Chi è che sostiene Pereira?

Il Corriere della Sera odierno in prima pagina, fra il cordoglio della situazione economica e l’impennata di estremismo religioso trova anche lo spazio per la nomina del sovrintendente del teatro alla Scala. Quella di cui abbiamo già parzialmente riferito con un richiamo portiano ne  “la nomina del capellan”.  Titolo quanto mai efficace. Riferito al “pezzo” odierno, di fattura molto vicina all’ufficio stampa del teatro, potremmo utilizzare detti popolari ovvero  ed ovviamente titoli cinematografici. Ne propongo alcuni come “errare humanum est perseverare demoniacum”, “cambiare tutto perché non cambi nulla”, “Chi sostiene Pereira?” ed, infine, il milanesissimo  “per la  seconda volta il Signor cade di croce” , tradizionale commento alle inutili ripetizioni di discorsi e concetti.

La risposta al “chi sostiene Pereira?”(per chi non avesse a disposizione il corriere odierno Pereira è il papabile alla successione di Lissner) è negli altri tre adagi richiamati. Perché  questo teatro -lo abbiamo già detto e scritto-  necessità NON  A PAROLE, ma A FATTI di cose nuove: nuove facce in buca e sul palcoscenico, nuovo modo di gestire la parte visiva dello spettacolo, da tempo terzo incomodo ed inutile alibi, fondato su criteri a la page trent’anni or sono, strumento per occultare magagne vocali e musicali, modo nuovo di gestire il personale, che in carrozzoni come la Scala ha sortito, supportato da obsolete sindacalizzazione ( trista eredità di passata gestione), il vertiginoso calo della qualità non solo della componente strettamente artistica, nuove idee nella scelta dei titoli, che non possono essere i venti, soliti circolanti nei teatri del “gran circuito internazionale”, affidati solo agli stessi interpreti che, complice la scarsità di mezzi e produzioni, rappresentano solo un tappo a nuove idee per scelte di titoli  (nuove di 200 anni or sono, precisiamo!)  cantanti e direttori, alternativi ovvero i reietti dai rosters delle grandi agenzie, che hanno nel teatro milanese uno dei loro presidi. E che lo devono, appunto presidiare.

La scelta non è facile perché il sistema riproduce e ripete sé stesso ovvero i quarantenni sono la un po’ più sbiadita copia dei  sessantenni con le stesse preconcette idee, le stesse croniche mancanza di fantasia e cultura. Scala come università, come la vita pubblica e noi zitti e tenuti zitti da chi competenza e aggiornamento non ha, per imporre le proprie opinioni  e scelte ed il  silenzio sulle medesime.

Per capire come il papabile non risponda ad alcuno dei criteri, da definirsi meglio irrinunciabili urgenze di questo teatro (come degli altri teatri italiani) basta guardare le stagioni, che ha proposto in Zurigo e, poi, in Salisburgo, sancta sanctorum del sistema, che qui ci ha tratti. Contrariamente a quanto si dice con facile trionfalismo, anche da parte del presidente del consiglio di amministrazione, il pubblico ha già dato la propria risposta a questo stato di cose con CINQUANTA palchi vuoti alla prima del crepuscolo, la platea punteggiata di loggionisti di provata fede ed applauso facile, un paginone pubblicitario per sottoscrivere gli abbonamenti. E se questo non basta ci domandiamo che cosa serva ancora per costringere al raziocinio. Il dubbio che mi sorge è che la imminente nomina non sia quella del  “capelan”, ma “del capelèe” ovvero il fabbricante di cappelli, capo di vestiario, irrinunciabile  per esternare la prona adesione alla volontà di agenti e direttori demiurghi, divi e divette, come fanno i contadini donizettiani innanzi il dottor Dulcamara, quello che  spaccia e che Felice Romani definisce ciarlatano.

Potete anche non credere, ma nessuna cattiveria solo tanta tanta amarezza nell’offrire a condivisione e critica questa breve riflessione.

 

Donizetti

L’elisir d’amore

Atto I

Udite, udite, o rusticiAdamo Didur (1916)

 

25 pensieri su “Chi è che sostiene Pereira?

