A proposito di Peter Schreier: così la pensa Idamante.

Qualche giorno fa, in occasione della discussione generatasi nel post dedicato al forfait scaligero di J. Kaufmann, si aprì una discussione in merito all’eredità, in fatto di esecuzioni liederistiche, lasciata da F. Wunderlich. Il nostro Idamante ci ha inviato un post interessante ed argomentato in cui si è fatto paladino difensore del canto di P. Schreier, che dopo la scomparsa prematura del grande tenore tedesco finì per prenderne il posto. Data la dovizia di argomentazioni che Idamante ha profuso nel suo scritto, e dato che questo tema può consentire a tutti noi e voi di dibattere sul lied, ritengo utile la pubblicazione in questo post della perorazione pro Schreier di Idamante.

 

Va bene, cara Grisi, allora do per scontata la stroncatura e passo direttamente al ritrattino riparatore.
Va detto che indubbiamente la carriera di Peter Schreier è stata propiziata dalle circostanze esterne in modo ancora più appariscente di quella di Fischer-Dieskau. Già da bambino era una sorta di predestinato essendo il solista di punta del Dresdner Kreuzchor: cresciuto, si ritrovò subito ad essere uno dei pochissimi cantanti importanti ed internazionalmente spendibili nel clima asfittico della DDR dei primi anni ’60. La sua carriera stava quindi già andando a gonfie vele quando l’improvvisa, inaspettata e assurda morte di Fritz Wunderlich lo proiettò direttamente al vertice: gli subentrò immediatamente come primo tenore mozartiano a Salisburgo, nel ciclo di registrazioni della DG con Boehm, ecc. Rimase quindi il primo tenore lirico leggero tedesco per tutti gli anni ’70 e parte degli ’80, dopodiché diradò progressivamente le sue apparizioni in ambito operistico per dedicarsi (fino ai 70 anni di età) ai suoi altri domini di elezione: il Lied e Bach, delle cui Passione era da sempre evangelista di assoluto riferimento (cimentandosi vieppiù anche come direttore).
La successione Wunderlich-Schreier è apparsa a molti perfettamente naturale e giustificata, mentre per altri rappresenta un assoluto controsenso. La questione si può forse un po’ sommariamente riportare a una più generale differenza fra gli artisti che uniscono e quelli che dividono. La voce di Wunderlich è fatta per unire e per mettere d’accordo tutti, e lo stesso Schreier ebbe a definirla come la più bella voce del xx secolo: ricca, calda, rotonda e al tempo stesso così sensibilmente modellata sulla linea musicale. Chi potrebbe non ammirarla? La voce di Schreier è invece destinata a dividere entusiastici ammiratori da altrettanto decisi detrattori (sto sulla vocalità perché è evidente che è quello il pomo della discordia, e non certo l’intelligenza e la musicalità dell’interprete). Qui fra i grisini è naturale,  prevedibile e in un certo senso giustificato che Schreier sia destinato a raccogliere una ricca messe di pomodori: non vi è infatti nulla di più lontano della sua voce dall’”antico canto all’italiana”. Il suo timbro “bianco”, la parsimonia del vibrato, la maniacale assenza di portamenti (tutte eredità della sua formazione corale infantile) possono risultare noiose o addirittura sgradevoli per un orecchio tarato su un altro ideale sonoro, ma risultano tanto più affascinanti per chi colga l’intimo calore, l’energia e insieme la profonda “innocenza” che innerva ognuno di quei suoni.

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Come ascolto propongo il suo Mozart italiano, cioè proprio il repertorio in cui generalmente Schreier è più soggetto agli strali dei suoi detrattori, così vi divertite :)  . Si può riscontrare la sua pronuncia italiana “creativa”, che non si diede mai la pena di migliorare (va detto comunque che a parte Mozart Schreier si tenne saggiamente alla larga dal repertorio italiano). Condizionato dalla pronuncia tedesca, inserisce fra l’altro cesure inesistenti fra “UN’-AURA”, “NON-HA”, ecc. E però malgrado questo quale senso della linea, quale legato,  quale controllo del suono, sempre a fuoco, e quale varietà di colori (i La tutti diversi l’uno dall’altro e tutti presi “dall’alto” senza alcun portamento). L’inconfondibile voce “aliena” di Schreier rappresenta un’altra delle inestimabili eredità del secolo scorso.

Idamante

69 pensieri su “A proposito di Peter Schreier: così la pensa Idamante.

  1. Non voglio essere cattivo, Idamante, ma qui ci sarebbe ghiotto materiale da vivisezionare per uno dei miei “impariamo ad ascoltare”… Proprio quest’aria dovevi postare? A parte che è tutto indietro, fisso, bianco ecc… ma non senti che pure stona di continuo? Eddai…

      • Si, piatto, slegato, e per di più come se qualcuno lo avesse preso per il colletto da dietro e lo tirasse continuamente.
        Stecche a parte, mi scuso con Idamante, ma avrei due domandine buone per un “cantante” : dove fona il ragazzo ? lo sa che sopra la gola c’è “la maschera” ? o crede di avere un imbuto…
        Mozart qui non c’è !
        Ecco, giusto, quell ‘ “aliena” in chiosa mi sembra il modo migliore di definire questa performance.
        …quale, quale, quale modo migliore per essere invogliati a chiedere il rimborso dei soldi del biglietto ???!!!

  2. Caro e gentile amico,
    Schreier e’ stato purtroppo il mio primo Idamante a teatro.
    Cantava proprio come nel tuo post, ed e’ proprio per questo
    che non son mai riuscito a tollerarlo.
    Mi spiace tanto, ti potra’ sembrare una grossa villania,
    ma non ce la faccio, lo sento , e comincio ad andare avanti
    e indietro, mi sembra di avere l’orticaria sotto i piedi.
    E poi come fai a dire che non si e’ mai avvicinato al
    repertorio italiano? Cosa intendi per repertorio italiano?
    Cosi’ fan tutte e’ opera dall’italianissima vocalita’.
    Ma, se proprio vuoi godere fino in fondo allora posso
    spedirti l’Almaviva rossiniano con la Geszty, per esempio.
    o il Faust Boitiano, o il duetto della “Forza” con quell’altro
    fenomeno di Theo Adam……etc etc.
    Anche peggio nell’opera francese, il suo Nadir…aiuto!!!
    Comunque, se ti piace ti piace e morta la’.
    Piace a tantissimi.
    Pero’ amico, al di la’ dei gusti, questo cala alla grande eh!
    E se uno cala, significa che non e’ in tono, e se non e’ in tono
    …..stona!
    Ciao caro, e….perdono!

    • Caro mio, certo che sei ingrado di ascoltare, per apprezzare Wunderlich non servono tanti strumenti, basta orecchio e buon gusto, hai scelto il meglio.
      Questo è cantare Mozart e come !
      Ora, pur riconoscendo a Idamante il diritto di trovare piacevole Schreier (ci mancherebbe), è indubbia la differenza abissale tra un grande tenore come Wunderlich e un velleitario.
      Poi ha ragione Miguelfleta, nell’opera francese è anche peggio, è vero, i suoi Pecheurs sono semplicemente inascoltabili.
      Ma come si fa a dire che Schreier abbia sostituito Wunderlich ?
      E’ la solita bufala da marketing.

