La donna del lago alla Scala

E’ ambigua Elena, la donna del lago, bella creatura silvana, corteggiata dal reale cacciatore, sfuggente e mai chiara nel suo dire, fedele ma dubbia al tempo stesso. Il classicismo rossiniano dell’Ancien Régime si cala nella romantica natura delle foreste e del lago scozzese, la sola intuizione del regista Luis Pasqual, che non ha dato forma a nulla della poesia, dell’elegia, delle epiche gesta vocali prescritte da Rossini per quattro formidabili solisti. Al limite del ridicolo la cornice di coristi da dramma borghese abbigliati Bell’èpoque ( …e anche per come hanno cantato, dato che entrare in tempo con l’orchestra e tutti assieme è parsa impresa impossibile ieri sera…..a cominciare dal disgraziatissimo coro dei Bardi, tanto per fare un esempio..) e i pacchiani lampadari di cristallo calati dall’alto, per finire con il trito e ritrito dejà vùe dello specchio finale che riflette la sala. Il vuoto del palco risucchia gli interpreti, abbandonati a se stessi, soli al centro dell’emiciclo corinzio, ed è chiaro che il regista non sa che farsene del soggetto. Eppure il dramma borghese a quattro lo ha davanti agli occhi,  la storia fornirebbe lo spunto, se la si conoscesse, per leggere l’azione scenica come allusione al reale privato del compositore. Elena – Colbran, la donna affascinante e magica, che attrae e seduce gli uomini che si muovono attorno a lei; un innamorato che non può essere rifiutato perché re, Uberto GiacomoV – Ferdinando Borbone re di Napoli, che alla fine si rassegna che l’amore di Elena sia per altri; un amante appassionato e ricambiato Malcolm – Gioachino, al centro di eventi più grandi lui e che non può dominare, un amore grande ma nascosto, tanto da essere espresso non in un duetto monumentale, come in altri drammi rossiniani da palcoscenico napoletano, ma in un piccolo e magico duettino, perché la passione c’è ma non può essere rivelata; un cattivo che verrà sconfitto dallo svolgersi della vicenda, Rodrigo – Barbaja, irruente eroe, pure un po’ fracassone. Ambigua Elena, che si destreggia tra sentimenti espressi e celati, personali lirismi e timori per il pericoloso dipanarsi della vicenda politica, che rischia di travolgere tutti. Tottola o non Tottola, sulla scena c’è questo, e se Pasqual voleva un dramma borghese, a questa storia di quinte teatrali napoletane poteva ispirarsi. Ma il vuoto regna sovrano , non solo in scena, ma nelle idee. Altra coproduzione inutile, e il regista che non si degna di comparire sul palco per raccogliere il giudizio del pubblico, perché oggi usa così.

Il canto.

Che dovrebbe essere il “belcanto”, fino a prova contraria, nelle opere di Rossini. E di belcanto nemmeno l’ombra. Lasciamo perdere le difese patetiche di chi si proclama vittima di ostilità personali, vedovismi inesistenti, ed altri facili alibi da diffondere via stampa, che sono dichiarazioni strumentali oltre che false. Diversamente potremmo dire che chi stampa e diffonde simili affermazioni è un fan o un claquer, un addetto stampa e non un critico o un giornalista.

Quando sul palcoscenico più importante e selettivo del mondo ( almeno sino a qualche tempo fa…) il quartetto protagonista di maggior blasone che si può presentare al pubblico misconosce il “cantare sul fiato”, allora vuol dire che ci siamo del tutto allontanati dall’essenza dell’opera lirica, anzi, abbiamo perduto completamente la nozione e, soprattutto la percezione uditiva, di cosa sia il canto. Il belcanto, quello praticato dalla Callas, dalla Sutherland, dalle Douloukanova, dalle Hempel, dalle Siems, dalle Sills, dalle Horne, dai Kraus, dai Blake, dalle Valentini, dai Merritt..dagli innumerevoli grandi della storia del canto che compongono una lista infinita lunghissima, che coi vedovismi personali nulla c’entra, ma che al contrario dimostra, e coi fatti, che oggi si malcanta. E si malcanta per mala tecnica, per male concezioni sul canto, per mali maestri, per mala stampa che non censisce e troppo spesso avvalla attacchi a cantanti passati la cui esistenza ed il cui valore artistico oggi sarebbe semplicemente inconcepibile, per presunzione per cui ci autoproclama neoColbran, neoRubini, neoMalibran, neoVattelapesca…. Era un palco fatto di velleità, qualche abilità, carattere e mediocrità tecnica quello di ieri sera, un palco con almeno due doti straordinarie non capitalizzate. E se questo non è un fatto culturale, una realtà fondata su convinzioni profonde e radicate in fatto di canto, date voi una spiegazione diversa, perché io non la posseggo. Siamo noi ad inventarci frottole? I confronti audio sono lì, basta farli e volerli fare, per capire, se si vuole capire, You Tube è alla portata di tutti, le idee portanti oggi in fatto di canto si evincono con facilità.

– Idea prima : che il tenore contraltino faccia solo acuti. Non basta una voce piccolissima e non duttile per cantare Uberto, e cantare tutta la sera sul forte, puntando ove si può sempre e costantemente con note sparate al massimo ( sempre sulla i, nasali e chevrotantes, ma lo abbiamo detto molte volte…), con la voce spesso vibrata ( al primo atto con Elena era nettissimo), costretto al canto a squarciagola in “Cielo in quall’estasi ” per essere udibile; l’aria, in apertura di secondo atto, senza un colore, una nuances interpretativa, un piano, una messa di voce, la cadenza di prammatica ridotta a un niente; un terzetto con la sordina alla buca che non basta a dare corpo ad una sfida che non può avere nulla di epico perché il mezzo non possiede risonanza. Lotta Florez, ha una volontà di ferro, si installa al proscenio e mostra i pugni nello sforzo perché vorrebbe avere quello non c’è, una grande voce che viaggia nello spazio della sala. La questione è tecnica, meramente tecnica, lo abbiamo detto mille volte: il vocino non risuona, non si piega, non svetta quando canta con gli altri, perché se non è sul fiato nessuna voce si flette, si proietta, risuona. Falsetta, esangue e leccato nei recitativi, in frasi assurde come “ ..un cerva inseguendo…” dimentico che il re si sta fingendo cacciatore e non cicisbeo, o nel finale, quando deve spingere e caricare l’accento per simulare l’autorità regale nel chiamare a sè Malcolm per il perdono etc..Non c’è mai vero fraseggio, e, spiacenti, il confronto con Blake è la , impietoso, anche quello del 2002, con la voce orribile e senile, che ancora esegue forcelle paurose sugli acuti, prese di fiato da vertigine, varietà di accenti. Su fiato si può, sempre e fino alla fine della carriera. Senza non si può far nulla, nemmeno in giovinezza.

-Idea seconda: che basti una natura generosa per cantare anche i must tecnici della storia del canto. E’ la monumentale poderosa immensa dote di Daniela Barcellona, un corpo fatto per essere una sing machine. Di fatto, come già detto temporibus illis e con esclusivo riferimento alla sola professione Daniela Barcellona del belcanto e più generalmente del canto è la negazione. Non ci  sono due note fra loro uguali nella gamma, la incapacità di un’emissione professionale rende i suoni mal fermi (recitativo “mura felici”), impedisce il legato, il rispetto della frase musicale (andante “ ah si pera” soprattutto alla frase “fia sollievo ai mali miei” e il “se si invola”), la precisa esecuzione della coloratura, costringe a varianti che sono o suoni scomposti e spinti ( da capo della cavatina di sortita, incipit del finale “ su coraggio amici guerrieri”) ovvero varianti solo nominalmente, ma che si risolvono in  grossolane semplificazioni (da capo di “fato crudele e rio”). Questo non è  neppure eseguire Rossini è scempiarlo. Se il pubblico applaude sono dolente per quel che non sente  e curioso di avere da quei venti scalmanati la spiegazione della differenza fra la signora Barcellona  la  fu signora Valentini Terrani.  Le cantanti di cui saremmo nostalgici e vedovi  non le prendo neppure a mezzo di paragone perché ne cresce e ne avanza dal Rossini della nostranissima Luciana d’Intino!

-Idea terza: che il canto in maschera sia demodè. Joyce Di Donato, voce importante e cantante dotata di personalità, ha preso la via che indicano i baroccari, e le conseguenze sono lì. Il mezzo è ridotto, sonoro a tratti perché la dote c’è ancora, i gravi di petto ( un paio di “squacquerate” brute le sono scappate nel duetto con Uberto, ma pare tentasse di controllare l’emissione dei gravi…) , centri talora aperti, acuti flautati, indietro, mai vibranti e appoggiati. Continua imperterrita a sopraneggiare come dagli esordi, esibizione di tante agilità di gusto neoliberty ed estensione in alto degna del soprano lirico che è. Soltanto che oggi sopraneggia con una voce accorciata, falsettante e smaccatamente vibrata per la mancanza di appoggio, talora anche fissa in alto. Perché continui a sopraneggiare non mi è chiaro, dato che lassù la voce si assottiglia nettamente e le scappa tutta indietro. Il suo rondò è eccessivamente decorato, un monumento all’abuso musicale la prima sezione ( lungi da una fan della Horne rifiutare la prassi, anzi….faccia come crede ), rallentato e slentato oltre misura tanto da essere una maniera, per poi attaccare là un “Tra il padre e tra l’amante..” “bartolesco”, inadeguato alle possibilità della sua voce, con agilità di nessun effetto perché mai di forza, ed imbarazzanti picchettati “alla Toti”, che nemmeno le grandi Lucie, come June Anderson, regina ed amante oltremodo dei picchettati, hanno mai pensato di esibire in questo passo. Gli abusi horniani ci stanno ma poi bisogna infilare un canto d’agilità fluidissimo, la voce sempre avanti, sonora, i suoni tutti i uguali, eseguiti col doveroso accento, perché si ottenga l’effetto “meraviglioso” che si cerca. Tanta filologia, dischi sulla Colbran, per portare sulle grandi ribalte un rondò tanto fuori stile ed antirossiniano….. mi pare tutto irrazionale, non ne riesco a cogliere la logica, anche perché da un mezzo, o comunque da una voce “anfotera” come la Di Donato, mi aspetto che quella colbranianità dell’accento decantata dai filologi rossiniani mi venga proposta. Diversamente, siamo tornati a Lucia Aliberti, deprecata Elena di qualche anno fa, ma nessun se ne accorge.

Idea quarta: che si possa cantare di gola ogni cosa se si è molto dotati, senza subirne gli effetti. Il buon Johnny Osborn, autore di passate prodezze vocali di tutto rispetto, ha debuttato in Scala in un ruolo che non gli si addice, al contrario di quanto immagino il tenore americano creda, al cospetto dei gelosissimi fan di Florez, per giunta  in un teatro con un‘acustica capricciosa. Ed ha pagato salato un prezzo dal loggione stipato di fans che ha premiato ieri sera prove anche peggiori della sua. Imprudente John Osborn, perché non bastano gli acuti sparati dell’ ”Eccomi a voi” (  ragguardevolissimi, anzi, direi le sole note sfogate e avanti udite da parte di questo cast ) a compensare una prova fatta di belle idee interpretative ma realizzate da una voce poco udibile. La voce era sempre ovattata, con la sordina, bassa la posizione, tanto da non riconoscerlo più nemmeno per il timbro. Osborn si è costruito un repertorio da grande eclettico, alla Merritt diciamo, che mi pare gli stia costando tantissimo. Nella corda di baritenore la sua voce non corre: nella sezione centrale del terzetto ha avuto un momento difficilissimo dove la voce è mancata del tutto, offuscato il suono nei piani di “Ma dov’è colei che attende” all’entrata, mentre appena saliva riacquistava di colpo sonorità e proiezione, perché della Donna dovrebbe cantare Uberto, adatto alla sua natura di contraltino. L’eclettismo ad oltranza, se non si è dei mostri di tecnica, porta a danneggiare la voce e la carriera.

La direzione di Roberto Abbado è stata modesta, piacevole a tratti, mediocre in altri. Certi accompagnamenti come all’aria di Giacomo V son parsi meccanici e privi di tocco; altri, come l’irritante lentezza e mollezza esibita al terzetto inadeguati al momento drammaturgico ed ai cantanti. Dei problemi di sincronia con il coro e di nitore di certi attacchi vi ho detto e non mi dilungo oltre.

Dopo ieri sera, le forme e i modi di questi “trionfi”, con un primo atto che faceva venir voglia di uscire dalla sala, palchi e platea che perplessi alle ovazioni che piovevano dal loggione, perché l’opera non decollava, le sue magie, le atmosfere sublimi e pirotecniche inventate dal genio di Rossini mai ricreate o evocate dai cantanti, è certo che siamo ormai in alto mare, la terra del belcanto è oltre l’orizzonte,  non si sa dove e la bussola è fuori uso.

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115 pensieri su “La donna del lago alla Scala

  1. Impressioni dall’ascolto radiofonico:

    Florez fa le note, preoccupato di essere correttino e nulla più.
    Parte troppo grande per lui non adatto a ruoli di questo tipo di cui gli manca il mordente, la “drammaticità”, il fraseggio (in pratica NON fraseggia una sillaba), l’accento: sembra un bambino travestito da guerriero che brandisce per gioco lo spadino di cartone.
    DiDonato: ok era malata, ma la voce era poggiata sulla natura, tutta tremula, vuota sotto, sopra ci arriva per intercessione dei santi, in pratica tutta circoscritta al centro. Fraseggio non pervenuto. Rondò finale inspiegabile.
    Il duetto tra lei e Florez in cui parlano di estasi dimostrando di non sapere nemmeno cosa sia è emblematico!
    Barcellona: è un enigma. Tutti si sforzano a definirla una fuoriclasse, il pubblico (quei 20-30 dalle cronache) le tributa ovazioni “spontanee” certo, ci mancherebbe, ogni alzata di dito, poi la senti e ti chiedi “Perchè?”.
    La coloratura è una sorta di tremore vocale, sotto la voce è problematica, sopra scrocchia, il centro dimostra una certa importanza, il legato è “slegato”, il fraseggio è mesto mesto: tutto qui? E quindi???
    Cioè, ci si spella le mani per tutto questo? Mi pare poco, molto poco!
    I duetti con la DiDonato sembrano il duettino tra Susanna e Marcellina.
    Osborn è al limite dello scandalo: parte benino, imbrocca due acuti, ma la voce poi va indietro, tutta fibra, tutta gola…
    Orfila inesistente su ogni fronte, coro fuori ogni grazia, direzione e orchestra sporchi e schizofrenici ad un passo dal secondo Verdi ed una operina semiseria…
    Questo è il meglio per Rossini??? Veramente??? Tutto qui?
    E la Anderson, von Stade, Horne, Valentini-Terrani, Dupuy, Merritt, Raffanti, Blake, Ramey, Surjan dovrebbero chiedere di essere venerati come divinità in terra!
    Piuttosto un “Matrimonio segreto” mancato… e sarebbe stato meglio.

