Ricciardo e Zoraide su Rai 5

Ieri sera Rai 5 ha mandato il Ricciardo e Zoraide che ha inaugurato l’appena conclusa edizione del ROF. Io e gli ottimi Tamburini e Donzelli abbiamo assistito alla trasmissione confermando – anzi aggravando – il giudizio già espresso a seguito della diretta radiofonica. Queste le nostre impressioni.

Lo spettacolo trasmesso dalla televisione pubblica evidenzia il livello pietoso di quella che dovrebbe essere una delle nostre più importanti istituzioni culturali. Questa edizione di Ricciardo e Zoraide – opera ricchissima, complessa e musicalmente raffinatissima – ha mostrato tutti i limiti, culturali in primis, di chi è chiamato a gestire una riprese importante di un titolo importante. Ricciardo e Zoraide non è una farsa volgare, non è un’operina dove mostrare ballerini che sculettano a torso nudo, mossette e ammiccamenti da avanspettacolo e soluzioni cretine. E’ un’opera seria e come tale andrebbe interpretata. Innanzitutto da chi è chiamato a metterla in scena: qui il genio di turno – che evidentemente non ha neppure letto il libretto – si è accontentato di generiche scene dipente (male) che richiamavano il circo o ambienti neutri con costumi presi da una svendita carnascialesca dell’Upim ed una gestualità più adatta all’opera buffa o alla farsa più sciocca. E poi, soprattutto, da chi si trova sul podio a dirigere una partitura complessa e difficile (e non, giova dirlo, a gesticolare in modo suadente per far sì che la ciocca di capelli si pieghi nel profilo giusto a risaltare il velo di barba per la gioia dei fan): Sagripanti si è dimostrato semplicemente inadatto alla complessità di un titolo evidentemente al di sopra delle sue capacità. Si limita a mandare a tempo l’orchestra imponendo una lettura farsesca e comica perchè – come lui stesso ha dichiarato – non ritiene il Ricciardo un’opera riuscita… Tralasciando gli strafalcioni di quella sciagurata intervista mi chiedo perchè dirigere un lavoro che si ritiene mediocre? Anche perchè i risultati si sentono purtroppo. Indecorosa la compagnia di canto. In particolare il duo tenorile: di fatto due vocine sovrapponibili, sbiancate e femminee con nessuna caratterizzazione tragica. Un esito grottesco (aggravato dai costumi degni di un veglione mascherato) in cui i due “guerrieri” apparivano dei Lindori in sedicesimo che bisticciavano sullo smalto per le unghie. Sarò nostalgico, ma ben altro spettacolo era quello ideato da Ronconi per la prima ripresa dell’opera: ben altra consapevolezza tragica e stilistica. Ma si sa, il pubblico folkloristico che popola oggi l’opera (fatto per il 90% da piccoli fan la cui unica aspirazione è farsi selfie coi cantanti e tesserne l’elogio sui social in pagine e gruppi che meriterebbero il TSO) va in estasi per questa robaccia. Povero Rossini!

Gilbert-Louis Duprez

Lo spettacolo conferma quanto scritto a commento dell’ ascolto radiofonico ovvero che nessuno ha capito il Rossini tragico e che ormai a Pesaro, forse più che altrove, imperversa la negazione della autentica tragicità di Rossini. Tralasciamo le scene oleografiche, ma brutte, povere di dettagli se non una ringhiera intagliata, ed i costumi da carnevale Upim (Coin e Rinascente sono di altro livello), ma assai più idonei a Goldoni televisivi anni ’60. Agli inchini fra le due rivali manca il “patrona” delle siore goldoniane, al duetto d’amore tragico come quelli del Falliero, sembra di vedere gli innamorati in qualche produzione televisiva. Nessun personaggio risponde a quello che è il paradigma del personaggio da opera seria, basta pensare ad Agorante in formato macho o per richiamare la cinamatografia Zampano’ di felliniana memoria o ai ballerini estroversi e sculettanti. I momenti di involontaria comicità si sprecano, ma due li segnalo ovvero Zomira, che si saggia la lama di un coltello da bistecca, eletto a strumento di vendetta delle proprie corna e il boia, efebico, che indossa un paio di guanti di plastica neri che possono ricordare quelli dei veterinari addetti alla fecondazione artificiale delle bovine. E che resta in questo cattivo trovarobato del maestro indiscusso di tutto l’Ottocento musicale non solo italiano?