  3. Leggendo i commenti pensavo peggio! ahahahah

    A parte l’espressione, in quanto è evidente che non si capisce quasi niente di quel che dice, la voce è leggermente indietro e negli acuti un po’ sforzata: bisognerebbe chiedere a chi l’ha sentito dal vivo se questo indietro comprometteva la proiezione.
    Per il resto mi ricorda un po’ i coristi delle Scholae Cantorum di gregoriano che si sentono in Germania, ma non mi sembra una schifezza: una esecuzione assolutamente modesta e decorosa.

    • EC: una esecuzione assolutamente modesta ma nel complesso decorosa a mio vedere.

      PS. a parte lo sfasamento video-audio, l’ho sentita solo due volte ma mi è sembrato ogni tanto problematico come intonazione, non di certo una catastrofe:
      stonato 0:13 (RI-storo)
      calante 0:29 (NO-stro)
      calante 0:55 (RI-STO-ro)
      calante 3:48 (co-OR)

      Mi impegno a risentirlo nei prossimi giorni!

  4. O generoso Sardus !
    A parte i cali e le stecche, ma chi ne è immune…, secondo me è monocorde e slegato, e poi c’è anche un problema di eufonia, ci sono fior di tenori che calano e qualche volta peggio, ma li ascolti perchè, al di là del fatto tecnico, cantano e ti coinvolgono.
    Qui manca la capacità di comunicare sensazioni e, almeno in questo caso, credo che i difetti tecnici influiscano sul risultato.
    L’ arretramento dell’ emissione “strozza” la voce, la rende opaca, non permette alla nota di uscire nella sua pienezza.
    Sembra sempre trattenuto, non fona in maschera, al massimo ci prova, e arriva al lacrimevole (piangiucchia 2:45) – ahimè io non lo sopporto – , pianto leggero ma c’è, così almeno lo sento io, e poi…insomma non mi piace ( e qui mi puoi bastonare finchè vuoi ).
    Sulla modestia della prova concordo pienamente.
    Fossi in te, rispettosamente, non starei a riascoltarlo.

  5. io l ho ascoltato il sette due ottantatre e non ho la registrazione (anzi se qualcuno l ha grazie). Io pensavo avesse una voce da tenorino tutta falsetti in realta’ dal vivo aveva una certa proiezione e i registri erano sufficientemente saldati. Cantava lieder pero’ e le sue sbiancaure (che influenzarono anche un noto wagneriano e vari tenoeini anglosassoni) erano meno fastidiose del previsto. Non so se qualcuno era alla Scala quel giorno puo’ dirmi se ricordo male.

  6. Alberto, la tua riga 3 : tenorino.
    Qui è postato Mozart, il Così…, non servono i falsetti per definirlo tale, ma perchè non ascoltate il post di Fazzari, Wunderlich !
    Non è un lieder, è Mozart !!!!
    Con tutto il rispetto….

  7. Come non apprezzare Schreier: è l’antesignano del tenore senza midollo caro a moltissimi e stimabilissimi critici musicali, alcuni dei quali il cantare a Salisburgo era ed è simbolo di una carriera riuscita.
    Purtroppo lo ascoltai dal vivo, ma non ricordo dove, avendolo cancellato dalla memoria all’istante. Credo che la sua fortunata carriera (paragonabile per altro verso a quella di Kaufmann) sia opera di personaggi che detestano la voce di tenore di grazia, e preferiscono quella del tenore di lagna ieri, ed oggi quella del tenore ibrido preferendo una mistura indigeribile di tenore+baritono.
    E’ gente che non ragiona col cervello ma con gli zebedei, se questi vibrano allora siamo alla meta.

  8. Caro Idamante, anche se in genere mi piace moltissimo il tuo imposto storico di argomentare, come l’avevi già fatto circa Fischer-Dieskau, ho l’impressione che ogni volta hai proprio bisogno di ricorrere a questi costrutti per giustificare certe sonorità che, come si capisce dal tuo intervento, sarebbero sgradevoli pure per te. Mi domando che senso ha di argomentare per un cantante se non lo si riesce ad apprezzare senza che ci sia sovrapposto un costrutto ideologico-storico-sociologico-culturale…

  9. Mi dispiace caro Marconinci ma e’ proprio impossibile trovare Schreier straordinario. Non sarebbe accettabile neppure se cantasse ” la bella Gigogin ” tanto e’ dilettantesca l’emissione e noiosissimo il modo di porgere. In vita mia ho ascoltato decine e decine di artisti del coro superiori anni luce.

  10. Cosa devo dire? La serata fu sublime, assolutamente sublime. Forse Schreier sarà stato trascinato dall’insieme, non so. Si può essere contenti di aver vissuto per una serata come quella. Me ne accontento.
    Marco Ninci

  11. In quella serata, accanto a noti (..) come Kollo, la Janovitz e Schreier, operavano gli appena sufficienti Ridderbusch e Ludwig. Karajan, da parte sua, cercava per mezzo del portafoglio di porre rimedio alla noia che ormai il suo mestiere palesemente gli ispirava.
    Marco Ninci

  12. Bah…siamo sempre al solito discorso: “bravo perché è stato scelto dal TAL direttore…”, “bravo perché ha cantato con il TAL cantante…”, “bravo perché è stato allievo del TAL divo…” Credo, invece, che ci si dovrebbe limitare – nella valutazione di un singolo artista – al soggetto, e non alla sua rete di contatti/collaborazioni… Trovo detestabile Schreier (soprattutto per il palese disinteresse nei confronti della lingua in cui cantava gran parte del suo repertorio), e poco mi interessa che sia stato diretto da Karajan, o Bohm o il fantasma di Mahler… Anche la Battle è stata diretta da fior di bacchette, ma non per questo è una brava cantante… Anche Veronesi dirige i Wiener se è per questo. Quanto a Karajan è direttore che mi interessa sempre meno…

  13. guarda che la Battle dal vivo aveva una verve che levultime zerline sentite si scordano. Era una soubrette certo ma con molta presenza (valga per tutte la sua partecipazione a un concerto d capodanno tra i piu suggestivi). Detto questo volevo dire a Giulia che poteva mettere qualche bip ma espungere tutta una sequenz d insulti originatisi in Toscana e’ un vero peccato!

    • Guarda caro Alberto che essere soprano
      della tipologia Soubrette, tipologia per la quale
      sono stati scritti alcuni tra i piu’ importanti ruoli
      del repertorio, non e’ per niente nota di demerito.
      Trovarne di Chanteuse Soubrette! Magari!
      La Battle era cantante fortemente limitata caro,
      ma non era affatto un soprano Soubrette!
      Quando mai. Cos’ha fatto del repertorio Soubrette
      la Battle? Dimmelo.
      http://www.youtube.com/watch?v=r4pbLmO1FrQ
      Voila une Soubrette, mon cher!

