Le cronache di Nicolai Ivanoff: Iolanta al Liceu di Barcelona

Come sapete, cari amici, il mio Ivanoff è uomo passionale e focoso. Non avrebbe mancato il debutto della bella connnazionale Anja per nessuna ragione al mondo: orgoglio russo e amore per le belle donne lo hanno spinto a tornare al teatro del Liceu per questa Iolanta di debutto della diva compatriota. Ha presenziato all’evento in compagnia di Giuditta Pasta, scatenando ire e gelosie. Mie naturalmente,  Ma ne avrò vendetta alfine…si, l’avrò!  Per ora…..leggiamo insieme la sua lettera.

 

En el marco de una gira europea iniciada en noviembre, Anna Netrebko, la diva más cotizada, celebrada, mediática y famosa del star system actual, ha paseado la ópera Iolanta, última ópera de Tchaikovski, por ciudades como Munich, Amsterdam, París, Berlin, Praga o Viena. Finalmente, la diva rusa ha recalado en Barcelona junto a las fuerzas estables del Teatro Mariinski de San Petersburgo bajo la dirección del incombustible Valery Gergiev. Era, además, el debut de la diva en Barcelona, esperado con emoción (incluso ilusión) y promocionado con páginas en todos los periódicos de la ciudad. Se podría decir que el éxito era más que previsible. Era también la primera vez que Nicola Ivanoff, acompañado de la gran Giuditta Pasta, escuchaba en vivo a su divinizada compatriota.
Netrebko posee una bella voz de soprano lírica, un regalo de la naturaleza, y posee la elegancia, la contención y la teatralidad justa para cautivar al espectador. Hasta aquí las expectativas pueden verse satisfechas. Sin embargo, su instrumento, ese don de la naturaleza, no tiene el soporto de una técnica que le permita gobernarlo a voluntad y cantar un papel corto y de exigencias relativas sin necesidad de reservarse, gritar o desafinar. La emisión es muy gutural, siempre atrás, buscando un ensanchamiento artificial para parecer “dramática”. Ello confiere a su voz ese color oscuro característico, pero impide que la voz corra libre por el teatro; sólo resulta sonora cuando, puntualmente, se aviva un arrebato de la naturaleza (la Devia, hace muy pocos días, con su voz de soprano ligera, era mucho más sonora en todo momento, en todas las tesituras y en todas las notas). Asimismo, por falto de apoyo y de una correcta gestión del aire, su canto está privado de legato y resulta sistemáticamente desafinado en el centro-agudo (a excepción de los pocos momentos, una vez más, en que se imponen las facultades naturales). Obviamente también el ascenso al pasaje superior está por resolver, porque, después de un par de notas brillantes arriba, las dos notas que le consintió la naturaleza (aunque con vibrato excesivo, seguramente por falta de apoyo),  la diva dio paso al más evidente griterío. Es así como Anna Netrebko, la diva de las divas del star system, maltrata a su voz y el oído de los espectadores. No quiero ni imaginar cuáles serían los resultados que obtendría la Netrebko en cualquier rol más más extenso, donde el cansancio debe de minar todavía más el potencial natural, o en cualquier rol que exigiera adornos o la más mínima figura virtuosística, donde la naturaleza, sin la técnica, poco tiene que hacer.
El resto del reparto, integrado por miembros del ensamble del Mariinski, fue todavía peor, pues ninguno disponía ni de la técnica ni de las facultades naturales. El veterano bajo René Aleksashkin, como Rey René, cantó con voz ensanchada artificialmente, posiblemente para simular la profundidad que el rol aparentemente requiere, emitida atrás y con afinación muchas veces dudosa. El conde de Vaudémont estuvo interpretado por Sergei Shorokhodov, tenorino de voz algo caprina, sin ninguna personalidad tímbrica, de emisión también atrasada y sin idea de lo que es el paso al agudo, siempre estrangulado y apretado. También de emisión gutural, forzados, en constante dificultad y sin interés Alexander Gergalov como Robert, Andrei Zorin como Almeric, Edem Umerov como Ibn-Hakia y Yuri Vorobiev como Bertran. Insignificantes también la nodriza, Natalia Yevstafieva, voz más de soprano corto que de contralto, y las doncellas de Iolanta, Elenora Vindau y Anna Kiknadze.
Valery Giergiev, el incombustible, en su eterna gira de concierto en concierto, dirigió con oficio una orquesta y un coro de calidad, recreando, sin obstruir el canto, bellos detalles de instrumentación, las distintas atmósferas de la partitura. No obstante, se evidenció una más que posible falta de ensayos por los desajustes, más de uno y más de dos, que hubo a lo largo de la función.
Nicolaj Ivanoff, 1o.1.2013