  1. faccio una digressione perchè la scelta musicale è di antonio tamburini…..talvolta si può censurare il gusto ma l’emissione (alla de reszke senza un suono cavarnoso o bitumato), il rispetto della grammatica vocale e la dizione (didur era polacco oltre tutto) fanno colpo. aggiungo che era in carriera da vent’anni

      • Non che il LA acuto sia nota in assoluto impossibile per l’estesa corda di basso (il limite estremo, in potenza, probabilmente è il do o anche do#, ma non certo spendibile cantando), ma riuscire a reggerlo nel canto vero e proprio non è certo la stessa cosa dell’emetterlo nel corso di un’esercizio vocalizzato… mai sentito niente del genere! Il la naturale è già al limite per un baritono, e dà pensiero anche a non pochi tenori…

    • Senti, senti Castello come spara!
      Senti Montescitorio come sona!
      È sseggno ch’è ffinita sta caggnara,
      E ‘r Papa novo ggià sbenedizziona.
      Bbe’? cche Ppapa averemo? È ccosa chiara:
      O ppiù o mmeno, la solita canzona.
      Chi vvòi che ssia? Quarc’antra faccia amara,
      Compare mio, Dio sce la manni bbona.
      Comincerà ccor fà aridà li peggni,
      Cor rivotà le carcere de ladri,
      Cor manovrà li soliti congeggni.
      Eppoi, doppo tre o cquattro sittimane,
      Sur fà de tutti l’antri Santi-Padri,
      Diventerà, Ddio me perdoni, un cane.

  2. Bah non mi sembra una grande idea, una delle poche cose che condivido con il CdG é proprio l’eurosbobbismo che ha caratterizzato la gran parte degli allestimenti nati sotto il papato di Lissner. Pesate che delle prime ho apprezzato Tristan, due terzi di Carmen e con tutto il mio buon cuore gli impegni di Zeffirelli, Braunsweigh e Guth assurgevano nei momenti migliori allo status di marchetta. Cassiers non pervenuto. Io avrei nominato qualcuno che ha lavorato a Venezia dove pezzo dopo pezzo e con metodo si sta costruendo con pazienza un repertorio che mi pare tenga a debita distanza l’eurosbobba.-

    • Mi sa, caro Mozart2006, che non hai proprio perso un gran che. Comunque è ormai notizia che Pereira è stato eletto all’unanimità, il che la dice molto lunga, soprattutto sulla competenza del CdA in questo campo.
      Requiem per un ex-glorioso teatro.

  3. letta l’intervista della aspesi a pereira. sarà anche direttore artistico! frittata fatta come dappertutto, met, milano, salzburg…..LORO NON VOGLIONO UN DIRETTORE ARTISTICO! NON LO VOGLIONO….E SARA’ DI NUOVO UN MERCATO VEGOGNOSO.

  4. E’ stato per 20 anni sovrintendente alla Operhaus di Zurigo , che divento’, sotto la sua direzione , il piu’ interessante dei teatri lirici del mondo , come ho potuto verificare di persona molte volte volte.E’ chiaramente una opinione personale e molto opinabile ( quindi nessuna contumelia, please )

    • sarà ma i suoi cast non mi piacevano affatto e quanto agli allestimenti……mah, gli dessero una d.a….forse, ma siccome è all in one nelle sedi piu importanti del mondo ( chissà perchè????), dubito che farà bene. Certo, farà scandalo

  5. Una per tutte : l’ultimo Mose un Aron con la regia ” capolavoro ” di Achim Freyer
    P.S. ricordo ancora il commento di un adepto grisino : ” Fino a Zurigo ! Io per un Mose und Aron non attraverso neanche il marciapiede”

    • Veramente a vedere il Moses und Aron diretto da Solti al Covent Garden, nel luglio ’65, questa grisina c’è andata dalla California.

      Al contrario, per la Traviata alla stazione centrale di Zurigo con la Mei e Grigolo, la stessa grisina non avrebbe attraversato neanche il sottopassaggio dei binari. Davanti alla Bartoli, poi, sarebbe andato bene il primo TJV in partenza per qualsiasi destinazione.

  6. Rientro oggi dopo 4 giorni a Venezia, per la gioia dello spirito e degli occhi, nonostante l’ evidente avanzar del degrado di quella meraviglia, e leggo quanto fin qui scritto.
    Solo tre parole : Lily sei grande !

  7. Io per un Moses und Aron fatto come si deve andrei ovunque (più di Solti, però, meglio il sommo Boulez)…il problema è che alla Scala – se mai dovessere farlo (e ormai dispero) – lo darebbero a Gatti…e allora tanto vale tornare ai miei cd…

Lascia un commento