I venerdì di Mancini: impariamo ad ascoltare. Pol Plançon nell’aria del Tambur maggiore.

Tra tutti i bassi documentati dal disco, nessuno supera il francese Pol Plançon in quanto ad eleganza, eloquenza e varietà di fraseggio, disinvoltura nel canto d’agilità, musicalità. L’aria del Tambur maggiore dall’opera “Le Caïd” di Thomas è un saggio esaustivo delle sue qualità di musicista, fraseggiatore e agilissimo vocalista. Il cantante all’epoca dei primi dischi era già nella fase finale di carriera e forse per questo l’emissione, pur positiva perché esente da quegli artificiosi ingrossamenti e ingolfamenti tipici dei bassi degli ultimi sessanta e  più anni, non suona sempre limpidissima, presentando qualche difetto di nasalità (ad esempio è nel naso, sorda e un po’ calante, la i di “chéri” nella prima frase del brano), e una certa fissità nel registro acuto (comunque facile, morbido e cantabile almeno fino al re, essendo ben sorvegliato il passaggio su do#). Ciononostante è notevole la scioltezza della parola, l’accento pertinente, spiritoso ed eloquente, la sapiente gestione dei tempi che segnano il divenire delle varie sezioni del brano, le cui fila sono condotte con magistrale coerenza e compiutezza musicale. Tutti i segni di espressione vengono valorizzati e gli abbellimenti risolti con fluidità, compreso il difficile trillo di “le coeur de la beauté” a 2:52. Nell’esecuzione di cadenze e roulades supera in mordente e velocità anche uno specialista moderno del canto d’agilità in corda di basso come Samuel Ramey. Buon ascolto.

G.B. Mancini

 
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