Sorella Radio: se anche i Puritani non hanno più vergogna…

Provo un vivo senso d’imbarazzo nel recensire gli indecenti Puritani trasmessi in diretta Radio dal Teatro Real di Madrid col seguente cast: Damrau (Elvira), Camarena (Arturo), Tézier (Riccard), Testé (Giorgio), Stroppa (Enrichetta), direttore Pidò. L’ascolto di questo capolavoro, una delle miei opere preferite per giunta, è stato una vera e propria sofferenza, un’estenuante tortura di tre ore che non mi stupirei si scoprisse tra qualche anno essere stata impiegata per fini “rieducativi” a Guantanamo o in altri simili ameni luoghi. Invito tutti ad ascoltare il broadcast e a verificare di persona lo stato dell’arte (?!), per quanto mi riguarda sarò stringato e conciso per evitare di dedicare troppo spazio a questo spettacolo che definirei senza mezzi termini un oltraggio a Bellini.

Pidò, direttore di fama belcantista, fama incomprensibile e immeritata aggiungo io, ha adottato una sorta di tempo unico per tre ore di musica (cabalette comprese): tutto lentissimo, senza dinamiche, attacchi pessimi, tensione nulla, insomma una minestra indigeribile che, a tratti, tendeva al rigurgito tanto i tempi erano slentati fino al comico involontario e al grottesco. I tempi lenti e la scelta di mettere in luce i dettagli possono anche starci, ma bisogna saperlo fare senza trasformare l’opera in una marcia funebre… e bisogna avere cantanti eccezionali, cioè l’opposto di quanto si è sentito.

I – presunti – cantanti sono stati altrettanto inqualificabili: non si può pretendere di giudicare seriamente Tézier e Testé perché un qualsiasi cantante improvvisato di un qualsiasi coro amatoriale di una qualsiasi chiesa può difficilmente fare di peggio; il primo è un baritono esausto e usurato che sa solo spianare, berciare e spingere, il secondo un finto basso senza alcuna tecnica e senza voce, che ha avuto la fortuna di sposarsi una Diva, entrambi non sanno cosa siano canto e intonazione… lo stile meglio non scomodarlo neppure.

La delusione cocente della serata è giunta, però, da colei che dovrebbe essere una delle più grandi primedonne del presente, Diana Damrau. Posso solo dire che mi vergogno io per la sua esibizione. Per mio conto la Damrau fino al 2010-2011 era una cantante con belle doti, diversi difetti, ma, comunque, una che valeva la pena ascoltare e si faceva apprezzare, complice anche l’assenza di concorrenza (la Dessay era già stracotta da un decennio). Negli ultimi anni mi ha sempre deluso perché ha letteralmente disimparato a fare ciò che faceva prima, cioè la coloratura con tutto il bagaglio che richiede, a gestire i fiati, a controllare i gravi e soprattutto gli acuti, ma mai avevo sentito da parte sua un’esibizione tanto negativa quanto questa Elvira. Se era già noto che nel belcanto italiano la diva è sempre stata un pesce fuor d’acqua, ora si può tranquillamente dire che definirla ancora cantante o professionista pare fuori luogo perché la Damrau è giunta al capolinea.
La signora “canta” tutta in bocca e bassissima di posizione, emette più aria che suono (stile Ciofi), sotto si limita a parlare, al centro emette aria, sopra stona regolarmente sia che canti piano (come cerca di fare per cercare di mascherare i problemi che sa di avere) sia che canti forte (un “forte” per modo di dire che produce solo un suono oscillante e gridato), spiana tutte le agilità, i trilli sono gorgoglii, i tempi rapidi non li regge. Il timbro, inoltre, si è impoverito fino all’inverosimile, non si può quasi più parlare di colore, sembra infatti una settantenne pur avendo anagraficamente la metà degli anni. Dell’impalcatura tecnico-vocale di un tempo non rimane nulla se non la bella dizione, dell’interprete meglio non dire perché è completamente inadeguata a questo repertorio e più che piazzare risate isteriche dappertutto non sa fare. Le scelte sensate sono due: sospendere gli impegni e rimettersi a studiare per qualche anno per salvare il salvabile e ritrovare se stessa, oppure il ritiro more Dessay. Per quanto mi riguarda se continua così si merita solo frutta marcia e fischi.

La Stroppa come Enrichetta è stata insignificante, ma non pessima quanto gli altri. La nota meno dolente della serata è stato il tenore Camarena, la cui voce in mezzo a questo zoo vocale pareva un balsamo. Camarena cerca di essere morbido e di accentare correttamente, in alto è piuttosto nasale con un effetto trombetta poco seducente, ma centra tutte le note e l’intonazione nel complesso tiene. La voce è piccola, priva dell’ampiezza tragico-romantica che Arturo dovrebbe avere, il timbro è piuttosto neutro; insomma, un tempo poteva andare bene per fare il comprimario o cantare le farse di Rossini, oggi può fare Arturo e risultare persino tra i migliori del momento.

La mia mente va a Bellini, la cui arte è stata vergognosamente prostituita in questa esecuzione, ma anche ai vecchi leoni che proprio non vogliono ritirarsi e potrebbero considerare di riprendere certi ruoli… forse anche perché, sentendo le nuove generazioni, potrebbero pensare che, tutto sommato, sono ancora loro i migliori.

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7 pensieri su “Sorella Radio: se anche i Puritani non hanno più vergogna…

    • Purtroppo l’ho letta caro Don Carlo. Che dire?! Magari il recensore non ha mai sentito i Puritani… chissà! Persino certi siti francesi che esaltano il peggio del peggio non sono riusciti a parlarne bene e per una volta hanno fatto uso di un briciolo di senso critico su questo spettacolo. Credo che questo la dica mooolto lunga 😀

      Comunque, si possono trovare sul web sia il broadcast radio sia il video di questo scempio 😉

  1. Non credo proprio che li ascolterò. Io amo troppo quest’opera. Ho visto un sito francese solitamente molto generoso nelle sue valutazioni e non posso che confermare che persino loro hanno fatto dei distinguo e delle critiche, salvando sostanzialmente solo il tenore e dando una sufficienza con vari distinguo al soprano.
    Quando io avevo sentito per la prima volta Tezier (Amleto di Thomas al Regio di Torino credo oltre 15 anni fa) ne ero rimasto folgorato, dato che da anni non si sentiva un baritono francese con tali qualità vocali e stile. Probabilmente il tutto era frutto essenzialmente di natura. Sentitolo in anni più recenti nel Don Carlo è stato una delusione, anche se era ancora uno dei migliori del cast (il che è tutto dire): tutte le buone qualità del giovane cantante era piano piano diminuite. E poi lui non è un baritono verdiano!!! Era da cantare opera francese. Forse Posa l’avrebbe potuto fare, ma non cantando altre parti che ha cantato come Don Carlo di Vargas, eseguito a Monaco con il grande Kau Kau.

    • Sono d’accordo su Tézier che non era male all’inizio in certo repertorio (non Verdi o ruoli drammatici e pesanti)… peccato che poco ha mantenuto e da diversi anni sia diventato un comune baritono odierno, cioè pessimo…

    • Sì, la damrau si può definire guida nel vero senso della parola….un declino imbarazzante eggoo della d’essai, perché senza l’aura che la diva francese si era creata quando era.una cantante di vera qualità. La damrau provincialotta era e tale è risata sempre. Ora si trascina a mossette, faccette e urletti…

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