Sorella radio: pensierini. Prima parte: I Masnadieri alla Fenice

Seconda stazione veneziana della stagione dedicata a Wagner e Verdi. Dopo Otello, Masnadieri. I Masnadieri per gli studiosi della vocalità sono l’opera che segna la collaborazione, all’inizio poco condivisa, fra Verdi e la diva Jenny Lind. E quindi i “pensierini” partono proprio dal soprano che ha  vestito i panni di Amalia e che già populorum voce si appresta a divenire una star dell’attuale magro presente. La poco convinta e convincente difesa d’ufficio “Verdi è cattivo con i cantanti, questa parte è peggio di Lady Macbeth” imbastita nell’intervallo da Raina Kabaivanska, mentore e maestra della  Agresta, dice della prestazione insufficiente della cantante campana.  Perché Verdi sarà sadico ed incapace di scrivere per le voci ( semmai secondo Rossini e non già secondo Raina Kabaivanska) ma un soprano che fra il mi 3 ed il do-re 4 ovvero nel registro centrale sfoggia suoni tubati ed ingrossati ( quella che in gergo si dice emissione bassa) non può che eseguire le note successive ovvero quelle del cosiddetto passaggio superiore solo per dote di natura, della cui esistenza non possiamo dubitare, e poi stonare, spingere e gridare le note superiori al la4. Basta sentire la linea musicale non certo impeccabile della sortita “Lo sguardo avea degli angeli” preceduto da un insipido recitativo e soprattutto il seguente concertato che chiude il primo atto dove Amalia deve “tirare” e la voce appare, pur in una scrittura non certo fra le più tese di Verdi, in difficoltà nello slancio agli acuti. Possiamo anche dire che la cantante ( e l’impressione era già sorta in occasione della Gemma di Vergy) manchi dello slancio e dell’ampiezza che la scrittura e la prosopopea  erdiana impongono e quando tenta di addolcire ed alleggerire la voce è chiaramente priva del giusto sostegno del fiato. Infatti la verità è che la cantante manca di un adeguato sostegno e controllo tecnico che le consentirebbe di simulare voce ed accento moderatamente verdiani quale Amalia richiede e di tentare di rispettare i segni di espressione previsti, forcelle in primis.
Nonostante tutto Maria Agresta era quanto di meglio la diretta radiofonica offrisse, perché Giacomo Prestia ha sfoggiato vera voce intubata e scurita artificiosamente così il dolcissimo duettino con Amalia, omaggio  verdiano ai resti di Luigi Lablache, grande cantante della generazione precedente, non poteva avere quella tenerezza  e quel sapore belliniano ( a  mo’ della sezione centrale del duetto Elvira-Giorgio) affidato ad un simile cantante.
Peggio che mai la prestazione di Artur Rucinski nel ruolo del cattivo. A prescindere dalla mancanza di legato (anche i cattivi legano i suoni e più li legano più sono melliflui e cattivi) dagli acuti duri e presi con difficoltà dell’aria del  terzo  atto o del duetto con Amalia non è accettabile l’emissione tubata e artatamente oscurata che dovrebbe rappresentare la peculiarità del cattivo. Il cattivo verdiano in genere giovane ed antagonista in amore (e qui anche nell’assalto all’asse ereditario) è tale solo se canta con slancio acuti facili e penetranti oltre che a mezza voce sia che si presti alla lusinga amorosa che alla insinuazione. Nulla di tutto questo. Come nulla della vocalità verdiana esibisce  Andeka Gorrotxategui nel ruolo di Carlo. Qui, assai più che con Amalia, Verdi è stato “cattivo” perché la parte insiste impietosamente sul passaggio di registro nella prima aria “Quando leggo in Plutarco” e nel duetto del terzo atto con Amalia dove poi la situazione drammatica richiederebbe solo suoni morbidi e timbrati, un po’ più centrale l’aria (“Di ladroni attorniato”) che chiude il secondo atto, dove, però, l’aspetto pubblico e “masnadiero” del personaggio richiedono nella cabaletta spinta, slancio e squillo almo sino al si bem.
Le cose migliori infine sono venute da Daniele Rustioni. Siccome non è possibile far cantare chi cantare non sappia e ben inutile sarebbe cercare altri cantanti perché difficilmente sarebbero reperiti abbiamo sentito nelle pagine meno verdiane, o meglio di più marcata eredità donizettiana, quanto è richiesto: languore, patetismo. Meglio che niente o meglio di certi equivoci che scambiano Verdi per un compositore da “pestare” e non suonare e le cui esclusive sonorità siano forte e fortissimo.

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73 pensieri su “Sorella radio: pensierini. Prima parte: I Masnadieri alla Fenice

  1. non sono d’accordo sul soprano,di certo che non abbia un controllo sufficiente sui fiati,e sul controllo dello dstrumento vocale non mi sembr,la voce è sempre appoggiata,poi è chiaro è una cantante in maturazione,e nel panorama odierno è una delle migliori pomesei,anzi ormai piu che una promessa,tecnicamente superiore alla Pratt,altra cantante ormai un star odierna,rispetto all Pratt grazie a un registrro centrale più corposo può cantare ruoli più drammatici,per esempio Imogene,comunque è una cantante in evoluzione con ottimi fondamentali,e nella recita dell’altra sera.è stata l’unica tra i cantanti a dare soddisfazione a palati esigenti

    • non ma senti, che palle con sta pratt.
      qui non c’entra nulla. stiamo parlando di un soprano che canta verdi spinto, ha cantato i vespri siciliani, la traviata, il trovatore, la Gemma di Vergy, boccanegra. ok?
      canta cose pesanti per la voce che ha, troppo pesanti, e la voce non è a posto. non è una Gencer, che era solida, in ordine, con belle agilità, in grado di reggere lo slancio ed il mordente di queste parti di verdi. o una Caballè.
      Smettiamola di tirare in ballo chi non c’entra e canta altro. La voce della Agresta non è da verdi, a meno della Violetta.N è ha una solidità tecnica che la renda davvero convincente. quando canta mimì ha un altro passo….Se modifica al più presto il repertorio è meglio.

