Scala 2016-’17. Prove di sottoscala

teatro-alla-scala0490-206060L’attesa dell’annuncio della stagione scaligera, anche se i titoli circolano da un po’ di tempo, è sempre stata fonte di attesa. Inutile negarlo. Poi ci sono i motivi dell’attesa. Quando il teatro milanese aveva ancora una parvenza di sostanza (la vera sostanza è persa da almeno cinquant’anni) per le scelte artistiche, oggi per la dimensione delle panzane e promesse da marinaio e la dolorosa dimostrazione di piattezza culturale, che porta a prediligere i prodotti che le major piazzano nei maggiori teatri del mondo o in qualche succursale di provincia.
Gli ingredienti sono sempre i medesimi ossia la pesca (non di beneficenza) fra una ventina di titoli ossia Verdi, Puccini, la Trilogia donizettina (3 su 72 se non sbaglio, fra cui Martyres, dom Sebastien, Maria di Rohan, Fausta, Maria di Rohan, Lucrezia Borgia), tre o quattro titoli di Richard Strauss, forse Wagner, la Norma per la quale -saggezza o disperazione?- la Scala preferisce soprassedere dal 1977, e poi il Rossini comico e una dozzina fra opere francesi e produzione italiana post Verdi. Per le ultime due voci fantasia bandita fra Carmen, Faust, Cavalleria. E se come nel caso di “cena delle beffe” si pesca fra le rarità non è operazione figlia di raffinata indagine culturale, ma sano recupero (a spese nostre, come se comprassimo prima scelta) di allestimenti di teatri dove Pereira ha già prestato la propria attività professionale. Internet è inesorato peggio di quella che una volta i vecchi loggionisti chiamavano, con molta autocritica ed autocoscienza, “Radio Checca”.
Gli ingredienti della ciambella sono questi da anni. In quest’ultima stagione metà li abbiamo persi per strada a mezza stagione e chissà se altra metà ne perderemo nella seconda parte e, quindi, siamo certi che fra quello che ci viene proposto e quello che vedremo in scena molto ne correrà.
Siccome si deve essere onesti nel valutare devo anche aggiungere che oggi per dirla alla milanese “ch’è poc de sfouia verz” per trovare bacchette e cantanti in questo periodo da tessera annonaria. E non è questa la sede per spiegarne analiticamente i motivi . Mi corre l’obbligo di precisare che tutti gli attori di questa attività hanno pesanti colpe ed onerosi limiti, che hanno portato al claudicante presente. Claudicante è un chiaro eufemismo.
Per capire il principio “una scarpa ed un zoccola” che sottende a questa stagione scaligera bastano alcuni elementi. Il cronico malfunzionamento del sito, che solo alle 12.15 era accessibile e dove, cliccando su Falstaff, compariva il cast di Don Carlos (esattamente inidonei alla bisogna quale che fosse il titolo verdiano) e di Gazza ladra era annunciata la sola conferenza educativo informativa a non già cast e programmazione. Sono segni manifesti di come operi il teatro. Leggere le notarelle introduttive a ciascun titolo della stagione d’opera potrebbe rinvigorire polemiche, vecchie di mezzo secolo, sulla inutilità della scuola media unica, come palestra di diffusa e crassa ignoranza. Forse alla media unica andrebbe sostituito qualche corso universitario di recente invenzione.
Quanto alle scelte di cast, a partire dall’opera inaugurale, si ha la sensazione che il teatro attinga a quei cantanti che nelle grandi sedi sono applicati agli spettacoli di routine ovvero ai secondi cast per quelle recite usa e getta – in altro campo le sveltine- di cui Zurigo (guarda caso!) e Vienna paradigmi indiscussi da sempre. Oppure quando non attinga a questa serie b media classifica assistiamo ad esumazioni di indecomposti, che fanno e molto rimpiangere pensionamenti forzati di cui la storia dell’opera a partire da Isabella Colbran a Venezia nel 1823 a seguire con Giulia Grisi nel 1866 è sempre stata prodiga, talora a sproposito e con soverchia severità. Ma c’erano fior di rincalzi, che giustificavano la cruda legge. E se i rincalzi sono quelli dei title role dei due lavori del primo ottocento vocalmente più ardui non posso che ricordare il titolo di una trasmissione televisiva anni ’60 che con onestà ed ironia assolute gli autori chiamarono “il tappabuchi”. Poi scandagliando possiamo anche dire che è interessante riprendere Gazza Ladra o il Franco Cacciatore, quest’ultimo con una bacchetta fra le ostracizzate del ventennio di cui il rimpianto o l’opportunismo detta le scelte di due concerto su sei. Possiamo per contro avanzare riserve su altre bacchette che in Scala hanno per lo più lucrato fischi e fiaschi e per le quali i Maestri sono un cimento insormontabile, anche qui contare sopravvissuti ed indecomposti o, per contro, pensare anche a qualche assenza che deve essere chiamata in Scala perché che sia di qualità altri se ne sono accorti in altri e vicini luoghi.
Passo a chi è più inclito e colto di me la parola. Però invito ad un giochetto di quelli che si fanno utilizzando internet ovvero quello di cercare da dove provengano buona parte degli allestimenti, quali siano le agenzie che vantano il maggior numero di scritturati nella stagione e studiarne bene le sedi legali ed operativa, quali siano le piazze che i cantanti scritturati stabilmente frequentano. Chi volesse applicarsi a questo giochetto scoprirebbe che il mondo è molto piccolo, sentirebbe molto aroma di dadi. Magari che certe figure istituzionali decissero di giocare al gioco del Corriere? Utinam.

