Fratello streaming: Un Ballo in maschera da Parma. ” Re dell’abisso ascoltami…!”

Arriva Sant’Ilario che porta con sè l’inaugurazione del Regio Teatro parmigiano. E come ogni inaugurazione applausi, fischi e qualche polemica hanno segnato la serata di un’arena lirica che continua a mantenere ben alta la bandiera di teatro contraddittorio ed umorale sino all’eccesso.
La diretta streaming, peraltro, è una serata immancabile per chiunque, dato che la sfilata dei partecipanti alle interviste dell’abituale coppia di conduttori locali, col loro fantasioso italiano ed i loro modi garbati, è un vero spettacolo nello spettacolo, anzi, è il must della serata. Prove di lingua rocambolesche fornite inspiegabilmente un po’ da tutti, strafalcioni assortiti in un bollito misto di melomania ed orgoglio locale, “ Re dell’abisso ASCOLTAMI”, la bellezza della “ sceneggiatura” teatrale, il mezzosoprano che “ è troppo bella per essere incisiva”, annesso spot pubblicitario di un cantante indigeno per reclamizzare ai concittadini la compagna protagonista del secondo cast, i soli commenti competenti venuti dalle quote rosa del pubblico, una in platea e due ( le ultime due della serie televisiva ) in loggione, sono i fiori del buonumore che mi hanno consentito di arrivare sino alla fine della diretta di un Ballo in Maschera che da dire aveva ben poco. Per non dire nulla.
Le permanenti celebrazione verdiane di questo teatro speriamo cessino al più presto, che se ne ampli il cartellone perché si è da tempo nel maniacale e, soprattutto, che si conferisca una maggior qualità artistica alle stagioni parmigiane, scadute in questi anni sino anche al ridicolo. Del resto, sino a quando la città non cesserà di rapportarsi “privatamente“ agli spettacoli che vanno in scena in un dedalo di concerti e concertini presso i vari club lirici ed affini ove maturano, più che altro per per sentito dire, giudizi talora inauditi e sperequati sulle qualità o i difetti di questo o quello, le serate a Parma sono destinate ad avere esiti contrastanti ed irrazionali. I destini si consumano in clima di gioioso divertimento, le persone veramente affabili e garbate e nessun secondo fine o macchinazione. Solo che il Regio, a causa di quanto germoglia in questi eventi, finisce per essere un sito pericoloso per chi non si cala nel vortice delle relazioni vocalgastronomiche che precedono e seguono l’andata in scena (i parmigiani sull’opera sono ancora intransigenti ed hanno ragione a voler dire la loro..) ed al contempo un luogo di facili trionfi per chi gioca al cantare generoso nelle osterie delle consorterie liriche, dove un clima sereno e rassicurante nella sua semplicità regna sovrano, alimentando la benevolenza verso gli amici ( verso i quali è lecito transigere….). Le sperequazioni prendono forma all’interno dello stesso spettacolo come pure tra uno spettacolo e l’altro ( si confrontino i riscontri ottenuti da questo Ballo con la recente Battaglia di Legnano; quelli tra i vari solisti dell’Aida; tra il Trovatore ed i Vespri siciliani…).
Nel gioco tutto padano, degno degli spassosi libri di Guareschi, le stesse Sovrintendenze del teatro finiscono per essere risucchiate e pure loro condizionate, nello sforzo di assecondare o interpretare i gusti dei maggiorenti locali, della cui competenza non mi permetto di discutere ( più volte si sono da soli esposti alla pubblica ironia, ritrovandosi poi a premiare il guinzaglio senza il cane …..o forse sarebbe meglio dire solo il cane, senza il guinzaglio ! ), ma dei quali è certa e provata l’incoerenza.

