A volte ritornano…

mutiRicordiamo tutti lo psicodramma che si consumò in via dei Filodrammatici tra marzo e aprile del 2005. La storia partiva, in realtà, da molto più lontano: il conflitto tra Riccardo Muti e Carlo Fontana, infatti, si trascinava già da almeno 2 anni, ma nel marzo del 2005 le cose precipitarono. Muti (con il sostegno del CDA dell’epoca) pretese la nomina di Mauro Meli – ex sovrintendente del teatro di Cagliari, passato alle cronache per il deficit di 24 milioni di euro lasciato dopo il suo passaggio – quale nuovo Direttore Artistico. Fontana, non senza ragione, si oppose alla nomina, e come “ricompensa” ricevette prima una richiesta di risoluzione consensuale del rapporto e poi – viste le sue resistenze – la rimozione dall’incarico da parte del Consiglio. Meli a questo punto divenne il nuovo Sovrintendente, ma maestranze ed orchestra si ribellarono: fu un diluvio di scioperi, assemblee ed occupazioni in cui tutte le tensioni degli anni passati sembravano avere sfogo. Emerse tutta l’insofferenza per il potere assoluto esercitato dal Maestro Muti in 20 anni di regno e si arrivò alla resa dei conti: il 16 marzo del 2005 l’assemblea dei lavoratori votò a larghissima maggioranza (700 sì, 2 no e 3 astenuti) la sfiducia al nuovo Sovrintendente, al CDA e allo stesso Muti che il 2 aprile dello stesso anno rassegnò le dimissioni. Non saprei dire di chi furono le ragioni e i torti – ai posteri l’ardua sentenza! – ma i fatti raccontano di un divorzio traumatico, anzi, di una vera e propria cacciata. Muti – piaccia o meno – era ed è uno dei grandi direttori d’orchestra italiani: ha segnato un periodo storico nella vita del teatro milanese e ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’interpretazione musicale (con pregi e difetti). Di certo il trattamento ricevuto, aldilà delle motivazioni, non fu rispettoso della sua dignità. Ma evidentemente la dignità ha impressa la data di scadenza – come lo yogurt – poiché a 11 anni di distanza dal “pasticciaccio brutto” lo stesso teatro che aveva assestato in diretta TV un sonoro calcio nel deretano al suo Maestro, lo celebra con una mostra a lui dedicata, lo invita all’inaugurazione e programma per la stagione prossima ventura ben due concerti affidati alla sua bacchetta (preservando almeno il buon gusto di non fargli dirigere gli orchestrali che all’unanimità l’avevano cacciato). La dignità, dicevo, probabilmente scade per certuni, dato che il diretto interessato non solo è tornato di buon grado, ma pure ha arringato il pubblico accorso all’inaugurazione con una tirata delle solite, a base di lamentazioni sulla cultura in Italia, del Verdi – quello che “pianse e amò per tutti – eseguito all’estero “in un modo che fa ribrezzo” (ma ha mai sentito come si esegue a Parma, a Roma o a Milano?), e dei critici che non capirebbero nulla… Nihil sub sole novum, se non fosse per l’evidente stonatura di questa celebrazione con quanto accadde 11 anni fa. E allora mi chiedo e vi chiedo, non sarebbe stato più dignitoso non partecipare a questo teatrino? Non sarebbe stato più onesto non portare la sua Chicago Symphony Orchestra in quella sala che gli votò una sfiducia totale, unanime ed umiliante? Io credo che a 75 anni, dopo una carriera oggettivamente straordinaria, dopo aver calcato i podi delle più grandi istituzioni musicali del mondo, dopo aver suonato con i maggiori solisti e cantanti della sua generazione, dopo aver inciso tanti dischi e ricevuto onori, riconoscimenti e affetto, dopo tutto ciò, dicevo, si vorrebbe che la saggezza e il distacco governassero sull’istinto, sulle rivalse, sulle debolezze dell’uomo. Muti ha segnato gli anni della mia formazione scaligera: sono “cresciuto” con lui, con le sue interpretazioni, con i suoi difetti e i suoi pregi. Ho sempre distinto il carattere dell’uomo, gli aspetti mediatici, il circo barnum dei cronisti dei suoi trionfi, dal musicista e dall’interprete. Ora però, mi pare che il buon ricordo stia lentamente sfumando nelle piccinerie dell’uomo che cerca ad ogni costo la ribalta con prediche e concioni, con la retorica più spiccia, con l’aria da eterno censore delle cose musicali italiche o da sommo sacerdote del culto verdiano o da eterno erede di Toscanini. Prepariamoci dunque all’invasione mediatica di invidie, ripicche e rivendicazioni…e il loro frastuono sarà certamente più forte e ingombrante delle note – senza dubbio magnifiche – che sentiremo dai musicisti di Chicago.

