Il Turco in Italia a Genova

Martedì sera abbiamo ascoltato la diretta radiofonica del Turco in Italia dal Teatro Carlo Felice di Genova.
Secondo il giudizio di molti la trasmissione via etere trasforma e addirittura deforma le voci liriche. Mai come questa volta ci auguriamo che ciò sia anche solo parzialmente vero.
Perché altrimenti non sapremmo spiegarci il successo che ha accolto lo spettacolo, pur con isolati dissensi rivolti alla protagonista.

Protagonista che era Myrtò Papatanasiu, che sostituiva l’annunciata Cinzia Forte. E che ha esibito fin dall’entrata una voce acida e piccola perché non appoggiata sul fiato, stridula fin dai primi acuti, con agilità tutte in bocca, fiati corti e sovente spezzati (finale primo, concertato della festa). La fatica di barcamenarsi in una grandiosa parte di soprano assoluto ha portato la cantante greca a regalare uno dei più pigolati rondò di Fiorilla di cui si abbia memoria. Per giunta concluso da un sovracuto fioco e calante.
Antonino Siragusa, tornato al Rossini buffo dopo l’escursione come Oreste, ci ha riportato ai tempi dei tenori di grazia o presunti tali pre Rossini-Renaissance: voce tutta nel naso, bianchiccia, impiccata e spesso calante in acuto (proprio brutta la chiusa della seconda aria), molto a disagio con la copiosa coloratura prevista. Va segnalato, a onor del vero, che Siragusa ha eseguito anche l’aria del primo atto, solitamente omessa.
Roberto De Simone e Vincenzo Taormina erano accomunati dalla voce dura e al limite del parlato. Non siamo ai livelli costernanti di un Praticò, ma è triste constatare che la lezione dei vari Dara, Corbelli, De Corato etc. è ormai lettera morta.
Simone Alaimo, che ci è sempre sembrato più un tenore camuffato da basso che un basso autentico, ha la solita voce legnosa di sempre, che l’età ha reso oscillante in acuto e fioca nei gravi, ma canta se non altro con proprietà di fraseggio e senso dello stile rossiniano. In un simile contesto, non è poco.
Pesante e fracassona la direzione di Jonathan Webb, dai tempi troppo lenti e slabbrati e notevoli sfasature tra buca e palco, segnatamente nei concertati.

Ma sicuramente tutti questi sono “effetti speciali” dovuti alla diretta radio.
Speriamo che il dvd (avete letto bene, questa produzione sarà immortalata da un dvd Raitrade…) sappia “rimettere le cose a posto”.

La locandina:

Direttore – Jonathan Webb

Selim – Simone Alaimo
Donna Fiorilla – Myrtò Papatanasiu
Don Geronio – Bruno De Simone
Don Narciso – Antonino Siragusa
Prosdocimo – Vincenzo Taormina
Zaida – Antonella Nappa
Albazar – Federico Lepre

Genova, 20.I.2009

Gli ascolti

Rossini – Il Turco in Italia

Atto II

Credete alle femmineSesto Bruscantini & Enedina Lloris (1984)

Intesi, ah tutto intesi…Tu seconda il mio disegnoDavid Kuebler (1983)

“I vostri cenci vi mando”…Squallida veste e brunaLucia Aliberti (1986)

6 pensieri su “Il Turco in Italia a Genova

  1. Ma figuratevi se la diretta (così come la registrazione discografica) modificano a tal punto la voce di un cantante! certo la registrazione o la radiotrasmissione possono eventualmente mettere in evidenza difetti che dal vivo si notano meno, ma quando uno sa cantatre a regola d’arte niente potrà penalizzarlo. Mi ricordo l’esempio di Samuel Ramey che aveva acuti più squillanti dal vivo che in disco, ma lo si sentiva anche in disco, malgrado la leggera opacizzazione che l’emissione era perfetta. Se poi ci si dovesse solo fidare del “ascoltato dal vivo” tutto il vedovismo Callas delle nuove generazioni non avrebbe senso di esistere.

  2. Sentite, capisco tutto, e avendo ascoltato il Turco dalla radio vi dò totalmente ragione… Ma mi spiegate il senso dell’ascolto postato? La Aliberti nella terribile aria di Fiorilla è un’indecenza… Parlate, giustamente, del sovracuto calante della Papatanasiu, ma quello dell’Aliberti cos’è? Non è calante? Per non parlare dell’emissione malferma e acidula, che cerca invano di imitare alcuni suoni della Callas, forzando e spingendo. E non a caso la signora, nelle frasi lunghe, riesce a cantare solo sul mp o sul p, mai interamente sul f o a voce piena. Per non parlare delle agilità tutte sul mp, niente forza, niente impeto… Confesso che ho sempre trovato l’Aliberti deficitaria (e un po’ patetica, nel tentativo di imitare la Callas. Già questo mi indispone a qualsiasi ascolto). Ma in quest’aria è a mio parere davvero più che scandalosa… Non potevate postare la Devia nell’aria di Fiorilla? E’ certamente più gradevole dell’Aliberti (in quest’aria sempre seriosa, sempre ammorbante, mai un sorrisino, un ammiccamento, un abbandono… E che diamine!!! Il turco non è mica il Pirata!!!), oltre che tecnicamente molto ma molto più ferrata.

  3. Ma Velluti… perché scomodare la Devia, o la Sills vecchia, per commentare la Papatanasiu? Basta e avanza la Aliberti (che del resto ha cantato il Turco nel Tempio della musica rossiniana… poveri noi!!!), con le sue stonature, le sue note in bocca e quel senso di precarietà costante… quasi un presagio di sciagura… che puntualmente si avvera! Allo stesso modo, ti prego di notare che negli altri ascolti non abbiamo chiamato in causa Ramey, né la Cuberli, né Blake… bensì più modesti esempi (Bruscantini sta a sé, ma aveva pur sempre 65 anni)… Come vedi, giochiamo al risparmio. :) Comunque ti assicuro che dopo aver sentito questa stessa pagina cantata dalla Angeles Blancas Gulin (FIGLIA, sottolineo e ribadisco a caratteri cubitali), la Aliberti comincia ad avere un suo perché…
    Saluti,
    AT

  4. Carissimi,

    ieri sera ero in sala: nulla da dire.
    sarei però ancora un po’ più severo, nel senso che spesso il palcoscenico può compensare qualche deficit vocale (nel senso che lo si nota meno). ma a genova, nemmeno ciò accadeva. scene molto belle (questo sì), ma regia statica e noiosa. la signora protagonista oltre che essere inconsistente dal punto di vista vocale (voce piccolissima peraltro), lo è pure da quello interpretativo (non un colore, non una variazione di accento, nulla). ma a pesare come un macigno è la direzione. plumbea, noiosa, incolore, floscia. nulla sa suggerire, imprimere. e sì che, comunque, alaimo, de simone, siragusa qualcosina avrebbero potuto dare in termini di spigliatezza, vivacità. ma il direttore affronta rossini come se fosse, wagner, britten, mozart o weber. una pena. sono sicuro che con una protagonista diversa e campanella sul podio, le cose sarebbero state un po’ diverse. un po’ soltanto……
    ammetto di essermene andato alla pausa….
    a presto
    e

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