    Marianne

  2. Ieri sera si è dibattuto in chat sulla situazione odierna e sul fatto che anche una volta la gente rimpiangeva il passato.
    Bene, io penso che una parte della nostra frustrazione nasca anche dal leggere recensioni e forum che si inventano trionfi mai esistiti.
    Perché per fare un esempio concreto, io non disprezzo del tutto Florez, ma quando in internet leggo un tale scrivere che si tratterebbe di uno dei maggiori tenori di sempre allora non ci sto, anzi mi sganascio dalle risate.
    Del resto io e e la maggior parte di voi i veri trionfi, quelli da 20 minuti di applausi, li abbiamo visti di persona e sappiamo che non hanno nulla a che fare con questi successi di princisbecco, pilotati dai clacchisti.

  3. Dai Giulia, dì la verità: questo pezzo l’hai scritto 1 settimana fa!
    Sì, sì è così, ma potevo scriverlo io stesso, perchè oramai io so a memoria i tuoi pensieri,ma perchè son sempre quelli, inesorabili e inutili, sterili;continuo sempre a chiedertii : cosa vai a fare alla Scala, vuoi farti del male, sei masochista, non c’era assolutamente bisogno che ieri sera fosti alla premiere, perchè di questa Elena tu sapevi già tutto: nessuno però,almeno, ingolava( tuo caposaldo)ma purtroppo non c’era il canto di fiato(altro tuo topic) e poi il falsetto e le urla di Florez, che non ha voce, la Barcellona che è la negazione stessa della voce e la Di Donato che è baroccara senza fiato! Quasi quasi potrei io stesso già scrivere la TUA recensione del prossimo Don Giovanni!Che ne dici?
    Sei comunque simpatica e bando alle ciance, c’ero anch’io iersera in mezzo a una marmaglia di esagitati fans della Barcellona e di Osborne in II galleria: che peccato non conoscerci!
    Bene.Spettacolo da liquidare in2 parole: regia inesistente,allestimento orribile(tra i più brutti da me visti), prevedibile(leggendo scene e costumi) all’insegna della grandeur(v. i coproduttori) più pacchiana e costosissima(ma con la crisi che c’è…)(stia attento Lissner che poi non è detto che lo Stato elargisca sempre tanto per il suo teatro! e poi dopo l’altro terrificante Attila!). Naturlmente di introspezione psicologica in questa opera così caratterizzante, nulla di nulla e soprattutto con una protagonista così ambigua,sfuggente(ah! come rimpiango certi registi alla page in questa opera!)
    Florez mi è sembrato in forma smagliante, nettamente superiore rispetto al recital, non l’ho affatto sentito falsettare, svettava, cara mia, nei concertati, eccome! Povero Ludwig che s’annoiava, ma chi te l’ha fatto fare a restare in teatro con uno che faceva bèè,bèè!
    La Di Donato: è la V volta che la sento in 6 mesi(Isolier al Met,Donna Elvira a Baden, Cendrillon alla ROh, Octavian ed Elena in Scala)la sua voce non ha nulla della Baroccara vibrante, è grande soprano con agilità proprio nel registro alto oltre che centrale;consiglio alla sempre più terribile Marianne di sintonizzare meglio la sua radio, e lascia stare i santi, che dovrebbero intervenire altrove!!
    La Barcellona. buona nella sua aria più famosa, ingiustificate le ovazioni da traumo acustico,di quelli più gravi,intorno a me, ma cari miei impallidisce di fonte a come la cantò una stupefacente Bartoli (a voi tanto cara, forse per voi la maxima responsabile di questa deriva canterina a livello mondiale!! Evviva!W l’Italia!!)in un recital a Parigi, pochi anni fa! Ma 10 anni fa a Pesaro, la Daniela”nazionale” strapazzò la Devia nella conta degli applausi ,sempre in quest’opera.
    La vera grande delusione della serata per me è stato Osborne già ascoltato altre volte, con esiti assai positivi, soprattutto con Cecilia; a mio parere, forse non stava bene, a me sembrava raffreddato con laringo-tracheite(o forse mia deformazione professionale) sta di fatto che la sua voce m’è parsa assai sgradevole, di gola, sforzata con acuti che non arrivavano o erano striduli! Mah. Perplesso di fronte alle incredibili ovazioni attorno a me!
    Abbado è Abbado, sempre immutabile Roberto Abbado!
    Cordialmente.Cap.

    • ….hai ragione. Il canto e’ scienza esatta o quasi. Capita una voce tutto e’ prevedibile. Si sarebbe potuta scrivere prima, salvo osborn, perche’ me lo aspettavo migliore, e il volume microbicissimo di florez….e poi caro il mio capriccio, era su youtube ………o sei cosi’ sprovveduto da non saperlo?

      • No! carissima il canto non è affatto scienza esatta: tanti fattori e/o circostanze interferiscono e mi rifiuto di pensare che non ci fossero nel medioevo” dei tuoi preferiti! Ti invito a riascoltare il microbo florez, specie nei concertati. Non seguo You Tube, sì sono sprovveduto, vorrei però capire bene ciò che c’era su You Tube! Grazie e a presto!

    • E chi te l’ha fatto fare di leggerci se sapevi già cosa avremmo scritto?
      Che perdita di tempo, eh Cap? Aspetto la tua pre-recensione del Don Giovanni allora 😉
      La mia radio e quella degli amici della chat era sintonizzata bene, ho anche ben 2 registrazioni della serata e quelle per ora non mentono 😀 le tue orecchie invece erano sintonizzate? Su tre cose però concordo: la DiDonato è un soprano (corto, ma non c’è nulla di male), Florez non falsettava, la perplessità sugli applausi.
      Ti ricordo che ci confrontiamo con la Barcellona di oggi, non di 10 anni fa e la Bartoli… la lascio a te molto volentieri… 😀
      L’unica presentata come indisposta era la DiDonato (già influenzata alle ultime recite del Rosenkavalier) quindi Osborn doveva essere in buona salute regalandoci quelle perle.

      Marianne

      • Ma come ho potuto sbagliarmi su di te, quanto ti definivo la mia preferità!! Non te la prendere, ma sei solo una bimba sciocchina e permalosa che deve sempre replicare a tutto. Ti ho già detto mille volte che quando mi collego a internet, il primo sito che guardo è il vostro, ma perchè non devo leggervi,ti ho anche scritto che c’è molto da imparare da voi e ti dirò, spero sempre di leggere qualcosa di positivo sulla musica attuale dai grisini. Le mie battute sulla Giulia erano molto ironiche e divertenti(ho la sensazione che anche Lei,la G. abbia sorriso) e tu che fai t’inc…, ma dai rilassati!In definitiva eri d’accordo con me, o no…?ho risentito adesso,su You Tube, Osborne e confermo la mia sensazione e continuo a non capire le ovazioni ! Ciao.Cap.

  4. Per coloro che dimostrano di prediligere con troppa indulgenza il passato riporto alcune righe della recensione di Elvio Giudici della Donnna del Lago scaligera del 92 immortalata in cd e dvd: ” La voce di Blake è più del solito sgradevole nel timbro, con diversi suoni molto brutti se presi di slancio, come nell’incontro con Elena, la coloratura è invece discreta, anche se non più fluida ed esatta ( … ). Merritt è l’ombra dell’ombra di se stesso: le imprecisioni musicali non si contano, le agilità sono sfocatissime, il legato in pratica non esiste più, il fraseggio non c’è mai stato (…) ” . Frasi che condivido in pieno. Quanto ha stonato, nella sua pur interessante carriera, Merritt ( di fraseggio incisivo mai l’ombra )…

    • Caro gianmario, elvio giudici e’ fonte per nulla autorevole nel belcanto. Del suo mattone francamente me ne frego, lo trovo un libro di scadente qualita’ per ogni giudizio circa il canto. Merritt aveva la voce oscillante, ed era in declino. Vero. Ma non abbiamo ancora trovato un uomo che abbia potuto e saputo per una sera gestire quei ruoli come lui. Quanto al commento su blake, aveva la voce brutta, certo. Pero’ faceva cose che nessuno ha piu’ fatto con voci che poi sono quelle dei bimbi nella culla. Pavarotti aveva una bella voce, alvarez agli inizi. Oggi abbiamo delle mezze tacche di contrraltiniche per fare quella messa di voce sul si nat che fa blake in chiusa all’aria di uberto , tanto per esemplificzre, venderebbero la madre.ti ringrazio per la provocazione originale !

      • Buongiorno a tutti. Torno a commentare dopo un po’ e per la prima volta nella rinnovata sede: bella!
        Giulia, e allora facciamola sentire quella messa di voce: http://www.youtube.com/watch?v=erOVof3vEjA
        Peraltro dal forte al piano, la più faticosa.
        Diciamo che ogni volta che sento la voce di Blake mi sorprendo di quanto fosse aspra. Però se vai oltra il colore… eh beh.. scemo non era! Potremmo dire che la sua voce era una cosa come: “Non son bella maperò sono un tipo?”. Alla fine, brutta quanto vuoi ma un certo fascino lo esercitava eccome!
        Per fare un raffronto con il Florez del 23 ottobre u.s., beh dire che basta compararli dal “dolce contento cui anela il mio cor” in poi dove florez pare stia per sputare i polmoni, mentre Blake potrebbe cantare quelle frasi saltellando su un piede.
        Ultima notazione. Florez ha sempre avuto un volume microscopico… Lo ricordo nell’Armida di Gluck, cos’era? 13 anni fa? Mi ci voleva il cornetto dal loggione: lui e Keenlyside erano inudibili.

    • Buona sera a tutti. Sono nuova da queste parti e ho letto fin qui, con attenzione, i vari pareri, giudizi, opinioni: diverse, divergenti, variegate, come è bene che sia. Poi spunta il nome di Elvio Giudici e qui mi sono bloccata. Perché? Perché penso che sia uno dei critici più [discutibili] che il magro panorama della critica musicale offre oggi. Mi spiego: personalmente ritengo che dare spazio al lavoro di messa in scena e di regia costituisca un parametro critico importante. Il melodramma vive anche della messa in scena e del lavoro sulla recitazione dei cantanti. I quali, però, devono appunto prima di tutto cantare. Perché la definizione psicologica di un personaggio, nell’opera, passa principalmente attraverso la voce – tanto per dire una banalità -: ne segue che un cantante deve prima di tutto saper cantare, offrire allo spettatore uno standard minimo di professionalità (lo ricordiamo tutti, immagino, Giorgio Zancanaro, che non sarà stato un interprete abbagliante ma che io ho sempre sentito cantare bene, cantare tutto, cantare sempre). Il discorso che Giudici porta avanti da anni è intellettualmente censurabile. E’ esemplare, a mio avviso, la parabola delle recensioni che Giudici ha dedicato a uno dei suoi feticci: Jonas Kaufmann. Prima plauso incondizionato, orgasmo perenne, estasi mistica. Poi, forse, il dubbio che la fonazione del beniamino non sia ortodossa; e, finalmente, il grande capolavoro acrobatico: non si tratta di fonazione non ortodossa, bensì di un nuovo modo di concepire il canto, un modo adatto ai nostri tempi, un modo che non teme di farsi beffe dei “dinosauri del passato”, e via giudicando (che qui vale come voce del verbo: esprimere un’opinione essendo Elvio Giudici). Tutto ciò è [fuorviante] e dannoso per chi non abbia un’educazione all’ascolto che lo metta al riparo da simili giudizi (come sopra: sostantivo riferito al solo Giudici) e soprattutto, ribadisco censurabile. E’ come se io, che ho un poco studiato il pianoforte e metto le mani sulla tastiera con una certa cognizione di causa, suonassi la Sonata in si min. di Liszt – malissimo, naturalmente – e ai miei detrattori dicesse che il mio è un nuovo e più aggiornato modo di affrontare il brano, non un’evidente mancanza di bagaglio tecnico necessario per suonarlo. Trasformare un difetto tecnico in una scelta stilistica: è questo […] che Giudici mette in atto ogni volta che recensisce un disco o uno spettacolo (ciò che scrive di Kaufmann, vale anche per la Meier, D’Arcangelo, Grigolo, e tanti altri). Perché il pianoforte lo si sa suonare oppure no; o si sa cantare oppure no. Non ci sono scuole di pensiero. La fonazione si basa sulla fisiologia dell’apparato fonatorio; esattamente come il dominio della tastiera si basa sulla struttura delle mani, delle spalle, del busto e sul loro impiego meccanico e sottolineo meccanico. Le questioni di stile, importatissime, vengono dopo. Se non so cantare non so cantare, non sto cantanto in modo contemporaneo e non polveroso. Riassumendo: Giudici non è autorevole perché il suo metro di valutazione è fondato su un’operazione intellettualmente censurabile. Tutto qui.

      [Chiedo scusa a Lontanodalmondo per le piccole modifiche che ho effettuato, evidenziate dalle parentesi, per pubblicarla. Ho lasciato intatto il senso del suo personale e interessantissimo messaggio e mi auguro che voglia continuare a scrivere e confrontarsi con noi ed i nostri lettori.
      Marianne Brandt]

      • Concordo con quello che esprimi che rappresenta perfettamente il “modo nuovo” di fare recensioni e critiche: ovvero basate su inattendibili giustificazioni.
        Alla luce di tali “novità”, Giudici dovrebbe rivedere TUTTE le sue recensioni del librone e applicare questo lieto pensiero ad ogni cantante da lui stroncato o esaltato… ma sarebbe un atto di onestà e coerenza…

        Marianne

      • Oggettivamente la fonazione di Kaufmann non ha proprio nullla di ortodosso (il suo Ingemisco alla Scala era pietoso), ma altrettanto oggettivamente è molto carino. Sarà per quello che qualche recensore chiude un occhio? …ops un orecchio? (e forse tutti e due)

      • Gentile Marianne,
        non devi davvero scusarti per le modifiche apportate. So che quando affronto alcuni argomenti che mi stanno a cuore tendo a usare un linguaggio tagliente e capisco che, come amministratori – perdonami, non mi viene un termine migliore – del sito abbiate la responsabilità di moderare la discussione. Quindi mi va benissimo il tuo lavoro di editing, anche perché giustamente hai salvato il senso del mio intervento: un buon critico è colui che fonda la propria critica su un bagaglio di conoscenze articolato e strutturato e che lo utilizza in modo coerente, senza turlupinare il lettore facendolo sentire inadeguato e insensibile al (falso) mistero che l’interpretazione di certi odierni divi sembra rivelare. Il canto non è la cabbala; non è una cerimonia mistica; non ci sono segreti da rivelare. Ci sono cose da fare, tante e non sempre facili da mettere in pratica, ma che sono note. Distinguere un suono da un urlo è molto facile e chi dice il contrario o cerca di annullare questa semplice differenza gabellando per “nuovo stile” un modo errato di cantare non rende un buon servizio al teatro in musica.
        Grazie per l’attenzione dedicatami e continuate così col vostro bel lavoro di sapiente divulgazione del bello e del vero. Perché, per rubare una frase che Piero Rattalino riferiva al grandissimo Claudio Arrau, ma che potremmo riferire a un Kraus, una Sutherland, una Callas, un Pertile, un Galeffi e mi fermo qui per non fare un elenco sterminato, “in musica la verità esiste”. Con buona pace dei giudici, maiuscoli o minuscoli che siano.

