Boccanegra in Scala

Chung
Finalmente un direttore. Finalmente un tentativo di concertazione realizzato. Purtroppo solo quello con la parziale prova positiva di Giorgio Berrugi quale Gabriele Adorno. Che Chung fosse un valido direttore del “politico” lavoro verdiano lo avevamo appreso l’anno passato. Ne abbiamo avuto conferma sabato sera in una Scala piuttosto vuota nei posti piu’ costosi. Il meglio di Chung è stato espresso nel rapporto privato fra i personaggi, vuoi l’amor paterno o quello di coppia. Il tempo lentissimo ed indugiante staccato per tutta la scena dell’agnizione (aggiungo difficile da reggere per i cantanti prescelti) piuttosto che quello del terzetto Simone-Amelia-Gabriele rendono a meraviglia l’animo dei personaggi. Splendido anche il racconto della prigionia di Maria fatto da Paolo per aizzare il popolo contro la nobiltà. Un po’ meno originale il breve preludio o l’uscita di Fiesco dal proprio palazzo dove il clima della notte fatale fra morti, scontri familiari e brogli ed il crescendo orchestrale, che descrive lo strazio genitoriale, sono un po’ annacquati. In generale a questa splendida esecuzione manca un po’ di slancio e di epica vedi l’esplosione della gioia popolare per l’elezione del nuovo doge, o la prima parte della insurrezione fuori dal palazzo degli Abati e forse il finale del secondo atto affidato nel suo slancio patriottico e guerriero alle percussioni. Poi ci sono momenti, che pur centrati sotto il profilo orchestrale non emergono per i limiti dei cantanti. E qui i limiti sono soprattutto dell’esausto ed esaurito protagonista, cui da tempo il Corriere della Grisi consiglia (per non farsi rimpiangere) il riposo e gli affetti familiari. Nucci offre lo straziante spettacolo di un cantante affievolito, costretto a centellinare volume e suono, incapace di legato, che si puntella con portamenti nei numerosi tentativi (suppongo richiesti dal direttore) di cantare piano e di essere “affettuoso” ed capace di esibire solo suoni opachi, ovattati, morchiosi. I punti peggiori la scena della morte ed il monologo dell’assunzione del veleno. In questo passo gli archi costretti a suonare pianissimo in tessitura acuta sono stati davvero sgradevoli. Preciso che l’orchestra ha risposto bene alle richieste del direttore in tutte le sezioni, ottoni esclusi. Intendiamoci qui c’era una precisa volontà e scelta dal podio e non già il limitarsi ad accompagnare, ma di descrivere i sentimenti e le situazioni e di cantare con il colore ed il suono orchestrale il dramma, che si svolge sulla scena. L’operazione è ancor più accentuata perché Chung non dispone di (e preciso oggi non ci sono) cantanti che possano realizzare le sue idee. Per fare un esempio ad un duetto padre figlia staccato nei tempi e nelle sonorità volute da Chung ci sarebbero voluti mostri di tecnica di canto ed eloquenza come Battistini, Amato, Galeffi, Schlusnus o soprano come la Kruscenisky, la Muzio, l’Arangi Lombardi, la Teschemacher. Qui c’era molto molto di meno. Di Nucci e dello strazio delle sue prestazioni il cui livello non è sfuggito neppure al pubblico peregrinus e di facile contentatura ho già detto. Gli altri: il meglio è certamente venuto dalla natura di Giorgio Berrugi, che ha retto senza apparente difficoltà la tessitura acuta del giovane e vindice Adorno. Dalla natura perché il sospetto che il cantante toscano in quelle frasi che rivelano il rifacimento ad personam per Francesco Tamagno più si appoggi a quella che non ad una reale cognizione tecnica. Duro, fisso e stomacale e neppure di grandissimo volume, come sempre accade agli ingolati bassi di area slava che si rifanno al deleterio modello tecnico di Nicolai Ghiaurov, il Fiesco di Beloselskiy, nonostante l’intera prestazione si astata punteggiata dai fragorosi quanto inutili “bravo” di un noto loggionista scaligero che tali epiteti da sempre distribuisce senza alcuna cognizione di causa (per parlar forbito). Altro punto negativo la Amelia/Maria di Carmen Giannattasio, che non ha la sagacia tecnica e l’intelligenza di fraseggio delle Marie “sottodimensionate” (di cui Leyla Gencer modello unico ed insuperato) né la presenza vocale di quelle con la vera voce da lirico spinto da tardo Verdi, che hanno la loro paradigmatica rappresentante in Elisabeth Rethberg. Nella fattispecie suoni aciduli e non troppo fermi come compaiono i primi acuti, forzati gli estremi (irruzione della rapita nel palazzo degli Abati), incapacità di gestire le frasi ampie del finale quando Maria è chiamata a sovrastare orchestra e coro nella trenodia che accompagna il moribondo Doge. Decente visto che di acuti ce n’erano pochi Cavalletti nel ruolo del traditore Paolo.

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3 pensieri su “Boccanegra in Scala

  1. Ciao, chiedo una informazione di servizio. Qualcuno sa se esista un sito, o una app o qualche servizio di informazione che raccolga tutte le trasmissioni televisive o radiofoniche di opera accessibili (in streaming, o anche come podcast)? Per quanto riguarda la Rai il sito va spulciato giorno per giorno per trovare i nuovi streaming su Rai5 o Radio3, e perdo sempre qualcosa, e l’archivio Rai delle trasmissioni ancora disponibili come podcast è difficilissimo da consultare (ci sono tante pagine diverse, alcune semiabbandonate). Qualcuno ha qualche informazione? Grazie

  2. Chung e’ il numero 1 oggi. Berrugi anche a me ha fatto una buona impressione, una voce non bellissima in natura, ma il cantante c’è….vedremo come evolverà la sua carriera. Faccio il tifo per lui.
    Visto che Donzelli ne fa un accenno, mi permetto di sollevare una polemica sui costi esorbitanti di una platea alla scala (solo monaco di Baviera credo sia più caro, Parigi e Londra costano meno), che e’ la principale ragione dei posti vuoti.
    Saluti.

  3. I prezzi della Scala sono il doppio di quelli dell’Opera di Roma, dove peraltro purtroppo sono rimasti posti vuoti anche alle magnifiche recite della Linda, tanto che nella recita della domenica era possibile acquistare un posto in platea per meno di 75 euro.

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