En attendant l’Africaine XI: Karl Jorn.

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O Paradis – Karl Jorn

Quando abbiamo predisposto gli ascolti della pagina più celebre dell’opera è stato ben peggio che il gioco della torre. Stabilito che gli ascolti dovessero essere uno in lingua francese, uno in italiana ed uno in tedesca (e già giù dalla torre i grandi tenori russi) abbiamo, poi, deciso che i prescelti dovessero aver cantato l’opera in teatro e anche qui precipitazioni dalla torre (uno per tutti Joseph Schmidt in area tedesca, Carlo Bergonzi in quella italiana), poi altro paletto che la registrazione non fosse famosa sino ad essere inflazionata (e qui vittima illustre Beniamimo Gigli, che fu il Vasco de Gama dei maggiori teatri americani ed italiani fra il 1925 ed il 1937) e quando siamo arrivati all’area tedesca è stato un atroce dilemma perché ci sono due o tre registrazioni dell’aria di Vasco che chiunque ami l’opera DEVE conoscere ed alludo a Rosvaenge, Slezak, Urlus, Jadlowker e magari anche Franz Volker (prima che le parti di tenore wagneriano pesante lasciassero il segno). E’ fra questi nomi una gara, ma soprattutto l’esempio di come l’arte (e prima la tecnica)  del canto fosse un linguaggio comune a cui nessuno poteva sottrarsi facendola differenza il gusto, la sensibilità o l’estro. E alla fine è stato l’estro a prevalere nella scelta perché Karl Jorn (che fu un estroso anche nella vita, credendosi un inventore e dilapidando per brevettarle il proprio patrimonio) chiude l’aria con uno spettacolare re bem, emesso con una larga partecipazione delle risonanze di testa che celebra il mito del tenore al di là ed al di sopra delle possibili critiche per l’inserimento. Inserimento, preciso, lecito perché si tratta di cadenza e l’esecutore è ben libero di prendersi rispetto a quanto indicato in spartito le libertà previste dall’autore. Intendiamoci bene l’esecuzione del tenore lettone non è limitata alla prodezza conclusiva, ma  esibisce un timbro pieno ed emissione morbida, anche se l’attacco su uno scomodissimo sol bem non è aereo ed alato come quelli di altri (Fleta o Gigli e persino Urlus), lega a qualunque altezza e soprattutto cambia di intensità senza sforzo e senza che  l’ascoltatore possa rendersene conto. Tenore ottocentesco nell’intimo, per salire alla zona acuta ricorre a portamenti, come accade al primo “tu appartieni”, tenore di scuola tedesca talvolta sui primi acuti suona un poco fisso, ma la facilità e spontaneità del canto (e non solo dell’acuto conclusivo) fanno “altri tempi”.

11 pensieri su “En attendant l’Africaine XI: Karl Jorn.

  1. E perché non menzionare anche l’ultimo autentico tenore italiano da grand opéra, ossia Lauri Volpi, che fece alcune recite di Africana al Metropolitan tra il ’25 ed il ’27, e che ci ha lasciato più di una incisione della grande aria.

      • L’o muto asil del pianto del ’30, i due frammenti della Bohème del ’33 per la discoteca di stato,l’a te o cara e i frammenti degli Ugonotti registrati per il film del ’33 e gli HMV del ’34 sono le uniche incisioni che possano dare almeno un’idea approssimativa dell’ampiezza della voce di Lauri Volpi nei centri e dello squillo e brillantezza negli acuti. I Victor del ’28 – ’30 sono pure straordinari, ma l’ampiezza della voce e lo squillo sono riprodotti solo in minima parte. Il Guglielmo Tell del 15 marzo ’30 è stupefacente in tutti i sensi,così come i frammenti della Bohème. Tutti i tenori, se paragonati a queste incisioni, sono ridicolizzati e spazzati via. Anche Gigli ,Fleta e Pertile rimangono indietro, e non poco.

        • Appunto Giulia.
          E poi rimane indietro mio nonno,
          certamente non il Gigli del Mefistofele
          il Pertile della Cavalleria o il Fleta
          della Manon.
          Al di la’. Molto bello il Paradiso di Joern,
          con o senza puntatura (magnifica).

  2. Cortecci, per carita’ non abbiamo bisogno
    di euchessine od altri stimolatori intestinali.
    Che cacchio vuol dire il tenore piu’ autenticamente
    romantico? L’incisione del 34 dell’ Africana di Giacomino
    tuo e’ una delle pochissime incisioni da quando esiste
    il disco dove : voce, timbro, stile, metodo, colore, fraseggio,
    dizione, uguaglianza, SQUILLO, PASSAGGIO, VIBRAZIONI,
    si riassumono in un solo vocabolo, ed il vocabolo e’
    PERFEZIONE. Lo e’ il brano dell’Africana inciso in quelllo straordinario, per Lauri Volpi, 1934, come lo sono gli altri
    quattro brani incisi nella stessa sessione : due Puccini,
    un Verdi ed un Giordano. Postalo, invece che far polemica.
    Dopo quel 34, le cose cambieranno, e molto in peggio.
    Nel romantico e non nel romantico. Nel 34, in quei due giorni
    del 34, Giacomo Lauri Volpi raggiunse la perfezione, la cosa capito’ solo ad altri sedici altri artisti dalla nascita del disco ad oggi. Punto.
    Che cacchio c’entra tutto cio’ con un grande artista che qui’
    viene proposto, e cioe’ Joern? Ma non c’e’ proprio una volta che
    tu riesca a parlare di cio’ che ti vien fatto sentire, senza partire per
    i tuoi personalissimi viaggi? Hai comunque ragione, e te lo dico anche se Giacomino tuo mi sta francamente sui coglioni, mi sta sui coglioni soprattutto come critico, parzialissimo critico lasciatelo dire, lui in questo brano non ridicolizza proprio un cacchio di nessuno, ma, certamente lascia ai posteri la migliore esecuzione di “O Paradiso” che sia stata incisa. Prova, pero’, una volta nella vita a
    commentare, se lo credi, cio’ che ti vien fatto ascoltare, rompipalle.

      • Ahahahahahah! Almeno una decina li conosci anche tu, nonostante la giovane eta’, li hai
        piu’ volte citati. Mancini non prendermi in giro!!!! Forse non conosci, forse scrivo, la scena della pendola del Boris inizio anni trenta di Marcoux? E il Grenadinas di Schipa? Ed il “Dio pietoso” della Gianna? Su, dai. La perfezione e’ la perfezione, e la perfezione
        non e’ il modo migliore per emettere un suono, accentare una frase, dire una parola,
        trillare un’intera scala ascendente o smorzare un acuto, la perfezione e’ l’insieme
        di tutto quanto riguarda il canto espresso nel
        migliore dei modi. Ciao curioso, i sedici
        sono i sedici, ma forse diciassette va’, mettiamoci anche il Lipizzaner Kaiserin della
        Deutekom, nella sua follia, con affetto. Miguel.

          • Caro Mancini,
            giratela e pirlatela come vuoi.
            Mi hai fatto una domanda e io ti ho risposto. Quando esprimo un
            mio giudizio, e’ un mio giudizio.
            Sai benissimo che ritengo Schipa
            il piu’ grande tenore che abbia
            inciso, e non sono qui’ a farti la lista di quello che e’ perfetto o no, per me e’ perfetto in Grenadinas, e ti ripeto che perfetto e’ per me un’insieme di cose, mi sembrava di essere stato chiaro. Certo che e’ perfetto a livello vocale anche in altre cose, che novita’!

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