  5. Il vecchio e caro buon Elvio, seduto in platea lateralmente a sinistra, aveva una faccia scurissima l’altra sera (e so per fonte certa che alla “generale” se ne è andato dopo il primo atto) ma non credo ce l’avesse con la componente musicale, bensì con lo spettacolo a dir poco “irritante” e comunque completamente inutile e sfuorviante (mi chiedo cosa possa aver capito chi l’opera non la conosceva ed erano praticamente tutti…).
    Sul versante musicale, anch’io mi aspettavo da Dama Giulia un giudizio severo, oltranzista e come sempre con l’orecchio rivolto al passato che, si badi, nessuno vuole scordare. Nel mio piccolo, anzi microscopico, io ho il ricordo di un’onestissima DONNA DEL LAGO triestina con la Cuberli, la Velentini e Raffanti (sempre a rischio stecca, però) che mi piacque tanto.
    Però confesso, senz’ombra di rossore, che mercoledì sera alla Scala mi sono spolmonato per JDF, la adorata Barcellona (le voglio bene anche per motivi geografici ehehehehehe) e la Joyce che nel finale mi ha addirittura commosso.
    Che ci volete fare, oltre a vecchio e robusto, sono anche un sentimentale e all’opera mi emoziono facilmente. Un difetto? Meno male che ne ho anch’io!
    Cordiali saluti

    • Andrea, e’ questto il problema; andarsene per l’allestimento. E’ per il canto che ci si deve arrabbiare. E se non si capisce che il teatro lirico, il belcanto max, e’ incenyrato sul canto, non si puo’ fare i critici. La concezione del teatro di giudici ha fallito per ognidove. L’opera e’ in crisi perche’ non ci si accorge delle ragioni per cui mancano i cantanti e si ciarla di alllestimenti. Siamo fuori rotta da vent’anni……passati a parlare di produzioni incapci di sentire i mali prodotti vocali che si stavano avvallando in scena. E a favore di alcuni dei quali certi critici hanno pure fatto revisionismo in negativo, attaccando cantanti sommi. E questo lo dico non per speciali attaccamenti a questo o a quello, ma perche’ si sono offerti modeeli di cattivo canto ai goivani, giustificati difetti inaccettabili che ci hanno portato dove siamo.persone come giudici sono responsabili attivi della perdita delle regole basilari

    • “(mi chiedo cosa possa aver capito chi l’opera non la conosceva ed erano praticamente tutti…)”

      Ringrazio la tua sincerità Andrea, e ora capisco le ragioni di questo successo 😀
      Questa è la dimostrazione che trionfa il nome famoso, l’affetto e non il canto.

      Marianne

        • 😀
          L’amore vince sempre e su tutto (questo, si sa, è il sito dell’ammmmore!); ma chi è “innamorato” molte volte certe cose non le vede… e non le sente 😉
          Conto di leggere nelle recensioni “Florez, Barcellona, DiDonato, Osborn, Orfila, Abbado sono bravi perchè gli vogliamo bene!” (già, per certi versi e in altre occasioni, da altri è stato scritto) 😀

          Marianne

          • Ma è necessario che gli “amici” si profondano in mille complimenti (tipo puoi fare Eboli una sera e Malcolm la sera dopo) che sono, alla fine, dannosi per il cantante? Io questa cosa non la capisco. Ripeto: è necessario?

          • L’ammmmore cieco fa danni eccome!
            Se gli amici non hanno il coraggio di esporsi non sono amici. Sono solo ruffiani del “famoso” di turno.
            E quando il “famoso” cade sono i primi a sparire.

          • Divina Giulia, ogni giorno che passa mi stai più simpatica … :-)
            Ma che non si sappia in giro, ne? Hihihihihihihi

      • Sono amico, oltre che ammiratore, di Daniela Barcellona anche se non ho ml’occasione di frequentarla con l’assiduità che vorrei, le voglio bene e le professo anche pubblicamente affetto e non c’è bisogno che mi si “virgoletti”.
        La cosa importante, per me, è che lei lo sa e di quello che ne pensano gli altri me ne faccio un baffo (non a caso nel mio avatar c’è Giorgio steso a letto e i suoi baffi sono mitici!) e sì, sono stato io, preso dall’entusiasmo, a dirle nel corso della breve un’intervista “impiccionesca” carpita in corridoio davanti al camerino, che può passare da Malcolm a Eboli (per altro in cantiere) poichè l’ho ascoltata, e m’è assai piaciuta, quale Amnerisnel suo debutto a Valencia e subito dopo a Bilbao è stata un’entusiasmente e assai divertente Isabella de L’ITALIANA. Sicché …
        Non mi considero assolutamente “un ruffiano di turno” proprio perchè le mie posizioni sono dichiarate e in quanto al “famoso” che cade, sinceramente non l’ho mai augurato a nessuno. Chi sale sul palcoscenico, comunque, ci mette sudore e sangue ed io non lo dimentico mai, anche se i risultati non mi esaltano.
        Pace e gioia

        • Ah non avevo capito che sonvecchioetc fosse l’impiccione della trasmissione di radiotre. E la virgolettatura per me ci sta, non sapendo chi sia l’impiccione e in che reali rapporti sia con la Barcellona.
          Tu puoi anche fartene un baffo dei giudizi degli altri e fai benissimo, ma io sono libero di esprimere la mia opinione sugli “amici” che fanno recensioni sugli “amici”. Di loro non mi fido.
          “Chi sale sul palcoscenico ci mette sudore e sangue” e chi va a teatro come spettatore (almeno io), invece, paga profumatamente un biglietto. E con la somma del prezzo di tanti bei bigliettini “chi sale sul palcoscenico” è ampiamente ripagato. Di frequente, però, lo spettatore non riceve in cambio un servizio adeguato al livello del prezzo corrisposto.
          E’ un discorso in generale. Non sulla recita in questione che non ho ancora sentito.
          Pace e gioja anche a te.

          • Chiaramente sottoscrivo ogni lettera dell’ultimo intervento di Lucar. Aggiungo solo che le recensioni a firma di “”amici”” sono diffuse sulla carta tanto quanto…sul web. Con fiera ammissione, peraltro. Poi – manco a dirlo – resta chiara la libertà di chiunque di ragionare sull’attendibilità di questi recensori e intervistatori dal cuore grande così…

        • Vedi Vecchioerobusto almeno TU hai l’onestà di dirlo e mi auguro che il ruolo di Eboli porti a buoni frutti alla Barcellona.
          Ma il fatto è un altro: chi fa scelte nella vita, chi compie scelte di studio, chi intraprende un lavoro, da spazzino a dottore a calciatore a imprenditore, ci mette SEMPRE sudore e sangue.
          Tutti i mestieri sono uguali e tutti comportano fatica, dolore, sangue, sfide e soddisfazioni e questo non rende i cantanti “fauna protetta” o “tramite tra gli uomini, l’arte e il Creatore”: loro hanno, come tutti, fatto una scelta, intrapreso un mestiere e come loro vanno sul palcoscenico portando quello che sanno fare, uno spazzino va in strada a pulirle, un architetto si mette alla scrivania o in cantiere, un dottore va in studio o sala operatoria, e via così.
          E’ la vita e proprio per questo quando si fa un mestiere ci si limita a guardare solo quello, altrimenti il soprintendente dovrebbe all’inizio di ogni spettacolo uscire sul palco e dire:” Mi spiace ma stasera Florez ha litigato con la moglie quindi è teso; la Barcellona si è svegliata col piede sinistro dunque è incavolata come una tigre; ad Osborn è morto il gatto dunque è sull’orlo del suicidio; la DiDonato ha perso il cellulare ergo è un po’ in ambasce: vi prego di volerli scusare se il loro canto ne risentirà con stecche, fissità, spoggiature e fraseggi gelidi, ma stiamo provvedendo con uno psicologo. Buona serata!”
          Sarebbe bello, ma nella vita non funziona così, perchè al paziente o all’avventore non importa se il dottore ha litigato con la moglie o il pescivendolo ha la luna storta o la cassiera del Market non riesce ad avere figli: l’importante è il mestiere, perchè TUTTI abbiamo sudato e faticato nella vita, anche tu oltre ai cantanti e questo ci livella tutti!
          Altrimenti saremmo costretti a leggere recensioni del tipo: “La Barcellona dopo il Fa stona e cala oppure fissa il suono, e dopo il Do grave non si sente, molto probabilmnete perchè il suo stato d’animo in quel momento era fisso su un pensiero funesto che evidentemente, esulando dalla giustezza dallo spartito, voleva trasmettere al pubblico; ciò non toglie, ma anzi arricchisce, la straordinaria prova artistica del mezzosoprano, la quale ha 1000 altri problemi, ma tutti ricondicibili al suo variegato ventaglio emotivo. Arte suprema dunque da ascoltare non con le orecchie e nemmeno guardando lo spartito, si farebbe un torto all’artista, ma col cuore!”
          E quasi ci siamo arrivati….

          Marianne

  6. Giudici chi? Quello dell’ Aida “chiaroscuratissima e con mezzevoci paradisiache” di Alvarez?
    Io solo per questa frase lo sfotterò fino alla fine dei miei giorni.
    Ah, nessuno qui ha finora ancora detto che in un teatro serio Orfila potrebbe fare al massimo il Carceriere nella Tosca…

  7. Ero anche io ero alla Scala e concordo su tante cose ma non su tutte, in sintesi :
    – spettacolo privo di idee, sfoggio di eleganza inutile in quel vuoto assoluto e non essenziale (costumi di grande bellezza ).
    – direzione di Abbado, lenta, noiosa e generica
    – Florez non mi è piaciuto nel primo atto, mentre ha fatto molto meglio nel secondo. La voce è piccola si sa, il fraseggio non è dei più curati, è costretto a cantare sempre forte per farsi sentire e spinge molto ma è vero che svettava e, comunque, bello il timbro e le agilità.
    – Non concordo con il giudizio della DiDonato che mi è parsa la migliore in scena, sempre con la voce timbrata e sonora, nonostante la malattia, in difficoltà solo sulle agilità finali perché corta di voce.
    – Daniela Barcellona con la sua bella voce dalla posizione ondivaga, meglio nel registro acuto, discese scomposte e sguaiate, successo misterioso….
    – Male Osborn ma Orfila anche peggio.
    Breve postilla sulla Valentini Terrani che non mi pare o mai parsa, un buon esempio di canto sul fiato, centrali e bassi sovente ingolati.

  8. Ringrazio Andrea per il suo AMMMORE….del resto io sono la piu’ grande delle dive! Hahah!

    Parlando seriamente, qualcosa da dire avrei.
    Premessa: se possiamo risparmiarci gli insulti in questo sito, mi fa piacere. Io non voglio né tagliare né censire, ma mi piace che vi diate da soli delle regole. Andrea non insulta, dunque Lucar non insultarlo, please. Puoi dire il tuo pensiero ugualmente….
    Astraendo dalla signora Barcellona ( che, ripeto, trovo canti senza sapere respirare, ossia senza il fondamentale tecnico, in forza di una natura monumentale, che, se fosse correttamente impostata darebbe una delle più imponenti voci verdiane e da Meyerbeer mai udite…, mentre sul piano personale, che non so quale sia dato che non la conosco, la trovo carina e garbata…. ma cio’ nulla c’entra col suo canto..) ho pensato molto a come si fa critica, anche a come la dovremmo fare noi ( che continuiamo a non ritenerci critici ma melomani…il che forse è anche peggio!!!!). e soprattutto ho pensato molto a questi cantanti, che mi paiono assai diversi da quelli delle generazioni precedenti.

    Prima di tutto, i cantanti se hanno ruffiani intorno è perché li vogliono, e sanno bene di chi si circondano. In par condicio scelerum non est reatum. Anzi, il reatum nasce quando fraintendono il rapporto che con loro si instaura, ed interesse ed amicizia magari si scontrano. Nella vita ho incontrato molte persone in grado di chiedere, domandare aiuto o amicizia, solidarietà, quella che il cantante normalmente accetta, cerca e presume di dover ottenere nei modi e nelle forme che lui stesso stabilisce. La piu’ tipica è quella di ritenere amico chi gli dice sempre e comunque “bravo”, “sei grande”…. così via. Piu’ difficile, come sempre accade nella media dei rapporti che oggi tendiamo ad instaurare con il prossimo, che cerchino qualcuno che gli dica la verità, un po’ perché l’ambiente dello spettacolo è per sua natura falso e ruffiano, un po’ perché occorre essere forti dentro di sé, per accettare verità scomode, tipica quella dell’ ” hai cantato male”, “ questa opera non fa per te “ etc..Mettersi in discussione è dura, soprattutto se si sale su di un palco, in pubblico, immagino, ma una delle peculiarità di questo lavoro mi pare essere l’irrazionalità nelle scelte, nelle valutazioni etc ( Florez, ad ex, raramente sbaglia ed aha una grande carriera perché in questo è l’opposto di molto suoi colleghi, cioè..pensa..) In quanti casi è l’illusione dell’essere bravi che muove cantanti di quart’ordine ad esibirsi in certe condizioni? Immagino piu’ di una. Noi pensiamo a come facciano loro a non sentirsi, loro pensano a quanto noi siamo cattivi etccc. ed arrivano sino a immaginarsi persecuzioni di fantasia, comode perché li mettono in pace con se stessi, oltre che farli ridicoli. Un sistema ove tutto deve passare per successo, tutto va bene, tutto ci sta, salvo la critica, se non addomesticata, mi pare abbia tolto alla categoria quella scorza sino agli anni ’80-’90 i cantanti avevano e di cui non si poteva fare a meno. Bergonzi, Raina, Chiara, Sills, Pavarotti, Bruson…..sino alla Callas, e piu’ indietro ancora,etc, tutti sono incappati in critiche, buate etc, piu’ o meno fondate, ma sono sopravvissuti e spesso si sono fatti delle ragioni artistiche per cambiare e migliorare. Ma il sistema, dal canto suo, viveva questo non come uno scandalo, ma come un fenomeno fisiologico, normale per chi fa arte di ogni tipo. La storia ci dice questo. Il sistema aveva la capacità di cogliere e riconoscere i valori come i difetti, mentre oggi è certo che anche la Callas passerebbe inosservata causa l’incapacità media che si osserva, la scambierebbero per una grassona da Grosso grasso matrimonio greco.
    Garantiva l’artista un sistema di valori che consentiva il riconoscimento della qualità, il miglioramento da una performance all’altra se vi era etc. Lo garantiva il pubblico, che era fatto anche di fans, di clacques, ma anche di normali imparziali spettatori che capivano. Oggi non è piu’ così, il pubblico non garantisce né equità né equilibrio di giudizio, ci vuole facebook, il sito web, la pagina pubblicitaria etcc.: Parma è un loggione perfetto in questo senso, incoerente, capriccioso, stranissimo. Se i successi si costruiscono a tavolino, gli insuccessi non si possono metabolizzare, è certo. Non se ne hanno i mezzi intellettuali ed uditivi.