    • Pasquale…ma credi che ci si diverta a giudicare non adeguato un soprano ad un determinato repertorio?; guarda che quando una cantanta con ottime potenzialità come la Agresta prende una strada sbagliata non fa piacere a nessuno! Di certo è che tecnicamente non canta un repertorio adeguato alla sua voce, che non da alla sua voce il tempo di maturare, che tende a gonfiare i centri per trovare un colore verdiano che non c’è (ma l’hai ascoltata la Ligabue a confronto?), che la voce già pesa pericolosmente indietro, che se continua a cantare così http://www.youtube.com/watch?v=_3WGyKHotDI, tanto per fare un esempio, un futuro ce l’avrà certo, come l’ha avuto la Netrebko, ma non è il futuro che io mi augurerei per lei, anzi, che tutte le persone di buon senso appasionate di musica con le orecchie collegate al cervello si augurerebbero per lei.

  2. La voce della Agresta dal vivo era molto bella e rotonda, nessun residuo malipontiano si notava ieri l’altro. Purtroppo ha pasticciato la sua entrata anche se nel pezzo un paio di note scoperte erano molto vellutate e suggestive. I pezzi d’insieme peraltro sono una specialità della Agresta che mi pare istintivamente portata a fare gioco di squadra (anche quando terzini e mediani non sono fulmini di guerra). Io contrariamente a quanto sostiene la Grisi la trovo adattissima al primo verdi soprattutto se lo canta in teatri con acustica paragonabile a quella di Venezia. Certo quei pasticci suscitano dubbi: tecnica incompleta? stanchezza? Speriamo solo una serata non in perfetta forma. Esorto la Maria al coraggio e alla prudenza!

  3. Massimo non si può fare un confronto tra una poco più di un esordiente con quelle due,che poi è piu la Joan da prendere in considerazione che la Cabalèe,qui non stò scrivendo che Agresta sia già una diva alla Callas,semplicemente,è una cantante agli esordi che canta finalmente sul fiato,appoggiando la voce,non ingolata come tante sue colleghe,certo che deve migliorare,e sono d’accordo con Papageno,quando dice che deve stare attenta ai tempi e ruoli,ma le potenzialità di questa cantante sono evidenti,cantando come canta riesce a fare le mezzevoci,dare colore alla voce in base a quello che deve cantare,certo che è da migliorare,adesso ha provato dei ruoli,stà alla sua mentore indirizzarla nella scelta del repertorio,dove lei può esprimersi al massimo, poi evolvere su altri ruoli,tornando un pò sulla Pratt,certo che sono due voci diverse essendo la Pratt un soprano leggero,e belcantista,eppure in Bellini nel Pirata,nel ruolo di Imogene lei è più portata,per la parte piu drammatica che richiede il personaggio,forse anche meglio della Devia,e penso di non scrivere un azzardo scrivendo che la Agresta tra le cantanti attuali in carriera,sia tra le giovani che meno giovani è una delle poche che tecnicamente può gareggiare con la Devia…quindi tempo al tempo,lasciamola maturare,e ci troveremo un bel soprano italiano da fare ammirare al mondo come altre in passato..

    • se i direttori di teatro fossero assistiti da cervello e cultura farebbero cantare a jessica pratt solo ed esclusivamente lucia, puritani, sonnambula, lakmè, fra diavolo, ugonotti, etoile du nord, crispino e la comare, don pasquale, mignon (come filina), le parti di rossini scritte per la manfredini, conte ory.
      a maria agresta manon di massenet, boheme, schicchi, traviata (senza mi bem), margherita di faust e mefistofele, suzel, micaela.
      poi per dirla alla milanese cul temp e cun la paja murudena anca i nespol !!! e per jessica pratt potrebbero arrivare semiramide e maria di rohan e per maria agresta butterfly e desdemona di otello e BASTA !!!!

        • Fra Diavolo? Crispino e la comare (mi pare in programma a Martina Franca la prossima estate, però)? Mignon? Ma secondo te sono opere che i direttori odierni nei teatri possono prendere in considerazione? 😀
          Io muoio dalla voglia di sentire in teatro una Marta (in italiano, ne?) ma mi rassegno…
          Volevo solo aggiungere che la Agresta, a Salerno, nella Traviata a piazzato un Mi bemolle di tutto rispetto.
          La sua “masnadiera” dopo i vostri commenti sono curioso di sentirla. Reduce dal Vinas penso sarà comunque miele per le mie tartassate orecchie.
          Certo gli esempi della Joan, prima e seconda maniera, della Montse sono schiaccianti. Oggi bisogna fare i conti con quanto circola, ahinoi.
          Saluti

          • abbiamo sentito il vinas…..alla radio poi credo fosse anche peggio. La cosa migliore? 8lake che parlava di fiato….dico bene?

