Le cronache di Don Carlo de Vargas: Mosè… in Novara.

indexCome già ha sostanzialmente scritto Duprez in data 22 ottobre su questo stesso sito a proposito di una esecuzione del Viaggio a Reims a Cremona, in questo anno rossiniano forse conviene andare in provincia per sentire qualche esecuzione lirica accettabile, fatte sempre le opportune tare e gli opportuni distinguo, piuttosto che andare in qualche grande ente lirico e rimanere insoddisfatti.
Per capirci: cosa hanno fatto di veramente importante i maggiori enti lirici italiani per ricordare il Pesarese? Obiettivamente ben poco. Nel 1992, per il bicentenario della nascita, la Scala aveva messo in scena “solo” una “Donna del lago”, ma si trattava dell’edizione con Anderson, Dupuy, Blake, Merritt e Surjan diretta da Muti, mentre il Regio di Torino aveva programmato “solo” una “Italiana in Algeri”, ma che era cantata da Valentini Terrani, Blake, Dara ed Alaimo, con la direzione di Campanella e la messa in scena di Pizzi. In entrambi i casi: scusate se è poco! Meglio non fare paragoni con quello che gli stessi teatri hanno programmato quest’anno. Né mi pare – a leggere le critiche – che a Venezia con “Semiramide” le cose siano andate troppo bene. Né mi stupisce: ho ancora il ricordo di una “Semiramide” diretta dal M° Frizza a Torino, ma il ricordo è quello di… una direzione da non ricordare (tutt’altra cosa Zedda a Pesaro nel 1992)!
Perciò lode al Teatro Coccia di Novare che ha avuto il coraggio (o la temerarietà) di programmare il “Mosé in Egitto”, coproducendolo saggiamente (il risparmio è da incoraggiare) con il Teatro Verdi di Pisa e la Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, in collaborazione con l’Opera di Metz.
Ovviamente quando si va a sentire un’opera, e soprattutto un’opera di tale difficoltà, in un teatro di tradizione, non ci si aspetta quello che ci si potrebbe – anzi, ci si dovrebbe – aspettare alla Scala o al San Carlo. Bisogna sempre tenere conto che i mezzi del teatro di tradizione non sono gli stessi dell’ente lirico, che il teatro di tradizione non può di norma sfoggiare una messa in scena fastosa come ci si aspetterebbe di trovare (ma ora non più, con la mania delle regie alla tedesca o iperminimaliste) in un grande teatro, né schierare un plotone di grandi divi del canto sul palcoscenico. Piuttosto ci si può e si deve aspettare che in provincia si ascoltino dei cantanti con una loro dignità, dei giovani promettenti o che, magari, sono già più che delle promesse. Anche con queste premesse l’impresa di mettere in scena il “Mosè in Egitto” è pur sempre ardua e, se l’esecuzione non raggiunge un minimo di decenza (peraltro ad oggi spesso non raggiunto nemmeno in teatri di ben altra importanza…), è prova di imperdonabile incoscienza.
Ciò premesso, a Novara la sfida è stata vinta, pur con diversi distinguo, e, ciò che più conta, è stata vinta sul piano musicale.
L’esecuzione, infatti, non era certo memorabile, ma è riuscita, nel complesso, a fornire un’idea della monumentalità dell’opera, eseguita integralmente.
In primo luogo il merito è da ascriversi alla direzione del M° Francesco Pasqualetti, già allievo ed assistente di Noseda, Davis e Gelmetti, il quale ha guidato con piglio sicuro, buon fraseggio e corretta scelta dei tempi orchestra, coro e cantanti, cercando di sostenere le voci, senza mai coprirle, come si è visto, in particolare, con il basso protagonista, purtroppo indisposto.
Un plauso anche all’Orchestra della Toscana ed al Coro Ars Lyrica, diretto da Marco Bargagna. Non c’è bisogno di dire – basta conoscere l’opera per saperlo – quanto siano importanti orchestra e coro nel Mosé, sia nella versione napoletana che in quella francese.
Quanto alle voci, un poco debole il basso Alessandro Abis (Faraone), di voce non abbastanza autorevole; al contrario brava Silvia Dalla Benetta (Amaltea), assai applaudita dopo la sua aria.
Il basso Federico Sacchi (Mosé) era purtroppo annunciato indisposto ed il suo stato di indisposizione era chiaro a sentirlo cantare. Per questa ragione è bene lasciare il giudizio in sospeso, anche se l’impressione che ha destato è stata positiva e tale da far desiderare di risentirlo in buona forma. Infatti ha un bel colore di voce, e, nonostante lo stato di salute non ottimale, era evidente che si sforzava di cantare sul serio ed interpretare, non cantava tutto allo stesso modo, ma fraseggiava e sfumava, dimostrando di non essere digiuno di tecnica. Ciò era chiaro in particolare nell’ “Eterno, immenso”, eseguito con un certo gusto e buon accento. Nel terzo atto la stanchezza di è, invece, fatta un poco sentire.
Natalia Gavrilan (Elcia) è, finalmente, un soprano con voce abbastanza robusta, quindi, in grado di provare ad affrontare una parte Colbran meglio di tanti sopranini leggeri che si sono uditi in simili ruoli. Nel complesso una prova positiva.
Il migliore in campo è risultato il tenore Ruzil Gatin (Osiride), che fin dalle sue prime battute è apparso una piacevole sorpresa. Si tratta di un cantante di voce chiara, con un’ottima pronunzia italiana, nel complesso più sul buono che sul semplicemente sufficiente; se si dovesse trovare un termine di paragone, potrebbe ricordare in generale, come timbro, modo di cantare e tipologia vocale in genere, un Ernesto Palacio del periodo migliore (forse anche perché – lo si legge sul programma di sala – Gatin fa parte dell’Accademia Rossiniana di Pesaro), piuttosto che un Blake. Obiettivamente, è difficile pensarlo come Otello, Rinaldo, Rodrigo di Dhu, o Giacomo V, ma in molti altri ruoli rossiniani, soprattutto di mezzo carattere, con la penuria di voci che ci affligge, potrebbe essere un buon elemento per il futuro.
Bravo pure il tenore Marco Mustaro (Mambre), di bella voce, quale non ci si attenderebbe in una parte di fianco, che, alla fine è risultata decisamente ben cantata.
Un poco deboli l’Aronne di Matteo Roma e l’Amenofi di Ilaria Ribezzi.
Dopo l’orrenda, ributtante, messa in scena del Mosé in Egitto di Vick che RAI 5 ha trasmesso poco tempo fa, e che era una autentica regia-spazzatura, stavolta abbiamo una messa in scena del Mosé in Egitto fatta con la spazzatura, poiché le, invero miserelle, scene sono fatte con materiali riciclati. Alla base di alcuni elementi laterali e del praticabile centrale della scena appaiono come scarti di cascami di tessuti o di altri materiali; per i primi due atti l’impianto scenico è sostanzialmente fisso, con qualche mutamento delle luci, al terzo atto il Mar Rosso è simboleggiato da una rete azzurra di filamenti che si alza ed abbassa.
I costumi sono assolutamente tradizionali, piacevoli a vedersi, ed individuano e caratterizzano i due popoli contrapposti, con gli Egizi vestiti da Egizi, con tuniche bianche, e gli Ebrei vestiti da Ebrei con abiti su vari toni del marrone.
La regia di Lorenzo Maria Mucci – che come ogni buon regista di oggi non ha saputo resistere alla tentazione di fare sul programma di sala delle lunghe note di regia, che ben ci si è guardati dal leggere – è assolutamente normale, tranquilla, chiara e rende tutto sommato comprensibile la vicenda.
Alla fine molti applausi da parte del pubblico che, al contrario di quanto si sarebbe potuto immaginare, data la prelibatezza della proposta, non riempiva tutto il teatro; forse per qualcuno Rossini continua a limitarsi ad essere l’autore del Barbiere di Siviglia…
Un plauso al Teatro Coccia per il piccolo programma di sala distribuito agli spettatori, con alcuni articoli di spiegazione dell’opera, la trama, il libretto (utilissimo per chi non conosce troppo bene il Mosé) e le biografie degli interpreti (queste ultime, però, appaiono redatte con un poco di sciatteria, dato che sembrano la mera trascrizione dei rispettivi curricula vitae, e nemmeno troppo aggiornati).
In ogni caso, sempre e comunque: W Rossini!