  14. Lele: vuoi provocarmi? chiamare in causa Richard van Allan, Gosta Wimbergh, Carlo Bini e paragonarli all’esimio professore Schreier è una bestemmia. Van Allan piaceva alle damasse del Met., il Gosta Winberg è insulso oltre ogni limite, non piaceva a nessuno e le smorfie sui visi dei lettori dei cast la diceva lunga, Bini con rispetto parlando almeno l’italiano lo conosceva. Non è comunque dignitoso paragonare i tre ultimi alle lagne, da funerale di terza classe che Schreier ci propinava .
    Concordo sulle scelte senili di Karajan che hanno gettato più di una ombra sul suo trascorso curriculum vitae.

    • Non si tratta, a mio giudizio, di scelte relegate alla senilità, ma di un modo di intendere la musica che si basa essenzialmente sul “bel suono” (e sulla tecnologia in grado di riprodurlo). E’ ovvio che un tale approccio se all’inizio sorprende per la trasparenza, la pulizia, la chiarezza (unita al lirismo congeniale a certi repertori soprattutto), ma è facile che si tramuti presto in manierismo esasperato…così è successo col Maestro, che gradualmente ha ridotto al mero “sonorismo” il suo originario approccio interpretativo.

      • Estetismo sì, manierismo esasperato mi sembra veramente troppo… Poi “bel suono, trasparenza, pulizia, chiarezza” mica son tutte brutte cose! Soprattutto se, secondo me (e non solo), mai fini a se stesse… E allora, caro Duprez, questa cosa va affrontata: magari, compatibilmente con la voglia e gli impegni, con un post in cui si esprimano in maniera più ampia e dettagliata questi giudizi su Karajan. Seppur non tematico sul solo canto, sarebbe un post di enorme interesse.

      • Sì, ne parleremo in modo più approfondito (è un po’ di tempo che sto pensando alla “questione Karajan”), certo è che non so come definire in altro modo che “manieristico” o “autoreferenziale” il suo secondo Flauto Magico, la sua seconda Carmen, i suoi Barndeburghesi con i Berliner, la zuccherosissima Patetica, la Passione secondo Matteo (quella mastodontica targata DGG, che pure un certo fascino ce l’ha), le Quattro Stagioni, il suo Mahler preso in blocco, l’ultimo ciclo beethoveniano, il Lohengrin, Don Giovanni, le seconde Nozze di Figaro (forse l’incisione più noiosa del capolavoro mozartiano)….sino a quel mostruoso Parsifal che è la summa dell’estetica del Maestro, fasullo dalla prima nota all’ultima e freddo come un prodotto di laboratorio: l’incisione che meglio rappresenta la degenerazione di Karajan, il suono per il suono, ottenuto attraverso l’ausilio di una tecnologia invasiva e preponderante in cui la musica è l’ultimo interesse (e davvero qui vengon buone le parole di Celibidache su Karajan come la Coca Cola). Certo Karajan è stato molto altro: preferisco ricordarlo nei primi straordinari anni o in certe eccezioni (soprattutto operistiche: preferisco il Karajan “operistico” rispetto a quello “sinfonico”)

  15. Beh, ero stato buon profeta, no?… :)

    Allora, intanto ringrazio ancora la Grisi per aver dato al mio post questo rilievo inatteso (e forse eccessivo). Ringrazio inoltre i numerosi intervenuti alla discussione, ai quali peraltro mi sento in dovere di ricordare come abbia avuto origine il mio intervento in questo caso particolare, e più in generale su questo sito. Il mio passaggio dalla mia condizione prediletta di saltuario “lurker” a quella di partecipante attivo avvenne in occasione del “quaresimal” dedicato a Fischer-Dieskau, che veniva presentato in poche righe come uno pseudo-cantante e che nei commenti successivi era qualificato come poco più che un dilettante. Mi colpì che in un sito per altri versi così ricco di informazioni e di riflessioni, sul quale un neofita o uno studente potrebbe eventualmente raccogliere le prime nozioni, un cantante comunque fondamentale come Dieskau venisse liquidato in una maniera così sbrigativa e a-problematica. Scrissi dunque alcuni commenti in cui cercavo di presentare Dieskau in una prospettiva più completa, e in cui fra l’altro mettevo il dito su quelle che erano dal mio punto di vista alcune lacune “ideologiche” del sito. Un analogo mio intervento seguì in seguito a un’analoga stroncatura “quaresimale” su Hermann Prey. Recentemente poi, in seguito a uno sprezzante accenno a Schreier da parte della Grisi, ribattei scherzosamente che in effetti mi ero stupito di non vederlo comparire nel Quaresimal, altrimenti mi sarei esibito in un’altra apologia riparatrice. La Grisi mi esortò a scriverla comunque, e da qui il mio intervento. Tutto questo per chiarire che sapevo bene il tipo di reazioni a cui sarei andato incontro, e che tuttavia non si è trattato da parte mia di un’improvvisa e gratuita provocazione.

    Come si è visto, malgrado la presentazione introduttiva della Grisi, i commenti non hanno affatto riguardato l’ambito del Lied ma proprio la figura dello Schreier cantante: ritengo sia giusto così, e in effetti io stesso mi sono astenuto dal porre l’accento sulla liederistica perché sinceramente non mi sembra che in generale in questo sito ci sia sufficiente interesse ed amore per il genere da poterne dibattere con cognizione di causa (by the way, Akonkagua, al singolare si dice un Lied, non un lieder). Cercando di usare fair play ho preferito postare l’aria di Mozart, cioè quanto di più vicino (con le debite differenze) al belcanto italiano, che rimane comunque al centro dei vostri interessi e delle vostre competenze. Non a caso è questo il terreno in cui la divisione fra ammiratori e detrattori di Schreier è più netta, e da ammiratore mi sarebbe parso ingiusto non dare ai detrattori adeguato terreno di critica.

    Riguardo al tipo della critiche da voi mosse, direi che rientravano più o meno tutte nelle previsioni con la splendida eccezione della critica all’intonazione: ecco, Schreier stonato credo di non averlo mai sentito dire prima, ma è sempre bello fare nuove esperienze. Ora, al di là del fatto che come è stato notato un’esecuzione può anche essere intonata ma insignificante o al contrario magnifica ma con problemi di intonazione, e che dunque non è questo il punto nodale, vi dico tranquillamente che qui avete preso una cantonata. La critica,poi ripresa da molti, è stata lanciata dal simpatico Mancini che non è nuovo a infortuni di questo tipo. Intendiamoci, io credo che Mancini sappia molto bene in teoria che un suono può essere ben posizionato ma carente di intonazione oppure (molto più frequentemente) intonato ma con problemi di emissione, però nella concreta pratica dell’ascolto ha dimostrato diverse volte di vedere inesistenti problemi di intonazione là dove riscontrava problemi di emissione (reali o presunti), o viceversa di non accorgersi di difetti di intonazione là dove il suono era posizionato in maniera per lui “corretta”. Qui siamo in presenza del primo dei due casi, e credo che anche chi fra gli altri abbia riscontrato problemi di intonazione sia stato in realtà disturbato da quella “strana” emissione. Sardus ha peraltro ricondotto il presunto disastro di intonazione a solo 4 casi, dei quali io ne recepisco essenzialmente due come significativi: il SI a 0.13, di intonazione incerta perché per lui di passaggio e dunque quasi “declamato”, e il LA a 3.48, che non è però calante ma semmai leggermente crescente (difetto a mio avviso irrilevante di fronte alla capacità a mia memoria unica di prendere il suono direttamente, senza alcun portamento e senza alcun aumento dell’intensità rispetto al MI precedente: so bene che queste qualità “strumentali” qui non godono di alcun credito e non vengono nemmeno riscontrate, ma questo dovrebbe forse indurvi a qualche riflessione..). Poi, siccome l’intonazione è uno dei pochi parametri che nel canto sono davvero oggettivi in tutto e per tutto, se qualcuno ne ha voglia vada a verificare con un apposito programma informatico o anche con un semplice rilevatore di frequenze recuperabile da qualsiasi accordatore di pianoforti, e faccia i dovuti confronti: scoprirà mille piccole imprecisioni e oscillazioni nell’intonazione, ma ne scoprirà altrettante in qualsiasi grande esecuzione ritenuta impeccabile, dalla Sutherland a Kraus, da David Oistrakh a Pablo Casals… Per cui per cortesia adesso risparmiamoci un interminabile scambio di post del tipo “Ma non senti che stona?” “No, non stona” e saltiamo direttamente alla tappa finale: voi mi consigliate tutti in coro di rivolgermi quanto prima a un otorino ma che sia bravo, e io vi dico che se di questa esecuzione voi prendete di mira l’intonazione vi esponete alle grasse risate dei molti musicisti che già ora vedono in questo sito (ingiustamente) niente più che un “comic relief”. E poi ognuno si regoli come crede.