          • Mah… non trovo affatto esemplare la Sutherland come cantante verdiana…

  4. caro Pasquale, gia’ Aureliano ti ha risposto esaurientemente, io ti (vi ) annoio con due note di metodo:
    1) noi che leggiamo i contributi del sito non per polemizzare ma per condividere ed apprendere,di fronte alle osservazioni di Donzelli sulla Agresta ( centro ingrossato, passaggio superiore scorretto, scarso sostegno etc..) , a mio avviso, dovremmo avere se non il dovere ( parolona …) almeno il piacere di verificare con i CONFRONTI quanto sostenuto da chi e’ di noi piu’ esperto ( Ligabue , ed io mi son permesso di aggiungere Sutherland e Caballè)e cio’ non al fine di superare l’esame di fine corso, ma di GODERE e APPREZZARE il belcanto.
    2) dal punto di vista della Agresta che abbiamo ascoltato a Torino ed io anche a Salerno,pense che se- come penso- e’ un’ artista seria che vuol migliorare dovrebbe apprezzare di piu’ queste osservazioni rispetto ad ex alla recensione dei Masnadieri edita su GBOpera ( tutti bravi, tutti promossi !) .
    Per intanto potresti , sul sito della cantante , chiedere perche’ canta di tutto e di piu’ , ovvero quale repertorio intende affrontare.
    Cari saluti , Massimo

  5. Trovo davvero ingiuste determinate cose scritte in questo, pur apprezzabile, blog! La mia coscienza di musicista, di assiduo frequentatore di teatri per lavoro e per passione da oltre 25 anni, di persona che con le voci ha a che fare a lungo, urla a gran voce: Arrestati!!! Ho ascoltato l’opera in questione in teatro proprio alla prima di cui qui tanto si parla. Cari Signori, devo dire che non tutte le voci mi hanno convinto, lo ammetto, non tutti gli artisti erano musicalmente ferrati, ma una su cui proprio nulla si può dire e stata proprio la Signora Agresta! Musicalmente rispettosissima della partitura, ha colto e reso bene ogni sfumatura indicata dall’autore; accento, fraseggio e tensione drammatica! La voce era sempre ben appoggiata e ben proiettata e credo che il registro medio/grave pieno e brunito sia eredità dei suoi trascorsi da mezzosoprano! Nulla di ingolato o di gonfiato o “scurito”, ne avrebbero risentito gli acuti sempre brillantissimi ed i pianissimi, vere perle di rara qualità e bellezza. Scenicamente molto dentro il personaggio, senza strafare e senza divismi inutili.
    Ascoltandola dal vivo, sinceramente, la considero lontana anni luce da una Giulietta e anzi credo che sia proprio inappropriata! Per quanto mi sarà possibile, voglio continuare a seguire questa preziosa soprano made in Italy e anzi voglio sperare che i nostri teatri non se la lascino scappare! Brava la Signora Agresta, gliel’ho detto dal vivo e mi sento di ribadirlo in questa sede!
    Di tutto rispetto anche la voce del baritono, al quale forse si può rimproverare solo un italiano impreciso ed un fraseggio poco “verdiano “, ma Signori cari ce ne fossero così!!!!
    Sul tenore i miei dubbi più grandi: questo è il caso di un ruolo inadeguato ad una voce “tutta natura” che poco ha conosciuto di tecnica, appoggio e proiezione del suono, ma che nelle giuste mani e con tanto tanto tanto tanto studio potrà forse migliorare.
    Altro poi non vo narrare!!!

    • caro valentin, anche noi vorremmo continuare a seguirla….a lungo, e non vederla consumata in breve su ruoli troppo pesanti. Non vedo poi cosa ci sia di dispregiativo nel dire che è una voce per giulietta, o faust, o juliette etc….non vedo minore nobiltà o che. Anzi, ti dir,, personalmente tra una trippa gassosa come la Vestale, che non le servirà ad una cippa di niente, ed una bella edizione di Faust, viva la seconda! Quanto ai difetti vocali, senti il Damor sull’ali rosee di salerno, eseguito con Oren con una bella linea musicale e poesia davvero rimarchevoli, soprattuttto con i tempi che corrono, ma con quelle salite agli acuti tutte falsettanti. Oppure il primo atto di Traviata, dove i problemi in alto si sentono. Noi ci auguriamo che la signora Agresta sia la prossima violetta scaligera…….ma alcuni problemi credo debbano essere risolti, diversamente questo repertorio pesante che sta praticando aumenterà e non poco suoi problemi, come già in altri casi passati.

  6. Dunque incuriosito dalla discussione sono andato ad ascoltatarmi la scena ed aria di Amalia del secondo atto. Niente di scandaloso, semplicemente un emblematico spaccato dello stato dell’arte vocale femminile ai nostri giorni. Per cui scusate la ripetitività, ma i problemi sono sempre i soliti, ossia inesistente registro grave, patata in bocca nel medium, quindi voce indietro, vocali tutte uguali, pronuncia prima che incomprensibile inesistente, primi acuti pesanti come macigni, oppure in vocalizzo sbiancati e sfarfalleggiati. Il peggio arriva nella cabaletta, tutta al risparmio per fare l’acuto, ossia l’unica nota non scritta.