    Abbassare e mutare il sistema di valori su cui si fonda da sempre la critica, per comodo, per incontrare un sistema di valori alterati che si sono messi in campo ad un certo punto per giustificare e compensare l’assenza di cantanti, è una ricetta che ha dato, come i condoni edilizi, qualche frutto lì per lì, ma ha prodotto le conseguenze negative che ora raccogliamo. Avere giustificato qualcosa o qualcuno è diventato dovere di giustificare tutto e tutti, perché anche l’ultimo tra i meno significativi dei cantanti pretende la recensione amica, l’intervistina prerecite, etc..ossia si adegua ad un sistema che prima era funzionale alle star ed ai loro grandi oneri. Chiunque venga criticato crede di poter insultare ed arringare chi critica o obbietta, anche per prestazioni orrende ed indecenti, mentre se si riascoltasse un attimo e pensasse a chi lo ha preceduto, ne trarrebbe lezioni per far meglio. Lezioni per se stesso, non per i detrattori.
    Mi pare ci sia una idea diffusa che cantare sia un lavoro facile nella pratica, dato che si sa bene che i cantanti che studiano quotidianamente sono rarità, difficile e degno di ogni forma di rispetto quando tocca al pubblico giudicare, ribaltando di fatto quello che è sempre stata la prassi del passato, quando si era molto piu’ preparati, molto piu’ costanti nel rendimento sera per sera ( proprio se parliamo dei belcantisti di cui ci accusano essere vedovi, devo dire che erano di una regolarità paurosa, delle macchine..), e non ci si poteva comportare come persone che si ritenevano in diritto di essere sempre applauditi o divinizzati. Il successo doveva essere guadagnato, non era dovuto, parola di Pavarotti!

    C’è una questione, però che tocca l’uomo comune e che si è fatta lampante in questi tempi, mio avviso, ossia che i cantanti d’opera pensano di potersi sottrarre a tutte le leggi cui ogni persona che lavora si sottomette, prima fra tutte quella che devi fare bene il tuo lavoro, fare ciò che sai fare davvero, rispondere di quello che hai fatto nel bene o nel male. Questi cantanti non accettano quello che è in re ipsa, cioè che su un palco ci si va sottomettendosi al giudizio del pubblico, che è il solo destinatario del loro lavoro. Quelli prima di loro conoscevano bene questa legge e la rispettavano, quando dichiaravano che il pubblico và rispettato e l’autore onorato. Oggi non è così e potrei fare i nomi e cognomi di agenti che vengono a sedere tra il pubblico, arringandolo ed insultandolo (l’ultimo episodio è proprio accaduto ad un signore che conosco alla prima dei Puritani di Cremona..). Accusano chi ha qualcosa da dire di non avere rispetto del loro lavoro altrui, ma nessuno può permettersi sul lavoro di offrire prestazioni scadenti senza subirne conseguenze. Ci sono professioni dove il professionista porta responsabilità civili e penali, a cominciare dai medici, per finire con gli ingegneri, gli imprenditori etc.. Se un ponte crolla causa il progettista, questo và in galera. Se un medico sbaglia un ‘operazione o una diagnosi lo trascinano in tribunale. Ci sono professioni dove si è assicurati per forza di legge.
    Andrea, i cantanti sputano sangue, e’ vero, ma anche la gente comune. Anche uno studente di architettura, prima di cominciare a lavorare, dopo sei mesi che lavora ad un progetto, va all’esame con il prof., che non lo ha degnato di un amen in tutto l’anno e che gli spegne la cicca sul progetto e gli dice solo “ questo mi fa c..re!”, prende i suoi fogli bruciacchiati e se ne va! Magari lo manda in cuor suo laddove deve andare, ma è l’inizio della professione. E non si permette di sentirsi perseguitato….Il cliente, anche il piu’ insopportabile, lo devi accontentare tuo malgrado, e non è sempre una situazione giusta, nemmeno ti da celebrità o certi guadagni. I cantanti rischiano in proprio, ma vogliono essere star, fanno un lavoro che li mette in pubblico, guadagnano cifre che anche nel crollo dei cachet sono cmq ragguardevoli e che l’uomo comune non guadagna. Accettare il giudizio del pubblico fa parte del loro lavoro, come per uno stilista, un giornalista, etc..I loro attuali comportamenti giustificati dalla stampa amica sono vergognosi, anche perché i teatri trasformati in arene questi signori di oggi non li hanno mica visti..! L’ha detto la Casolla l’altro giorno alla Barcaccia. Hanno delle giustificazioni solo nell’incompetenza di managers, soprintendenti e direttori, perché il cantante oggi è l’ultimo della produzione ( causa certe belle idee propagandate da critici come quello di cui parlavi tu..), mentre i cantanti dovrebbero tornare a contare molto di piu’ ( cantando meglio ), ma non nel loro atteggiamento contro il pubblico, che poi li ama, perché ama l’opera.

    Ora il fatto che Andrea si dichiari amico di parecchi, è affar suo nel momento in cui si deve accreditare come critico: io so che è amico, e mi so regolare se e quando scrive. Posso pungerlo qui dicendogli che non è un buon amico a consigliare alla Barcellona il Don Carlo, dato che Eboli canta una terza se non di piu’ sopra a Malcolm, e mi domando, viste le difficoltà esibite in Adelaide, come pensi mai di gestirla ( anche se lo so già…). Per il resto trovo sia piu’ onesto ammetter la propria amicizia così, che non dirlo affatto. O essere amico solo di qualcuno e non di altri, praticare revisioni unilaterali e ad personam su un passato in cui si è creduto e di cui si è già scritto per desiderio di adeguarsi al presente e senza darne giustificazione intellettuale ( posto che non ci si dovrebbe mai rimangiare ciò che si è scritto nel bene o nel male, secondo me..). Cambiare le regole per comodo è scorretto, come fare una riforma di una legge elettorale per farsi eleggere! Trovo scandalose certe distruzioni di cantanti leggendari senza ragione….queste revisioni fanno male al canto, che ha bisogno di modelli validi, per tutti, non solo per chi canta.
    O mama quanto ho scritto!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Per ora basta così, ho rotto a sufficienza.

    • Timidamente approccio e saluto coloro che sfogliano codesto blog rivoglendomi però alla Signora Grisi in merito a questo intervento che – a mio parere – può diventar leggenda.
      Cara, questo manifesto mi ha addirittura commosso. Le concederei un’ulteriore piccola provocazione per far sublimare il tutto: e per coloro che si accostano ahimè oggigiorno a questo mondo, che hanno a disposizione sì strumenti ma bislacchi riferimenti e per coloro che intendono – mossi dalla curiosità, dal fatto che questo mondo ha da dire a tutti coloro che – come il sottoscritto – tendono a muovere i primi passi su siffatto terreno… prima di cedere allo sconforto che possono/devono fare? Possibile inaugurare una sezione che possa essere “Ascolto d’Opera Per Principianti” in modo che parte della buona volontà e del tempo possa essere da chi – come me – ne ha interesse – ad approfondire questo tipo di Arte?
      Rimango in attesa di un Suo cenno e di Vostri riscontri per poter abbandonare l’ignoranza e iniziare una propria ricerca.

        • Questo blog mi piace molto, lo leggo sempre con estremo interesse, e, per quanto riguarda le ultime considerazioni espresse mi trovo generalmente d’accordo. Ritengo poi che i vari redattori siano animati, chi più, chi meno, da una buona dose di onestà intellettuale. Solo un appunto, cara Giulia: non si può liquidare Elvio Giudici (o qualsiasi altra persona) dicendo che “non è fonte autorevole, dei suoi giudizi me ne frego”, mi sembra un modo abbastanza rude di argomentare, e che non porta a niente. Lui non sarà autorevole, ma un altro potrebbe dire lo stesso di te. Forse controbattere su argomenti concreti sarebbe la cosa migliore, anziché attaccare alla cieca il lavoro altrui senza addurre motivi.

          • Nicola, in fatto di canto lo dico e lo ripeto. Ti pare un esperto di vocalità?……..mi pare che siano tutti una generazione di critici che la vocalità l’hanno messa da parte, in un angolo, in nome di un nuovo teatro moderno che ha stentato a prendere forma. Non voglio entrare nei dettagli di certe sue affermazioni per convinzioni, tipo ” Zinka Milanov un bluff “..etc….Io credo Nicola che per scrivere di opera bisogna scrivere anche e soprattutto di canto. Ma per scrivere bisogna SENTIRE, avere l’orecchio, che è dote di pochi, e che si eservcita con molti ascolti. e qui oggi nessuno ascolta, le recensioni sul piano del canto potrebbero essere tagliate , copiate ed incollate su mille spettacoli diversi, tanto sono generiche. Non ho voglia di fare casi di specie, perchè sembrerebbe interessarsi di loro piu’ del dovuto. Ripeto, di quello che Giudici scrive in fatto di canto e vocalità, serenamete me ne frego, non mi interessa perchè so che no puo’ dirmi nulla di utile dato che di vocalità….semplicemente perchè non ne parla!

    • Cara Laura, sarei un introverso musone se, dopo quasi 50 anni di frequentazione dei teatri, in primis come melomane puro (la “professionalizzazione” -se mi si passa il termine- di un hobby è arrivata a metà strada e casualmente) non avessi tanti amici tra cantanti, direttori d’orchestra, registi, scenografi, costumisti ed un largo eccetera in cui metto pure ed in ordine sparso alcuni agenti, direttori artistici e sovrintendenti (più all’estero, devo ammetterlo, che in Italia: anche questo è segno dei tempi), ma anche sarte, parucchieri, truccatori, coreografi, macchinisti e … “coleghi” critici musicali.

      Virgoletto “colleghi” perchè, essendo un medico chirurgo per titolo e professione con regolare iscrizione all’ordine provinciale di Milano, non rientro nemmeno nel novero dei “pubblcisti” e non sono iscritto all’albo dei giornalisti. I miei colleghi” veri”, insomma, sono altri e tra l’altro mi vanto di frequentarli pochissimo perchè sono ossessivi peggio di noi melomani e si finisce sempre e solo per parlare di lavoro. Purtroppo, nell’avvelenatissimo settore della critica musicale (non sapete quanto!) so di dare fastido a più di uno. “Che ci fa quello tra di noi?” l’ho sentito commentate alle spalle più di una volta, “quello non è un “vero” critico musicale” hanno scritto di me su feisbuc. E lo prendo come un complimento, perchè al par di voi mi contraddistingue l’entusiasmo per l’opera. Che qui traspare anche nei commenti più feroci. Io preferisco la linea soft, è vero, perchè ho un carattere giocoso che a sessant’anni compiuti non intendo né posso cambiare.

      Tant’è, ha tutto il diritto di esistere il vostro Corriere e credo anch’io, democraticamente, di poter dire la mia. Sbagliando e prendendo granchi come tutti, del resto, e senza paura di ammetterlo. Senza mai smettere di studiare, perchè ciò sta alla base di qualsiasi scienza. O peggio, credondomi “imparato” od infallibile. Ci mancherebbe.

      Il lungo preambolo non vi stanchi: mi considero -e sono- un tipo alla mano, cui piace stare in mezzo alla gente semplice, che odia ogni tipo di snobbismo culturale, soprattutto quando è in sentore di superiorità intelletuale. Sono incapace di prendermela per ciò che, comunque, è motivo di gioia e di evasione. Poichè a teatro, anche quando ci sono cose che non mi convincono o non mi piacciono per nulla -e capita parecchie volte- io comunque mi diverto, mi appassiono. Altrimenti, abbandono la sala. E’ capitato di rado, ma devo ammettere che ben due volte è successo al Liceo in anni “insospettabili”, nel corso di due recite davvero vergognose con la, per altro adorata, Caballé (una BOHEME con Carreras ed una MANON LESCAUT -e parlo dei primi 80 dello scorso secolo- in cui ne combinarono di tutti i colori, prendendo per il fondello il pubblico) e ultimamente, due volte e non dico in che opere hihihihihihi, alla Scala.

      Pur non convidendo in molti casi i vostri giudizi estremi, ritengo che il Corriere svolga una sua precisa funzione. E serva di stimolo e di riflessione non solo per i cantanti. Altrimenti nè lo leggerei nè starei qui a scriverci sopra. 😉

      Tengo a precisare, però, che non conoscendo Lucar non ce l’ho assolutamente con lui né tanto meno voglio censurare il suo giudizio. Ma non vedo perchè sulla base di una fugace ripresa audio (in condizioni che potete ben immaginare) mi si debba dare del ruffiano nei confronti di un’amica che so, per altro, prossima a debuttare Eboli. Il giudizio, nel bene (mi auguro) o nel male aspettiamo a darlo una volta che avrà affrontato il ruolo. Io almeno credo che sia onesto così. Un’altra cosa mi ha insegnato il tempo e l’esperienza: l’artista lo fa il proprio carattere. Potete ben dare consigli, anche mirati e giusti (e mi risulta che Laura l’abbia fatto più di una volta e a diversi di loro) ma poi ognono decide come meglio gli pare: chi accetta, chi fa l’esatto contrario. Così va il mondo. E’ poi chiaro che in un programma come “La barcaccia” si cerchi il fatidico “gossip” che i conduttori perseguono forsennatamente. Il programma così funziona: sono decisioni redazionali in cui io, nonostante il cognome ed il nomignolo, non ci posso mettere il becco! 😀

      “Sudore e sangue”. L’espressione “incriminata”! Certo tutti coloro che lavorano, ma per davvero, ne mettono e spremono. Medici e spazzini siamo tutti degni di rispetto e dobbiamo comunque accettare le nostre responsabilità, ci mancherebbe. Ma proprio nel mondo dell’opera, e voi lo sapete benissimo, quanti strozzini, parassiti, incompetenti dilagano, anche in posti di grande responsabilità? Ecco, è pensando a questi figuri che mi sento di spezzare una lancia a favore dei cantanti che faticosamente cercano di farsi strada. Che poi in libera circolazione ci siano ignoranti, presuntuosi, arroganti, raccomandati, ahimè vale per tutte le categorie e purtroppo ciò avviene da che mondo è mondo.

      Cordiali saluti

      • Caro Andrea, io ti pubblico ma ….pare ancora una giustificazione al mio sproloquio di cui sopra, e non credo tu ti debba giustificare. Parliamo a tre conoscendoci solo via web, dunque magari si fraintende. Per parte mia, mi sono rivolta a Lucar all’inizio, ho postato sulla critica in termini generali, come ha ben capito Mozart, e non specificamente indirizzati a te, anche perchè quando pubblichi una recensione che sai che sarà la più impopolare che hai mai scritto, qualche riflessione in cuor tuo la fai. La chiosa finale a te indirizzata, circa il sangue sputato dagli artisti, non era “incriminata”, è sentire e dire comune in teatro. Ripeto, non credo tu ti debba giustificare o altro, perchè per quanto mi riguarda la questione tocca altri e diverse questioni, le ricadute nocive sull’opera a mio avvisono stanno in altri modi di scrivere e recensire. Immagino che tra critici facciate “a borsettate”: ci sono noti anche certi squallidi pettegolezzi ed illazioni che qualche tuo poco professionale ( ed imbecille!) collega va ramazzando e rimbalzando quinci e quivi sul nostro conto ( fantachiacchiere che immagino raccoglieremo in un testo prima o poi !). Alcuni mi piacciono ma altri sono proprio comari da ringhiera, altro chè cultura!!!Mollali!!!! hahahah
        dammi il permesso e fammi tagliare il tuo post….

