rossiniana, ma è su un altro pianeta: https://www.youtube.com/watch?v=ZWE47A_tcog
    Ovviamente Cuberli e Anderson, Merritt e Ford, Blake e Matteuzzi restano il meglio di quanto si sia sentito in questo. Anche la Pratt, di cui non conosco tutta l’incisione mi pare bravissima.

    Non resta che dire POVERO ROSSINI !!!!!

  10. Recita del 14 Luglio la IV^ rappresentazione. Uno spettacolo stupefacente! A cominciare dalla regia. Evidentemente, questo signor Flimm conosce molto bene Venezia. Forse il primo atto voleva ambientarlo in una delle tante sale di un oratorio della tante chiese veneziane! E che dire delle sedie!!! Proprio in stile veneziano! Soprattutto quando vengono spostate con gran fracasso su un’introduzione musicale (resa “marcetta” bandistica dall’incomparabile Tang!) come se “tanto chi l’ascolta quel pezzo lì?”. E nel secondo atto, decide per una bella osteria con tante belle bottiglie e bottiglioni vari di vino (“ciucco” compreso sul fondo) sempre in aulico stile veneziano (!?!). Poi, nel terzo atto, forse si ricorda che a Venezia ci sono le gondole! E allora ne fa piazzare una (arredata da funerale ma di basso costo eh!) per la morte della povera Desdemona che viene trafitta e deposta proprio sulla gondoletta. E qui, chi non conosce l’opera e non sa la vicenda, finalmente ha capito che si svolge a Venezia!!!
    Per non dire del direttore d’orchestra, tale Tang appunto, che ha fatto uno scempio di Rossini. Una lentezza mostruosa (nel primo atto, forse anche per il caldo, mi sono quasi addormentato), ha modificato tempi, ritmi, tutto quello che c’era da maltrattare. Questo signor Tang non ha di certo Rossini nel cuore ma non l’ha nemmeno in testa!
    Alla fine del primo atto, sentiti i cantanti, si voleva uscire (meglio, andare alla mostra su Leonardo a pochi passi dalla Scala) ma poi si è resistito al resto dello scempio anche…canoro!).
    Kunde fin dalla prima nota spaventosamente afono, Florez in grandissima difficoltà (con ‘sto direttore poi…), Peretyatko piatta come un lago alpino senza un minimo di vento a muover l’onde (peggio ancora rispetto ai recenti Puritani sentiti a Torino).
    I recitativi terribilmente pesanti, malamente scanditi, lugubri perchè “buttati lì” quasi in quanto dovuti. Tutti e tre e poi Rocha inadatti completamente a voce e ruolo. Senza recitazione, senza canto è dura! Un po’ meglio Tagliavini, la Stroppa (addirittura meglio della Desdemona!) e gli altri senza infamia e senza lode. Troppo poco…anzi niente! Due considerazioni dolenti su cui riflettere:
    la prima, al mio fianco due giovani fidanzati che dopo il secondo intervallo mi chiedono: “Bella, vero?”. Io, un po’ sorpreso poi rispondo: “Si, bella…da buttare!. E loro, a loro volta, sorpresi. Poi chiacchieriamo e alla fine consiglio loro di andare su youtube a vedere e ascoltare l’edizione di Pesaro dell’88 e…forse capiranno il mio stupore;
    la seconda, la Scala è diventata ormai sempre più “turistica” e si vede e si vedeva bene ieri sera (e gli applausi della fine lo confermano!). Quei pochi rimasti “non turistici” se ne sono andati con il capo chino e con lo sconforto dentro il cuore non solo per quanto visto e ascoltato ma per un teatro che non è più…

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