  7. vedo che sono stato preceduto
    per parte mia sarò di un’altra epoca quella in cui si diceva che maria chiara non era una voce da verdi. vero perchè verdi non è la traviata e aida non solo una parte del terzo atto o le invocazioni ai numi , distribuite qua e là.
    allora sentiamo un po’ come se la cava una cantante che non era perfetta tecnicamente che di lì a poco sarebbe diventata una specialista in ruoli spaccavoce, ma ch ein potenza era una autentica voce da verdi. parlo della signora ghena dimitrova
    e documento
    http://www.youtube.com/watch?v=9s8XbB28eEo

  8. Io credo che la situazione odierna si possa così riassumere:

    – chi non ha voce e/o non sa cantare, oggi canta il barocco, Mozart, l’opera moderna e contemporanea, e in generale i ruoli più lirici ed abbordabili;

    – chi ha una certa voce e/o una certa tecnica, canta il repertorio più difficile, pesante e drammatico (anche se magari con voce solo lirica, o leggera o comunque piccola e inadeguata).

    Cioè, la crisi vocale della nostra era è tale che si sceglie il repertorio pensando solo alla sopravvivenza minima del cantante: “Se posso più o meno cantare tutte le note e portare a termine una recita di questo ruolo, allora lo faccio”. Ecco allora cantanti professionisti ma inadeguati cantando il grande repertorio, e cantanti tanto cattivi da essere quasi non-professionisti cantando il repertorio meno difficile.

    Di cantanti ottimi e dal peso vocale adeguato per i ruoli più spinti è da anni che quasi si sono perse le traccie. E oggi sentir Mozart cantato bene (soprattutto fra le voci maschili) è quasi impossibile, perchè siccome “è facile” (?!) appena il tenore o il basso si sentono un po’ di voce passano ad altro repertorio.

    Che dire, se non “Aiuto!”?

  9. Niente contro Giulietta, anzi!!!! Solo la Signora ha un peso vocale diverso!
    Dal vivo io non ho sentito nessuna “patata in bocca”, anzi le parole erano tutte comprensibili tranne qualche eccezione dovuta a vocali poco consone su acuti estremi. Di questo le si può fare colpa? Non credo perchè tutte le grandi del passato che voi citate lo facevano di routine cambiando addirittura o omettendo il testo a proprio “uso” cosa che oggi non viene tollerata da quasi la totalità dei direttori, me compreso!
    Gli ascolti da voi proposti, sono notevoli, ma musicalmente diversi da quello che sullo spartito viene indicato! Ve lo assicuro! Un’esecuzione fatta bene tutta sul forte non vuol dire essere migliore o essere di qualità superiore! Sicuramente buon livello, ma versione ugualmente opinabile, quanto tante altre!
    Un chiarimento doveroso,per amor di giustizia, perchè siamo tutti bravi a criticare e a puntare il dito! Bisognerebbe invece con un po’ di umiltà e buon senso difendere e apprezzare chi con serietà fa il proprio mestiere, chi si dimostra rispettoso/a nei confronti sia del compositore che ha voluto quell’opera con quei colori e con quelle sfumature sia nei confronti di chi in quel momento è chiamato a dirigere una compagine con delle proprie idee derivanti da studi approfonditi dell’opera! E scusate se è poco!!!
    Cordialmente

    • Valentin, perdonami, ma io credo che il dito noi qui lo si punti su quei casi che incarnano ogni negazione dell’arte canora e che vengono eletti da ogni tribuna a fulgido esempio di belcanto. Peraltro, costoro sì, colpevoli di non rendersi conto della pena che fanno.
      È questo il caso della Agresta? Io non credo.
      Forse la recensione e taluni commenti sono più severi di quanto il soprano campano effettivamente meriti; però non si può nemmeno far finta che il passato non esista, come vorrebbero quei claqueurs incapaci del minimo senso critico ed estetico che tacciano “Il Corriere” di passatismo. Accusa peraltro fuorviante perché la questione non è quella di un passato da venerare come un dogma, quanto quella di ricordare che quel passato sta lì, tetragono come il dato di fatto che è.
      Ed è del pari un fatto che non meno di 30 anni fa (e sono molto generoso) una cantante come la Agresta sarebbe stata giudicata inadatta o impreparata a portare ruoli così impegnativi, se non su tutte, almeno sulle tavole del palcoscenico dei maggiori teatri d’opera.
      O vogliamo paragonare quella di Maria Agresta alla solida vocalità , per non citare le solite, di una Pedrini, di una Vitale, di una Caterina Mancini o di una Cruz-Romo?
      Quindi non è tanto un discorso di onestà quello che ritengo vada fatto: quanto di opportunità.

      E siccome mi pare di aver capito che tu sia un direttore d’orchestra, permettimi una piccola insinuazione. Tu dici che oggi non si tollerano omissioni o cambi testo come in passato. Bene. Però, voi, quanto siete diventati insensibili, rispetto ad un Serafin, alle esigenze della voce, che strumento, sì, lo può anche essere, ma non esattamente come tutti gli altri?

  10. Caro Ettore le tue considerazioni sono molto acute: soprattuto quando dici che oggi pare che si pensi solo alla sopravvivenza minima del cantante.