        • Scusami Laura, ma è di questo tuo post che mi solleciti una risposta?

          Bohhh! Mi pare che non ci sia nulla da aggiungere. Il tuodiscorso non fa una grinza: voi del Corriere sapete bene che vi ritengo non già “un male inevitabile” bensì il “sale della lirica” e anche il pepe :-D, specie in questo momento in cui si tende alla globalizzazione in generale, anche e soprattutto nell’opera.

          Le chiacchiere sul vostro conto le trovo patetiche prima che sconvenienti e gratutite: siete scomodi in quanto “esistete” questa è la verità.

          Ciò che è successo in loggione durante la recita domenicale de I PURITANI a Cremona, è inqualificabile, non per chi ha reagito nel suo diritto (se ho ben capito era Stefano…) chiedendo semplicemente di far silenzio sulla musica, bensì per l’individuo che è salito apposta a provocare ed a far casino. Per difendere, poi, l’indifendibile. Roba da matti!!!

          Ribadisco un concetto ormai chiaro come il sole. Nello specifico, a me questa DONNA musicalmente è piaciuta e molto. Anzi ci voglio tornare per sentire Spyres, che da quel poco che ho udito sul Tubo mi sembra molto interessante. Non sto a discutere se era meglio l’edizione del 92 per il semplice motivo che son passati quasi vent’anni e la macchina del tempo, ahinoi, non esiste. Ma ritengo che qui, a casa vostra e nel vostro sito, abbiate il sacrosanto diritto di scrivere la vostra opinione. In più, siete anche civili e cortesi perchè accettate i commenti di chi non la pensa come voi, ovviamente ribattendo le vostre posizioni e riservandovi, come ha da essere, l’ultima parola.

          Spero e penso che la risposta che aspettavi sia questa. Altro di me non vi saprei narrare, come Oscar già abbastanza ho detto!
          Saluti

  9. Signor Merli,

    neanch’io ce l’ho assolutamente con lei, nè con chicchessia.
    Mi permetta ancora, però, di ribadire che l’essere amico non significa, per forza, fare complimenti a tutto spiano su ipotetiche, mi perdoni se oso tanto, “possibilità” di un cantante. Soprattutto quando questi temerari complimenti e/o consigli, e/o giudizi vanno in onda su un servizio pubblico o vengono stampati su giornali che di opera trattano. Non è necessario. Se proprio si vuol farli lo si può fare in privato. Indirizzare in questo modo, a priori, il giudizio del pubblico, mi perdoni ancora, lo trovo inopportuno e scorretto. Aspettiamo, appunto, che, la Signora Barcellona, abbia affrontato il ruolo di Eboli e non diamo, a priori, giudizi su un esito certamente possibile ma che necessita di un riscontro reale.
    Che vantaggio ne trae la sua amica? O lei stesso?
    Io credo nessuno. Anzi si rischia di creare un’aspettativa eccessiva che potrebbe rivelarsi dannosa per l’artista stesso.
    Ci vuol modestia, misura, e, soprattutto, poche chiacchiere. I fatti solo dimostreranno.
    E, non sto giudicando la fugace ripresa audio de “La donna del Lago” trasmessa nella trasmissione di Radio tre (trasmissione che ascolto molto di rado e che apprezzo molto poco). Faccio, come ho già detto, un discorso generale di correttezza e, mi perdoni ancora, di etica.
    Non do consigli a nessun cantante. Non ne sarei in grado. Però, mi permetta, non vorrei sentire neanche giudizi guidati dall’affetto.
    Parli in privato con le sue amiche/suoi amici. La Sua soddisfazione sarà la stessa, mi creda.

  10. E’ verissimo che le recensioni – specie in tempi recenti – sono sempre più supeficiali e concentrate soprattutto sulle impostazioni registiche, ormai invadenti fino all’asfissia. E’ anche vero che lo spazio dato al’opera dai giornali e periodici è sempre minore ( o non dato proprio ). Tuttavia se si pensa a indiscutibili maestri di recensioni quali Giorgio Vigolo, Eugenio Montale ( che era tra l’altro baritono ), Fedele D’Amico o Massimo Mila, non si può dire che fossero ossessionati dal discorso sulle voci ma offrivano un quadro – nello spazio per forza breve di una recnsione – ben più ampio e illuminante sul significato di una ripresa che non la semplice rassegna della qualità del canto degli interpreti e di quanto abbiano cantato peggio o meglio dei grandi del passato. La vociomania, se vissuta come dimensione predominante dell’esperienza di ascolto operistico, diventa forzatamente un’esercizio di corto respiro. Parlare d’opera non è parlare solo o soprattutto di canto ( anche se il canto è un elemento imprescindibile e di imprescindibile soddisfazione ). Basta prendere in mano i testi fondamentali ( per es. Budden su Verdi , Carner su Puccini, Newman su Wagner ) per rendersi conto che confrontarsi con l’opera è qualcosa di più profondo di limitarsi a scrutare se un tenore faccia corettamente o meno il passaggio. (Anche se ammetto che quando ho tempo per le considerazioni minori penso anch’io a queste cose). E comunque a me personalmente dà infinitamente più fastidio un’impostazione registica o direttoriale che tradisca malamente le intenzioni e impostazioni dell’autore che non le incertezze dei cantanti ( salvo i casi più disperati, ovviamente ). Poi naturalmente dipende dal repertorio: nel belcanto l’importanza delle voci sarà più decisiva che non in Berg o in Debussy. E comunque non mi sembra sia interessante andare all’opera per sentire questo o quel cantante. Ci si dovrebbe andare per capire gli autori ( possibilmente aiutati dall’arte degli esecutori: direttori, cantanti, registi e scenografi) e uscire parlando di musica e dtrammaturgia musicale più che di voci.

  11. Caro Lucar,

    gli anni miei, giunti ormai ad una per quanto dorata terza età, mi consentono di essere disincantato nei confronti del mondo, anche dell’opera. Troppe ne ho viste ed ascoltate e come vedi -concedimi il tu, tra melomani ed in questo sito- non perdo mai la voglia di parlarne.

    La mia cara mamma, da tre anni nel mondo dei più e sulla cui tomba ieri mi sono attardato in un ridente paesino della Carnia, comune rustico di carducciana memoria tra faggi e abeti, con un pragmatismo del tutto friulano mi diceva spesso: “se il tempo che perdi con l’opera lo dedicassi a fare solo il dentista, saresti milionario”. Rimbrotto affettuoso dettato da chi per vivere e lavorare ha dovuto lottare, passando due guerre ed emigrando all’estero, ma con l’imperativa urgenza di mandare ben tre figli all’università, il che per i tempi non era cosa da poco.

    Il pistolotto sta pure a significare che col passare del tempo ho imparato a smussare i toni, a non ergermi a censore di costumi altrui, a valutare nella pratica e non con parametri astratti l’etica, non solo quella professionale -io non ho mai avuto la pretesa di essere considerato un “critico”, parola orrenda per altro, bensì tutt’al più un cronista- ma umana.

    In breve e da quanto ho capito, tu ritieni che nel corso di un intervista di 2 minuti, carpita nel corridoio ad un artista stanca, sudata ed in costume, con l’adrenalina ancora a mille in circolo, appena salita da un palcoscenico dove era stata osannata da un folto pubblico plaudente, assieme al conduttore del programma -a cui di fatto ho prestato microfono e registratore- io avrei dovuto dire, per poi mandare in onda: “hai cantato male, gli acuti sono urla, in basso non ti si sente, sei ingolata, stilisticamente fuori ruolo, non ti sognare di cantare nulla per un anno intero e men che meno Verdi”. In tal caso mi sarei dimostrato amico sincero ed eticamente corretto.

    Ti spiego dunque, a costo di sembrare ripetitivo ai più, che ho detto a Daniela “ciò che mi ha dettato il cuore e l’entusiasmo del momento”, che lei come cantante mi PIACE e mi è piaciuta come Malcolm e, precedentemente a Valencia, come Amneris. Che la ritengo un’artista coi fiocchi e che il ruolo di Eboli, che penso e credo farà assai bene, lei lo ha programmato da tempo e per conto suo.

    Io non mi sono mai permesso di darle consigli di qualsivoglia genere, nè tecnico vocali nè nella scelta del repertorio. Perchè? In primis perchè non me li ha chiesti nè mi pare ne abbaia urgente bisogno. E poi, siamo amici sì è vero anche col marito Alessandro, ma non ho con loro quella confidenza che simili discorsi richiederebbero. E pure, perchè il luogo, il momento, la folla che ci circondava, il rumore di fondo ed un altro lungo eccetera, non l’avrebbero, comunque, permesso e consigliato. Spero di essere stato chiaro. Infine, su questo tema personale e assolutamente of topic, caso mai se ne può discutere in privata sede, magari guardandoci in faccia.

    Cordialmente, Andrea (il Signor Merli, per carità, evitiamolo! 😀 )

  12. Caro Gianmario, la vociomania è vitale se vogliamo tornare a produrre cantanti.La vociomania è sempre stata il nucleo della critica operistica, fin tanto che il canto è stato centrale.
    Questo è un sito dedicato al canto, di melomani ( scatenati ), che parlano di ciò che la critica ufficiale no è piu’ in grado di recensire, perchè di canto i critici di oggi non sanno nulla. Né si interessa.
    La gente non sente, è stata diseducata a sentire, no sa riconoscere e distinguere, ne vediamo le conseguenze nel fenomeno delle clacques facebookomani, senza le quali i cantanti no hanno seguito in forza del loro mero lavoro: è inutile parlare di pubblici bizzosi, irrazionali, quando per vent’anni gli è stata servito un approccio all’opera contraddittorio e falsante in fatto di canto, un morale, capriccioso e spesso perfino antistorico.
    A riconoscere il canto si impara, ascoltando, ascoltando, ascoltando….ma qui no si vule che il pubblico senta, se ne ha paura…..a presto

  13. Cara Giulia, prendo in mano il Celletti e leggo a proposito dell’incisione 1958 della Donna del Lago (Serafin/Carteri/Valletti): “quello che si ode è una Donna del Lago bistrattata e svisata fin quasi all’inverosimile”. Poi dell’incisione 1983 (Pollini/Ricciarelli/Valentini) : ” l’opera subisce gravi lesioni (…) latita soprattutto la gioia del canto, con il risultato che udiamo un Rossini arido, angoloso, contraddittorio (…) I cantanti più che personaggi spesso sono esecutori in un contesto di piattezza e incoerenza ” e via di questo poco incoraggiante passo. Per la Donna del Lago Scala ’92 lascerò in pace Elvio Giudici (che vi garba poco) e prenderò Piero Mioli nelle note alla pubblicazione dell’integrale dei libretti rossiniani: ” Blake appiana spesso i suoni (…) il suo canto è stentato , faticoso, aspro assolutamente privo di quell’aura di scioltezza, di beata facilità, di superiore padronanza che nel belcanto è d’obbligo (…) Merritt, è pertinente nel cosiddetto canto di forza (…) per il resto la lettura e l’accento suonano un po’ distratti, disordinati, negletti anche nell’intonazione “. Blake e Merritt, aggiungo io, hanno saputo fare di meglio che in quella occasione ( comunque all’epoca decisamente sopravvalutati dal pubblico più influenzabile e influenzato dal vate Rodolfo, dirigente della Motta e – nel tempo libero – vociologo ). Ho fatto queste citazioni per sollevare in voi il sospetto che – 30 o 40 anni fa – non è che Rossini venisse cantato tanto meglio di ora, anzi. Sicuramente c’è stato un periodo aureo: gli anni 80 del secolo scorso, in cui non c’è dubbio che abbiamo raggiunto livelli anche eccelsi. Ma prima no. Direi che oggi – anche con i cantanti della attuale ripresa scaligera – siamo a un livello decisamente superiore rispetto a quello che è stato fatto nell’ambito dell’interpretazione rossiniana (poco perché non sapevano farlo ) dalla fine dell’Ottocento ai primi anni Ottanta. Cara Giulia, io non credo affatto che oggi siamo messi così male. Meno bene che negli anni Ottanta, certo, ma meglio che in tutto il resto del secolo appena trascorso. E se, a parte voi, c’è stata grande unanimità nei pareri complessivamente positivi sulla ripresa della “Donna del L.” alla Scala (quasi unanimità invece nella critica negativa a scene e regia) non significa che siamo in un mondo dove nessuno capisce più qualcosa di canto. Sono pareri diversi dai vostri. Io stesso ho – in questo caso – un parere diverso da voi. Ma non per questo penso che capiate nulla di canto. Anzi: vi leggo con attenzione e cerco di riflettere sulle vostre considerazioni proprio perché differenti dalle mie. Questo perché credo che la realtà – anche quella artistica – non sia affatto monolitica e sia passibile di letture differenti e non univoche. L’importante è non illudersi di essere portatori di verità definitive: indizio infallibile che si sta sbagliando, come del resto ci insegna l’epistemologia contemporanea.

    • Se dovessimo giudicare Florez con lo stesso metro con cui viene recensito Blake in quella recensione – recensione francamente poco credibile, dato che di quella donna del lago esistono le registrazioni a documentare un Blake non certo di bella voce ma di canto superlativo – dovremmo dire che Florez altro non è che una vociuzza di bamboccio che gioca a fare il grande, senza colori e senza dinamiche, una trombetta nasale ferma su di un arido mezzoforte, con accento vezoso ed effemminato, da recita di bambine in prima elementare, acuti che sembrano vagiti… un cantante ridicolo oltreché antirossiniano e antibelcantistico. E questa è la verità, suffragata dall’ascolto in teatro, ieri sera. I vostri divi sono vociuzze insignificanti, artisticamente sono il nulla.

    • Se non siete capaci di sentire e capire la grandezza di Blake, le cose fenomenali che fa con quella voce, i fiati che non finiscono più, la padronanza completa delle modulazioni su tutta l’estensione, i colori, gli accenti variegati dall’eroico all’amoroso, la pronuncia ed il “dire” sempre incisivi ed approfonditi, l’intonazione impeccabile, la coloratura elettrizzante, la musicalità, lo stile delle variazioni, la quadratura musicale… un senso di sicurezza, di padronanza assoluta di ciò che fa… se non siete in grado sentire tutto ciò, io per voi non posso fare niente. Buon divertimento con Florez.

  14. Caro Mancini mi permetto di sostenere che il tuo è un parere, non la Verità . Essendo un laico integrale diffido di chiunque si proclami portatore assoluto di verità, posizione per me teoreticamente inaccettabile. Le mie convinzioni derivano anch’esse da ascolti in teatro e di registrazioni e sono convinto che siano fondate ma certamente fallibili ( come del resto inevitabilmente anche le tue ). Abbandonarti – come fai – ad affermazioni parecchio ingenue nella loro assoluta visceralità ( “recita di bambine in prima elemntare” “cantante ridicolo” et similia ) mi sembra che tolgano un po’ di autorevolezza alle tesi che sostieni. Comunque fai benissimo ad amare Blake, cantante certamente rispettabile e ottimo musicista (ancorché penalizzato da una voce parecchio brutta).