    Per quanto riguarda il discorso più specificamente vocale, le reazioni (e i simpatici sfottò) sono quelle consuete di chi, a torto o a ragione, non è ricettivo nei confronti di un’emissione non all’italiana. Per cui: “ma dove fona?” (ecco, in gola proprio no, capirei se gli si rimproverasse una head voice, ma la gola no..) “Il suono è indietro… sarà stato proiettato?” Io lo ascoltai dal vivo, fra le altre volte, cantare a 70 anni una Winterreise, immobile come un bonzo: la prima cosa che colpiva, più ancora dell’interpretazione, era proprio il suono tutto proiettato in avanti che “correva” prodigiosamente nella Brahms Saal del Musikverein. Il timbro era percettibilmente invecchiato, e ci fu anche qualche sbandamento, ma la proiezione rimase costante per un’ora e 10 di musica più 4 o 5 bis: il commento più ricorrente fra gli ascoltatori era proprio “Welche Stimme”, il che per un settantenne credo denoti una certa tecnica, qualsiasi essa sia.

    Un paio di brevi precisazioni su quanto ho scritto, a scanso di fraintendimenti:

    @massimo.fazzari. Beh, sì, certo che vedo differenze fra Wunderlich e Schreier, mi sembrava di aver impostato il mio post proprio sulla differenza fra i due. L’aspetto interessante dal punto di vista “culturale” è che questa differenza per molti ascoltatori di “scuola italiana” si traduce immediatamente in un abissale divario qualitativo in favore di Wunderlich, mentre per molti altri non è percepita come contrapposizione,ed anzi i due vengono visti in termini di assoluta affinità non solo nazionale ma anche vocale. Conoscevo ovviamente l’esecuzione che tu proponi e la trovo anch’essa splendida, ma non mi metto a far classifiche fra questa e quella di Schreier (in generale non amo i confronti “versus” e fra l’altro in questo caso i due non cantano neanche nella stessa lingua). Per me sono due artisti diversissimi tra loro ma entrambi grandissimi.

    @miguelfleta, a proposito del repertorio italiano. Ho scritto che Schreier si è tenuto alla larga del repertorio italiano A PARTE quello mozartiano, che certo fu parte fondamentale della sua attività (sull’”italianissima vocalità” di Mozart però non sono affatto d’accordo, come già ebbi a scrivere in passato). Confermo che invece le sue frequentazioni del resto del repertorio italiano furono assolutamente sporadiche ed insignificanti, specie se paragonate a quelle di un Prey e soprattutto di un Fischer-Dieskau. Questo vale per le opere da te citate, e fra l’altro quando citi Pescatori di perle, Faust (di Boito? Sicuro?) e Forza del destino mi viene il sospetto che la tua fonte sia sempre quel disco di duetti con Theo Adam, tutto in tedesco e inciso soprattutto per il mercato della DDR, che non mi è mai interessato ascoltare. Non mi risulta che Schreier le abbia mai eseguite integralmente e se così fosse è chiaro che consiglierei di stendere un pietoso velo sull’argomento, così come farei se qualcuno mi portasse i live delle esecuzioni della Schwarzkopf in Traviata e in Butterfly. Anche l’Haendel che tu posti mi sembra più che altro una chicca d’epoca buona per strappare un sorriso, ma allora se vogliamo giocare alle perle nere qualcuno posti il suo “Torna a Sùrriento” e non se ne parli più.. Comunque è chiaro che nulla rende scusabile il suo completo e ostinato disinteresse per i rudimenti della pronuncia italiana.