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15 pensieri su “A volte ritornano…

  1. … vero è che oramani non ha più peli sulla lingua..
    Trovo sia solo una buona cosa il Suo ritorno in Scala
    .. rivedere ed ascoltare i Suoi spettacoli e
    paragonarli all attuale produzione fa tremare i polsi…
    Non trovo affatto disdicevole che siano stati stesi tappetti rossi, rosa e blu per un suo rientro trionfale?!…
    anche Pereirone ogni tanto ne azzecca una…
    come è andata in Scala lo sappiamo tutti ed è come la racconti tu, il sovrintendente Fontana infatti ricevette un seggio al Senato dai ‘compagni ‘ come bonus di buon uscita e non mi sembra poco… mentre Muti dovette fare armi e bagagli…
    e poi si sa che i matrimoni prima o poi vanno in crisi
    meglio sarebbe stato tenerselo ben stretto visto cosa
    c’è toccato dopo di lui ;a noi non è andata bene come a Veronica !!!
    se non un diluvio, uno scroscio
    di temporali e alluvioni e smottamenti vari…
    E ricordiamo che qualcosa di simile è successo all opera di Roma non tanto tempo fa…anche li ha dovuto voluto? fare fagotto.
    Tutto si può dire tranne che sia attacatto alla cadrega..
    sicuramente gli piace molto sedersi su un trono ma è un monarca illuminato rispetto a certi repubblichini in libera uscita…
    quindi meglio così..
    anzi molto meglio W Verdi come direbbe il Maaeessttrooo

    • Però il maestro è stato molto colpevole di avere usato la scala come fosse casa sua, di averci trapiantato dentro la famiglia in maniera insopportabile. A Roma poi ha raddoppiato il carico con la figlia regista..tutti comportamenti che tolgono autorevolezza e simpatia.Che poi oggi faccia lezione auspicando il regista direttore ed il direttore regista….LUI che è riuscito a.fare un don Giovanni solo di scenografia e costumi perché Strehler..nemmeno quello gli andava bene, tanto che l altro lo pianto’ in asso senza che lo spettacolo fosse fatto…
      Ma per favore !!! Vogliamo parlare di tutti i grandi registi con cui è incocciato o a cui ha rotto le palle, mettendo a fare da autorevole critica donna Cristina? Tutti comportamenti che gli hanno fatto il vuoto intorno nel mondo dell opera ancora.popolato da artisti di calibro….C’è sempre stata in lui una forte componente ridicola e provinciale, talora anche autoritaria e littoria, che mai si è tolto di dosso e che lo ha sempre condizionato minandone il profilo…Oggi che faccia il padre della patria è a dir poco patetico

  2. Risposta piccata e ingenerosa …e veritiera.
    Chi ha il potere lo esercita
    Almeno non consentiva che violetta pesasse 120 kili e che alfredo tirasse la pasta per la pizza….tutto fermo e immobile cosi che i cantanti guardavano e seguivano i tempi….via i dacapo etc etc….nessuno e’ perfetto….
    Dai che in fondo lo si rimpiange almeno nel Suo ‘delirio’ ci ha risparmiato il buonismo e il politically correct …e i dudamelli….e quell altro regista russo ….poi e’ tradizione che ogniuno coltivi il proprio giardino/orticello … chi regala una regia, chi fa scritturare l amante, franza o spagna purche se magna…in questo momento non riesco a scandalizzarmi…ripenso a Don Giovanni, Traviata, Nabucco…L Armide…le Nozze…Lodoiska …e qui mi fermo …In fondo non l hanno mica fatto Senatore come Verdi…..

