La settimana di Attila, terza puntata.

L’Attila ricorre più volte nella carriera di Riccardo Muti (oltre alle due edizioni qui indicate va sicuramente ricordata la registrazione delle recite fiorentine, l’incisione in studio per la Philips con un cast quasi identico alle recite scaligere, il debutto al Met e gli spettacoli all’Opera di Roma), quasi a segnare ogni gradino della sua parabola artistica, ogni suo punto di svolta. Per questo l’Attila di Muti è estremamente “pensato” e, pur mutando nel progredire e nell’approfondire la propria idea musicale, mantiene i tratti caratteristici del modo di intendere il primo Verdi da parte del direttore. Ciò che colpisce nei diversi ascolti – più dell’integralità (comunque si tratta di un’opera breve che poco ha sofferto i tagli e i taglierini di tradizione) o dell’adozione del testo critico – è l’idea di suono orchestrale, asciugato da quel tratto ruspante che spesso accompagna la consuetudine interpretativa dei primi lavori del compositore. Ciò non significa, ovviamente, la rinuncia allo spirito autenticamente versiamo, melodrammatico, risorgimentale – talvolta ingenuo – del Verdi dei primi anni: la concertazione di Muti, infatti, evidenzia ancor di più ritmi e contrasti senza spingere troppo sull’effettaccio bandistico e senza sottolineare una scrittura ancora grezza per certi versi. L’Attila di Muti è profondamente ottocentesco, con le sue tirate retoriche, i suoi eccessi, il suo esprimersi tribunizio, sostenuto da un ritmo costante e spesso incalzante nei momenti più esaltanti dell’opera (su tutti l’ingresso di Odabella e il duetto tra Ezio e Attila, snodo centrale per comprendere il mondo musicale dell’opera verdiana). Alla pulizia orchestrale ed alla sua tenuta “sinfonica”, corrispondono scelte di cast in tutto assimilabili all’idea interpretativa di Muti: in particolare il personaggio di Attila è sottratto allo sgradevole grand guignol a cui certa tradizione l’aveva condannato (penso all’improponibile Christoff), in una sorta di grottesco orco sanguinario e schiumante fiele, ferocia, acuti piazzati ovunque e borborigmi stomacali degni di una caricatura da Tales from the Crypt. L’Attila di Muti è un personaggio complesso e tormentato, nobile pur se barbaro e con un saldo senso dell’onore. Allo stesso modo è dipinto Ezio: epitome del baritono verdiano. In questo senso la coppia scaligera (Ramey/Zancanaro) è quella che più si attiene all’idea di Muti. Personalmente ho ancora vivo il ricordo del 1991 e del duetto tra Ezio e Attila. Ho sempre trovato Zancanaro un cantante ingiustamente sottovalutato: il suo Ezio è per me, infatti, uno dei migliori della discografia. Più problematica – col procedere degli anni – la scelta di Odabella: il passaggio dalla Stella alla Studer è infatti mortificante poiché a fronte di un timbro naturalmente bello il personaggio sta troppo largo alla seconda. Nonostante ciò “gli” Attila di Muti sono un passaggio importante nella discografia dell’opera e nella storia del teatro milanese. Una lettura originale che si allontana con intelligenza dagli stereotipi del genere e che dona una luce nuova al primo Verdi, valorizzato per quello che è, senza nasconderne il gusto primitivo, ma senza ridurlo a baracconata di ruspanti zum-pa-pa. Un mondo musicale che guarda più a Donizetti che ai lavori della maturità e che viene sottratto al confronto in difetto con i capolavori riconosciuti nella consapevolezza che Attila certamente non è Falstaff, ma che senza Attila non ci sarebbe neppure Falstaff.

Giuseppe Verdi
Attila

Attila – Ruggero Raimondi
Odabella – Antonietta Stella
Ezio – Giangiacomo Guelfi
Foresto – Gianfranco Cecchele
Uldino – Ferrando Ferrari
Leone – Leonardo Monreale

Orchestra Sinfonica e Coro di Roma della RAI
Riccardo Muti

Roma, RAI, 21 Novembre 1970.

Prologo

Atto I

Atto II

Atto III

Attila

Attila – Samuel Ramey
Odabella – Cheryl Studer
Ezio – Giorgio Zancanaro
Foresto – Kaludi Kaludov
Uldino – Ernesto Gavazzi
Leone – Mario Luperi

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
Riccardo Muti

Milano, Teatro alla Scala, 1991.

Immagine anteprima YouTube

18 pensieri su “La settimana di Attila, terza puntata.

  1. Come detto in un altro commento rimpiango il muti scaligero soprattutto quando confronto il lui presente con i suoi più giovani colleghi. Il suo Verdi lo apprezzo proprio per questo perche non esasperato ma anzi trae il meglio da partiture spesso non prive di ingenuità nel primo verdi.

  2. Il primo Attila che vidi fu in dvd l’edizione scaligera del ‘91: molto bella,Ramey straordinario, Zancaro anche, anche per me qualche piccola riserva su soprano e tenore, una delle mie esecuzioni di Muti preferite. Però posso già dire, dopo l’anteprima Under30 di ieri, che questo Attila sarà veramente una bomba!

  3. Alla primina il teatro era al completo penso. A quanto ho potuto vedere non è stato come il 7: certo, molti hanno sfoggiato completi o vestiti lunghi, tra cui io 😊, però ho visto e conosciuto gente interessata e appassionata. Atilla come ho già ripetuto in questo blog non è un’opera così eccelsa però a me è piaciuto, sopratutto riguardo ai cantanti. Per correttezza nei confronti di tutti dirò meglio dopo venerdì.

  4. Quindi avremo un lirico di verdi su un pezzo di solera suonato da hernandez e registrato dalla regia della scala su indicazione di chailly . Le pizze del bar sono buone. Bel teatro. Vestito Marini. Emozionante. Edizione criticata.

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