    Infine, qualche osservazione più generale: in diversi commenti ho trovato frasi del tipo “Vabbè, a te potrà anche piacere, però…” Ecco, nelle mie intenzioni c’era di abbozzare un discorso un filino più complesso di un semplice “A me Schreier mi piace”: ho cercato di accennare, nei limiti della brevità dello spazio, una problematizzazione di tipo culturale, ma questo non mi sembra sia stato colto da molti. Sull’estremo opposto, vi è invece chi come la Pasta ha invece colto e apprezzato soprattutto proprio l’impostazione storico-culturale, e ne ha però tratto l’impressione che in fondo in fondo Schreier e Fischer-Dieskau non piacciono neanche a me. Allora cara Pasta, mi rendo conto che questo ti possa sembrare incredibile, ma ti assicuro che la mia inclinazione verso le sonorità di questi cantanti è assolutamente spontanea e non “sovrastrutturale”, e credimi se ti dico che nel mio approccio personale con la musica storia e ideologia stanno più o meno all’ultimo posto. Il punto è che se mi prendo la briga di scrivere qualcosa cerco di tener conto dell’interlocutore a cui mi rivolgo, e se vengo in un blog con un orientamento ben preciso come il vostro cerco di creare dei canali di comunicazione che travalichino per quanto possibile le differenze di gusto e di sensibilità personali. Intendiamoci, trovo commovente l’ingenuità con la quale Akonkagua può scrivere una frase come “Manca la capacità di comunicare sensazioni” che traduce poche righe dopo in un più schietto e diretto “…insomma non mi piace”. Ma è chiaro che una simile fiducia che la propria percezione soggettiva rispecchi senza filtri la realtà dei fatti può essere concessa solo all’interno di una cerchia che in quel tipo di percezione si identifica e si riconosce. Se io venissi qui a magnificare la “capacità di comunicare sensazioni” di Fischer-Dieskau e Schreier, voi giustamente mi trattereste come un pisquano o come uno di quei fans di Giovanni Allevi per i quali il loro idolo è uno dei più grandi compositori della storia “perché mi emoziona”. Provo grande simpatia per la figura di Miguelfleta il quale, colto da sommovimenti intestinali e viscerali crisi di rigetto ogniqualvolta gli capita di ascoltare Schreier, e vedendolo al contempo ammirato da critici, musicisti e cantanti di indubbio prestigio, non se ne capacita e allarga le braccia sconsolato alzando al cielo uno sguardo di muto rimprovero. Vedo qui una presa di coscienza quasi dolorosa della differenza della propria percezione da quella del mondo esterno. E devo dirgli che fa benissimo a continuare ad ascoltare sé stesso piuttosto che adeguarsi a una presunta “opinione dei saggi”, perché non vi è dubbio che il consenso non offre una reale garanzia di veridicità e di qualità, a nessun livello. Vi assicuro che a me non può fregar di meno se Schreier è ai primi posti delle classifiche stilate dai critici, e d’altro canto sono certo che continuerei a pensare lo stesso di lui come cantante anche se si scoprisse che il vero motivo per cui ha fatto carriera è che era una spia della STASI in incognito. Guardate, io quando ero ragazzino non sopportavo la musica di Chopin: mi trovavo ovviamente in splendida solitudine, ma questo non mi impediva di trovarlo affettato, manierato e sostanzialmente insincero. Ora ho radicalmente mutato opinione e l’ho considero fra i più grandi, ma non certo perché qualcuno me l’ha spiegato, piuttosto per un mio autonomo mutamento di gusti e sensibilità. E tuttavia non posso dire che all’epoca la mia sensibilità fosse difettosa, era semmai per un mio qualche eccesso di sensibilità che qualcosa di radicale insito nella musica di Chopin cozzava contro qualcosa di radicale che c’era in me allora. E in linea di principio non è nemmeno da escludere che io all’epoca avessi ragione: forse, chi può dirlo, io coglievo allora dei difetti che sono davvero presenti nella musica di Chopin, e che ora mi sfuggono.. Tutto questo per dire una verità molto semplice, e cioè che la percezione di un opera d’arte ci arriva attraverso innumerevoli filtri: culturali, biografici, biologici, ecc., e che dunque stabilire il reale valore “oggettivo” di essa presenta parecchie difficoltà e non esattamente come risolvere un’equazione matematica o misurare il salto in lungo di un atleta. Se si ammette che il canto è una forma d’arte, oltre che una tecnica (quale effettivamente prima di tutto è), si dovrebbe anche cercare di tenere forse in maggior conto queste complessità, e non fidarsi troppo o soltanto di presunti parametri “oggettivi” che fatalmente rischiano di coincidere con dei gusti individuali, o di una cerchia di individui… Dico questo per seminare qualche dubbio, ma non certo per convincervi: se vi convincessi, voi non sareste più i grisini…e sarebbe un peccato, no? :)

    Ho cercato di rispondere a tutti nella maniera più esauriente possibile: qualora la discussione dovesse proseguire oltre, mi scuso anticipatamente se non potrò intervenire con la dovuta attenzione.

    • Hai fatto bene a rispondere a tutti : Bravo!
      Tieni presente, se vuoi, e se ti interessa, quello che,
      in questo sito si pensa del cantante in oggetto.
      Io, piu’ che dirti che per me e’ una schifezza, non ho altro da aggiungere.
      Te lo dico perche’ lo penso. E penso che sia una delle piu’ grandi schifezze vocali mai apparse sulla scena.
      Certamente non potro’ cambiare’ la tua opinione ed ancor piu’ certamente non cambiera’ la mia, figurarsi.
      Non sono comunque in accordo con te sulla vocalita’
      del “Cosi’ fan tutte”, che, per me rimane italianissima, ma, come scoprirai, sono prontissimo
      a fare ammenda ai miei errori, quando mi verra’ spiegato che di errori si tratta. Chi mi conosce lo sa bene, e gia’ lo ha verificato. Con affetto. Miguel.

      • Mi scuso per il ritardo con cui rispondo.
        Riguardo alla vocalità mozartiana, sottolineavo che essa precede l'”invenzione” di una nuova vocalità idiomatica da parte di Bellini e Donizetti, dove la scrittura asseconda e valorizza appieno le qualità naturali della voce. Da questo punto di vista può essere utile il confronto proprio di “Un’aura amorosa” con “A te o cara”, che presentano incipit per certi versi analoghi. In “A te o cara” già i salti iniziali di quarta ascendente la-re (ca-a-ra, talo-o-ra) assecondano la caratteristica naturale della voce di espandersi nella salita verso l’acuto: il fatto che i due re cadano su sillabe deboli della parola è qui totalmente irrilevante, e smorzare o trattenere l’intensità del suono sarebbe incongruo e fuori luogo. Al contrario in Mozart, dove i salti iniziali di terza ascendente do diesis-mi e si-re (a-au-ra; no-o-stro) non implicano in alcun modo una “climax” : è dunque opportuno un attento controllo “strumentale” dell’intensità, mentre lasciare la voce espandersi “naturalmente” nelle salite rischia di sfigurare irrimediabilmente la linea. Pavarotti ad esempio ci casca con tutte le scarpe: http://www.youtube.com/watch?v=kQw3CJFl7wQ.
        Inoltre, la scrittura vocale di Mozart differiva anche da quella di gran parte dei suoi contemporanei italiani, come già veniva percepito all’epoca. Infatti, pur non essendo affatto avverso all’improvvisazione ornamentale degli interpreti, la sua scrittura orchestrale era di una tale ricchezza che inibiva di fatto un’ ampia libertà nelle variazioni e nella conduzione dell’agogica. La cosa infastidiva non poco alcuni cantanti, come la grande virtuosa della variazione di inizio ‘800 Angelica Catalani: “she detested Mozart’s music, which keeps the singer too much under the controul of the orchestra, and too strictly confined to time” (così il contemporaneo Mount-Edgcumbe). Insomma, per quanto Mozart si vantasse di saper scrivere “su misura” per i singoli cantanti, la sua vocalità è pur sempre “al servizio” della musica, caratteristica che invece non appartiene alla tradizione italiana…

        • Mi sembra, come scrive Mancini sotto, che a furia di generalizzazioni – la vocalità di Mozart non è tradizione italiana – si dicano molte sciocchezze ed inesattezze!
          Come tanto tempo fa ricordai al buon Duprez sulla ornamentazine in Mozart, questa si faceva e si DEVE fare, in particolar modo nel Mozart italiano serio. Prove concrete? Le sopravvissute variazioni del Marchesi quando cantava Cecilio del “Lucio Silla” (se non è questa vocalità e concessione puramente italiana questa … ) o le variazioni alle arie da concerto della Weber.
          Io purtroppo non conosco molto il mozart italiano – una grande pecca a cui porrò rimedio – ma da quel che leggo la Catalani cantò solamente Susanna. Sarebbe utile approfondire questo caso: d’altronde, lo stesso Rossini si incavolò con la Patti quando gli variò persino i recitativi!!!