Domenico Donzelli

Non è facile intervenire dopo gli amici Duprez e Donzelli e sarebbe inutile rimasticare i medesimi concetti, che non potrei esprimere con maggiore forza e incisività. E allora mi dedico ad altro, ovvero proporre un esempio di esecuzione del Rossini napoletano, capace di coniugare splendore sonoro, impeto ed eleganza, senso della circostanza drammatica (coreutica, in questo caso, come previsto dal librettista e non quale inutile aggiunta del regista o peggio ancora del “drammaturgo”), ovvero tutto quello che a Pesaro non abbiamo potuto vedere né sentire. Erano i deprecati anni Cinquanta dei tagli e delle mistificazioni, e oggettivamente il periodo in cui la filologia muoveva i primi timidi passi, ma la realizzazione del balletto di Armida a opera di Tullio Serafin (e, per quello che testimoniano bozzetti, foto e filmati di repertorio, dello scenografo Savinio e del coreografo Massine) è davvero esemplare sotto tutti i profili elencati. Sarebbe follia attendere sempre e comunque risultati di questo livello, ma di certo questo dovrebbe essere il modello e l’obiettivo per le proposte del Rossini tragico, non certo il Matrimonio segreto o la Serva padrona (magari filtrati da discutibili esecuzioni), men che meno l’avanspettacolo pesarese.

Antonio Tamburini

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3 pensieri su “Ricciardo e Zoraide su Rai 5