Il travagliato percorso della navicella del Regio è arrivato dunque all’inaugurazione della prima stagione della gestione Fontana con una “cover” ( mi si permetta l’analogia con la musica leggera ) del Ballo in Maschera di due anni fa, a seguire la cover delle cover delle cover del Rigoletto nuccesco. Della serie, se siete davvero maniacali nella vostra passione per Verdi, noi vi assecondiamo e vi facciamo felici.
Elementi di novità, non pervenuti, dato che il Riccardo del buon Francesco Meli in compagnia della moglie Oscar era già stato ben sperimentato: di nuovo la coppia è stata la porzione di successo della serata, lui con la gola finalmente in forma dopo alcune prove mica molto brillanti, i difetti di sempre, ossia un palese tentativo di imitare Bergonzi nella copertura delle vocali, che ahilui, se priva della tecnica del fiato non sgancia il suono dalle dorate “fauci” ( come dicono i trattatisti del settecento ), tanto che la voce non galleggia elegantemente sul fiato né può piegarsi all’arte dello stile aristocratico e del porgere del Cavaliere di Busseto. Meli ha cantato al massimo di come un uomo può cantare con questo non imposto vocale, esibendo la sua bella natura con generosità e sicurezza, ma restando sempre monotono, col sapore della gola nella linea del mezzoforte, oppure falsettante nei piani. Se l’emissione non è in ordine, il timbro non basta, e si finisce per “vociare”, bene, ma pur sempre vociare.
La signora Gamberoni Meli come Oscar mi è parsa meno convincente rispetto alla brillante prova della volta precedente. Non so se per repertorio praticato in questi ultimi mesi, mi è parsa spinta o comunque forzata negli acuti, imprecisa nella scena di ingresso come pure in quella del terzo atto ( tutti spappolati i trilli scritti ), a detrimento dell’eleganza e della brillantezza del canto che aveva con sicurezza esibito l’altra volta. Troppe frasi squacquerate e petulanti, che vanno ricollocate al loro posto, a mio modo di vedere.
Per loro un successo nitido ed indiscutibile comunque.

Dopo di chè le parti rinnovate di questa cover.
In primo luogo la protagonista, signora Anna Pirozzi, sorprendente doppia new entry del cartellone parmigiano e bolognese, collocata su titoli che hanno fatto sgranare gli occhi a tutti. Qui recensire mi è difficile perché mi ritrovo nella solita palude della “debuttante”,  “poverina”, “si farà”, situazione che ti stringe il cuore parlando di una persona che comincia, ma che è comunque stata collocata in modo azzardatosu ruoli di altissima difficoltà, manco fosse una giovane Stella o Cerquetti. E dire che la sua esibizione privata sempre in quel di Parma qualche settimana fa era stata bella chiara nel dare responsi circa la sua inadeguatezza al tremendo cimento che è l’Amelia del Ballo. Ma siccome a Parma repetita non iuvant, eccoci di nuovo alle prese con facili ed incompetenti entusiasmi intorno a questa giovane ed inesperta cantate, al pari di quanto occorse alla Lewis del primo Ballo. Si sente una natura ragguardevole, non saprei se dire bella o brutta, dato che arrivavano al centro suoni di bella qualità come pure suoni vetrosi, poco o nulla appoggiati, prima ottava inesistente ( ed Amelia richiede gravi importanti..), incapacità di girare con sicurezza gli acuti, ove la fibra si è sentita sempre; zona alta oltre il si bem, dove la parte batte e ribatte senza sosta, prossima all’urlo; difficoltà a gestire il canto legato anche nei passi dolci di scrittura centrale, su cui lo slancio drammatico del ruolo ha calato poi la sua scure. Se la preparazione di base, che potrà certo ancora evolvere, consente ad una voce come questa di gestire le Mimì, le Micaele et consimila facendo leva sulla natura, scritture come il Ballo, o quelle che verranno, mi duole rimarcarlo, sono devastanti e non perdonano. Il cantante, giovane o vecchio che sia, credo abbia il dovere di comprendere razionalmente il tasso di diffcoltà di ciò che canta e di rapportarlo ai propri mezzi, ma anche chi scrittura o chi procaccia le scritture dovrebbe saperlo, rendendosi conto del cul de sac in cui il cantante poi si trova, soprattutto in avvio di carriera. Ma siccome cannibalizzare le voci giovani è la sola arte del presente, continuiamo pure così, raccontiamoci che la giovane si farà ed intanto Amelia, Abigaille, la Lady agiranno inesorate sulla sua voce etcc….Per la signora Pirozzi, comunque annuciata con minori clamori rispetto alla deludente ma sponsorizzatissima Lewis trascorsa, un applauso sforzato, preceduto da una pausa “di riflessione”, dopo Il “Morrò ma prima in grazia”, che è stato forse la cosa migliore della sua prova ( a meno dell’urlo del do in cadenza, che tanto valeva omettere come certa tradizione soccorrevole ), applausi e alcuni bu alla singola.