          • Beh, sono lieto di vedere che i miei testi ispirano traduzioni così libere e fantasiose… Io non ho mai detto che mozart va cantato senza dinamiche, ho solo detto che le sue dinamiche spesso non assecondano le caratteristiche naturali della voce. Né ho detto che mozart non va variato, anzi all’ opposto, e all’ epoca anch’ io ricordai a duprez che per mozart variare è requisito fondamentale dell’ interprete.e però è vero. al contempo che la sua srittura orchestrale kponedei limiti all’ improvvisazione ornamentale, diversamente dalla semplice scrittura accompagnante di un cimarosa o di un sarti. fra l’altro, sardus, tu citi vari

          • …. tu citi delle variazioni di marchesi sul silla, che a me non risultano: forse hai ragione, ma non vorrei tu ti confondessi con le variazioni che mozart stesso compose in un secondo tempo sull’ ariadi cecilio, a scopo didattico per aloysia weber. Il primo cecilio era stato rauzzzini che senza dubbio aveva imp

          • SCUSATE LO SMARTPHONE! …aveva improvvisato personalmente le variazioni. poi se anche la catalani avesse cantato solo Susanna non vedo cosa proverebbe, anzi in teoria potrebbe indicare che si èproprio tenuta alla larga intenzionalmente da mozart . comunque non ho certo voluto porre una contrapposizione radicale tra mozart e la tradizione italiana, al contrario penso che le sia molto più debitore di quanto certa critica tedesca nazionalista ritiene. e però non c’è dubbio che per diversi importanti aspetti se ne diversifica, come venne notato fin da subito.

  16. boh… io a questo Schreier,piu che stonato ,lo trovo monotono,e noioso,dopo un minuto te lo sei dimenticato,mi lascia indifferente,grave per un cantante.

    ma scusate sul maestro Karajan..intendete quel Karajan, oppure a qualcun altro?

  17. 1 – scusa il tu, non ho intenzione di approfittarne – non ti sottrarre a proseguimenti, l’esaurienza, se posta in questi termini, è dottorale, solo personale…quindi parziale.
    2 – grazie, hai ragione, lieder era un errore, il tedesco non è mia lingua e lo possiedo poco, mi scuso, ma in questo caso era veramente solo un errore : lied è uno dei pochi miei termini in quell’ idioma.
    3 – “a me Schreier MI piace”, scusa di nuovo, ma in italiano è a sua volta un errore, tanto per parlare di sintassi e grammatica – scusa se te lo faccio notare, ma è una brutta piccola caduta se vuoi fare le pulci linguisticamente a qualcuno – e, dal momento che ho attive le tre lingue con cui si gira il mondo, (peccato che il tedesco non ci sia…) più quella “scartina” dell’ Italiano….
    e non mi dire che l’hai scritto apposta ….nè (gioco, via) ??!!
    4 – personalmente riconosco che la liederistica, come genere, non è dei miei preferiti, perciò, scusa ma insisto, perchè postare Mozart ?
    Non ti nascondere dietro l’ intenzione di – non è letterale – ” farci un favore data l’ impostazione del sito”, è un po’ scarsina.
    Via, non credo tu abbia bisogno di indicazioni da noi per scegliere se postare un lied o un aria – ripeto aria – di Mozart.
    In soldoni : la prossima volta, se ti riferisci a quello, posta un lied, così ci capiamo meglio.
    5 – il tuo escursus sulla necessità di superare in qualche modo i gusti e arrivare a qualcosa che li travalichi è apprezzabile ma sa molto di saggio accademico : i gusti, in quanto tali, dipendono da substrati culturali imprescindibili, e da inclinazioni personali alle quali, credo, nessuno di noi possa sottrarsi.
    Non ti piaceva Chopin da piccolo ? crescendo l’hai apprezzato ?
    Meno male !
    Ma dicendo questo ti riferisci a una maturazione derivante dalla crescita “culturale” – per usare un termine quasi omnicomprensivo – che si produce in ognuno di noi man mano che le influenze ambientali, scolastiche e poi frutto di esperienza, si accumulano producendo adattamenti progressivi a ciò che ci circonda.
    Schreier però, in questo senso, non è un paragone plausibile : faccio il semplice e la butto in politica – e non tentare di approfitarne, per favore, sarebbe improprio – : prova a far mangiare una bistecca a un vegetariano…
    Schreier non è Chopin, è uno che canta mediamente maluccio, e non riesce a supplire alle sue carenze tecniche con altre doti .
    6 – non credo sia tempo e luogo per aprire una discussione approfondita fra le radici dell’ operismo italiano, quello tedesco, la liederistica, e perchè – per esempio – Mozart produca buona
    parte delle sue opere in lingua italiana, lo sappiamo più o meno tutti e… forse era “la penuria dei tempi”…
    7 – Schreier rimane quel che è, piaccia o no a me, a te o ad altri, uno che prende note – tecnicamente parlando – “non troppo” apprezzabili, e ti ricordo che il tuo post di partenza fa chiaramente riferimento ai pomodori che qui potrebbe ricevere.
    8 – Apprezzo comunque tutto : il tuo escursus, la tua risposta e le tue critiche, e ti prego di perdonarmi se sopra sono stato un po’ sanguigno, personalmente gradisco molto gli inviti a discutere come il tuo, sono molto stimolanti e lasciano sempre traccia.

  18. Per Idamante.

    Dimenticavo di aggiungere, e me ne scuso,
    che per quanto poco condivisibili siano le Butterfly
    e le Violette eseguite, ancorche’ solo in sala
    d’incisione , dalla Signora Schwarzkopf,
    neppure lontanamente, vocalmente parlando,
    raggiungono l’ignominia esibita dal tenore (?)
    Schreier nella quasi totalita’ delle prove discografiche
    o meno lasciate dallo stesso.
    La Schwarzkopf ha perlomeno lasciato dignitosissime prove
    in Wollff ed in Mahler, cosi’ come in Schumann ed in Strauss.
    Era elegante, cantava un’ottimo tedesco
    era una notevole presenza scenica, aveva una voce, (te lo garantisco amico mio avendola vista piu’ volte) aveva un colore, aveva un fiato, aveva un’ air d’entre’, differenziava
    Tchaikovsky da Haendel, sosteneva ,due frasi due ,di fila,
    stonava non piu’ di cinque, sei volte nell’arco di una recita (e non
    nell’ambito di un’aria come Schreier), e, per quanto criticabile fosse sotto l’aspetto puramente tecnico, non ha lasciato ai posteri ignominie vocali. Gnagnere vocali invece ne lascio’, molte , anche lei.
    Che poi Schreier abbia eseguito la “Sposa venduta” o il “Faust” solo
    in tedesco, lingua che, a differenza dell’inglese padroneggio benissimo, non serve a togliere, a questa metastasi del canto , i suoi difetti. Come poco mi importa se Bizet o Verdi siano riuniti in un’unico disco con quel fenomeno di Adam. (che me frega? canta male? Si? Punto!), e che c’entrra “Torna a Surriento?”
    Mai sentito in rumeno dalla Pally o in russo dalla Obukhova?
    Cane era e cane rimane, gia’ da quando aveva quattordici anni.
    Te le raccomando le sue interpretazioni, quattordicenne, di Haendel e Bach! Per carita’!
    Son li’ tutte da sentire su YT se proprio le gonadi o l’appetito non imperano. Buon ascolto.
    Questo e’ repertorio tipico del tenore (?) Schreier, e quindi non “Torna a Surriento”, amico caro :
    http://wwv=wCLcylYgG1cw.youtube.com/watch?
    Uno dei capolavori, almeno per me, della liederistica di tutti i tempi,
    e, uno dei maggiori successi discografici e non, del tenore (?)
    Schreier. Commentalo! . Dico e ripeto, una delle pietre miliari del repertorio del tenore (?) Schreier. Mbe’? L’ha scelto Karajan? L’ha accompagnato Richter? Bravi!!!!! Bell’impresa!