Domenico Donzelli

“Se Atene piange, Sparta non ride”, si suol dire: nel caso di specie, tuttavia, non è proprio così. Infatti se pur la nuova stagione lirica del teatro milanese è tanto deprecapibile per mancanza di pudore, fantasia e capacità (si salva giusto l’idea di un Don Carlo finalmente in 5 atti, Chung, Tamerlano anche se funestato da retenorizzato Domingo – ma non aveva già fatto macello di Haendel in lungo e in largo per il globo a cavallo del 2008?!? – e alcuni titoli interessanti ancorché gravemente compromessi da cast inadeguati), quella sinfonica presenta più di un motivo di attenzione ed interesse. Partendo dal Direttore Musicale, Chailly si ritaglia quattro spazi, due dei quali potenzialmente assai validi con due programmi brahmsiani (e la presenza di due straordinari solisti: Grosvenor e Mutter) che pur se costituiscono l’onda lunga delle sue re enti incisioni DECCA sono di certo notevoli. Sul terzo – il solito Requiem di Verdi – non mi pronuncio più: basti dire che mi augurerei una moratoria quinquennale per il lavoro verdiano, propinatoci ormai a cadenza fissa da tutti i teatri e le sale da concerto “del Regno”. Del quarto neppure parlo. Un altro Requiem – ben più interessante (anche musicalmente e non me ne vogliano i fan del Cigno di Busseto) – è quello diretto da Donhanyi. Molti dubbi su Mehta e Pretre (l’uno perché mi pare da tempo ormai inutile da ascoltare, l’altro per un programma certamente congeniale al musicista, ma assai poco interessante), mentre grande attesa per Jarvi e Haitink alle prese con un capolavoro sommo come la Missa Solemnis di Beethoven. Il meglio della stagione sinfonica è tuttavia riservato ai concerti straordinari con la presenza di almeno tre appuntamenti imperdibili: Maria Joao Pires, Mariss jansons con la sua orchestra di Monaco e la Nona di Mahler, ed il doppio concerto della Chicago Symphony Orchestra che segna il ritorno di Muti al Piermarini (su cui tanto si dovrebbe dire, ma certamente l’occasione d’ascoltare una delle migliori orchestre americane è da cogliere). Da segnare l’appuntamento con Pappano, Santa Cecila e Lars Vogt. Nel complesso, dunque, il pubblico della sinfonica pare trattato molto meglio: speriamo stavolta non lasci gli imbarazzanti posti vuoti dell’ultimo concerto di Jansons…

Gilbert-Louis Duprez

Difficile aggiungere, sui titoli d’opera, ulteriori annotazioni a quelle, ineccepibili, del Donzelli. Si può giusto osservare come mamma Scala, per l’ennesima volta matrigna e non mamma, getti allo sbaraglio, sul più “tosto” dei titoli italiani, una debuttante assoluta o quasi, allieva della locale accademia di canto. I bei frutti di questo autoproclamatosi corso di perfezionamento (i cui “laureati” cantano, per lo più, privi di un imposto di base) li abbiamo uditi di spesso negli spettacoli delle ultime stagioni, per lo più in ruoli secondari. Federica Lombardi viene proposta, invece, quale Anna Bolena e Musetta. Sottodimensionata per la prima o sovradimensionata per la seconda? Da quel che è possibile sentire su Youtube (altra fonte di informazioni e costanti aggiornamenti, che andrebbe abolita per regio decreto onde preservare la santità di certi proclami ex cathedra), diremmo improponibile nell’una e ancora acerba per l’altra (poi magari assisteremo al debutto di una seconda Ponselle, chi può dirlo…). Del resto, la più celebre debuttante delle stagioni scaligere degli ultimi anni (Anita Rachvelishvili ossia Raveli, Carmen nel 2009) si ripresenta con un programma da concerto che parrebbe evocare gli exploit di Zara Dolukhanova. Anche qui l’ascolto e la riflessione sul “tubo” si impongono. Tornando ai titoli d’opera, qualcuno fra noi ha osservato come il teatro abbia sottoscritto una sorta di abbonamento con il soprano messicano Ailyn Pérez, proposta quale protagonista di Traviata e Bohème. Più in generale si direbbe che il teatro ricerchi una consonanza con i vincitori o finalisti del celebre concorso “Operalia” di Plácido Domingo, vista la presenza, sempre sulla Mimì, di Sonya Yoncheva, prossima Norma londinese in luogo della rinunciataria Netrebko (qui annunciata quale Violetta, ma che da diverso tempo non si produce più nel ruolo dell’infelice mantenuta). A tutte queste voci, slave o latine che siano, nonché all’annunciata protagonista di Butterfly, dedichiamo, sempre dal mefitico “tubo”, Rosalia Chalia, soprano cubano che fu una celebre Carmen e Santuzza, nonché Margherita del Faust, Aida, Violetta, Mimì e Tosca. Insomma una cantante su cui si sarebbe potuta costruire un’intera stagione o quasi!