  15. Sì va bene ho capito sei laico la verità non esiste tutti hanno ragione tutti devono dire la loro tutti hanno la loro opinione blablablablabla ecc…Ma di cosa stai parlando? Cos’è che stai sostenendo tu? Vuoi spiegare, ascolti e spartiti alla mano, che cos’è che avrebbe Florez di così speciale? Blake ha voce brutta, florez invece? Poi oltre alla voce, cosa fa? DAI. Sono stufo delle chiacchiere vacue, di questa aria fritta pseudo filosofica fondata sul quel falso pluralismo qualunquista, maschera dell’ignoranza, per cui “ognuno può pensare quel che vuole in arte è tutto soggettivo”… per divertirsi in questo genere di elocubrazioni ci sono altri forum sul web a quelle espressamente dedicati… troverai anche interviste e lunghi post che fanno al caso tuo. Qui di solito si cerca di discutere di canto o più generalmente di musica.

  16. Caro Mancini, sono un po’ in imbarazzo a partecipate a una discussione che sta assumendo sgradevoli toni da stadio. Il derby Blake – Florez m’interessa poco, specie se i tifosi delle due squadre devono darsele di santa ragione. Francamente non capisco perché si debba trascendere. Non essendo rocchettaro non sono fan di nessuno, tantomeno di Florez. Il che non mi impedisce di osservare, anche spartito alla mano, che nella “Donna del Lago” Florez non se la sia cavata affato male come pretendi. Per quanto riguarda Blake, musicista e professionista ammirevole, trovo che faccia spesso le cose giuste con una voce maledettamente sbagliata, che mi dà fastidio: non pretendo che tu mi segua nel giudizio ma esigo il rispetto per una posizione legittima ed espressa credo civilmente. Come è successo anche in altri àmbiti c’è, in chi è convinto di essere portatore di verità , una pericolosa tendenza all’intolleranza e all’aggressione verso gli eretici. In genere si attacca “il falso pluralismo” in nome del pensiero unico: ovviamente il proprio. E lo scontro tra pensieri unici porta alle guerre di religione. Farlo per Blake contro Florez o Merritt contro Maciste mi fa un po’ ridere. A proposito degli spartiti alla mano trovo poi molto utile riflettere su una parte dell’intervista rilasciata da Muti ieri alla tampa: ” Riferirsi al segno scritto non vuol dire che è matematicamente possibile eseguire cio che è scritto: anche se è indicato un tempo, un forte o un pianissimo non si può riproporlo in modo obiettivo. La carta è labile. (…) Ognuno può avere una verità interpretativa, sua e legata all’oggi, ma fra dieci anni sarà diversa. La lettura definitiva è una contraddizione in termini (…) io posso comprendere l’ossatura della musica analizzando i suoi elementi costitutivi, però il messaggio è inafferrabile. L’intenditore non esiste “. Questo a mio parere non significa che tutto sia da giudicare eseguito bene o tutto male. Ma dovrebbe costituire un invito al dubbio e alla tolleranza. Che a te, amico Mancini, non guasterebbe praticare un po’.

  17. Caro giamario, ‘aria diflorez come quella di blake sono sul tubo. Prendile, analizzale frase per frase, confrontale, scrivi quello che senti, e io ti posto qui. Puoi usare il minutaggio che scorre sotto ai video. Per essere preciso e chiaro. Posto che le due voci inteatro hanno una risonanza imparagonabile, dato florez e’ piu’ piccolo dei comprimari, e gia’ su quello c’e e differenza, ti prego di argomentare.s arebbe utile anche fare questo sui duetti. Citare carta straccia scritta da noon udenti, non serve. Blake aveva la voce brutta, lo scriviamo subito. Puoi postare su ogni aspetto vocale. Grazie

  18. Ho ascoltato Blake molte volte in teatro e altrettanto mi è capitato con Florez. Davvero non capisco come li si possa paragonare. Florez possiede un timbro più gradevole di quello di Blake, ma in tutto il resto gli è nettamente inferiore: come estensione, capacità di variare le riprese, uso della mezzavoce (che Florez non possiede per nulla, la sua Furtiva lacrima ascoltata alla Scala settimane fa era deprimente!) , presenza scenica, volume. Florez , probabilmente, dovrebbe limitarsi ai ruoli di mezzo-carattere o all’opera buffa. Ma tant’è.
    Cambiando discorso, conosco molti sedicenti critici milanesi e trovo imbarazzante che la maggioranza di questi (ad esempio i redattori di una certa rivista “specializzata” in fotografie, più che in recensioni d’opere) intrattenga stretti rapporti d’amcizia con cantanti, registi e scenografi. In tal situazione come è possibile credere alla loro obiettività di giudizio?

    • Tanto per chiarire un po’ la situazione della “sedicente” satmpa “critica”, milanese e no, è chiaro che chiunque scrive -ma anche chi parla alla radio, ovviamente 😉 – alla lunga finisce con l’essere individuabile nei suoi gusti e giudizii.

      Non c’è foglio stampato, dall’omonimo “della sera” alla Gazzetta del Canavese -con tutto il rispetto per la seconda chè forse è più seria del primo- che possa vantare verità assolute ed essere considerato super partes poichè, come ho ho già scritto sopra, chi frequenta per lavoro l’ambiente dell’opera finisce per conoscere tutti e diventare, con modalità diverse, amico di tutti.

      Dirò di più, le riviste specializzate di tutto il mondo, nessuna esclusa, vivono di pubblicità e non necessariamente della fabbrica di pasta o dei profumi, ma soprattutto dei cantanti, agenti, teatri, etc. tutti collegati all’opera e dintorni. Quindi è altrettanto chiaro che si creino dei legami o vasi comunicanti tra chi paga e chi pubblica.

      Del resto questo blog che ci ospità fa manifesto proprio il suo essere al di fuori di questo “mercato”, per altro inevitabile e anzi sostegno di tutta la baracca operistica, piaccia o no. Ed è un merito, essere così liberi, anche se inevitabilmente ciò comporta la nicchia dei “pochi ma buoni” (che poi possono essere anche perfidi nei giudizii, ma per propria scelta) e additati da molti come mestatori di rivolte nei loggioni e nelle piazze adiacenti ai teatri (il che, sinceramente, fa ridere anche un’anima candida) e, comunque e sempre, spina nel c…uore degli artisti che si vedono bersagliati. Molti dicono di non leggerlo, il Corriere della Grisi, ma poi “volgete e girate” tutti ci passano a dare un’occhiatina.
      Così è se vi pare. E anche se non vi pare.

      Un’ultima cosa, a ragion del vero: io collaboro -a titolo gratuito ci tengo a sottolinearlo- con la “rivista patinata” e con la “vituperata” trasmissione radio. MAI, dicasi mai, mi hanno preventivamente condizionato nei miei tempestivi commenti telefonici e men che meno in ciò che scrivo. MAI mi hanno cambiato o alterato un giudizio. Se tagli ci sono stati, pochi a dire il vero, il motivo è sempre stato lo spazio, che nella carta stampata non è certo disponibile come nel web. E aggiungo che se ho avuto problemi, ma di carattere redazionale soprattutto, li ho avuti con le due riviste spagnole per le quali ho collaborato (Scherzo) e collaboro (Opera Actual). Quest’ultima, i cui redattori gestiscono un’agenzia di pubblcità di artisti lirici. cantanti, registi, direttori, etc. (altro che “l’opera” o Operaclick!!!) recentemente ha aggiunto una postilla, senza avvertirmi e inserendola come se l’avessi scritta io, per mitigare il mio giudizio su un direttore d’orchestra che recentemente alla Scala ha diretto Tosca. L’erba del vicino non è sempre la più verde!

      Pace e gioia

      • Che si creino dei “legami e dei vasi comunicanti” è palese, basta leggere certe recensioni per capirlo, ma che ciò sia INEVITABILE è tutto da dimostrare. Un critico serio, che tenga alla propria serenità di giudizio , potrebbe anche decidere di assistere allo spettacolo, recensirlo ed evitare di uscire a cena con questo o quel cantante…. altrimenti potrebbe decidere di fare il supporter (a questo o quel cantante) e rinunciare a scrivere….

      • Andrea, io ti ho scritto un post sopra, leggi please, attendo una risposta.
        La leggenda dei mestatori nasce nelle logge scaligere, quattro cretini appresso al teatro, che ogni persona che incontriamo ritengono di poterla aggredire, avvicinare sparlando ed additandoci, raccontando di complotti organizzati, diffamandoci ed altro.La Tosca non è stata un caso, li vediamo i patetici buatori di superstar passate che oggi applaudono roba da aver vergogna…..patetici vecchi da sala del Bingo! La vergogna sono quelli che la vorano nell’ambiente e danno credito per interesse a tutto questo, non avendo argomenti di difesa…si sa, ci si rifugia in questo. E spiace perchè poi causa questi quatttro poveri coglioni ( e lo dico apposta, perchè tali sono ) i cantanti vengono terrorizzati, si sentono esposti a chissà quali follie omicide ed altro, anche quando non è il caso. Però frattanto spargono il panico, e alcuni agenti vanno nelle direzioni artistiche a parlare di minacce, lettere, terrorismi che servono loro per giustificare guai che stanno in scena per demerito di chi canta.Come se noi non lo venissimo a sapere!!!! Che dobbiamo dire? che l’imbecillità regna sovrana, è certo. Ad altri fa comodo additare sempre alcuni di noi, mentre loro stessi sono i primi a farlo, nascondendosi in realtà dietro di noi. Alcuni, quelli dal cervello supremo poi, buano dal loggione e vanno a chiedere l’autografo in portineria….altri lo fanno ma poi negano, in altri casi è lecito farlo per il cantante, diciamolo, è buabile, perchè ci sono cantanti buabili e cantanti non buabili. Perchè?

        Tutto ciò è vergognoso ma reale, anche se poco ci tocca. Se tu crei un maniaco persecutore, non hai piu’il flop, ma hai una vittima sulla scena….sebbene il giochetto orami sia scoperto, abusato e in fin di vita pure questo, perchè l’opera tutto centrifuga e consuma in breve.
        Abbiamo fatto una lista delle occasioni in cui abbiamo parlato bene, è più lunga di quanto noi stessi pensassimo, talora anche contro la grande stampa, ma tant’è.

        L’opera ha un difetto capitale: è un ambiente dove si parla per sentito dire, perchè SI LAVORA di fatto per sentito dire. Tutto è gestito ed amministrato con superficialità ed irrazionalità, in modo uterino. Tanto che se appena appena hai un po’ di cervello, ti imponi, è giocoforza.
        Ringrazio Andrea, che, ripeto, vorrei leggesse la mia risposta al suo postone di sopra, per essere stato il primo ad accorgersi di qualcosa di cui nessuno ancora si era accorto, o voleva accorgersi: che siamo liberi, non maniacali, ma solo un po’ feroci ed incazzati, che i clacchettari ci hanno stufato come i melomani che pretendono pizze e biglietti da questi cantanti per applaudirli, e che ridiamo troppo per essere un’associazione di complottisti, dato che bazzichiamo l’opera a 360 gradi, soprattutto su e giu’ nel tempo, come oggi mediamente non si fa. La verità è che siamo irriverenti, e questo urta, non credimao negli idoli, no ci faccaimo dire ciò che ci deve piacere, siamo indipendenti perchè non ci fidiamo mai di nessuno salvo che di noi stessi, e ci piace troppo andare all’opera ridendo. E gli altri ridono poco…troppo poco……pochissimo. Il vederci ridere è la cosa che li urta di più, perchè credono che noi si rida di loro…..e purtroppo per loro, invece, noi ridiamo per altro. Imparino anche loro a ridere! Niente riti, niente messe please!

        MI permetto solo una chiosa ad Andrea: la Maria Abbiati non sapeva chi sfosse, glielo indicarono un giorno, per caso.E lo dico come esempio preclaro di una realtà che è sfuggita a tutti i critici dalle mani: queste contiguità non esistevano sino a qualche lustro fa. ed era giusto che fosse così, e , ripeto, toglie credibilità a chi scrive. Altro hanno passioni ed odi nello scrivere evidenti che quelli ascritti al demonizzato celletti ( alcuni li conosco bene..) erano un nonnulla. Se la critica non corregge il tiro, non avrà piu’ credito…ammesso che si possa ancora tornare indietro.

  19. Ci insegnano che i paragoni non sifanno, ma poi li fanno artati allo scopo di giustificare il presente nei limiti e nelle magagagne dato che l’ onesta ‘ non fa male, e lascerebbe le carriere cio’ che ora sono dato che il tempo non mette in concorrenza ill presente cool passsato, basterebbe dire il vero per onorare e preservare il canto, la sua cultura. Ma siccome siamo in balia dei venti scatenati da stupidi fans, da vanitosi mercanti etc,che metrtono a repentaglio la sopravvivenza dell’opera con le loro ciance spacciate per cultura e verota’, daremo a florez cio’ che e’ di florez e a BLake cio’ che e’ di blake con un ascolto anatomizzato. Se siamo a questi punti do sordita’….piu’ o meno sincera….vediamo di fare chiarezza. Grazie billy

  20. Caro Gianmario, quando parli con Mancini devi tener conto di una cosa. Il tuo interlocutore, al di fuori delle discussioni sulla tecnica vocale, è un ammiratore della teocrazia medievale e un dispregiatore assoluto dell’illuminismo e segnatamente di Voltaire. E’ difficile aspettarsi da lui, in un qualsiasi campo, un’ammissione di relativismo. E’ un po’ teocratico anche nelle questioni di canto. Solo che il passaggio di registro e il canto sul fiato hanno preso il posto della visione di Dio.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Semplicemente perchè sono fatti oggettivi e non sistemi filosofici. E’ per quello che oggi si canta male, perchè si crede nella moltreplicità della tecnica, nel relativismo tecnico, nella ciancia filosofica per educare un voce. Se nel balletto, nella concertistica avessimo le stesse idee, faremmo ballare gli storpi e suonare pianisti e violinisti senza dita.

    • Ciao Marco,
      sinceramente non capisco il tuo ripetuto citare il passaggio di registro come motivo di scherno o dileggio.
      Il passaggio di registro è una manovra tecnica elementare, esattamente come il passaggio del pollice per chi suona il pianoforte. La differenza è che il passaggio del pollice lo sa fare anche uno che suona il piano come me, alla cavolo di cane, mentre il passaggio di registro oggi non lo sanno fare quasi tutti coloro che fanno i cantanti di professione.