  19. cari Idamante, grazie per il modo con cui rispondi, penso sia la maniera giusta di scambiarsi opinioni su questo sito, ma non solo.
    Mi permetto di essere in disaccordo sul ” paragone” con Wunderlich, in particolare considerando la stabilita’ della voce, lo squillo e la ricchezza o meno di sfumature,oltre ovviamente allo stile, fattori tutti , a mio modesto parere, a favore di Wunderlich.

  20. E ciò fia suggel c’ogn’uomo sganni… http://www.youtube.com/watch?v=Es6OuGMHa_c.
    Non riesco ad ascoltare Schreier, né alcuno dei suoi colleghi (Haefliger…). Né nel repertorio operistico, né in quello liederistico (tutt’altro che semplice e che non deroga i canoni della CORRETTA FONAZIONE… vogliamo mettere lo Schubert di Schreier con quello della Norman http://www.youtube.com/watch?v=GjwuLDrOw0U (o dello stesso DFD… che, lo confessoi, è una mia debolezza: non ho condiviso la sua fucilazione nel quaresimal)?

  21. Idamante, vorrei portare anche le mie argomentazioni su Schreier, cercando di farlo nel modo più breve possibile e partendo da un paio di premesse.

    La prima è che, a mio sommesso avviso, la successione Wunderlich-Schreier sta solo sulla carta, stante un abisso tecnico tra i due. E non è solo questione di colore della voce. Che Schreier canti tendenzialmente indietro sbiancando e fissando un po’ il suono… beh dalle registrazioni mi pare di una certa evidenza.
    Ciò detto questo non vuol dire che la voce non possa essere stata sonora: io purtroppo non l’ho mai ascoltato dal vivo, però può darsi che sia uno di quei cantanti che – come mi piace dire attraverso un’espressione sibillina – portano avanti il suono: non la voce.

    La seconda premessa è che non mi piace né ho voglia, né – a dire il vero – il tempo di sottoporre ad un esame critico ogni biscroma cantata da chicchessia. Mi limito ad una visione di insieme: a volte qualche suono calante mi scappa; altre volte no. Pazienza.
    Dico di più, non me en frega tendenzialmente nulla che un cantanti sbagli una nota, non appoggi bene quel suono, ne cali un altro…
    E a dire il vero non ritengo questi singoli intoppi il sintomo di una cattiva tecnica.

    Ciò detto nella registrazione che ci hai suggerito non ho trovato i difetti di intonazione sottolineati da alcuni, se non forse un appoggio malcerto sulla “i” di ristoro.
    Ma non è questo quello che mi importa.
    Mi importano molto di più due cose: uno, l’impostazione generale della voce; due, l’intelligenza nel dire. L’interprete, insomma, per dirla in maniera facilona.
    Ti confesso che Scheier non mi piace né sotto il primo profilo, né sotto il secondo.
    Come già detto la sua emissione è arretrata, sbiancata, fissa. Ciò conduce alla percezione di un certo sforzo vocale e di acuti abbastanza chiusi.
    Un’impostazione non esemplare ha come corollario quello di limitare il cantante nella capacità di trasmettere quello che vuole dire, questo è sacrosanto. Tuttavia, se proprio non è impedito nel canto, almeno le buone intenzioni di solito si colgono.
    No è, secondo il mio gusto, il caso di Schreier che si dimostra un cantante quasi sempre privo di colori, disinteressato a quel che canta tanto quanto alla paletta di strumenti in mano ad un cantante per arricchire il fraseggio.

    Come prova favorevole a quel che dico, ti propongo di comparare l’aria di Ferrando di Schreier con l’esecuzione di Dermota: http://youtu.be/YyI5gxQbKrQ
    Tecnicamente la voce del tenore sloveno è a fuoco, avanti: non viene mai spostata dalla sua collocazione sui denti e tutte le note sono una dentro nell’altra. Dal lato interpretativo il suo canto è ricco di smorzature alternate a momenti di canto più disteso. Poi senti come intona “al cor che nudrito da speme da amore…”: qui si percepisce davvero un “intimo calore”, mentre Schreier sembra che sia lì lì per invadere la Polonia.

    Buona settimana!

  22. Non sono stato poi così breve come avrei voluto 😀

    Aggiungo una postilla. Credo sia chiaro che trovo Schreier oltre che non compito, mostruosamente palloso: quasi ci fosse una malcelata intenzione di rendere noiosa ogni cosa canti.

  23. @idamante: non ho assolutamente alcun pregiudizio nei confronti di Schreier visto che non lo conoscevo prima che lo citasti ed è la prima volta che lo sento cantare in questo brano del Don G.
    Come ho detto sopra, a me Schreier è sembrato modestissimo ma nell’insieme decoroso, eccetto appunto l’aver capito poco e niente di quel che diceva e per cercare il perlo nell’uovo, qualche piccola imperfezione di intonazione, cosa che può succedere come sottolinea Tamberlick.

    • Per inciso, e spero che almeno chi qui studia canto sia in grado di comprendere, non sto dicendo che il cantante sia stonato d’orecchio, nient’affatto. Dico che cala per evidenti problemi di emissione.

      • per me Mancini c’é stonata e stonata. Ci sono piccoli e grandi stonati. I grandi stonati sono per esempio Casellato Lamberti (per tutta la carriera) la Milanov per buona parte della carriera; Lauri Volpi dal dopoguerra in poi. Per i piccoli stonati rimando e concordo con quanto scrive e descrive Idamante in maniera superba da una doppia prospettiva, quella dell’ascoltatore e quella del musicista esecutore. Questi sono la maggior parte. Ci sono infine i cantanti cd. musicalissimi (ma sono veramente pochi se si analizzassero le loro esecuzioni con strumenti scientifici) e il loro ascolto é molto interessante per questa capacità non comune (visto che ogni mattina ti svegli con una voce diversa e ogni giorno più vecchia). Una molto intonata per me é quella cantante romana il cui cognome lo ottieni moltiplicando per due il tutore di Rosina futura sposa del Conte d’Almaviva che (un po’ingenuamente) per circa due ore e mezzo credeva chiamarsi Lindoro.-

  24. Scusate, sono in ritardo ma, visti certi posts precedenti, mi è tornato in mente che bisogna forse fare una distinzione : c’è il Karajan della Lucia del ’55 a Berlino – Callas, Di Stefano, Panerai, Zaccaria, dove l’ orchestra sottolinea e sostiene, e c’è quello ancor precedente del Tristano del ’52 – Modl, Vinay ecc, beh un po’ corrusco ma “accettabile”, poi c’è l’ appiattimento progressivo, e mi dispiace dirlo, a dispetto di chi forse pensa che Karajan negli anni non sia cambiato…: Verdi, Puccini, Wagner, Tchaikovsky, Mozart, tutti con le stesse sonorità, roba da pazzi.
    In più, riedizioni e riedizioni delle sue incisioni, la casa gialla che ci ha dato dentro….e sappiamo tutti di chi parlo.
    Solo soldi ?, non lo so, però…
    Cosa altro aggiungere ?
    p.s. Idamante tira il sasso – grossino – e poi ritira la mano (vedi la sua chiosa alla risposta), beh poco civile o no ?!
    Idamante, risposte al tuo pistolotto difensivo ne hai avute abbastanza, esci dal guscio, rispondi, non ti mangiamo…
    Per questa sera, buona notte a tutti.