Antonio Tamburini

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31 pensieri su “Scala 2016-’17. Prove di sottoscala

  1. Ovviamente sono d’accordo con quanto scritto.
    Il sito ancora da sistemare e con falle varie fa toccare con mano la cura del lavoro e sulla gestione indegna dei nostri soldi.

    La questione del repertorio fa veramente tristezza… in tutta questa pochezza si salva Don Carlo, per qualche elemento del cast e la direzione (ma ancora Meli?! per me è inascoltabile. Per la critica è il novello Bergonzi…), e i due titoli in Italia desueti cioè Franco Cacciatore e quel gioiello di Hansel e Gretel.
    I cast sono semplicemente raccogliticci… ma sono ben lungi dall’esser certi. Alla fine si vedrà quanti saranno come comunicato ora.
    Lo scrivo anche qui: apriamo il totopacco per la Netrebko in Traviata.

    • Con tutto il rispetto per i grandi nomi (ma prima o poi per tutti i cantanti viene – o dovrebbe venire – il momento di smettere, o no?) a me sembra che brillino per la loro presenza nei cast numerosi settantenni, mentre, nello stesso tempo, si mandano alla sbaraglio giovani che potrebbero essere “lanciati” assai più oculatamente, e magari in teatri un po’ meno impegnativi. Così, si bruciano in fretta e allora si torna ai settantenni, e il naturale ricambio generazionale inciampa in un gap irreparabile. Poi ci sono gli “abbonati”, tra i quali, ormai, Francesco Meli. Mi conforta trovare qualcun (oltre a me) a cui non piace, visto che ormai esprimere delle riserve su di lui è quasi come dire male di Garibaldi. Potrebbe essere un buon tenore (non eccezionale, no) se non stesse sbagliando completamente repertorio, cantando opere che non sono nelle sue corde, non solo vocalmente, ma anche come temperamento (ultima, Tosca… e non ho avuto il coraggio di vederlo in Carmen). Mi riferisce una fonte attendibile che quando azzardò Il trovatore a Salisburgo qualcuno propose per lui la definizione “tenore decaffeinato”. Se l’informazione è esatta, non posso che concordare.

      • ho sentito dire che canterà nella prossima stagione anche la Gruberova. Poveri noi……straziante…..oserei dire anche stupida a rovinare un nome importate solo perchè non vuole capire di essere vecchia.

  2. Sono basito. Un cartellone da bieca provincia, senza capo né coda. Non basta poi millantare la presenza di una Netrebko (che alla fine non verrà, già si sa, ma me ne frego), riproporre un Domingo decrepito e propinarci qualche pulzella scassata e/o sbiadita. Ma come si fa?! La Scala: teatrucolo per turisti.

  3. Anche io sono abbastanza basito… e sorpreso quando ero già deluso dalla mancanza del Don Carlo in cartellone e invece è magicamente comparso cliccando sul Falstaff.
    Però, qualcosa da salvare c’è: la Stoyanova in Don Carlo (proprio in questo blog mi sembra il soprano bulgaro fosse apprezzato), Meli in Traviata (più a rischio nel Don Carlo, vedremo cosa farà), la Siri in Butterfly (mooooolto meglio che in Attila o nei ruoli da soprano drammatico), Nucci (quantomeno un solido professionista), la Netrebko (se verrà). Apres eux, le déluge!

    • Meli incomincia a stufare, detto sinceramente. La Siri è abbastanza raccapricciante. La Serafin è un insieme di rimasugli vocali da tirar su col cucchiaino. La Pirozzi il bluff più clamoroso degli ultimi anni (un lirico leggero che grida spacciato per un drammatico).