    Mi permetto di aggiungere solo una considerazione: il tempo – veramente scarso – con cui si prepara una parte.
    Vedo di spiegarmi meglio. Prima o poi il salto al grande repertorio va fatto, ma chi canta dovrebbe sapere – e forse oggi non lo sa più – che non solo bisogna discernere il repertorio in base alla propria voce; ma anche che avere la voce giusta per il proprio repertorio non è ancora sufficiente. Le parti bisogna studiarle: “mettersele in gola”, come s’usa dire, e per farlo adeguatamente ci vuole tempo. Il tempo a sufficiente per studiarsi ogni suono su ogni… singola… nota della propria parte.
    Se per quella parte non ci si prepara in questo modo, pur essendo musicisti, pur andando a tempo, pur impostando la voce, per me, si canta ancora “ad orecchio” e non si canta professionalmente.
    Pur tuttavia non è colpa solo dei cantanti.
    Sono convinto che il mondo della musica, in particolare quello del teatro d’opera, oggi si pieghi a logiche di produttività talmente intense da non lasciar che un cantante maturi la parte che deve portare in scena. Per tacere anche della, presumo, mancanza di riposo necessario per un artista, qualsiasi artista.

    Venendo in particolare a Maria Agresta. Sia nel video postato da Aureliano che nel Trovatore indicato da Giulia si avverte effettivamente l’ispessimento dei centri. Ispessimento che in “Tacea la notte placida” vuole compensare, immagino, la carenza di un medium naturalmente ampio come poteva essere, anzi era sicuramente, quello di Antonietta Stella la cui voce, messa in posizione, il suono alto, chiaro, limpido e l’emissione quanto più naturale possibile, non aveva bisogno di andare a cercare le rotondità e la sostanza a cui già Madrenatura aveva pensato.
    Nel video del Trovatore con Oren, mi preme fare notare il frettoloso e veramente osceno tempo staccato dal direttore, credo a vantaggio del soprano probabilmente in difficoltà con una linea più distesa: questo lo deduco dal fatto che la signora Agresta a me pare tenda anticipare un pochetto la bacchetta.
    Non ho trovato il live di “D’amor sull’ali rosee”, ma il video di una prova in scena, sempre di quel Trovatore indicato da Giulia, dove sarebbero evidenti anche all’orecchio inesperto i problemi di sostegno. Si ascolti l’ultima nota in pp. Problemi in cui Maria Agresta non sarebbe incorsa, al netto di ogni considerazione sull’adeguatezza di Leonora alla sua voce, svolto un adeguato allenamento: un’evidente lacuna che mi ha condotto ad avanzare la mia ipotesi sul poco tempo dedicato alla preparazione della parte. E, azzardo, anche allo studio della mezzavoce in acuto.

    Non so invece dove reperire l’audio dei Masnadieri in parola: dove lo si può trovare?
    In conclusione penso anche io che Maria Agresta sia una autentica promessa; una promessa che per realizzarsi deve però consolidare il sostegno – i gravi che suonano un po’ vuoti secondo me non sono adeguatamente appoggiati (perché non è he se sono gravi allora l’appoggio è più debole!) – e piegare il repertorio alle proprie esigenze piuttosto che la propria voce alle esigenze di repertorio.

  11. Scusate so che qualcuno recentemente mi ha criticato perché nelle mie analisi faccio sentire le i e le a, ma permettetemi solo un’altra volta di fare i… puntini sulle i (buahahahahahahah, bella questa), nella cavatina è lì da sentire che razza di orrendo suono ingolfato sia la i sul fa centrale di “dolcezze ignote all’estasIIIIIIII”!!! Bleah bleah bleah! Ecco vedete… se vi foste risparmiati questa insistente difesa d’ufficio della cantante in questione non avreste suscitato la mia curiosità, io non avrei mai ascoltato questi Masnadieri, e vi avrei risparmiato questi antipatici (perché veritieri) commenti… contenti voi.

  12. Può essere anche ragionevole e giusto fare una battaglia contro la kultura in nome della cultura. Ma non si rende un buon servizio a quest’ultima definendo “trippa gassosa” un grande capolavoro come “La vestale” di Gaspare Spontini. Non piacerà a Giulia; piaceva però immensamente a Wagner e a Berlioz, che erano più bravi e competenti di me e di lei. O no?
    Marco Ninci

    • tale la trovo…..una trippa noiosissima. se poi non canta una star come la callas, del tutto indigeribile. me la immagino già diretta da ferro, uno che ti stucca con la sonnambula!!!!!!!!!
      punitiva quella serata pomposa e pretenziosa della vestale del tuo amato muti, con quei cantanti osceni……..non finiva più……!!!

      • Non sono d’accordo Giulia: quella Vestale (che vidi ben due volte) fu uno degli esiti maggiori della gestione Muti…certo con problemi per i cantanti. Io trovo la Vestale un capolavoro assoluto (nella sua forma integrale però, non nel moncherino della sua versione italiana). Mi meraviglio che chi apprezza il grand-opéra (spesso prodotto di artigianato seriale) critichi la lunghezza di un’opera. Opera che offre una varietà musicale incredibile: molto più varia, per intenderci, delle infinite successioni di recitativi cavatine e cabalette con dozzine di meccaniche ornamentazioni che caratterizzano certo Rossini (come l’estenuante Semiramide, che proprio trovo una trippa indigeribile e mortalmente noiosa: chiunque la canti)

