I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Sonia Ganassi in Elisabetta Regina d’Inghilterra.

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Ascoltiamo il (nominale) mezzosoprano Sonia Ganassi, assidua frequentratrice delle parti Colbran in ossequio all’odierna vulgata secondo cui la voce della leggendaria primadonna sarebbe stata non di autentico soprano drammatico ma di mezzosoprano acuto, alle prese con il finale dell’Elisabetta rossiniana. Nel maestoso iniziale “Fellon la pena avrai” si deve esprimere mediante l’ampiezza di cavata, l’accento perentorio, nobile ed enfatico, e non ultima una sicura agilità di forza, la furia implacabile della regina nel condannare il traditore Norfolk, furia che non può tradursi in una espressione verista e scomposta data la natura regale del personaggio. Una voce di vero mezzosoprano dovrebbe essere perlomeno facilitata nel dare incisività alle frasi di tessitura più centrale: sentiamo qui invece una emissione ingolata in tutte le note della prima ottava (“la pena avrai”, “a tanto eccesso”), ingolamento dovuto alla ricerca artificiosa di un suono scuro e ingrossato, ricerca che si traduce solo in suoni caricaturali, affogati, ventriloqui, ed in una pronuncia goffa e poco comprensibile. In alto la voce si squaderna in suoni fischianti, schiacciati, sbiancati e sfilacciati, come il la naturale di “dove si vide MAI”, previsto anche nella successiva risposta “più scellerato COR” ma prudentemente omesso. Le progressioni di scale discendenti sulla ripetizione di “più scellerato cor” sono risolte con una maldestra presa di fiato intermedia, agilità priva di velocità e mordente, un si naturale bianco e sguaiato. Ancora agilità alleggerite e farfugliate, giammai di forza, sulle quartine di “un empio traditor”. Il ricorso ad una posticcia ed esteriore concitazione espressiva non basta a sopperire all’insufficienza dell’organizzazione vocale, priva di qualità sia in alto sia in basso, e ad una dimessa esecuzione delle figurazioni acrobatiche che non riesce a sfogarne la tensione virtuosistica (giacché il canto rossiniano nasce già diminuito, in funzione espressiva e non di mero edonistico abbellimento). Nell’andante centrale la regina perdona e libera i prigionieri e la condotta vocale deve esplicitare il contrasto affettivo con il maestoso iniziale. La cantante appare però parimenti impacciata anche nel canto di grazia, l’esecuzione di gruppetti e agilità venendo spianata anziché incrementata nella ripetizione del “bell’alme generose”. Dovendo la voce scendere compaiono suoni gutturali ed inopportune forzature poitriné che, unitamente all’incapacità di alleggerire i primi acuti, mal si addicono al carattere morbido e rappacificante di questo tenero andante.  Si commenta da sé, nella transizione al rondò finale, la frase “ecco il duce il rendo a voi, rendo al trono il difensore”, in cui la cantante fa un caricaturale “vocione” sulle note centrali per poi schiacciare e sbiancare volgarmente l’acuto. Nel rondò ascoltiamo ancora agilità farfugliate, acuti piatti e sguaiati, privi di squillo e rotondità, imperizia nell’esecuzione delle scale di crome ascendenti, marchio di fabbrica della vocalità Colbran, che nella coda dopo la prima esposizione non vengono variate bensì semplificate e spianate.

15 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Sonia Ganassi in Elisabetta Regina d’Inghilterra.

  1. però scusami Mancini in questo post fai più le pulci alla cantante,che imparare ad ascoltare.
    un qualsiasi ascoltatore che non sia principiante si rende conto che non è un vero mezzosoprano,è non può cantare questo ruolo con la perizia necessaria.

  2. peraltro e’ un ruolo che ha canatanto dopo piu d vent anni carriera. Mancini non l ha ascoltata dal vivo ma alla radio italiana che si sa…infine analizziamo i risultati d chi l ha eseguita prima d lei…c tornero’ su adessomi godoil rumore della mia 911

    • caro albertoemme, i problemi di udito non possono unirsi a quelli di matematica. Nel 2004 la signora non cantava da vent’anni, dato che nel 94 era una brava liceale dedita allo studio del violino. Non voglio addentrami in tentativi di dimostrarti che la caballé, elisabetta difettosa, se la mangia come vuole, le basta dire ah con quel mezzo straordinario che la natura le diede. Se poi alludi ad altra elisabetta, ti invito comunque a predere lo spartito e a seguirla leggendo le note che esegue, senza nessun suono sguaiato, verso o altri dilettantismi assortiti. Era senza vis, ma anche senza la presunzione di essere stata colbranina, questo è certo, ma sempre e comunque cantante e comunque bellissima e regale in scena. Il che surclassa la parodia della colbran che difendi.

    • io vorrei che cantanti disimpostati e fuori registro come la ganassi cessassero di nascere. O meglio, che cessassero i loro malimaestri, perchè ad altro registro la ganassi sarebbe stata destinata in un mondo di didatti preparati

  3. Trovo l’analisi di Mancini giusta e competente come al solito. Anche Adelaida Negri ha affrontato il ruolo dopo 30 anni di carriera ma non per questo pubblico e critica l’hanno salutata come la reincarnazione della Colbran, come invece successe a questa modesta e maldestra Elisabetta, primo, credo, dei numerosi e fallimentari tentativi della Signora in questione di affrontare i ruoli Colbran . Che una virtuosa rossiniana spiani le ornamentazioni del secondo enunciato di una cabaletta spacciando questi maldestri rappezzi per “variazioni” è poi del tutto inaccettabile. E simile discorso può essere fatto per Donna del lago, Ermione, Mosè in Egitto. Se si affrontano parti dalla scrittura mostruosa senza possedere il mezzo vocale adatto e soprattutto il bagaglio tecnico necessario per poter fare una figura, se non ottimale, almeno decente, bisognerebbe perlomeno avere l’umiltà di ammetter che “si fa quel che si può” e non già di essere l’ideale modello per determinate partiture, come capitò ad una umilissima Frederica Von Stade a cui veniva chiesto se la sua Sonnambula fosse effettivamente la versione Malibran o meno, che si limitò a rispondere di abbassare le due arie e provare a cantare il resto nel miglior modo possibile. Altre teste, altra onestà in chi andava in scena e in chi ascoltava.

    • Ricordo un’intervista televisiva durante la quale Agnes Baltsa dichiarò di non essere certo una “divina” ma una semplice professionista che cercava di fare il meglio possibile con la propria voce. Non mi è mai piaciuta particolarmente, ma rispetto a certe pretenziose dive di plastica di oggi che onestà e senso della misura !

        • Ma non capisci niente?! Chi mai ha proposto un confronto fra Ganassi e Baltsa? Casomai era un paragone fra la macchinetta trita agilità che piace tanto a te (e che si crede la reincarnazione della Malibran e della Pasta messe insieme) e una mediocre cantante però conscia dei propri limiti.

          • emh sai ho capito male visto che si discuteva della Ganassi pensavo che il riferimento alla Baltsa fosse rivolto a lei…ma ora ho capito, quando si parlerà della Bartoli e tirerai fuori la Baltsa sarà riferito alla Ganassi. Scusa non ci ero arrivato subito!

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