  1. Provo a rispondere, secondo il mio modesto parere, basandomi su ricordi di ascolti o di recensioni, solo a memoria, senza nemmeno andare a consultare qualche testo specializzato.
    Premessa: per il Rossini serio con la Horne, la Cuberly, la Dupuy, la Anderson, Blake, Merritt, Kunde e Ramey si va sempre (o quasi) a colpo sicuro.
    Vi sono poi molte incisioni della Opera rara (Otello, Elisabetta, Adelaide di Borgogna, Ricciardo e Zoraide etc.) di cui non posso dire, non avendole finora sentite (tranne l’Adelaide, anni fa); di solito tale casa discografica ha delle proposte molto interessanti e ben curate, il livello dei cantanti varia a seconda di ciò che si trova.
    Tancredi: sicuramente l’incisione con la Horne, il Tancredi per antonomasia.
    Elisabetta regina d’Inghilterra: avevo sentito tanto tempo fa la vecchissima edizione con la Vitale, la Pagliughi e Campora di cui non ricorso nulla. Quella che per anni è stata l’unica incisione in commercio è quella diretta da Masini con la Caballé, Carrerars e Benelli. Lei è ancora in buono stato, con tutti i suoi vizi e le sue virtù. Carreras non canta male, ma non è un vero baritenore rossiniano, Benelli è bravo.
    C’è un live con la Gencer. Non conosco l’edizione Opera rara.
    Notevolissimo il video del Teatro Regio di Torino diretto da Ferro con Cuberli, Dessì, Savastano e Blake (fenomenale) ed una bella messa in scena di De Bosio.
    Non so se vi sia una registrazione live dell’edizione napoletana diretta da Zedda con i formidabili Merritt e Blake la Antonacci e la Jo, del cui ascolto radiofonico ho un bel ricordo.
    Otello: storicamente importante la remota edizione Rai diretta da Previtali soprattutto per la Desdemona della Zeani, che poi avrebbe cantato la parte nell’edizione dell’Opera di Roma con le famose scene di De Chirico. Lazzari era un ottimo cantante, ma non un baritenore; d’altra parte onore al merito per chi cercava di riesumare un’opera da anni tenuta in soffitta.
    Come per Elisabetta per anni l’unica incisione facilmente rinvenibile era quella PHILIPPS con Carreras, stavolta diretto da Cobos, con la Von Stade, Ramey e Fisichella. Per Carreras il giudizio è lo stesso, buon cantante ma fuori parte, anche se cerca di interpretare correttamente, più in parte, tutto sommato Fisichella, non male la Von Stade, Ramey sempre grande.
    È un vero peccato che, a differenza di altre produzioni pesaresi, non si sia fatta un’incisione ufficiale del favoloso Otello diretto una trentina di anni fa da Pritchard con la Anderson, Merritt, Blake e Di Cesare; esecuzione fenomenale, superiore ad ogni lode. C’è un video RAI anche su Youtube in cui si può apprezzare la bella messa in scena di Pizzi.
    Armida: imprescindibile l’ascolto di ciò che si può ascoltare della Callas. L’aria in incisioni in studio, l’opera più o meno completa nella fortunosissima registrazione live dal Maggio Musicale Fiorentino diretta da Serafin. A volta si deve più immaginare che ascoltare, vi sono molti tagli; la registrazione contiene un palese buco nel terzo atto, dove si passa senza logica alcuna da un momento della partitura ad un altro di molto successivo. Il reparto maschile, per quanto formato anche da cantanti di un certo livello (Filippeschi e Raimondi, fra tutti) non aveva idea dello stile adatto all’opera. Albanese non ha la vocalità adatta a Rinaldo.
    Però c’è la Callas che è semplicemente perfetta.
    C’è poi un live veneziano con la Deutekom e Bottazzo.
    C’è la prima (e credo unica) incisione in studio dell’opera, diretta da Scimone con la Gasdia, Merritt, Ford, Matteuzzi e Furlanetto. Lei, che pur obiettivamente si impegna, non è forse il perfetto esempio di soprano Colbran (ma con quel che si sente oggi in giro, ne vorrei avere come lei….). Finalmente il reparto maschile è giusto, con la corretta distribuzione dei pesi vocali e lo stile è quello corretto.
    Ho un vago ricordo dell’edizione registrata live a Pesaro sotto la direzione di Gatti con la Fleming e Kunde, sentita tanto tempo fa. Lui sicuramente è un buon tenore rossiniano, tecnicamente a posto (l’ho sentito dal vivo pochi anni fa, quando non era più troppo giovane e la voce teneva) e con gli acuti giusti.
