Gli Ugonotti XVIII: duetto d’amore atto IV. Leo Slezak -Elsa Bland

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Ed eccoci al numero chiave del capolavoro di Meyerbeer, il grande duetto tra Raoul e Valentina. Meyerbeer si inventò il duetto d’amore moderno, aprendo la via ad altri che vennero poi, quello del Ballo in Maschera in primis. In questa straordinari pagina Meyerbeer supera le formule a pezzi chiusi e, soprattutto, infonde al canto ed all’orchestra una vis drammatica ed uno slancio mai udite sino ad allora. Stupì il pubblico del tempo, travolto dalla passionalità e dalla tensione della scena: seppe portare la tensione drammatica ad un punto tale che si instaurò la prassi di chiudere l’opera con la fuga di Raoul dalla finestra, risparmiando al protagonista maschile l’onere del quinto atto, nel quale, però, la festa per il matrimonio del re di Navarra veniva sopressa sin dai primi anni di vita del titolo. La scrittura della parte di Raoul e soprattutto l’orchestrale impongono una riflessione circa il primo interprete, Adolphe Nourrit, il contraltino che oggi si vorrebbe far credere cantasse come quelli odierni. L’accento richiesto, quello nobile ed eroico contrapposto a quello languido amoroso, l’ampiezza delle frasi legate contrapposte all’esecuzione della fiorettatura, ci dicono che assomigliava assai più ad un moderno tenore spinto, ma più esteso in alto e duttile nell’agilità. In questo frammento di scena incisa da Slezak e dalla Bland, al di là dei tagli imposti dall’esiguo spazio di incisione consentito dai mezzi del tempo, è pressochè perfetta. Slezak, soprattutto, rispetto ai nostri migliori tenori spinti dell’età moderna, esibisce un’emissione assai più stilizzata, composta e morbida, oltre ad una perfetta omogeneità tra i registri. Va detto che di tutti i tenori di forza, che hanno affrontato la sala di registrazione, Slezak è quello che sfoggia la voce qualitativamente “più bella”. Poi che ometta la variante al re bem o che nella reitarazione della frse ” dillo ah dillo” non faccia ricorso alla tradizione italiana di salire al do bem prima in falsetto, poi in falsettone ed infine a piena voce (lo facevano Masini e Checco Marconi) può ridurre lo stupore, ma non intacca le capacità del cantante moravo. Aggiungiamo che da quelle poche frasi che si sentono Elsa Bland è davvero notevole per eleganza e qualià del timbro tondo, morbido e sonoro in tutta la gamma.

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