  13. Posso considerare irrilevanti i pareri sulla “Vestale” di Riccardo Muti o di Maria Callas. Però i giudizi di Wagner e Berlioz sono tanto più significativi, in quanto ambedue erano pochissimo teneri con l’arte dei loro contemporanei. Non erano generosi; e non erano fatti della pasta di Liszt o di Schumann.
    Marco Ninci

  14. Carissima Giulia, questa cosa della cagata pazzesca riferita alla Corazzata Potemkin l’ho sentita dire, l’ho letta un numero infinito di volte. Così tante volte che ormai non fa più ridere nessuno, come la barzelletta che si ascolta per la centesima volta. E si sa che non c’è nulla di più penoso di un volto impassibile davanti all’ennesimo tentativo di farlo almeno sorridere. E però di una cosa ci si dovrebbe ricordare. Che chi pronuncia quella frase non è altro che un povero frustrato che, parlando a una platea di frustrati come lui, trova un briciolino di coraggio per sottrarsi a quello che lui considera un mostruoso sopruso, questa volta culturale. Mostruoso certo,, ma un nulla in confronto a ben altri soprusi che il Nostro subisce lungo tutta la storia. Questo dà la misura del suo coraggio, che non è davvero quello di un cuor di leone. Che sia questa una platea di impiegati insoddisfatti e Giulia il loro Fantozzi, protagonista di una ribellione piccola piccola piccola? Non vorrai che si pensi questo, suvvia. Tornando a cose più serie, non condivido il giudizio negativo di Duprez sulla Semiramide, che mi sembra un grande capolavoro. Lui la trova noiosa. E’ sintomatico l’accenno alla noia. Anche questa faccenda della noia la vedo dappertutto. E’ ormai diventato quasi un criterio di giudizio estetico, per quanto riguarda sia la creazione che l’interpretazione. Quel direttore è noioso, quell’opera è noiosa, quel cantante canta tutto in maniera uguale, è noioso…Eppure io molto difficilmente riesco ad annoiarmi; trovo un motivo di interesse quasi ovunque. Se un’opera è di routine, cerco di vedere il meccanismo cui l’opera in questione obbedisce, il genere musicale nel quale l’opera si inserisce, genere che traspare in maniera molto più chiara da una creazione mediocre. E altri esempi si potrebbero fare. Anche il commento più piatto è interessante, perché magari in questo si vede bene la psicologia di chi scrive, anche se magari dal punto di vista musicale è irrilevante. E quindi il tono generale del blog, il suo significato, questa volta anche musicale dal momento che attiene alla psicologia e ai gusti del pubblico, ne viene illuminato. Così almeno la penso io. Per quanto riguarda infine la Callas che riusciva a rendere interessante anche quello che Giulia ritiene un mattone indigeribile e un minestrone disgustoso, ti ricordo, cara amica, che nessun interprete ha la possibilità di creare dal nulla; non fa altro che rendere evidenti potenzialità che nell’opera esistono e che un grande interprete può portare alla luce, ma non creare. Molti pensano (spero “pensavano”) che la musica di Lehar sia soltanto un intrattenimento sentimentalistico, un sottofondo sonoro volto da una parte a spremere lacrimucce a buon mercato, dall’altra a scatenare volgari frenesie goderecce. Ma provate ad ascoltare Lehar cantato da Richard Tauber, un’esperienza che ho fatto recentemente in maniera abbastanza esaustiva. Pareva uno spumante comprato in un supermercato di infimo ordine; ne è venuto fuori un Taittinger degno del palato sopraffino di James Bond.
    Ciao
    Marco Ninci

  15. “che nessun interprete ha la possibilità di creare dal nulla; non fa altro che rendere evidenti potenzialità che nell’opera esistono e che un grande interprete può portare alla luce, ma non creare.”

    Ninci in fin dei conti qui sopra perche si parla del tutelare l’arte del canto? anche per questo motivo,che ci siano cantanti preparati perche esegua quello che il compositore vuole che si porti in evidenza.
    Come è evidente che molti cantanti odierni,nella loro mediocrità non sono in grado di farlo,anche per questo motivo credo nell’Agresta che possa farlo in un futuro,perchè i fondamentali sono nettamente superiori a tante sue colleghe,sempre che non si lascia trascinare dalle sirene del consenso facile.

