Le grandi Violette assenti: Eleanor Steber – Finale Atto III con Giuseppe di Stefano e Robert Merrill

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L’arrivo tempestivo di Germont da il via al finale dell’opera, una marcia funebre verso la catastrofe finale.
Su una melodia che richiama per gli effetti a certi temi ascoltati nella prima scena del II atto, si attesta la marcia anapestica che accompagnerà con le sue note ribattute le ultime battute di Violetta.
E’ una scena suddivisa in quattro parti distinte, ma unite proprio da quelle tre note ripetute: arrivo di Germont-Prendi, questa è l’immagine-Concertato-finale.
Le linee vocali sono scabre ed equilibrate, solo Violetta ha una scrittura che pare doversi sempre librare verso l’acuto, per poi discendere con tono morente verso il registro centrale. Sul riverbero degli archi il tema di “Di quell’amor” accompagna la morte di Violetta che poi gli ottoni si affrettano a suggellare.
All’Alfredo di timbro splendido, ma di gusto sguaiato, al Germont compassato di Merrill, si oppone la Steber, una Violetta dal gusto aristocratica dal fraseggio, giustamente allucinato e svuotato di ogni traccia di speranza, mentre la voce, ovunque cremosa e compatta, si fa fragile solo nell’involo all’acuto donando un’aura ancora più malata all’intera scena, principiata quasi in punta di forchetta.
Molto buona la dizione che le permette di variare i colori spenti di “Prendi, questa è l’immagine” nella quale il legato si traduce in una sorta di pace interiore ormai raggiunta con la dignità di una preghiera.
Il finale, sempre sul filo di un’allucinazione dolorosa, la vede leggermente rinunciataria in alto, ma un’inezia rispetto al livello fatto ascoltare prima.

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