    C’è su Youtube un video abbastanza precario di un’esecuzione di Aix en Provence diretta da Masini con la Anderson e Blake che dovrebbe essere interessante, per quel poco che sono riuscito a sentirne, anche perché i due cantanti sono cantanti di primissimo livello (e lei, allora, aveva anche il physique du role per Armida). Nulla so del più recente video del MET con la meno fresca Fleming, ma non ne ho letto recensioni troppo entusiastiche.
    La donna del lago: più che tutto una curiosità il live della riesumazione effettuata da Serafin, rossiniano indefesso ed autentico pioniere della riproposizione del Rossini serio, al Maggio negli anni ’50 con la Carteri e Valletti. A parte i tagli (comprensibili avuto riguardo alle richieste della partitura ed ai limiti dei cantanti di allora per quanto attiene lo stile e le mostruose esigenze di certe parti), ciò che lascia esterrefatti e sconvolti è la discutibilissima (per usare un eufemismo) scelta del revisore della partitura di modificare totalmente, secondo il suo arbitrio, la scena finale dell’opera, riscrivendola in modo da renderla irriconoscibile. Niente cabaletta di Elena, ma una scena insipida con musica ripresa dall’inizio del primo atto.
    L’edizione RAI diretta da Bellugi (anch’essa non fedele alla partitura nel secondo atto, ma almeno con il finale corretto) ha il suo punto di forza nella Caballé, in stato di grazia. Bonisolli (Giacomo) e Bottazzo (Rodrigo) sono già migliori, come stile e rispondenza alle esigenze della partitura, dei tenori della generazione precedente, anche se, a mio parere, più correttamente avrebbero dovuto, date le loro diverse vocalità, scambiarsi le parti.
    Le due incisioni più note dell’opera sono quella pesarese diretta da Pollini nel suo forse unico esperimento come direttore operistico e quella scaligera diretta da Muti.
    Nella prima agiscono Ricciarelli, Valentini Terrani, Ramey, Gonzales e Raffanti, tutti – a mio parere – bravi, al loro meglio. È l’incisione che ha fatto scoprire a molti di noi La donna del lago.
    Nella seconda sotto la bacchetta di un Muti aderente come non mai alle esigenze della partitura cantano Andeson, Dupuy, Blake, Merritt e Surjan. Dirli bravi è poco. È forse la migliore edizione disponibile ed una delle migliori incisioni rossiniane esistenti. C’è anche il video (regia di Herzog).
    Dovrebbe anche esserci un video diretto da Zedda con Blake.
    Maometto II: Scimone con Ramey ed Anderson.
    Mosé in Egitto: Scimone, con Raimondi ed Anderson.
    Ricciardo e Zoraide: c’è un’incisione della Opera rara che non ho mai sentito. Soprattutto, su Youtube c’è il video della riesumazione pesarese del 1990 diretta da Chailly, con la Anderson, Matteuzzi e Ford e la regia di Ronconi. Tutt’altra cosa, sotto tutti i punti di vista, rispetto alla schifezza ammannita quest’anno al pubblico pesarese.
    Zelmira: c’è un incisione diretta da Scimone con la Gasdia e Matteuzzi. Sarebbe interessante trovare la registrazione live dell’edizione romana diretta da Pidò con Merritt, Gasdia e Blake. Sul tubo c’è un video abbastanza fortunoso.
    Ermione: sul tubo c’è il video delle recite pesaresi sotto la bacchetta di Kuhn con la Caballé, ormai in declino, la Horne, Merritt, Blake e Morino (avranno dovuto rafforzare il palcoscenico, data la stazza della maggior parte dei cantanti….). Notevolissima, soprattutto per la prestazione dei due tenori protagonisti. C’è poi l’incisione in studio diretta da Scimone con la Gasdia, la Zimmerman, Palacio e Merritt che qui canta Oreste invece che Pirro.
    Bianca e Faliero: un tempo era in commercio l’edizione pesarese diretta da Renzetti con Ricciarelli, Horne e Merritt.
    Semiramide: prima di tutto conoscere le incisioni delle arie effettuate da Stignani, Pasero e Callas.
    Poi Sutherland a tutto spiano.
    In primo luogo il live dell’edizione scaligera di retta da Santini con Sutherland, Simionato, Ganzarolli, Raimoni e Mazzoli. Tanti tagli (almeno un’ora e venti di musica, più o meno), ma l’idea di cosa fosse un’opera seria rossiniana diversa dai “soliti” Mosé e Gugliemo Tell il fortunato pubblico scaligero di allora l’aveva potuta avere. Sutherland grandissima, in forma vocale strepitosa. La Simionato è un Arsace molto misurato.