  21. Guarda Giulia che – se è vero che nel concertismo di norma la disciplina di studio è parecchio più rigorosa che non nel canto – a nessun maestro di pianoforte, per fare un esempio, salterebbe mai in mente di sostenere la baggianata che sia sufficiente avere tecnica per essere buoni interpreti. Ci sono in giro un sacco di ragazzi diplomati a pieni voti in strumento musicale, tecnicamente eccellenti ma totalmente nulli sotto il profilo artistico. Che difatti nella vita non fanno i concertisti. Esecuzioni tecnicamente impeccabili possono essere di rara insipienza: a questo punto evito di fare nomi di cantanti dotati di gran tecnica che mi annoiano fino allo sbadiglio per evitare di sollevare altri polveroni. E il relativismo non è quello rispetto alla tecnica, ma rispetto all’interpretazione: è così ovvio che mi sembra banale doverlo ricordare. L’equazione: musicista dotato tecnicamente = grande interprete è davvero troppo semplicistica e diffusa solo presso chi abbia letto troppo Celletti in gioventù. Nessun maestro di strumento musicale sosterrebbe una tesi così semplicistica. Vorrei infine sottrarmi alla disputa Blake-Florez. E’ un argomento che mi coinvolge pochissimo, tantopiù nei termini di esasperato antagonismo in cui è venuto a porsi . M’importa assai poco sia dell’uno che dell’altro e comunque definire carta straccia i pareri che non condividiamo è una scappatoia troppo semplicistica. Riuscite a capire meglio Rossini grazie a Blake? Benissimo. Qualcuno riesce a farlo con Florez? Altrettanto bene. Il rischio che corre il vociomane è quello di ribaltare i termini della questione: capire meglio Blake o Florez grazie a Rossini. Saremmo in questo caso nella proverbiale condizione dell’imbecille che guarda il dito in luogo dell’orizzonte.

  22. caro signor gianmario,
    la signora Magda Olivero, che fondò la propria carriera sull’equazione da Lei vilipesa e derisa, forse per la provenienza, in una intervista ex multis concessa allegata al disco Timaclub di arie da salotto ribadiva l’opinione che solo la tecnica ed il possesso della stessa consentivano e propiziavano idee interpretative. Mi è noto che la signora Olivero non goda presso molti pennajvendoli, oggi autonominatisi critici ed autori di ponderosi tomi di stima e fama pari alla di lei levatura storica. tautologico ribadire che tale opinione qualifica solo chi l’abbia spesa.
    saluti carissimi dd

  23. Caro Domenico, evidentemente mi sono spiegato male: non ho affatto vilipeso né deriso l’equazione cui Lei allude, sostenendo piuttosto una tesi che credo sia ampiamente condivisa in ambito di didattica musicale e forse un po’ meno in qualche angolo di loggione: che a fare un buon interpete la tecnica sia necessaria ma assolutamente insufficiente. Ho sostenuto inoltre che il mondo è pieno di brocchi – cantanti e anche strumentisti – dotati di grande tecnica e nessun talento interpetativo. Credo che la signora Olivero non avrebbe nulla da eccepire essendo a mio parere l’emblema di quanto da me argomentato. La tecnica non come fine ma come presupposto, come condizione necessaria ma non sufficiente. Unita – in quella grande artista – a una sorpendente ampiezza di vedute e libertà di pensiero, tale da farle molto apprezzare un cantante fuori dagli schemi come Di Stefano. La mia incondizionata ammirazione per la grande Magda ( dovrebbe bastare l’esempio luminoso della la sua fenomenale parola scenica a fare piazza pulita di alcune sopravvalutate farfugliatrici ) non mi spinge tuttavia a definire “pennivendoli” coloro che non riescono a cogliere la grandezza della sua arte. Per tornare a Voltaire il mio rispetto è rivolto in primis a coloro che la pensano diversamente da me. E il mio disprezzo ai pasdaran d’ogni colore.

  24. Caro gianmario mi sa sei tu che procedi auon di luoghi comuni, e cioe’ che si interessa di tecnica non si interessi affatto di interpretazione. Lo dici rtu, non noi. Credo che per esprimersi occorra posswedere gli strmenti per farlo. La noia della donna del lago dell’altra sera, l’assoluta mediocrita’ quando non assenza di fraseggio era proprio legata alle carenze tecniche dei protagonisti. Lo sparrtito domina questi cantanti, quelli che vi permettete di criticare lo dominavan e ne trovavano occasioni continue per variare l’accento e per essere personaggi.

  25. E’ molto comodo, caro Ninci, dileggiare in questo modo le mie posizioni sul canto, riassumerle con tale approssimativa sufficienza, quando non si possiedono nemmeno gli strumenti di base necessari a comprenderle, primo fra tutti un orecchio capace non dico di individuare un imposto vocale difettoso o un passaggio di registro mal eseguito, ma più banalmente di distinguere un cantore da un animale. Tu e l’amico Gianmario potete darmi del dogmatico, del teocratico, dell’integralista finché volete, certamente non mi offendo. Vi faccio presente però che il MIO di dogmatismo, se di dogmatismo si tratta, si fonda perlomeno sullo studio in prima persona dell’arte del canto e delle sue fonti storiche, e sul pensiero autonomo che da questo studio scaturisce, il vostro invece, non importa se spacciato per plurale libertà di pensiero, si fonda sull’aria fritta che vi vendono i critici, cui avete abdicato orecchie e cervello.

    Il dialogo ed il confronto mi interessano solo con chi abbia qualcosa da insegnare, non con quei noiosi azzeccagarbugli che usano la musica come luogo di esibizione della propria fantasia nella dotta arte della masturbazione mentale.

    Qui si parla di canto, è evidente che l’argomento non vi interessa, andate da un’altra parte. Con questo, saluti.

  26. Caro Mancini,anche se espresse con foga, condivido le Sue opinioni, e, da neofita che applica il precetto “ascotare, ascoltare, ascoltare….” mi permetto di suggerire , a chi , con qualche ragione sostiene che la tecnica non basta per interpretare,l’ascolto del famosissimo duetto “il faut nous separer”, cantata da Schipa e, con altro partner(ovviamente) ,la Berganza., e poi da Kaufman ed Alvarez et alii….E’ semplicemente grazie al canto sul fiato, al passaggio di registro corretto e, aggiungo io, alle mezzevoci, che soltanto Schipa e Berganza riescono a rendere l’essenza del Werther, ovvero la decadente romantica impotenza del poeta.Valga per tutte la frase :io morro’ ,Carlotta, cesellata da Schipa, per capire che forse, si, la tecnica non basta , ma che senza una corretta tecnica non esiste proprio l’interpretazione, ma soltanto un prodotto per palati adusi a polpettoni televisivi etc…Il tutto senza alcun intento polemico

  27. E’ vero che i miei interessi – come sottolinea Mancini – non sono circoscritti al canto, alla tecnica del canto, alla comparazione di cantanti, alla visione su you tube di cantanti, alla derisione di cantanti contemporanei e alla mitizzazione di cantant d’antan, a compulsare manuali di canto, e via cantando . Questa dimensione un po’ claustrofobica finirebbe per farmi detestare il canto. Amo profondamente l’opera ma mai vado in teatro o ascolto incisioni per sentire principalmente come vien fatto il passaggio di registro. Questione abbastanza interessante ma assolutamente accessoria. Mi capita di discorrere ampiamente di vocalità per passare il tempo quando mi tocca fare qualche coda. Normalmente discorrro d’opera, di autori, di drammaturgia musicale. Detto tra noi aborro coloro che intendono la meravigliosa storia del teatro in musica come una semplice questione di tecnica vocale. L’amico Mancini ha dunque ragione: è meglio che vada a discorrere di musica da qualche altra parte. Del resto non avrei nulla da contrabbatergli: è già al corrente di tutto, sa tutto e il suo metodo è infallibile. Come diceva Voltaire: il faut cultiver son jardin…

    • Dunque, a me e ad altri qui, Florez non è piaciuto neanche un po’. E’ stato scritto nella recensione, dove non mi pare si parli solo di “tecnica vocale”, ma si fa soprattutto una analisi sulla qualità della esecuzione offerta dal tenore peruviano, e sulla bontà di quella che tu chiami “interpretazione”. Tu però non sei d’accordo, e intervieni citando le recensioni dei critici… Apprezzerei molto di più che tu intervenissi dicendo cosa pensi dello spettacolo, spiegandoci in cosa consiste la grandezza di questi interpreti che evidentemente non siamo in grado di capire… spiegacelo attraverso le tue riflessioni, senza servirti di ciò che scrivono i critici. Se non vuoi discutere neanche di questo, mi chiedo allora quale sia il senso del tuo intervento qui… solo polemica?

  28. Ho assistito alla sola recita di sabato e, devo dire, non mi sono affatto divertito: per l’opera (che non è tra le mie favorite del catalogo rossiniano) e, soprattutto, per l’esecuzione. Niente (o quasi) di ignominioso devo dire, ma tutto inutile e – nel migliore dei casi – scolastico. Ma procedo con ordine:
    1) doveroso cominciare dalla bacchetta: Roberto Abbado è parso molto incerto…corretto nel gestire l’orchestra, ma inerte dal punto di vista espressivo. Il peggio l’ha dato nell’accompagnamento dei recitativi: slentati e noiosi (del tutto assente dramma e coinvolgimento). Sembrava non avesse ben chiara la struttura architettonica dell’opera: si è occupato solo del singolo episodio, visto come parte a sé stante. Pensare a quel che tirò fuori Muti da questa partitura (di gran lunga la miglior direzione disponibile della Donna del Lago) è assai istruttivo e desolante!
    2) La messa in scena resterà uno dei più chiari esempi su come NON si debba fare teatro d’opera: un concerto in costume degno del peggior Pizzi. Oltretutto sgradevole a vedersi e con soluzioni di significato inspiegabile (perché mai devono scendere due grossi lampadari durante l’intonazione dei Bardi nel finale primo???). Un mix di antico e moderno nei costumi e la totale assenza di una regia… Eppure la Donna del Lago offrirebbe (se non altro per le suggestioni romantiche del testo) un’infinita possibilità di realizzazioni… Il problema grosso è che il teatro d’opera è infestato di costumisti e arredatori che si spacciano per registi, ma che di teatro (e di musica) capiscono poco o nulla…
    3) Il cast:
    I – Florez è corretto, compito, ma privo sia dell’accento tragico da opera seria (non può trasformare tutti i suoi personaggi in Lindoro!) sia della spregiudicatezza…ho trovato molto fastidioso il procedere sempre “con i piedi per terra”, in costante sicurezza e senza alcuna fantasia…certo la voce è bella (più bella di quella di Blake, per fare un paragone abusato), ma manca di spessore e di quella “follia” virtuosistica che il cantante americano – ad esempio – squadernava ad ogni spettacolo: Blake sembrava si “divertisse” a stupire, mentre Florez appare più preoccupato a non sfigurare. Saper cantare non basta…
    II – la DiDonato è voce importante e, pur con alcuni difetti (nessuno è mai stato perfetto) poteva essere una valida Elena…peccato che (per eccessive prudenze o pregiudizi) non sfogasse il suo mezzo. Sarebbe poi opportuno un bell’inquadramento stilistico, giacché talune variazioni risultano totalmente estranee al mondo rossiniano (e forse affidare le variazioni e le cadenze ad uno studioso serio e preparato – come Gossett – sarebbe più che mai opportuno…giusto per evitare certi incongrui picchettati, cadenze barocche et similia).
    III – la Barcellona è indecifrabile…la voce è spezzata in due e non riesce più a sfogare il virtuosismo. Perché insistere a puntare su di lei (alla Scala e al ROF), quando mi viene in mente almeno il nome della Pizzolato che avrebbe fatto molto molto molto meglio (ha pure inciso un buon Malcolm poco tempo fa).
    IV – inqualificabile Spyres: mi spiace dirlo, ma è quello che avrebbe meritato le maggiori contestazioni. Non ha imbroccato nessun acuto, è sempre stato stonatissimo, l’agilità era sfilacciata e imprecisa, i gravi erano stomacali, la pronuncia pessima e la voce era priva di sfogo e squillo… Questo cantante inerte e ingolato non ha nulla dell’interprete che avevo tanto apprezzato in Otello e, tutto sommato, nel Viaggio a Reims: spero sia una defaillance momentanea…

  29. Secondo me, c’è un problema di fondo molto pratico in quello che dice Gianmario (e in tanto altro vasto popolo), che evidentemente sfugge a chi non ha un rapporto diretto e reale con il mondo del canto e della musica in generale.
    Il pensiero romantico ci ha abituati all’artista alfieriano, ossia un uomo qualunque che invasato/preso dal genio dispensa al mondo il suo sapere/la sua arte. Questa visione si ripercuote ancora oggi, dopo ben 200 anni di trascorsi!
    Faccio subito una affermazione: nella pratica non ovviamente è assolutamente così! Il cantante (o lo strumentista) si esercita ogni santo giorno per cercare di perfezionare il suo strumento in modo da avere una perizia tale da consentirgli di esprimere quello che lui vuole. Ciò significa che solamente chi ha una tecnica corretta e altamente rifinita da studio costante può esprimere quello che esattamente vuole: il cantante domina la voce, e non al contrario la voce domina il cantante. Io non riesco a capire come si possano apprezzare molti cantanti moderni (tra cui la Barcellona di quelli citati) che ha una voce che decide per lei: lei è limitata dalla sua imperizia ed è schiava dei vezzi della voce.
    Ciò detto – la voce poi è un discorso a parte con certi moti inspiegabili – ma se la Sutherland, la Gruberova, la Devia, Bergonzi etc etc studiavano ogni giorno e avevano quella perizia, forse bisogna cambiare qualcosa nei cantanti di oggi, non certo nella critica o nel pubblico!