  25. Su Karajan ho sempre preso le distanze dalla deriva che portava la maggioranza degli scaligeri a ritenerlo, da quando (guarda caso) smise di dirigere al tempio, un direttore in fase involutiva. Quando investii i miei primi guadagni in costose trasferte a Salisburgo e Berlino(dove uno zoccolo duro di milanesi lo seguiva) constatai a torto o a ragione come il disprezzo manifestato dai predetti era un po’ frutto di un “vorrei ma non posso” tanto che, da bravi volpini, stigmatizzavano la frutta offerta dal maestro come poco matura (anzi nello specifico sarebbe meglio dire “troppo” matura). Non si può ovviamente avvallare in toto le produzioni di Karajan nate in estasi di star system ed é giusto distinguere caso per caso, tuttavia alcune cose mi sembrano pacifiche: a) i Berliner sotto di lui raggiunsero un livello che a mio avviso nessuna orchestra ha in seguito eguagliato; b) come per Luchino Visconti, Raffaello Sanzio o Arturo Benedetti Michelangeli, almeno il culto del bello all’estrema potenza che caratterizzò le produzioni di Karajan fino alla stagione precedente la sua dipartita non merita disinvolte revisioni

    • credo, però, che giudicare karajan delle registrazioni dell’ultimo decennio inevitabilmente porti a parlare di involuzione. sarebbe come pensare che toscanini sia quello delle realizzazioni BBC. poi non sarai d’accordo, ma ……chissene….

      • È comunque vero che i Berliner sotto la sua direzione suonavano in modo irripetibile. Come dice sempre un mio amico berlinese, i Berliner sono sempre gemme, ma adesso sono diamanti, rubini, smeraldi e zaffiri. Karajan in orchestra voleva solo diamanti.

        • Per dirla con De Andrè: “dai diamanti non nasce niente”…ed è vero: i Berliner di Karajan erano la sua macchina da suono. Perfetti, ma standardizzati su nu solo registro, che poi sarà capostipite del suono “internazionale” sempre uguale sempre inanimato. Nelle rare (rarissime) occasioni in cui i Berliner sono stati diretti da altri – capaci di imporsi s’intende – i risultati sono comunque più stimolanti. Prendi la Nona di Mahler nello storico live diretto da Bernstein, pur con alcuni svarioni (evidentemente l’orchestra faticava a comprendere ciò che il grande Lenny voleva dire con “imbruttire il suono”), oppure le prove della Settima di Bruckner diretti da Celibidache.

      • E’vero SuperDD che Toscanini non poteva contare su cantanti del calibro di Tamagno, Patti (beh questa era di un’altra generazione) o Storchio (che sarebbe stato interessante verificare in che misura lo condizionavano), ma noterai che laddove gli apparati di registrazione sono più efficaci e i cantanti migliori (vedi Falstaff) Toscanini anche quasi novantenne é il numero uno. Poi ti dirò che anche in Boheme e addirittura Traviata si percepiscono qualità in stretto rapporto causale con il cervello del maestro e difetti in stretto rapporto causale con i mezzi tecnici di cui disponeva.-

        • toscanini si sa era pragmatico e ad esempio eseguì sempre la pira abbassata disponendo di pertile, eseguiva però in tono caro nome (omesso il mi nat, che la toti per certo non aveva) nei pagliacci voleva le puntature di tonio etc. io però mi domando altro ossia se certe licenze (esempio il no vecchio ti inganni di galeffi, il si nat di eboli tenuto e non toccato dalla stignani, ovvero prodezze strappa applauso) venissero praticate anche nelle recite . è un dubbio che mi devo purtroppo tenere.
          aggiungo una chiosa il falstaff di toscanini è inarrivabile (solo de sabata rivaleggia) e se ascolti quel primo atto di salisburgo (fra l’altro di ottimo suono) ci sono acrobazie del direttore uniche da farti saltare sulla sedia ad esempio e l’ho credo già detto gli interventi di uomini e donne al secondo quadro.

  26. Non è solo una questione di star system, né di una divisione tra il Karajan “buono” e quello “cattivo”. Neppure ha senso parlare di invidia o di “vorrei ma non posso”: il Maestro è da tempo dipartito e il mio giudizio è scevro da qualunque sindrome da volpe & uva. Neppure è questione di culto del bello. Si tratta di un modo di concepire la musica che è naturalmente portato all’autoreferenza. Non ho mai distinto la carriera di Karajan in due tronconi, come se ad un certo punto si fosse rincitrullito: Karajan è sempre stato uguale a sé stesso, nel senso che già negli anni ’50 e ’60 il suo modo di intendere la musica era concentrato all’aspetto sonoro, alla bellezza, alla chiarezza, alla perfezione. Ma non era ancora interesse esclusivo: c’era una novità nella liricizzazione del repertorio una rivoluzione rispetto al precedente (oltre ad un magistero tecnico supremo). Poi, quando il direttore è divenuto un mito e la tecnologia gliel’ha permesso, l’aspetto sonoro è divenuto preponderante: lo strumento (disco) è divenuto il fine dell’esecuzione musicale, non più testimonianza. Poi ci sono le eccezioni certamente: Don Carlo, Aida (pur con cast discutibili)…e persino Turandot. Il suo decadente Debussy, anche. Per me emblematico della degenerazione di Karajan, o meglio dell’estremizzarsi di un “sonorismo” già presente, è il passaggio dalla prima alla seconda incisione di Rosenkavalier.

    • E’ probabile che sia veramente andata così, non due Karjan ma, in generale, un progressivo incremento dell’attenzione alla sonorità e al risultato finale in quanto tale.
      E’ un fatto che restano fuori gemme straordinarie come quelle sopra citate, o il Concerto di Tchaikowski dell ’88 a Salzburg, con il lancio di Sophie Anne Mutter, ma il suo Mozart, ad esempio a me sembra mancare dei colori orchestrali, e personalmente ravviso una tendenza a far prevalere una visione “romantica” anche per autori che non lo sono, il che li rende alla fine “noiosi” da ascoltare.
      Quanto agli “scaligeri” che lo scaricano, concordo con Albertoemme, è la solita manfrina che si era già vista prima e, probabilmente si vedrà ancora.
      Comunque, non vorrei essere stato frainteso, Karajan rimane uno dei miei punti fermi per la direzione orchestrale, gli “abusi” da Deutschegramm non sono certo da considerare il frutto di una totale involuzione del Karajan direttore.

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