Diverso discorso per il duo Gertzeva-Grassi. La prima, nota al pubblico come bellissima ( solo scenicamente ) Carmen, era alle prese con gli abissi vocali di Ulrica, quelli che se ci dai dentro troppo e non sai cantare, ti ritrovi, a dirla con Giulietta Simionato, che la salita al sol “…ascondersi potrà..” non si canta, perché ti pare di ascendere l’Everest con un paio di infradito. Voce modesta, tutta sforzata sotto, fibrosa ed ululante in alto, ha sortito un nitido standing silence dopo l’aria, pietoso giudizio che significava chiaramente che non è piaciuta, ma alle singole, forse mutato l’umore,  è stata incomprensibilmente applaudita. Chissà, forse la spassosa spiegazione che è troppo bella per essere incisiva era già volata sino al loggione….
Luca Grassi, voce modesta e senza armonici, era alle prese pure lui con qualcosa di enorme per la propria natura vocale, che lo rende adeguato a parti più leggere e brillanti, da opera francese ed affini: è stato applaudito all’aria, a serata per lui finita, e buato, in contropiede, alla singola. Ho trovato la sua prova limitata dal mezzo come dalle cognizioni tecniche, soprattutto povero di legato e di capacità di espansione della voce, tanto da risultare monocorde perché sempre costretto a spingere al massimo il suo mezzo. Gli acuti erano magari meno muggiti di altri suoi colleghi e nessuna volgarità, nulla più. La passione del pubblico per alcuni beniamini di casa evidentemente ha fatto il suo corso nel determinare il gradimento, in concomitanza con l’atavico gusto locale per la scuola del muggito.  E’ noto come Parma non pretenda certo dai baritoni il canto a fior di labbro o in punta di forchetta ( questa la si apprezza più fuori scena, direi..), quella che si dovrebbe esibire in un Verdi da festival, tutelato nella purezza della lezione esecutiva dal teatro che ne vorrebbe essere il custode. Alla fine, comunque, altri baritoni si, ma Grassi no, in difetto aperto di coerenza con alcune prove del recente passato.

Da ultimo, la nota dolente della prova del maestro Zanetti con l’orchestra Filarmonica del Regio radunata per questa unica stagione. Zanetti è stato allegramente fucilato all’uscita, reo di avere affossato la serata con una direzione del tutto negativa. Quanto ho udito via streaming non era buono per nulla, una direzione pesante, senza ispirazione o idee, tra il bandistico ed il “pestone”, con accompagnamenti talora fastidiosi. Sullo sfondo, però, vi è la rocambolesca, ed anche qui tutta parmigiana, vicenda dell’orchestra. Ripudiata quella del Regio, la Direzione del teatro ha cercato la Toscanini, che ha suonato al Festival u.s., per poi ritrovarsi appiedata per impegni pregressi della stessa. Il ricorso ad una compagine del tutto nuova, selezionata prima di Natale ad hoc non credo non abbia pesato su certe sonorità che si sono udite ( non era davvero possibile contattare altre compagini esistenti ad affiatate per suonare una settimana di prove e le recite?? ). Per parte mia, conservo il dubbio che sia davvero tutta colpa di Zanetti, i cui Vespri non erano stati folgoranti ma di diversa qualità rispetto a questo strampalato Ballo, e forse gli avrei concesso almeno il beneficio del dubbio, che, stando alle interviste oltre che all’esito finale, il pubblico gli ha negato del tutto.

Al di là della professionale ripresa operata dal solito signor Gasparon dello spettacolo di Pieluigi Samaritani, si è imposto su tutti lo splendido, ineguagliato, direi apollineo, maestro Faggiani, il cui coro, crollasse il mondo intorno, va sempre sereno e sicuro per la sua strada, le tempistiche in ordine, le entrate come si deve ( almeno dallo streaming ). E’ sempre lui la star del Regio, la vera colonna portante del teatro Regio di Parma.

7 pensieri su “Fratello streaming: Un Ballo in maschera da Parma. ” Re dell’abisso ascoltami…!”

  1. Il primo a saltare sulla poltrona, incredulo e stranito per la reazione del pubblico (vabbé, facciamo una mezza dozzina) all’uscita di Grassi sono stato io, che -viste le abitudine del Regio- mi sarei aspettato qualche contestazione, caso mai, in corso d’opera laddove è stato appaludito con grida di bravo incluse.
    La voce è quello che è, ma trovo che l’interprete “dal vivo” -sottolineo, in teatro- ha la sua ragione d’essere, anche e soprattutto come seconda scelta visto che il titolare di ruolo, il baritono sardo Carìa, è stato sostiutito da quel che so in corso di prove, mi pare ottima, tenendo soprattutto conto di quanto circola liberamente e non solo nei nostri teatri.
    Saluti

Lascia un commento