    Poi imprescindibile in ogni discoteca è l’incisione in studio diretta da Bonynge ed interpretata oltre che dalla di lui consorte Dame Joan, dalla Horne. Le due signore sono semplicemente favolose. La direzione è azzeccatissima. Vi sono dei tagli (se non erro l’opera dura più o meno solo tre ore, invece delle quattro circa di un’esecuzione integrale), c’ soprattutto l’accomodamento del finale (non effettuato da Santini alla Scala), forse per comodità di Dame Joan che non voleva cadere sul palcoscenico e restarci, in cui Arsace non colpisce Semiramide ma Assur. Il tenore è veramente scarso. Il basso ha un bel timbro ed all’epoca poteva fare impressione, ma dopo aver sentito nella parte Ramey (ed anche Pertusi), non lo fa più.
    L’incisione live di Chicago sempre diretta da Bonynge con Sutherland ed Horne non mi pare di pari livello, anche se il tenore è molto migliore.
    L’incisione diretta da Zedda a Pesaro nel 1992 (peccato che non sia stato fatto anche un video, perché lo spettacolo di De Ana era splendido) è interessante perché dà l’opera nella sua integralità. Nel cast si distinguono in particolare Kunde e Pertusi.
    L’incisione DG diretta da Marin ha una giustificazione nella presenza di Ramey.
    Mosé: prima di tutto ascoltare “Eterno immenso” cantato da De Angelis e la preghiera diretta da Toscanini alla riapertura della Scala.
    A mio parere (ma questo è un parere personale) l’esecuzione dell’opera che batte tutte le altre è quella RAI diretta da Sawallisch con Ghiaurov, Petri, Garaventa, la Verrett e la Zilys Gara. Ghiaurov è al suo meglio, la voce è splendida. La Verreth fa una splendida aria del secondo atto. Ma la cosa più importante è l’eccezionale direzione di Sawallisch, che dimostra che si può essere grandi interpreti rossiniani anche se di solito ci si dedica a Wagner. Vi sono molti tagli, però nel complesso è una di quelle esecuzioni che non si dimenticano.
    La precedente incisione in studio diretta da Serafin, molto più integrale, invece non è così soddisfacente. La direzione non è allo stesso livello di altre del Maestro di Cavarzere. Rossi Lemeni, in particolare, dal punto di vista vocale è deludente e molto affaticato.
    L’edizione video scaligera diretta da Muti si fa rimarcare soprattutto per la direzione e si lascia ascoltare perché i cantanti sono tutto sommato accettabili, soprattutto per i tempi che corrono.
    C’è un video parigino diretto da Pretre con Ramey e la Gasdia e la regia di Ronconi, in parte riproposta, per alcune idee, poi alla Scala.
    L’assedio di Corinto: ci dovrebbe essere un fortunoso live diretto da Santini con la Tebaldi; io ho sentito solo la preghiera.
    Imprescindibili le due esecuzioni dirette da Shippers con la Sills e Diaz, quella scaligera con la Horne e quella in studio con la Verrett, a prescindere dalle edizioni, tutt’altro che filologiche, adottate dal direttore, con tagli ed aggiunte dal Maometto II.
    C’è un’esecuzione genovese di almeno 25 anni fa in francese con la Serra, che vale soprattutto per la Serra e perché dovrebbe essere più integrale di quella scaligera.
    Guglielmo Tell: lasciando perdere le incisioni più antiche di brani dell’opera, secondo me si deve conoscere l’esecuzione Cetra diretta da Rossi con Taddei, Filippeschi e Carteri negli anni ’50. È tagliatissima (come si faceva all’epoca), durando più o meno due ore e mezza in luogo delle quattro che dovrebbe durare. Mancano tutte le riprese della cabalette. Talvolta c’è un gusto più verdiano che rossiniano, Però dà la possibilità di sentire un grande direttore e soprattutto delle grandi voci. Filippeschi è stato chi ha permesso il mantenimento del Guglielmo in repertorio per tanti anni.
    Poi a mio parere l’incisione migliore è quella diretta da Chailly con Pavarotti, Freni , Milnes, Ghiaurov, Mazzoli e De Palma. Anche se nessuno del quartetto protagonistico ha – mi pare – forse mai cantato l’opera in teatro, in disco l’effetto è straordinario, anche il forza dello splendore vocale che abbacina.
    Motivi di interesse hanno l’incisione di Gardelli con Gedda e Caballé, nell’edizione francese, e quella scaligera di Muti con Merritt, che è anche in video.

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