Nella cornice di un tour tutto europeo iniziato a novembre, Anna Netrebko, una delle dive più richieste, più celebrate, più mediatiche e famose dello star system attuale, ha portato la Iolanta, ultima opera del catalogo di Tchaikovski, in città come Monaco di Baviera, Amsterdam, Parigi, Berlino, Praga e Vienna per atterrare, grazie alle forze del Teatro Mariinski di San Pietroburgo con la direzione dell’immarcescibile Valery Gergiev, a Barcellona. È stato oltretutto, per la diva russa, il debutto a Barcellona, debutto atteso con emozione (e anche con forti aspettative) e promosso da pagine e pagine in tutti i giornali della città. Si potrebbe dire che il successo era più che prevedibile. È stata però anche la prima volta in cui Nicola Ivanoff, accompagnato dalla grande Giuditta Pasta, ascoltava dal vivo la sua compatriota divinizzata.
Netrebko ha una bella voce da soprano lirico, un regalo della natura, e possiede l’eleganza, il contegno e la teatralità giusta per accattivarsi lo spettatore. Fino a questo punto possiamo senza dubbio considerare soddisfatte le nostre aspettative. Tuttavia, il suo strumento, quel dono della natura, non ha il sostegno tecnico necessario che le permetta di controllare e sottomettere la voce alla volontà, sì da poter cantare un ruolo corto con esigenze relative senza bisogno di urlare e stonare. L’emissione è molto gutturale, sempre indietro, alla ricerca continua di un rigonfiamento artificiale per sembrare “drammatica”. Rigonfiamento che conferisce alla voce quel caratteristico colore scuro, ma che allo stesso tempo le impedisce di proiettarsi liberamente in teatro; risulta sonora solo quando, ogni tanto, si ravviva un impeto, uno scatto della natura (la Devia, pochi giorni fa, con la sua voce da soprano leggero, era molto più sonora in ogni momento, in ogni tessitura e in ogni nota).
E così, per mancanza di appoggio e di un corretto controllo del fiato, il suo canto è privo di legato e risulta sistematicamente stonato nel centro-acuto (con l’eccezione di pochi momenti, ancora una volta, dove si impongono solo le sue facoltà naturali). Ovviamente anche la salita al passaggio superiore non è ancora risolta, perché, dopo un paio di note brillanti in alto, nelle due note che le ha donato la natura (anche se con un vibrato eccessivo per mancanza di appoggio), la diva ha dato mostra di un urlo continuo. È così che Anna Netrebko, la diva delle dive dello star system, fa soffrire la sua voce e soprattutto l’orecchio dello spettatore. Non voglio immaginare quali potrebbero essere i risultati che potrebbe ottenere la Netrebko in un qualsiasi ruolo più acuto, dove la stanchezza sicuramente danneggerebbe ulteriormente la potenza naturale, o in qualsiasi altro ruolo che richieda fioriture o il minimo virtuosismo, dove la natura, senza la tecnica, può aiutare ben poco.
Il resto del cast, completato con parti del Mariinski, ha fatto una figura ancora peggiore, poiché nessuno possedeva né la tecnica né le facoltà naturali. Il basso veterano René Aleksashkin, come Re René, ha cantato con una voce gonfiata artificialmente, probabilmente per simulare la profondità che il ruolo richiede, emessa tutta in profondità e con un’intonazione dubbiosa.
Il conte di Vaudemont è stato affidato a Sergei Shorokhodov, tenorino dalla voce caprina, senza nessuna personalità timbrica, con un’emissione indietro e senza la minima idea di cosa sia una passaggio all’acuto, sempre ingolato e stretto. La stessa emissione gutturale, forzata e sempre in difficoltà e senza interesse vale per Alexander Gergalov come Robert, Andrei Xorin come Almeric, Edem Umerov come Ibn-Hakia e Yuri Vorobiev come Bertran. Insignificanti anche la nutrice, Natalia Yevstafieva, voce più da soprano corto che da contralto, e le donzelle di Iolanta, Eleonora Vindau e Anna Kiknadze
Valery Giergiev, l’incombustibile, nel suo eterno tour concertistico, ha diretto con maestria un’orchestra e un coro di qualità: sono riusciti a creare, senza ostacolare il canto, bei dettagli di strumentazione e le diverse atmosfere dello spartito. Nonostante ciò, bisogna evidenziare una evidente mancanza di prove a causa di vari sfasamenti, più di due o tre, che sono emersi nel corso dello spettacolo.

(traduzione di Manuel García)

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4 pensieri su “Le cronache di Nicolai Ivanoff: Iolanta al Liceu di Barcelona

  1. Per me la cosa migliore della serata dell’intera serata è stato il duetto con il tenore dove lei ha dato tutte le risorse vocali e espressive. Prima e dopo – poco o nulla. Concordo con Ivanoff, una dote naturale eccezionale per cui, a causa di una tecnica molto scarsa, un ruolo come Iolanta è il massimo che può portare a casa con una minima dignità. Poi, anche se il suo russo non è un capolavoro di articolazione perfetta, si sente che è molto più a suo agio quando canta nella madrelingua.Almeno capisce quello che sta cantando e riesce talvolta anche a creare dei momenti di tensione come l’ha fatto l’altra sera nel duetto con Vaudemont.

    P.S. Tu non l’avrai stasera, Grisi!

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