  16. Dopo aver seguito la discussione, una domanda mi sorge spontanea. Chi ha sentito in teatro l’esecuzione? I cantanti vanno sentiti a teatro, perché le trasmissioni radio ed in special modo quella della nostra beneamata RAI, che sono di una sciatteria tecnica veramente desolante, poco o nulla fanno capire di quello che veramente succede in teatro, travisando in toto l’esecuzione ed una eventuale conseguente analisi critica. Bene, io c’ero! Sono un vecchio appassionato e frequento il teatro da molti decenni, quindi con un po’ di esperienza fatta in centinaia e centinaia di ascolti nei teatri di tutto il mondo. L’altra sera ero alla Fenice ed ho ascoltato “I Masnadieri” in discussione e la mia impressione è stata quella di ascoltare un’opera in formato ridotto, tale era la modestia sonora delle voci. Voci piccole, che a malapena passavano l’orchestra, malgrado il direttore cercasse di aiutarle alleggerendo, per quanto era nelle sue possibilità, gli accompagnamenti orchestrali. La signora Agresta è appena un soprano lirico che canta un repertorio assolutamente proibitivo per le sue attuali capacità. Una voce timbricamente bella (senza però gridare al miracolo!), che sicuramente potrà migliorare con gli anni se risolverà alcuni problemi che in questo momento l’affliggono. Ad esempio, l’abuso di piani quasi costantemente spoggiati, che danno come risultato suoni bianchi e talvolta al limite della rottura, che migliorerebbero sicuramente con un uso più corretto del sostegno diaframmatico. Senza contare poi che la signora Agresta, di questi piani “falsettanti” fa un uso eccessivo e talvolta improprio specie in alcuni punti dove il ruolo richiederebbe ben altre sonorità e coinvolgimento timbrico. Il baritono, anch’esso dotato di un timbro di fondo gradevole, contraffaceva la sua natura di mezzo carattere, in cerca di una voce adeguata al personaggio, con il risultato che potete immaginare. Forse, in altri tempi avrebbe cantato un ottimo “Schaunard”, e nulla più! Di Prestia e del tenore, che dire, se non che il livello di guardia variava di volta in volta a seconda delle difficoltà dell’opera, con la differenza che al tenore (a cui consiglio vivamente di trovarsi al più presto un nome d’arte pronunciabile e che sia facile da ricordare) i dirigenti di un teatro e il suo agente (se competenti e seri…) farebbero meglio a consigliare di cantare “Elisir” invece che le prossime “Luisa Miller” e “Carmen”!!! Non se ne accorgono che la loro “nuova scoperta” sta gonfiando la voce artificialmente e che con l’andare dell’opera la voce va sempre più indietro fino quasi all’inudibilità, nell’ultimo atto? Mandare al macello una voce che avrebbe delle ottime potenzialità, è sinonimo di incompetenza o di malafede? Per finire, l’esecuzione era condita da una noia mortale, dove il mordente, l’accento, l’immedesimazione dei personaggi era totalmente assente! Mi chiedo, ma il lavoro del direttore d’orchestra non dovrebbe essere quello di decidere (visto che gli altri non lo sanno fare!) di mandare a casa voci inadeguate ai ruoli o se non ne ha la forza e le capacità, almeno di insegnare a costoro oltre al solfeggio, che cosa stanno interpretando? I vecchi maestri questo facevano per la salvaguardia del cantante e la buona riuscita dello spettacolo…quel tempo però mi pare inesorabilmente perduto, così come ormai perduto mi sembra il nostro attuale teatro!

    • caro lauri volpi, benevenuto abbiamo ascoltato la signora agresta in teatro ma non nei masnadieri come o scritto nella recensione. Vedo che concordiamo su molto, per non dire tutto. Posto che siamo abituati a fare la tara agli ascolti radio, soprattutto se preceduti da ascolti diretti intetaro di una voce, mi fa piacere riscontare che non siamo stati lontani dalla realtà tetarle con la nostra recensione, anzi, direi che abbiamo bene udito e recensito. Grazie del tuo post.

    • eppure a giudicare chi ha ascoltato la signora Agresta qui al Regio dal vivo,pensa diversamente dal nostro nuovo amico G.L.V.
      comunque su questa cantante non cambio idea,e spero che ritorni presto a Torino,perche cosi l’ascolto dal vivo,e vedo se ho conferma come nelle registrazioni.

  17. E’ una ripresa piattissima la Agresta (ho ascoltato la sortita e Carlo vive) é molto ma molto penalizzata nelle dinamiche. Il baritono dal vivo era meglio (cabaletta). L’orchestra invece mi pare renda bene (forse anche meglio che dal vivo). Io comunque radiotre rai la ascolto sempre meno quando fa le dirette dall’italia perché poi vai a teatro e sembra un’altra opera

  18. Sono stato all’ultima recita di sabato scorso.
    Era la prima volta che sentivo la Agresta, di cui avevo letto buoni commenti e che, quindi, mi ero riservato di ascoltare direttamente in teatro senza vedere alcunchè su youtube. E’ stata la migliore del cast, anche se ho notato una notevole differenza fra registro acuto e registro centrale: nei centri è la cantante senza dubbio più solida ed espressiva che ho sentito finora dal vivo, mentre ho notato molta meno scioltezza e facilità nel passaggio al registro acuto, in particolare era evidente l’assottigliarsi della voce man mano che saliva, nonchè dei non proprio piacevoli “effetti” metallici della voce negli acuti. Ciò soprattutto nei primi due atti, meglio negli ultimi due. Positiva anche la presenza scenica ed il profilo della recitazione. Trovo fuori luogo qualsiasi paragone od accostamento con la Pratt, sono due cantanti molto diverse, la prima con centri solidi ed acuti su cui lavorare ancora molto (non so dire dove finisca la natura e dove inizino i problemi tecnici), la seconda invece dotata di acuti svettanti e facilità di emissione e colorature difficilmente pareggiabili.
    Nota di biasimo per il tenore, assolutamente monocorde ed inespressivo sia che cantasse la cabaletta vigorosa del primo atto oppure che intonasse i duetti con Amalia nel prosieguo; per definirlo in due parole mi sentirei di dire che è “Kaufmann wannabe” per l’evidente e volgare ingrossamento della voce e la forzatura negli acuti, di talchè è fin da subito entrato in crisi di fiato (effetto strozzamento). Penalizzato, poi, da un calo evidentissimo di voce negli ultimi due atti, tantochè in un’occasione non è riuscito a svettare sul coro perchè coperto.
    Del baritono ho apprezzato la linearità del fraseggio e la facile comprensione di quello che stava cantando (per la cronoca è stato il più applaudito dopo il direttore d’orchestra).
    Non m’è piaciuto nemmeno il basso, voce sì corposa, ma troppo traballante in ogni nota tenuta.
    Ultima nota Rolla: interpretato, nella recita del 26 gennaio, da Dionigi D’Ostuni…ecco, questa è la parte che ben si confà a questo tenore che avevo, invece, sentito nell’Italiana in Algeri a Brescia con risultati mooolto discutibili.