    • Nessuna risposta piccata. Solo un po di verità sul personaggio che finì inviso a gran arte del suo mondo. Dopo essersi prodotto in auliche proteste di grandi artisti oggi strimpella pure il piano per mariti impresentabili di dive e va in scena con cast pessimi. La sua è la storia della degenerazione di un grande direttore che ha dato subito il suo meglio e poi ha iniziato ad involvere preso da strane ed incomprensibili forme di onnipotenza ….come è accaduto a gran parte del italiani di successo della sua generazione e non solo…
      Sul fatto che ci abbia risparmiato qualcosa, posso dirti che non ci ha risparmiato altro che ciò che avrebbe potuto essere più protagonista di lui. Quando smontò l’Ifigenia di Cobelli alla generale non smontò un aborto ma una produzione magnifica, così come quando perse per strada cantanti di qualità a favore di altri mediocri ( dall’affaire Cuberli in poi…).
      Per altro al tempo della Scala di Muti in giro non c’erano i Dudamelli, ma direttori di ben altro calibro, dai Bartoletti ai Levine ( di Abbado non ne parliamo..) etcetc..che non passarono nemmeno davanti al teatro ahinoi…e qui mi fermo. IL grande direttore aveva altettanto grandi difetti

  3. Sig.ra Grisi, lei su questo blog di solito si distingue per posizioni più pacate e questa volta devo proprio dirle che sta scrivendo cose che non mi sarei aspettato. Che c’entra rivangare cose personali? Aspetti extra- musicali? Parliamo di musica! Muti, che potrà pure stare poco simpatico, e’ e resta un sommo direttore. Che ritorni alla Scala e’ una bellissima notizia e almeno in questo Pereira sta facendo egregiamente il suo dovere di sovrintendente. Io credo che una riappacificazione sia sempre una gioia. E quanto a Muti e’ uomo intelligente. Mentre la coerenza e’ la virtù dei fessi.
    Saluti.

    • c’entra perche hanno condizionato cartelloni, cast e determinato la sua fine alla Scala. Se Muti fosse stato meno autoritario e, ripeto, avesse meno inflitto famiglia e personalismi, sarebbe ancora su quel podio che, di fatto, per quello che sa fare, gli sarebbe spettato sino alla fine della sua vita. Purtroppo noi italiani portiamo troppo spesso gli affari personali sul luogo di lavoro…..siamo un paese in perenne conflitto di interessi, non trovi? anche gli artisti non sono da meno
      quanto al sommo direttore, io francamente di cose somme da lui non ne sento da anni. adesso parla, tiene lezioni, ma dirige male. Se poi va sul palco della scala a parlare dei suoi auspici di avere registi-direttori e direttori-registi a fondare gli spettacoli, non posso fare a meno di ricordare come lui abbia notoriamente avuto conflitti anche ferali, come quello con Strehler ( che certo non era un MIchieletto, tanto per chiarirci) e pensare che predica bene ma razzola ed ha sempre razzolato malissimo.

      • Nessuno e’ perfetto. Sicuramente Muti non è una eccezione e non nego i tanti errori fatti…ciò detto…le dico in anni recenti almeno Attila, moise et pharaon, sinfonie di Schubert con varie orchestre, tutte cose eccellenti. Qui non si parla del personaggio Muti, ma del fatto che il direttore Muti torna a Milano e i milanesi dovrebbero esserne ben contenti, come per Abbado. Saluti

          • Non so cosa intendi. Comunque mi ricordo che ce l avevano col tenore….dalla platea sentivo strane urla e anche muti ne fu infastidito….o almeno così sembrava. Tenore che non era certo Bergonzi, sia chiaro….ma nemmeno un cane! Come sempre ci sono gli ultras, che ogni tanto si potrebbero godere una serata e farla godere agli altri! Ma a Roma siamo abituati al folklore….ne porre raccontare. Come di quella volta che un famoso e bravo tenore interruppe una recita e rivolgendosi al pubblico si scusò per essere un po’ influenzato. Non si sapeva se ridere o piangere, ma è il bello della diretta. Saluti

  4. siccome quello non pacato sui direttori sono io la vogliamo dire una volta per tutte la verità ossia che da 50 anni la scala ha prodotto sotto un profilo culturale poco o niente perché è stato un mezzo secolo di tirannie ed egemonie culturali a partire da quella sinistra di abbado che demonizzava verdi, puccini e rossini tragico tanto per citare quello che allora si poteva ancora rappresentare con buoni se non ottini risultati per seguire con muti dove c’era esso esso e la famiglia (ed una povertà culturale di fondo non indifferente perché far suonar bene l’orchestra non significa avere la cultura e la curiosità culturale che fu di un serafin, di un sanzogno) Poi arrivò baremboin e lì fra grattate di parti basse, poche e sciatte prove, le idee culturaloidi di lissner (che poi non conosceva l’aria di wally e pure l’esistenza di assassinio nella cattedrale e non ci proponeva neanch il castello del duca barbablù e il deserto fu compiuto. E poi gentilmente non si parli del Wozzeck o del don Carlos o del Macbeth o anche dell’ifigenia. E’ il clima generale che conta. I direttori che ho nominato cui aggiungiamo quelli che chiamavano (escluso lo deve l’apparizione di Bernstein e Kleiber figlio) a riempire le loro stagioni non sono neppure lontanamente l’immagine della cultura, che emanavano ed effondevano le scelte di un vitale, di un mascheroni, di un serafin, di un gui, di un toscanini, di un panizza, di un de sabata, di un marinuzzi per restare alla scala se poi mettiamo il carico da 11 con un szell, un mitropoulos, un fricsay e persino i vilipesi e reietti schippers e levine c’è da piangere. Poi qualcuno scriva che mi piace il cimitero. La verità è ben diversa l’esistenza del cimitero è la disgrazia, la sfiga assoluta e inesorata per quelli di adesso perché ogni tanto qualcuno si fa un giretto fra le tombe……. che foscolianamente PARLANO!