      • De gustibus… Ritengo che Meli abbia una splendida voce e lo trovo molto misurato come interprete (mai sopra le righe). La Siri la ricordo dalla sua Aida in Scala di qualche anno fa: voce di bel colore ma piccola piccola, certo non adatta a Odabella o Norma (che tra l’altro canterà quest’estate allo Sferisterio di Macerata!!!!). La Serafin non pervenuta (la ricordo come promettente Tosca diversi anni fa a Roma, ora da dimenticare). Stessa cosa la Pirozzi (se cantasse un repertorio più adatto alle sue corde vocali, magari… Purtroppo continua a spacciarsi per soprano drammatico, ovvero ciò che non è).

          • Nei Foscari era davvero al limite della decenza. La sera in cui l’ho sentito molti vicino mormoravano per la quantità di falsetti che ha dispensato e che la gente non ha inteso come piani, ma come momenti di canto accennato o mancato…

  4. Il cast di butterfly sarebbe improponibile anche alla quattordicesima replica del 2 settembre all’arena di Verona. Furlanetto ormai ha l’età di Carlo quinto e soprattutto a parte la netrebko sarebbe interessante capire dove sono finiti i grandi cantanti. Per capirci i vari abdrazakov, florez, calleja, garanca etc. La bolena grida semplicemente vendetta, al nabucco mancano tenore e basso….mi fermo per non infierire. Trovo invece saggia la scelta dei direttori, a parte l inutile mehta. Ottima la stagione sinfonica e buona quella dei recitals….a parte la gruberova, che ormai è insopportabile. Dissento con Donzelli sui maestri con gatti, secondo me fa un ottimo Wagner. In ogni caso….ce n’è abbastanza per invocare la defenestrazione per Pereira. Stile Praga.

  5. Sottoscrivo, con una piccola chiosa. Sembrava che Pereira fosse pericolante, dopo l’incresciosa faccenda degli spettacoli riciclati da teatri di cui era stato alla guida in precedenza, ma mi sembra che tutto sia stato scopato sotto il tappeto e lui sia più in sella che mai.

  6. Non so se qualcuno stia sentendo in questo momento su RAI5 il “Don Giovanni” dall’Arena di Verona dir. Montanari reg. Zeffirelli protagonista Alvarez.
    Donna Elvira è la prescelta Cio Cio San del prossimo Sant’Ambrogio.
    Non riesco a descrivere come tratti quanto scritto da Mozart.
    Stando così le cose non riesco ad immaginarmi (anzi, purtroppo, lo immagino) cosa potrà avvenire in Butterlfy.

    • Anche io mi sono fatto una domanda simile. Più che Butterfly, mi sono chiesto: “Come farà a fare la Norma quest’estate allo Sferisterio di Macerata?” Per giunta, in un teatro all’aperto?!?!
      A confronto di Norma, Butterfly è una passeggiata.
      Invece, mi è molto piaciuto il tenore, non so chi fosse ma aveva una voce tutto sommato molto gradevole.

        • Io c ero….e il mio commento precedente non era affatto una butade casuale. Lo spettacolo era indegno, l allestimento di Zeffirelli per me di un vecchiume e di una cafonaggine senza eguali. Il cast mediocrississimo, Carlos alvarez compreso, assolutamente inudibile, con una buona prova della lungu e di esposito e bravo saimir pirgu, per me tra i migliori tenori in circolazione. La peggiore senza se e senza ma è stata la donna Elvira della Siri. Poi leggi che quest’ anno canta a sant Ambrogio. Ora….si può allestire anche una stagione decente, certamente migliore Dell attuale, ma con una roba del genere la si squalifica immediatamente.

      • Non credo ai miei occhi nel vedere programmato il Fra Diavolo di Aubert! E con un protagonista che potrebbe essere valido. Ma che si siano sbagliati?
        Sbaglio o l’ultima edizione italiana era stata quella scaligera con Sabatini e Serra diretta da Campanella, preceduta da quella palermitana con il compianto La Scola?
        In ogni caso almeno 25 anni fa suppergiù.
        Roba da stupire!

        • piccolo problema fanno quello in francese che non richiede una grande zerlina e un buon lorenzo perchè lei non ha la grande aria al secondo atto ma una assai più semplice e anche Loerenzo è davvero secondo tenore

          • Poco male, con le voci che ci sono in giro….. meglio roba semplice eseguita in modo più o meno sufficiente che roba seria eseguita male. E la Yende non mi pare sia pari alla Serra come virtuosa

          • Trovo sia più bella la versione francese e quindi un plauso a Roma

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