D. Carlo de Vargas

Novara, Teatro Coccia 18 Novembre 2018
MOSÈ IN EGITTO
Azione tragico-sacra in tre atti
Musica di Gioachino Rossini, su libretto di Andrea Leone Tottola
Faraone ALESSANDRO ABIS
Amaltea SILVIA DALLA BENETTA
Osiride RUZIL GATIN
Elcia NATALIA GAVRILAN
Mambre MARCO MUSTARO
Mosè FEDERICO SACCHI
Aronne MATTEO ROMA
Amenofi ILARIA RIBEZZI
Direzione d’orchestra Francesco Pasqualetti
Orchestra della Toscana
Regia Lorenzo Maria Mucci
Scene e Costumi Josè Yaque con Valentina Bressan – Luci Michele Della Mea
Coro Ars Lyrica
Allestimento della Fondazione Teatro di Pisa
Coproduzione Fondazione Teatro di Pisa, Fondazione Teatro Coccia di Novara e Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, in collaborazione con Opéra Théàtre de Metz Mètropole

3 pensieri su “Le cronache di Don Carlo de Vargas: Mosè… in Novara.

  1. Come non essere d’accordo con Donzelli?
    C’ero anch’io, da buon novarese acquisito al Coccia ci tengo molto.

    Aggiungo solo che la presentazione prima dell’opera, con l’effervescente Corinne Baroni direttrice artistica del teatro e con Pasqualetti che ha spiegato in modo semplice svelto il suo taglio interpretativo è stata utile anche a chi l’opera la conosce.

    Adesso un invito ai “grisini”: Novara è a pochi chilometri da Milano forse qualche salto in più vale la pena farlo, potrebbero esserci altre piacevoli sorprese. Anche se il Coccia non è certo la Scala, l’anima di Cantelli sembra proteggerlo.

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