  19. il post del sig. Mr Angelo (che mi pare ascoltatore competente) dimostra come ogni recita abbia la sua storia e che non si può recensire come fosse una registrazione ufficiale in studio. Finiti questi Masnadieri resta da verificare quale sia il repertorio più adatto alla Agresta. Qualcuno sostiene le parti più tranquille (Micaela, Mimì, Elvira ecc.) io invece in quel repertorio la trovo più convenzionale, mentre nel Verdi romantico la trovo piena di brio e mi piace molto come passa di registro seppure (é vero) assottigliando il suono. E’ però un bellissimo cambio di marcia che non rompe alcuna atmosfera ma anzi le permette di essere piuttosto espressiva (credo che nel passaggio la Kabaivanska l’abbia aiutata molto o consigliata bene). Certo in Masnadieri la scrittura é molto nervosa e per eseguire le colorature create per J. Lind con espressione e mordente tenendo al contempo controllata l’intonazione é cosa assai rognosa e a mio avviso la condizio sine qua non per venircene a capo é avere la voce riposata. Diversamente duttilità ed elasticità rischiano di andare a farsi benedire. Ritengo che se Maria Agresta dovesse incidere in studio i suoi tre assoli dei Masnadieri difficilmente deluderebbe. Purtroppo nelle sue recite dal vivo tutte le volte qualcosa non ha funzionato e ciò un po’ dispiace.-

    • E perché mai secondo te dal vivo qualcosa non ha funzionato?
      Ti garantisco che in studio funzionerebbe solo perché in quella sede si possono correggere gli errori/difficoltà.
      Al di là poi delle nostre preferenze di questo o quel cantante in quello o questo repertorio, bisognerebbe che ciascuno cantasse il suo e che non si montasse più che la testa… la voce.
      Maria Agresta vanta dei bei mezzi, spiacerebbe vederli incatorcire per aver cantato un repertorio troppo pesante per lei.

      Sulla sua insegnante mi astengo.

    • caro alberto emme
      sono cresciuto con cantanti da kraus alla devia passando per la horne, la cuberli, ramey e la stessa kabaiwanska per tacere della chiara o della freni che erano monotonamente uguali ciascuna sera e che fra il vivo e e il disco di fatto non avevano differenze nemmeno quando cantavano con il raffreddore!!!!! Il tutto come sempre documentato da registrazioni.
      ciao
      dd

      • beh passamele tutte queste registrazioni…cmq di tutti i nomi che hai fatto per amor del vero solo Kraus un paio di volte non l’ho sentito in serata. Ora ke ci penso anche la Raina non era sempre la stessa Adriana o Butterfly. Piuttosto già che ti becco, e con riferimento alla questione Agresta, ricordi Lella Cuberli nel Ratto del Serraglio come assottigliava il suono per eseguirlo? Ce l’hai quella registrazione da passare al tuo caro nemico Alberto 😉

          • eh….vedo che tu hai già capito. Per il nostro interlocutore alleggerire e falsettare sono la stessa cosa……tanto, basta parlare….o scrivere. Io, che non sono mai stata specialmente fan della signora in questione, direi piuttosto che alla fine calava. Ma anche spompata non ha mai falsettato. La agresta purtroppo lpaltra sera falsettava sopra e cempennava le agilità. Il D’amors sull’ali lo trovate sul tubo digitando maria giovanna agresta trovatore….vedi un po’ se ho ricordato bene…

          • nel senso utilizzato da celletti x recensire dal vivo la cuberli ( vedi rivista epoca anni 77 78) quanto alla caballe’ c sara’ tempo e occasioni per parlarne

  20. Intendevo dire proprio questo che in studio tutto si può correggere, dal vivo ovviamente no. Pensa alla Caballé che quando non era più di primo pelo nelle registrazioni era una cosa e dal vivo un altra (per es. Luisa Miller (confronto Scala – inc. Decca), Aida (confronta Scala Shippers – inc. EMI). Comunque ormai le registrazioni in studio sono purtroppo un ricordo del passato e l’utilizzo di You Tube é spesso fuorviante perché finisci per ascoltare riprese dal vivo già penalizzate dai mezzi di registrazione che poi i diffusori dei comuni pc appiattiscono. Senza contare che solo l’ascolto dal vivo consente la lettura del velluto, dello smalto, del metallo e della proiezione di una voce.-

  21. mah questo è un discorso vecchio nel giudicare la voce da una registrazione, oda un ascolto per radio,convengo che su you tube a volte la qualità audio lascia a desiderare,ma l’ascolto dal vivo permette di sentire il volume della voce,la sua proiezione,le armoniche,che spesso sono attenuate in una ripresa audio,
    il giusto equilibrio voce orchestra,per il resto i pregi e difetti si ascoltano,e si possono giudicare anche da una registrazione,o un ascolto per radio,l’importante di avere un buon impianto hi – fi da collegare al computer, meglio ascoltare in cuffia su questo impianto.

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