  30. Di rigori armati troppo… poco direi!

    Ho assistito alla recita di ieri sera.
    Dicono sia il miglior cast disponibile per questo titolo; il nonplusultra rossiniano; che siano stati chiamati artisti tutti rigorosamente fuoriclasse e quindi meglio così non si può e siamo vicini alla visione del volto di Dio…
    Ma signori, signori: COSA DIAVOLO STATE DICENDO!!!
    Qui stiamo parlando di voci di mezzo carattere che dovrebbero cantare “Cantatrici Villane”, “Matrimonio segreto”, Cecchina ossia la buona figliola”, farse, opere buffe e intermezzi brillanti, e che mi auguro lo facciano al più presto visto il repertorio sconfinato da riscoprire e le magnifiche perle che il pubblico, soprattutto il “pubblico” di ieri sera, finalmente potrebbe conoscere, a cui è stata data la patente di un repertorio uno stile, una drammaticità che sta loro non larga, ma mastodontica e che ci viene restituita in maniera vergognosa, ma tutta impacchettata e infiocchettata millantando una perfezione che non esiste!
    Ma no, su, non siamo cattivi, ci saranno stati dei motivi personali e intimi validissimi per giustificare uno scempio simile: la persona prima del cantante, giusto!
    Benissimo!
    Sarò anche sfigata io, perchè ogni volta che ho sentito Daniela Barcellona (Italiana in Algeri, Lucrezia Borgia, Semiramide, Europa riconosciuta, Barbiere di Siviglia) tutto mi è sembrata tranne che una cantante a posto, eccetto nella Clitennestra dell’ “Ifigenia in Aulide” scaligera in cui mi piacque…
    Dunque Daniela Barcellona, “chi non la definisce fuoriclasse è da TSO con ambulanza annessa”, si sarà svegliata col piede sinistro o le sarà morto il pesce rosso perchè lo strazio interiore della cantante si è riversato sulla saldezza del suo sfilacciato e urlante registro acuto, sul parkinson vocale delle sue colorature, sull’apertura al limite del “parlato” sbracato del registro grave, su un registro centrale scricchiolante, sulle 1000 e più voci che si inseguono in ogni nota alla vana ricerca di un accento che nessuna “stecca espressiva” può darci!
    Eboli? Non solo!!! Perchè non Wotan e Boris Godunov? Ed un pensierino ai ruoli Colbran e Meric-Laland no, eh?
    Cosa dire di John Osborn? Avrà litigato con la moglie ed era particolarmente irritante, dunque ecco la manifaestazione di tanta asprezza nella sua voce. Appena apre bocca si rimane sbalorditi che una persona possa emettere “quei” suoni talmente risultano abrasivi, ingorgati, bloccati, “brutti”!!! “Ma, per dinci, ha le note della parte, cribbio, fa i Do!” Certamente, ce ne fosse uno delle suddette note o di quei Do che suonasse senza gorgogliare o squittire in maniera fastidiosa come grattata da una smerigliatrice: “Ma la parte è difficile, è estrema, colpa di Rossini!” E CHE CANTI ALTRO ALLORA!!! Si arriva a rimpiangere Dalmacio Gonzales e Reiner Goldberg ascoltandolo e persino il timbro di Blake sembra miele d’acacia a confronto.
    E la Joyce, la cara fluida, perfetta, eroica Joyce, che alla prima cantò malata e che ora, con la guarigione… è identica a quando è malata! E la registrazione non mente, anzi dal vivo è TUTTO (cantanti e direzione) ancora peggio della diretta radio!
    La voce risuona tra gola e bocca, è un sopranino chiaro e corto, tremulo ovunque che apre sotto, schiarisce sopra dove si secca e si stimbra, emette “colorature” e vocalizzi disordinati, parte bene con il suo timbro piacevole e strada facendo perde i pezzi fino al rondò finale, quello che ha sconvolto le menti dei più impressionabili, in cui fonde “Glitter and be gay” con la pazzia di “Lucia di Lammermoor” emettendo strani ed rinsecchiti cigolii negli pseudopicchettati… e lo stile? Quale stile? E l’accento? Un insipido elettroencefalogramma piatto!
    Forse avrà preso una camomilla che l’ha rilassata troppo…
    La presenza di Orfila è inspiegabile, ma sicuramente umanamente sarà accaduto qualcosa anche a lui vista la voce tenuta insieme col nastro adesivo.
    In tutto questo ecco Florez: ora gli pseudocritici che scrivono poemi epici pieni “d’ammmore” e di “emoZioni” nei suoi confronti, paragonandolo all’incarnazione del Messia ed altre fandonie di tal fatta, farebbenro meglio ad amputarsi le dita o a scrivere di fantascienza; ma non per noi, per fare un favore a lui ed alla sua carriera!
    Ora, Florez ha una voce tanto caruccia e garbatuccia, non piccolissima in effetti e arriva bene, fa tutte le note e le notine scritte sullo spartito da bravo primo della classe, incorre in qualche forzatura ed in qualche suono crescente, il Re è una nota che sarebbe meglio evitare e canta tutto in forte e mezzo-forte.
    Basta-Stop-Fine non c’è altro: non è aulico, non è eroico, non è romantico, non è nobile, non è… accento e fraseggio piatti, canta in pratica solo la “Fiamma soave” campando di rendita nel resto in un ruolo che lo sovrasta.
    Abbado dirige in maniera flaccida, slentata, un blob sonoro, ammorbante, macignoso (interminabile il I° atto) per poi riprendersi giusto con un po’ di verve nel II°. Orchestra peggiore del Festival di Bergamo.
    Coro INDECENTE, da vergognarsi!
    Allestimento buono per tutte le opere da Peri a Henze, ma meglio sperperare il denaro che riciclarlo, regia (?) indecente, costumi improponibili.
    Il pubblico impellicciato ed ingioiellato ingoia tutto questo, lancia fiori (credo crisantemi e garofani), applaude e dice che tutto è buono!

    Marianne

  31. ho letto un po’ di commenti, e voglio darvi il mio modesto parere. io sono stato ad una delle ultime recite, quindi il gruppo era più rodato, e la di donato sicuramente stava meglio.

    sono stato in tantissimi teatri in tutta europa, perdonatemi milanesi, ma l’acustica del teatro alla scala, ogni volta che ci torno, è davvero pessima (anche se dopo il restauro qualcosa ha guadagnato! forse solo il comunale di firenze è peggio), e in questo teatro voci come quelle di florez fanno fatica a farsi apprezzare… sigh.

    florez lo conosco x averlo sentito un sacco di volte: a me piace, trovo che nei dischi la voce non renda come dal vivo (o dal mio piccolo apparecchio che uso x registrare!), e lo trovo cresciuto (a pesaro nella zelmira mi sembrava forse all’apice…). per quello che canta e per come lo canta, in questo momento, non ha rivali, se non forse antonino siragusa (così bravo nelle mezze voci e nel controllo del fiato). il rondò finale del barbiere l’ho sentito perfetto da entrambi, altri come brownlee sono apprezzabili per altri versi, ma spesso imprecisi e “affaticati”.

    io non smetterò mai, mai e mai a sostenere che solo uno era veramente eccezionale (e mi duole che dal vivo l’ho sentito solo due volte, a genova nel viaggio a reims e a venezia nel marin faliero), rockwell blake. ce ne fossero di tenori col 50% delle sue capacità. un tenore sicuramente sottostimato (di dischi ufficiali ce ne sono davvero pochi, per fortuna esiste il mercato di registrazioni dal vivo)

    la barcellona la trovo più centrata in situazioni più romantiche come la favorita. la voce è molto bella, ma il registro acuto non c’è, quando va su lo fa per un nanosecondo, perchè forse non riesce a tenere con saldezza certe note, e il confronto con la podles o altre cantanti risulta difficile.
    però se in ogni occasione e teatro viene osannata, tanto male non lo è….

    la didonato è forse quella che mi ha sorpreso di più in positivo (nella mia recita è stata la più applaudita), io l’ho apprezzata molto nel rondò finale, anche per aver seguito una melodia originale, facendo riferimento a spartiti autografi di rossini per cantanti diverse.

    apprezzo molto l’originalità dei cantanti, avere più versioni certamente arricchisce, a parte un caso unico (su disco) relativo al marin faliero di florez (“di mia patria, bel soggiorno”): veramente orribile e irriconoscibile, rispetto alla vetta raggiunta da blake, sia in una registrazione operarara in studio, che nel dvd dal vivo di parma dove un re bemolle splende forse come ai tempi di rubini a parigi, e dove a mio modesto parere blake trova la maturità e il belcanto migliore. sublime.

    osborne è la delusione, dopo che su youtube lo avevo ammirato e amato per i puritani e altre belle cose…. ma ci ha messo pure lo zampino ancora una volta il teatro e la sua acustica. lo attendo in altre prove, speranzoso perchè qualcosa sicuramente c’è…

    purtroppo i baritenori stanno finendo la loro carriera… aspetteremo…

      • beh, io l’ho sentita a genova, insieme a filianoti, e sono rimasto folgorato. certo, non è stata la migliora leonora di sempre (ci sono altre cantanti che preferisco, su disco), ma la sua voce così piena di armonici, così bella e ricca di sentimento, la trovo interessante quando affronta ruoli più drammatici.

    • Caro mizar, più ascolto Blake più mi rendo conto che si tratta di uno dei cantanti migliori della storia (per cantante intendo non solo il mero vocalista, ma anche e soprattutto il musicista), 78 giri compresi. Credo anche io che sia un cantante sottostimato, anche da parte di coloro che generalmente lo apprezzano o dicono di apprezzarlo. Io stesso ho fatto fatica a capirlo fino in fondo, accettare quel timbro, per noi oggi che non sappiamo più ascoltare la musica ma sappiamo solo parlare di suoni, è molto difficile. Nei tempi in cui fece carriera poi, non c’è da stupirsi che fosse poco apprezzato dal pubblico più tradizionalista, abituato al canto tonitruante, volgare e sbracato degli anni del Dopoguerra.

      • caro giambattista, concordo in pieno. a mio parere non era nemmeno un mero rossiniano, come hanno voluto dipingerlo/ghettizzarlo. per fortuna su questo fronte ho letto (mi sembra su “l’opera”) un tardivo riconoscimento della sua arte in autori più romantici come donizetti, e ti assicuro che blake come edgardo fa un figurone. e davvero la parte nel marin faliero, secondo me una delle più belle ma anche difficili arie, è un picco di assoluta bellezza belcantista. attendo un antonino siragusa in quella parte, speriamo…

        • Mhm… Siragusa… che sia migliore di Florez non c’è dubbio, è più sonoro, più espressivo nell’accento, sa cantare a mezza voce… il problema è che in alto ha un’emissione dura, spinta e gridata, e poi lo sento stonare sempre più spesso…

      • Non sono del tutto d’accordo: o meglio, concordo con Mancini quando parla della grandezza di Blake e della sua sostanziale marginalizzazione, però credo che effettivamente il repertorio rossiniano sia stato l’optimum per le sue caratteristiche vocali: non una ghettizzazione, ma il pieno riconoscimento della sua eccezionalità (era quel repertorio, purtroppo, ad essere ghettizzato). In Donizetti e Bellini, invece, non mi ha mai convinto: a cominciare dal suo Edgardo e dal suo Arturo (che trovo un vero e proprio passo falso). Trovo che gli facesse difetto, in quei ruoli, il calore romantico del porgere la voce, la rotondità del timbro, così come l’abbandono lirico e certa “passionalità” d’accento. Grandissimo cantante, comunque, peccato che la discografia non se ne sia accorta.
        Ps: doveva essere lui il Percy della Bolena incisa dalla DECCA diretta da Bonynge con la Stupenda…ma poi la Sig.ra Sutherland pose il veto sul suo nome (capriccio tardivo di una dama decaduta: ennesimo peccato mortale del divismo).

        • nei puritani sono d’accordo che non è convincente, ma i legati e i fraseggi che sapeva fare… e poi ditemi…. chi può cantare certe parti come nel marin faliero (è scusatemi, ma è pienamente convincente pur in un ruolo drammatico e pienamente romantico, sia nella splendida “di mia patri bel soggiorno” che nel duetto con la devia (che semmai risulta lei un po’ più freddina). quando l’ho sentito dal vivo a venezia (in quell’occasione devo ammettere che aveva qualche problema vocale) metà teatro (al malibran, la fenice era in ricostruzione) lo applaudiva, metà buava… ma per me è stata una delle più forti emozioni. che peccato, stupenda sutherland… speravo non fosse così diva… ho blake in percy in registrazioni pirata, ed è fenomenale. anche jerry hadley (perso troppo presto per suicidio) però ha un suo perchè in quel disco con la sutherland, una bellissima musicalità.

        • certo…. anche se la mia impressione quella sera è che blake non abbia stonato, anche se certi sue difetti (tipo le a aperte, o una pronuncia non perfetta) erano maggiori del solito. la mia sensazione è che era proprio il tipo di canto belcantistico, che ora pochissimi fanno, sia stato non capito da una parte del pubblico. comunque ho trovato una registrazione anche dell’edizione di venezia (che spero di riuscire ad avere), appena l’ascolterò avrò più elementi…

        • Secondo me il problema non sta tanto nella poca disponibilità del pubblico, ma nelle caratteristiche di Blake: i difetti che hai enunciato (pronuncia, vocali aperte, timbro bruttino) si evidenziano maggiormente quando lascia il terreno a lui più consono del belcanto rossiniano, in favore del melodramma romantico: repertorio che proprio non trovo adatto alla voce di Blake. Il passaggio dallo sfoggio virtuosistico (e dai “miracoli” di tecnica sopraffina) ad un canto più espressivo e meno acrobatico, mette a nudo quei difetti: Donizetti e soprattutto Bellini vanno risplti nell’espressione e nel timbro, oltre che nella dizione e nel fraseggio…non basta possedere tutte le note per fare un buon Arturo (e infatti i Puritani di Blake sono, a mio giudizio, abbastanza sgradevoli). Lo stesso lo sento nell’aria della Fille…per carità, belle note i DO e il RE (ma ho sentito di meglio….e soprattutto di gusto migliore), ma manca quel calore e quella morbidezza, quell’approccio “romantico” che a Blake hanno sempre fatto difetto.

          • Sì, certo, capisco benissimo, e sui puritani sono d’accordo. molti molti altri tenori hanno reso meglio il romanticismo. l’aria della fille era un concerto, e quindi sicuramente manca quel calore che c’è in una rappresentazione completa, e magari c’è il funambolismo proprio dei concerti. certo è che bisogna anche vedere chi lo può fare meglio un certo ruolo, e ad esempio il marin faliero chi lo può cantare oggi meglio di blake? ripeto: uno di cui ho grande stima, come florez, in studio ha reso molto poco, forse più per la scelta della variazione (quindi per lo scarso gusto in quell’occasione) che per la tecnica che sicuramente non gli manca.
            certo che io non so cosa darei per viaggiare nel tempo e sentirmi rubini, o ancora meglio gilbert-louis duprez (non ingrato come rubini nei confronti di donizetti) dal vivo in questi ruoli così belli e difficili…
            amo così tanto la cavatina “di mia patria bel soggiorno”, la considero il massimo dell’arte tenorile di donizetti, insieme a “seul sur la terre” del dom sebastien e alla nota furtiva lagrima (che solo un tenore su 10 canta correttamente rispettando i piani dello spartito…).
            poi io un po’ sbaglio, perchè mi lascio condizionare anche dalla simpatia…. blake lo si vede dopo quell’aria, che risponde ai tanti applausi facendo l’occhiolino, oppure un gregory kunde o siragusa, o la barcellona, o gimenez, che sono così simpatici e alla mano…

  32. un giorno farò un sito dedicato a blake, con tanto materiale che in molti anni ho trovato. siragusa ha fatto una grande cenerentola l’anno scorso a parigi. io lo vidi in quel ruolo a genova, e ho un ricordo bellissimo, ma la voce effettivamente è più aspra e secca rispetto a qualche anno fa…. speriamo non si rovini troppo presto! nel sigismondo mi era piaciuto parecchio, il migliore di quel cast. pochi hanno un controllo del fiato come antonino.

  33. ah… prima (con il nickname mizar55, ma adesso userò sempre il mio nome, preferisco…) ho lasciato un link a youtube di blake con i 9 do e il re… in realtà anche lì ci sono un paio di re, ma appena accennati….
    giambattista…. caro intenditore di blake, senti questo finale e dimmi se ci sono (nel passato e nel presente) altri cantanti alla sua altezza!!! :

    http://www.youtube.com/watch?v=tq8zTUMLFMs&feature=related

    buon natale a tutti.

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