  5. Duprez mi ha tolto le parole di bocca; quanto a Grisi e Duprez… precisazioni impeccabili: per quel poco che conta, condivido tutto parola per parola. Purtroppo siamo alla sindrome di Stoccolma, costretti dagli eventi e dall’indigenza ad amare quanti hanno determinato lo stato delle cose. Evviva Muti perché, dunque? Per un poco di allure internazionale? Mah. Secondo me questi spotlight di marketing possono funzionare solo se c’è dietro un progetto… che non può coincidere però con il Maestro stesso.
    Poi che il Maestro non sia che UN elemento di un sistema culturicida più vasto, indissolubilmente legato alla sostituzione della politica nella gestione della cosa artistica, rende solo più triste la portata.
    PS E’ caro arrabbiato…

  6. Però qui il punto non è fare il processo a Muti o ai direttori presunti colpevoli di non “capire il canto” o ai cantanti colpevoli di non “capire il direttore” o alle solite scaramucce in cui spesso e volentieri indulgiamo (forse più del dovuto), ma l’opportunità o meno – dopo tutto quel che è successo, dopo le parole spese, i fatti, le accuse etc.. – di partecipare a questo ipocrita omaggio. Io ho apprezzato il musicista Muti e ritengo Abbado uno dei grandi direttori del ‘900, così come ritengo che il fulcro di ogni esecuzione musicale debba essere il podio che deve dare unità interpretativa e veicolare la propria visione: non ho particolare simpatia per i dogmatismi della tradizione o per il divismo dei cantanti, tuttavia è indubbio che l’affaire Muti sia da imputare principalmente al suo ego ipertrofico declinato, per giunta, in un protagonismo di sé, della sua famiglia e dei suoi protetti. Queste cose alla lunga logorano i rapporti con quella che dovrebbe essere la longa manus del direttore e non semplicemente degli esecutori da schiavizzare… Dice bene Giulia quando afferma che una gestione diversa, una minore invasività, un rapporto più cauto e modesto con la stampa, una maggior empatia col pubblico e le maestranze avrebbero garantito a Muti il podio scaligero vita natural durante. Alla fine il vaso trabocca: Muti non solo ha monopolizzato il podio (anche in repertori da cui sarebbe stato saggio star lontano: Beethoven e Wagner su tutti, che hanno come unico estimatore Paolo Isotta, ma che si pongono tra i più bassi esiti nella storia scaligera), ma ha invaso le competenze altrui, a cominciare dalle regie. Poi ha voluto anche la direzione artistica e la sovrintendenza: ha esagerato e ne ha pagato giustamente le conseguenze. Lo strappo è stato traumatico ed insanabile: o almeno così doveva essere…e invece la vanità dell’uomo – che coglie l’ennesimo piedistallo per poter erigere ancora il suo monumento di frasi fatte e retorica – cede alla ragionevolezza che gli anni e la carriera avrebbero dovuto insegnare. Quello che accadde a Milano si è poi ripetuto a Roma, dove pure si iniziava ad intravedere una seconda giovinezza (del teatro e del direttore), ma ancora la primadonna bizzosa riuscì a litigare con tutti (e ora Roma, nonostante tutto, presenta degli ottimi cartelloni, anche senza il Maestrissimo). Muti poteva fare un sacco di cose, molte le ha cominciate, forse c’era persino una precisa idea dietro certe scelte…ma poi? Manierismo e protagonismo che l’hanno trasformato nella caricatura del “direttore d’orchestra”. Ecco perché il suo ritorno alla Scala (pur mediato con altra orchestra) è una nota stonata: in certi divorzi è meglio che le parti non intrattengano più rapporti, per la dignità di entrambi.

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